Il Ministro Delrio, autore della riforma
delle province, nella puntata della trasmissione Ottoemezzo del 23 gennaio ha difeso
ancora a spada tratta, contro ogni evidenza, la “sua” legge, che ha portato
allo smantellamento di una serie di servizi, risultato purtroppo evidentissimo
nei territori colpiti dal terremoto e dall’ondata di mal tempo in centro
Italia.
In assenza di molte altre argomentazioni, il
Ministro ha affermato che parlare delle province in presenza dei drammi subiti
dalla popolazione è “sciacallaggio”, sintomo di assenza di “senso dello Stato”.
A chi scrive, al contrario, sembra proprio
che l’atteggiamento del Ministro sia quello di chi non è intenzionato, né capace,
di considerare gli errori commessi come l’occasione per correggerli.
Soprattutto, sempre ad opinione di chi
scrive, risulta assai difficile capire concretamente chi possa essere lo “sciacallo”,
nel caso della riforma delle province.
Certo, è difficile avere la dimostrazione
certa che se le province non fossero state devastate dalla riforma, i servizi
di logistica e di aiuto alle popolazioni avrebbero funzionato meglio. Ma,
oggettivamente, non è data la prova contraria: si è visto che le strade
provinciali, quelle che collegano le comunità, quelle che consentono a milioni
di cittadini di vivere anche se non inurbati nelle città, non sono più mantenute
a dovere, mancano i mezzi spalaneve, manca il sale, mancano gli uomini.
Il fatto è, tuttavia, che dell’assenza di un
ente sovracomunale, capace di collegare i territori e le realtà alla luce dei
loro bisogni, si è sentito fortemente in occasione di eventi tragici. Occorre,
come sempre, la disgrazia per comprendere fino in fondo quanto sbagliata sia
una scelta (comprensione che, come detto sopra, tuttavia è appannaggio solo dei
cittadini, non certo dei riformatori).
Eppure, la riforma Delrio ha creato da anni,
ormai, disagi immensi, anche se non c’era stata ancora nessuna disgrazia. Per capire
chi sia lo “sciacallo”, lo si potrebbe chiedere, ad esempio, agli studenti
disabili ed alle loro famiglie: privati in tutto o in parte di servizi, come l’accompagnamento
a scuola o l’assistenza allo studio per i disabili sensoriali. Oppure, lo si
potrebbe chiedere all’intera popolazione studentesca delle superiori, che
macchia di leopardo in tutta Italia sta al freddo per mancanza di risorse per
il riscaldamento, non vede operate manutenzioni sulle strutture da almeno tre
anni, non ottiene nemmeno il ricambio degli arredi, spesso risultati
insufficienti anche per mettere a sedere tutti. O, ancora, lo si potrebbe
chiedere ai milioni di automobilisti che circolano per l’immensa rete
provinciale e chiedere la loro opinione sullo stato delle strade provinciali.
La riforma Delrio è un totale fallimento, perché
è stata capace solo di demolire, senza riuscire a costruire assolutamente
nulla. I “risparmi” non ci sono stati: le province sono state trasformate in
gabellieri di Stato, perché continuano a prelevare le imposte provinciali, ma 3
miliardi di queste entrate sono obbligate a versarle al bilancio dello Stato,
che poi li spende per fini completamente diversi dai bisogni della popolazione
tassata. E qualcuno ha sbagliato di grosso i conti: quei 3 miliardi sono
talmente insostenibili e troppi, che quest’anno il Governo ha deciso di
restituirne quasi un terzo (960 milioni) alle province e alle città
metropolitane, nel tentativo disperato di evitarne il dissesto. Chi è, allora,
lo “sciacallo”?
La riforma Delrio ha fallito totalmente perché
ha anche puntato su un nuovo assetto locale destinato a restare lettera morta. Le
città metropolitane, per prime: enti strozzati sul nascere appunto dalle
ristrettezze di bilancio, incapaci di operare e di agire in modo utile. In
secondo luogo, la riforma aveva puntato sull’associazionismo comunale come
alternativa alle province: unioni di comuni e convenzioni tra loro, nell’idea
sbagliatissima degli autori della riforma che confondo il governo sovracomunale
con l’associazionismo intercomunale, avrebbero dovuto costruire enti di secondo
livello espressione diretta dei territori e dei sindaci. Non si è capito, però,
che se due comuni hanno risorse 1000 per asfaltare le strade comunali, unendosi
tra loro otterranno risorse 2000; ma per asfaltare il tratto di strada non
comunale, ma provinciale, che li collega, quelle risorse dovrebbero diventare
4000 e loro, i comuni, semplicemente non le hanno. Per questo l’associazionismo
non ha preso, né mai prenderà, quota. Infatti, il decreto “mille proroghe”
prorogherà per la settima volta consecutiva l’obbligo di associazione delle
funzioni fondamentali, mentre il Tar Lazio ha correttamente sollevato la
questione di legittimità costituzionale relativamente all’articolo 14, commi 26
e seguenti, del d.l. 78/2010, convertito in legge 122/2010, che inutilmente da
anni prescrive un associazionismo che la legge Delrio voleva rilanciare, senza
alcun esito.
Non a caso, sopra, a proposito dei contenuti
fallimentari della riforma Delrio abbiamo utilizzato il verbo “puntare”. Lo ha
scritto benissimo il costituzionalista Michele Ainis su La Repubblica del 23
gennaio, nell’articolo “Chi ha scommesso
sull’Italicum vizioso”: il Governo ha agito come un giocatore d’azzardo,
attuando la riforma delle province, approvata “in attesa” di quella della
Costituzione, scommettendo che la riforma della Costituzione sarebbe
inevitabilmente passata ed entrata in vigore a furor di popolo.
Il furor di popolo c’è effettivamente stato,
lo scorso 4
dicembre 2016 , ma per respingere al mittente la riforma
costituzionale. Chi è, allora, che si comporta da “sciacallo” e “non ha il
senso dello Stato”?
In un normale Paese democratico un personaggio così, dopo un tale fallimento politico, sarebbe stato già da lungo tempo costretto a rifugiarsi all'estero, qui incredibilmente mantiene le leve del potere.
RispondiEliminaSpiace dirlo, perchè evidentemente non c'è stato dolo, ma certi politici e giornalisti, poco competenti nonostante la boria, sono moralmente responsabili delle morti di questi giorni in tutta Italia, anche se il fattore casuale catenante è stato di volta in volta una slavina, una esondazione o la cattiva manutenzione di una strada.
RispondiEliminaQuesto articolo andrebbe letto da tutti quelli che si sono lasciati gabbare da una informazione di parte e falsa che continua a far credere alla gente la bontà delle riforme del pinocchietto
RispondiEliminaE sotto gli occhi di tutti i soggetti interessati , da le Regioni : ma no i Governi , dalle ex Province ai Comuni. Che questa era ed è una riforma fatta senza cognizione di come funzionavano i poteri decentrati dello Stato . Solo gente che arriva al potere senza aver maturato esperienze nella P. A. SI PUÒ AZZARDARE INCOSCIAMENTE a rivoluzionare le regole solo per tanto ho il potere e cambio , senza una graduale osservazione delle modifiche stesse . I dipendenti delle ex Provincie che hanno maturato competenze al funzionamento e all'applicazione tecniche a volte maturate nel privato e riportate nella P. A. A vantaggio dell'efficenza e produttività . Cos'è che la pseudo riforma con i soli tagli economici non ha fatto scuola di come fare il resto per i servizi ai Cittadini ...
RispondiElimina