Quota prevalente del salario
accessorio: un mistero irrisolto
Luigi Oliveri
Pur imposto dalla sentenza della
Consulta 178/2015, lo sblocco della contrattazione nazionale collettiva del
pubblico impiego pare ancora lontano.
A impedire una seria riapertura
delle trattative sono due macigni. Il primo è costituito dalla scarsità delle
risorse utilizzabili. Nella disegno di legge di stabilità (ancora ad oggi “fantasma”)
pare che le risorse previste siano di circa 600 milioni, che si aggiungerebbero
ai circa 300 già stanziati lo scorso anno con la legge 298/2015, ai quali
aggiungere circa altri 400 milioni a carico di regioni ed enti locali: qualcosa
come 1,3 miliardi, nel triennio che sarà interessato dallo sblocco.
Si tratta di una cifra molto
importante, ma certamente non soddisfacente per i sindacati, visto che non è in
grado di recuperare nemmeno in minima parte la perdita di salario dovuta al
blocco che dura dal 2009. Infatti, in media gli incrementi sarebbero, a regime,
di poco più di 35 euro al mese, per altro col rischio di un effetto negativo
per i redditi intorno ai 26.000 euro l’anno, i quali con l’incremento
contrattuale potrebbero superare la soglia per percepire il bonus degli 80 euro
e, così, ritrovarsi con un incremento contrattuale neutro, se non addirittura
negativo.
L’altro macigno che ostacola la
strada dello sblocco contrattuale, poi, è dato dalla riforma-Brunetta e, in
particolare, dalla novellazione a suo tempo da essa disposta all’articolo 40,
nel quale venne introdotto il comma 3-bis, contenente la seguente previsione: “La contrattazione collettiva integrativa
assicura adeguati livelli di efficienza e produttività dei servizi pubblici,
incentivando l'impegno e la qualità della performance ai sensi dell'articolo
45, comma 3. A tale fine destina al
trattamento economico accessorio collegato alla performance individuale una quota
prevalente del trattamento accessorio complessivo comunque denominato”.
Tale previsione normativa
impone, come chiaro, una profonda revisione dei fondi relativi al salario
accessorio, dalla quale potrebbe ulteriormente derivare la conseguenza di una diffusa
e forte riduzione del trattamento economico, visto che, in conseguenza dell’altra
previsione della riforma Brunetta tesa a ripartire il 50% del fondo per la
performance solo tra il 25% dei dipendenti con le valutazione più alte,
riservando il restante 50% al 50% del personale avente valutazioni medie e
lasciando a bocca asciutta l’altro 25% dei dipendenti, per i tre quarti dei
dipendenti pubblici il salario accessorio potrebbe ridursi di molto, più,
comunque, degli incrementi al trattamento fondamentale.
Insomma, l’attuazione delle
previsioni normative, in presenza della scarsità di risorse disponibili per la
revisione della contrattazione, rischia fortemente di produrre decrementi e non
incrementi economici.
Non si è, probabilmente, preso
ancora atto di una circostanza tuttavia evidente: la riforma-Brunetta è del
2009, epoca nella quale in Italia ancora non si era riconosciuta l’esistenza
stessa della profonda crisi economica scatenatasi un anno prima in tutto il
mondo e che in Italia ancora dura ed è profonda.
Alcune misure economiche delle
leggi di ormai 7 anni fa, quindi, erano pensate per un ciclo economico
totalmente diverso, espansionistico, nel quale si poteva immaginare di
rivedere, ad esempio, la struttura del salario dei dipendenti pubblici anche
prevedendo significativi incrementi contrattuali. Quelli che, però, vennero
bloccati solo 6 mesi dopo l’entrata in vigore della riforma-Brunetta (il d.lgs
150/2009), a maggio del 2010, quando venne adottato il d.l. 78/2010, che ancora
oggi produce rilevantissimi effetti proprio sul perdurante blocco della
contrattazione ancora operante nonostante la sentenza della Consulta, nonché sui
tetti alle spese del personale e ai fondi del salario accessorio.
