I soldi per il rinnovo dei
contratti nella manovra ci sono (circa 1,9 miliardi), l’accordo tra Governo e
sindacati del 30 novembre anche, ma le prospettive per giungere effettivamente
al rinnovo si sono molto complicate.
La crisi di governo che si sta
determinando in queste ore, a seguito dell’esito del referendum sulla riforma
della Costituzione, rende ovviamente estremamente complicato ed in salita il
percorso per giungere davvero alla sottoscrizione dei contratti collettivi
nazionali dei comparti del pubblico impiego.
Paradossalmente, il problema del
finanziamento non è più il principale, in quanto formalmente la legge di
stabilità per il 2017 prevede la prima consistente tranche, mentre l’accordo
Governo-sindacati impegna l’esecutivo al reperimento delle altre risorse
necessarie fino al 2018.
Le difficoltà oggettive nascono
dalla probabile scarsa forza politica del nuovo esecutivo, che sarà chiamato ad
una missione prevalentemente mirata alla salvaguardia dei conti in rapporto con
Bruxelles.
Occorrerà capire se il nuovo
Governo avrà la missione e, comunque, la forza per due passaggi fondamentali ai
fini dei contratti. Il primo è stendere ed approvare il testo dello schema di
decreto legislativo attuativo dell’articolo 17 della legge Madia, necessario
per modificare i contenuti della riforma Brunetta nella direzione indicata
dall’accordo del 30 novembre scorso. Impresa non facile, se si tratterà si un
“governo balneare”.
In secondo luogo, occorrerà la
direttiva all’Aran, ovviamente condizionata dai contenuti della riforma; solo
dopo potranno avviarsi davvero le trattative sindacali.
Gli impegni assunti nell’accordo
del 30 aprile dal Governo di fatto dimissionario presuppongono un esecutivo
forte, nel pieno del suo mandato. Una condizione che realisticamente non può
essere posseduta dal futuro nuovo Governo del post crisi.
Certo, il finanziamento nella
legge di stabilità e proprio l’accordo con i sindacati aiutano, perché comunque
costituiscono una base della quale sarà impossibile non tenere conto.
Sta di fatto che a soli 8 giorni
di distanza dal 30 novembre, appare in tutta la sua chiarezza la debolezza
estrema dell’accordo siglato da Governo e sindacati: soltanto in “zona
Cesarini” l’esecutivo ha recuperato il dialogo con le organizzazioni sindacali,
ma mediante un accordo che comunque non ha alcun effetto immediato. La gran
parte dei media ha presentato l’accordo come se si trattasse dell’effettivo e
vero e proprio “rinnovo” dei contratti, traguardo ancora lontano.
Nessun commento:
Posta un commento