Un dato della nuova disciplina degli appalti pubblici è
incontrovertibile: l’articolo 125 del d.lgs 163/2006, che disciplinava le
acquisizioni in economia, è stato abolito e non è stato riprodotto dal nuovo
codice, il d.lgs 50/2016.
Quando una norma viene abolita, significa che essa perde la propria
efficacia: non può regolare più la fattispecie da essa contemplata. Tradotto in
altri termini, dal 19 aprile 2016 non esiste più nessuna disposizione
legislativa che regoli le acquisizioni in economia.
Questo punto di partenza dovrebbe apparire fondante e decisivo per la
questione e, addirittura, osservato questo elemento di fatto e diritto, non vi
sarebbe bisogno di aggiungere nient’altro, se non che divengono di conseguenza
inapplicabili i regolamenti o i provvedimenti con i quali le amministrazioni
pubbliche hanno regolato le procedure di acquisizione di lavori, forniture e
servizi in economia nel vecchio regime.
Purtroppo, però, troppo spesso il diritto, che non è una scienza della
natura, ma come disciplina scientifica andrebbe trattato per verificare con
appunto disciplina e rigore premesse e conseguenze, è considerato una sorta di
“categoria dello spirito”, un sistema esoterico da iniziati, nel quale più che
la norma posta (da cui l’espressione “diritto positivo”) conta maggiormente l’ipse
dixit. Dunque, non l’enunciato normativo, ma il riportato di un Essere che
tale enunciato ridefinisca.
Era esattamente questa la situazione dell’ordinamento giuridico dopo il
disfacimento dell’impero romano. Non esistendo praticamente più un diritto
positivo, contava il parere del “giureconsulto”.
Il diritto positivo avrebbe lo scopo di evitare questo e di fissare in
modo chiaro le regole. Certo, è facile osservare che in molti casi
l’ordinamento fallisce e, dunque, delle norme possono essere date letture
estremamente differenziate, come dimostrano i dibattiti dottrinari e le opposte
teorie giurisprudenziali. La causa è nota: il Legislatore non sempre riesce a
fissare le regole in modo davvero chiaro e generale ed emette norme contorte,
involute, incapaci di regolare davvero nello stesso modo situazioni differenti.
Tutto vero. Il che porta moltissimi operatori e interpreti in modo quasi
inconsapevole e rassegnato ad abbandonarsi all’ipse dixit, specie se
quell’ipse assuma un’esposizione mediatica senza pari, come nel caso
dell’Anac.
Ora, sulla questione, l’Autorità nella proposta di Linee Guida in merito
alle acquisizioni sotto i 40.000 euro ha scritto: “L’obbligo di motivazione
può essere attenuato per affidamenti di modico valore, ad esempio inferiori a
1000 euro, o quando l’acquisizione avviene nel rispetto del regolamento di
contabilità dell’amministrazione, ovvero nel caso in cui la stazione appaltante
adotti un proprio regolamento per l’acquisizione di lavori, servizi e forniture
in economia, redatto nel rispetto dei principi contenuti nel Codice”.
Da qui, la domanda di molti: che sia possibile riesumare il regolamento
sulle acquisizioni in economia? E la voglia molto forte di rispondere “sì”,
perché “lo ha detto l’Anac!”. Ma, può bastare?
Torniamo al punto di partenza, con un approccio non da ricerca della
verità nelle parole, ma di semplice analisi con canoni interpretativi.
Si è già visto che:
a. l’articolo
125 del d.lgs 163/2006 è stato abolito;
b. nessuna
norma del d.lgs 50/2016 lo riproduce;
c. si
aggiunga che sono abolite tutte le disposizioni del dpr 207/2010 relative alle
acquisizioni in economia.
Esiste, dunque, nell’ordinamento giuridico più una norma che sia una tale
da legittimare le amministrazioni a disciplinare le acquisizioni in economia?
La risposta, di diritto positivo, è no. Se, invece, il diritto è da
considerare anche “alchimia” ed “essoterismo”, allora si potrebbe anche
dubitare che l’indicazione fornita dall’Anac e vista prima possa costituire
fonte di legittimazione della disciplina delle acquisizioni in economia.