La constatazione che il ciclo economico
è totalmente cambiato dovrebbe portare ad una radicale modifica dell’articolo
40, comma 3-bis, del d.lgs 165/2001. L’occasione per farlo è ben presente: l’attuazione
della delega contenuta nell’articolo 17 della legge 124/2015, da cui deve
derivare l’ampio ripensamento del d.lgs 165/2001.
Questo, però, vorrebbe
significare la necessità di ammettere un rinvio dell’apertura delle trattative
per il Ccnl a dopo l’entrata in vigore della riforma, prevista, se tutto va
bene, per maggio-giugno del 2017. Un po’ troppo in là, per i gusti dei
sindacati e, soprattutto, per il dovere di attuare una sentenza della Consulta
altrimenti destinata a restare lettera morta per quasi due anni.
Un vicolo cieco, dal quale il
Governo potrebbe uscire sospendendo la previsione dell’articolo 40, comma
3-bis, con la legge di stabilità: ma, di questa volontà non si ha la minima
traccia. Al contrario, sembra evidente che il Governo risulti in piena sintonia
con la riforma-Brunetta, della quale semmai prevede l’attuazione con poche
varianti.
Il tutto, discende da norme
evidentemente pensate in astratto senza avere la minima cognizione dei numeri.
Eppure, basterebbe dare un’occhiata
al Conto annuale per capire che occorre necessariamente correggere il tiro e,
soprattutto, rendersi conto che la “quota prevalente” non potrà mai essere
intesa nel senso che il 51% del fondo del salario accessorio dovrà essere
destinato alla produttività individuale.
Di seguito, riportiamo i dati
sulle voci di spesa aggregate del comparto regioni-enti locali, rilevate dal
Conto annuale:
Anno: 2014
|
|
Tipologia del Personale: Totale Personale
|
|
Comparto: REGIONI ED AUTONOMIE LOCALI
|
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|
Voce di spesa
|
Importo
|
Totale VOCI DI SPESA STIPENDIALI
|
8.108.336.271
|
STIPENDIO
|
7.380.868.349
|
R.I.A./ PROGR. ECONOMICA DI ANZIANITA'
|
81.800.638
|
TREDICESIMA MENSILITA'
|
650.582.453
|
ARRETRATI PER ANNI PRECEDENTI
|
7.443.902
|
ARRETRATI ANNO CORRENTE
|
3.485.837
|
RECUPERI PER RITARDI ASSENZE ECC.
|
-15.844.908
|
Totale INDENNITA'
|
858.549.667
|
IND. DI
VACANZA CONTRATTUALE
|
54.330.416
|
IND. DI
VIGILANZA
|
57.714.318
|
PERSONALE
SCOLASTICO
|
38.671.165
|
RETRIBUZIONE
DI POSIZIONE
|
425.380.550
|
RETRIBUZIONE DI RISULTATO
|
82.383.429
|
INDENNITA DI COMPARTO
|
178.871.653
|
INDENNITÀ ART. 42, COMMA 5-TER, D.LGS. 151/2001
|
21.198.136
|
Totale ALTRE ACCESSORIE
|
808.039.188
|
INDENNITA' DI STAFF/COLLABORAZIONE
|
6.136.495
|
COMPENSI ONERI RISCHI E DISAGI
|
221.106.854
|
FONDO SPECIF. RESPONSAB.
|
91.805.417
|
COMPENSI PRODUTTIVITA'
|
261.085.277
|
COMPENSO AGGIUNTIVO AL SEGR. COMUNALE QUALE DIR. GENERALE
|
5.501.703
|
INCENTIVI ALLA PROGETTAZIONE EX LEGGE MERLONI
|
38.570.646
|
DIRITTI DI ROGITO-SEGRETERIA CONV.- IND.SCAVALCO
|
43.139.409
|
ONORARI AVVOCATI
|
12.306.883
|
COMPETENZE PERSONALE COMANDATO/DISTACCATO PRESSO L'AMM.NE
|
3.842.261
|
ARRETRATI A.P. PER COMPENSI RISULTATO/PRODUTTIVITÀ
|
36.821.591
|
ARRETRATI ANNI PRECEDENTI
|
30.395.013
|
ALTRE SPESE ACCESSORIE ED INDENNITA' VARIE
|
57.327.639
|
Totale STRAORDINARI
|
198.549.440
|
STRAORDINARIO
|
198.549.440
|
RETRIBUZIONI LORDE
|
9.973.474.566
|
Nella tabella vengono visualizzate le
sole righe con presenza di dati
|
I conteggi sono abbastanza
semplici. Le retribuzioni lorde complessive ammontano ad euro 9.973.474.566. Di
questi 8.108.336.271 sono riferiti al trattamento fondamentale. Dunque, al
salario accessorio nel suo complesso restano euro 1.865.138.295.
Se si intendesse la “quota
prevalente” come il 50% più 1, allora al risultato individuale dovrebbero
riservarsi euro 932.569.148,50. Ma, questo risulta assolutamente impossibile, perché
solo il totale censito alla voce “indennità” ammonta ad euro 858.549.667. E si
tratta di indennità imposte dal contratto, come quella di comparto, o legate
alla mansione o profilo, dunque, non connesse al risultato e non eliminabili,
senza rivedere fortemente il trattamento economico fondamentali per quelle
mansioni.
Come si nota, in realtà, nel
2014 i compensi per la produttività ammontano ad euro 261.085.277, cioè il 14%
delle voci del salario accessorio.
Si comprende benissimo come un
salto dal 14% al 50% più uno risulti appunto impresa impossibile, se non si
apportano forti conseguenze negative sul trattamento economico complessivo.
In realtà, lo sguardo dovrebbe
concentrarsi su un concetto meno astratto di “trattamento economico accessorio”,
enunciato in maniera troppo ampia ed imprecisa dall’articolo 40, comma 3-bis,
del d.lgs 165/2001, redatto evidentemente senza aver consultato adeguatamente i
dati.
In effetti, il trattamento “accessorio”
è composto da una serie di voci che per quanto non stabilmente spettanti di
diritto ai dipendenti, non possono in alcun caso essere collegati alla “produttività”.
Si pensi alle indennità di turno, maneggio valori, rischio, di comparto,
vigilanza, per il personale scolastico, per il finanziamento delle retribuzioni
di posizione e risultato delle PO negli enti con la dirigenza. Sono tutte spese
connesse direttamente a fattori oggettivi, come l’organizzazione (per turni,
per un determinato numero di PO, etc) dell’ente, o il profilo e la mansione dei
dipendenti. Queste voci, pur essendo “accessorie” nulla potranno mai avere a
che vedere con la valutazione del modo con cui viene resa la prestazione.
In effetti, le risorse censite
come “compensi per la produttività”, andrebbero rapportate all’aggregato “altre
accessorie”, composto complessivamente da euro 808.039.188. Si nota che il
totale dei compensi della produttività, rapportato al totale delle “altre
accessorie, rappresenta il 32,31%. Nell’aggregato “altre accessorie” la spesa
proprio per compensi di produttività risulta la più alta. Essa è quindi da
considerare “prevalente”.
L’aggettivo “prevalente” non
deve essere inteso come “maggioranza più 1”. Se per prevalenza si intendesse
una percentuale del 50,01%, il legislatore avrebbe parlato, appunto, di
maggioranza delle risorse.
Prevalenza significa che tra una
serie di elementi omogenei, uno risulti più rilevante degli altri.
Il Conto annuale del 2014
rivela, allora, che la quota spesa per i compensi di produttività, pur essendo
il 14% del totale del salario accessorio, è tuttavia la quota prevalente del
salario accessorio realmente collegabile alla valutazione della prestazione
individuale.
Chiarendo meglio, allora, il
contenuto dell’articolo 40, comma 3-ter, del d.lgs 165/2001 e rilevato che
prevalente non è maggioritario, lo stallo normativo e contrattuale potrebbe
superarsi con molti minori traumi di quelli derivanti da applicazioni rigide e
poco attente ai dati delle norme.
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