Però, il diritto non è alchimia. E’ fin troppo evidente che le Linee
Guida dell’Anac non dispongono del ruolo di “fonte” di produzione del diritto,
meno che mai di fonte di legittimazione di altre fonti, quali i regolamenti.
Più concretamente, si dovrebbe semplicemente prendere atto che
l’indicazione fornita dall’Anac sul punto è, purtroppo, decisamente sbagliata e
da non tenere in considerazione.
Del resto, l’articolo 125 del d.lgs 163/2016, che regolava le
acquisizioni in economia, non è stato intenzionalmente riprodotto dal nuovo
codice dei contratti. E ciò al preciso scopo di allineare definitivamente
l’ordinamento italiano a quello europeo, nel quale non è mai stata contemplata
la finzione giuridica propria del sistema in economia. In particolare nel
cottimo fiduciario, infatti, la normativa prevedeva che stazione appaltante
fosse l’amministrazione; appaltatore fosse il funzionario responsabile, mentre
il cottimista fosse nella sostanza un subappaltatore del funzionario,
individuato mediante una procedura negoziata.
Trattandosi di una modalità extra ordinem, non era possibile
acquisire tutte le categorie di lavori, beni e servizi, ma solo quelli indicati
dal medesimo articolo 125 del vecchio codice e quelle altre specificate dai
regolamenti interni, entro la soglia comunitaria.
Il regolamento sulle acquisizioni in economia, dunque, aveva
specificamente questa funzione:
1. specificare
quali categorie di beni e servizi fosse possibile acquisire con questo sistema;
2. indicare,
anche, la sogli massima possibile di spesa per ciascuna categoria (soglia che
non era per ogni singolo acquisto, ma complessiva per tutto l’ente, per tutto
l’anno finanziario).
Col nuovo codice non solo sul piano formale le acquisizioni in economia
spariscono, ma perdono ogni concreta utilità. Qualsiasi affidamento avviene tra
stazione appaltante ed operatore economico, senza il “cuscinetto” del
funzionario e senza cottimo.
Nel sotto soglia, quindi, non esistono più due sistemi, quello normale e
quello extra ordinem in economia: d’altra parte tutte le categorie di
lavori, beni o servizi, entro le soglie definite dall’articolo 35 del d.lgs
50/2016 possono essere acquisite nel rispetto delle regole del sotto soglia
fissate dall’articolo 36. Quindi, non c’è alcun bisogno di nessun regolamento
che individui né le categorie acquisibili, né i limiti di valore.
Né il regolamento può assolvere al compito di precostituire la “adeguata
motivazione” a fondamento delle acquisizioni dirette. La motivazione è un
elemento specifico del singolo provvedimento amministrativo e deve afferire
allo specifico caso deciso col provvedimento. Se questo si appoggia ad una
motivazione precostituita (in un regolamento, come in una legge), si cade
nell’illegittimità dell’assenza di motivazione, dovuta alla fattispecie della
“motivazione apparente”: cioè la mera ripetizione di un’indicazione astratta
della norma generale.
Il regolamento non può, purtroppo, supplire al difficile esercizio di
discrezionalità amministrativa che incombe su dirigenti e responsabili di
servizio, consistente nel dovere di dare essi una motivazione adeguata
all’affidamento diretto.
D’altra parte, si comprende perfettamente che trasferire dalla sfera
gestionale (il provvedimento di affidamento) a quella di indirizzo
politico-amministrativo (il regolamento che dovrebbe precostituire la
motivazione astratta) significherebbe anche violare il principio di separazione
tra politica e gestione e tentare di stravolgere l’annesso sistema di
responsabilità.
Allora, non resta che rassegnarsi. L’ordinamento positivo ha espunto il
sistema delle acquisizioni in economia. E in questo caso l’ipse dixit è
sbagliato. Peccato, forse. Ma, è così.
Nessun commento:
Posta un commento