martedì 24 gennaio 2017

Province, chi è lo sciacallo?


Il Ministro Delrio, autore della riforma delle province, nella puntata della trasmissione Ottoemezzo del 23 gennaio ha difeso ancora a spada tratta, contro ogni evidenza, la “sua” legge, che ha portato allo smantellamento di una serie di servizi, risultato purtroppo evidentissimo nei territori colpiti dal terremoto e dall’ondata di mal tempo in centro Italia.

In assenza di molte altre argomentazioni, il Ministro ha affermato che parlare delle province in presenza dei drammi subiti dalla popolazione è “sciacallaggio”, sintomo di assenza di “senso dello Stato”.
A chi scrive, al contrario, sembra proprio che l’atteggiamento del Ministro sia quello di chi non è intenzionato, né capace, di considerare gli errori commessi come l’occasione per correggerli.
Soprattutto, sempre ad opinione di chi scrive, risulta assai difficile capire concretamente chi possa essere lo “sciacallo”, nel caso della riforma delle province.
Certo, è difficile avere la dimostrazione certa che se le province non fossero state devastate dalla riforma, i servizi di logistica e di aiuto alle popolazioni avrebbero funzionato meglio. Ma, oggettivamente, non è data la prova contraria: si è visto che le strade provinciali, quelle che collegano le comunità, quelle che consentono a milioni di cittadini di vivere anche se non inurbati nelle città, non sono più mantenute a dovere, mancano i mezzi spalaneve, manca il sale, mancano gli uomini.
Il fatto è, tuttavia, che dell’assenza di un ente sovracomunale, capace di collegare i territori e le realtà alla luce dei loro bisogni, si è sentito fortemente in occasione di eventi tragici. Occorre, come sempre, la disgrazia per comprendere fino in fondo quanto sbagliata sia una scelta (comprensione che, come detto sopra, tuttavia è appannaggio solo dei cittadini, non certo dei riformatori).
Eppure, la riforma Delrio ha creato da anni, ormai, disagi immensi, anche se non c’era stata ancora nessuna disgrazia. Per capire chi sia lo “sciacallo”, lo si potrebbe chiedere, ad esempio, agli studenti disabili ed alle loro famiglie: privati in tutto o in parte di servizi, come l’accompagnamento a scuola o l’assistenza allo studio per i disabili sensoriali. Oppure, lo si potrebbe chiedere all’intera popolazione studentesca delle superiori, che macchia di leopardo in tutta Italia sta al freddo per mancanza di risorse per il riscaldamento, non vede operate manutenzioni sulle strutture da almeno tre anni, non ottiene nemmeno il ricambio degli arredi, spesso risultati insufficienti anche per mettere a sedere tutti. O, ancora, lo si potrebbe chiedere ai milioni di automobilisti che circolano per l’immensa rete provinciale e chiedere la loro opinione sullo stato delle strade provinciali.
La riforma Delrio è un totale fallimento, perché è stata capace solo di demolire, senza riuscire a costruire assolutamente nulla. I “risparmi” non ci sono stati: le province sono state trasformate in gabellieri di Stato, perché continuano a prelevare le imposte provinciali, ma 3 miliardi di queste entrate sono obbligate a versarle al bilancio dello Stato, che poi li spende per fini completamente diversi dai bisogni della popolazione tassata. E qualcuno ha sbagliato di grosso i conti: quei 3 miliardi sono talmente insostenibili e troppi, che quest’anno il Governo ha deciso di restituirne quasi un terzo (960 milioni) alle province e alle città metropolitane, nel tentativo disperato di evitarne il dissesto. Chi è, allora, lo “sciacallo”?
La riforma Delrio ha fallito totalmente perché ha anche puntato su un nuovo assetto locale destinato a restare lettera morta. Le città metropolitane, per prime: enti strozzati sul nascere appunto dalle ristrettezze di bilancio, incapaci di operare e di agire in modo utile. In secondo luogo, la riforma aveva puntato sull’associazionismo comunale come alternativa alle province: unioni di comuni e convenzioni tra loro, nell’idea sbagliatissima degli autori della riforma che confondo il governo sovracomunale con l’associazionismo intercomunale, avrebbero dovuto costruire enti di secondo livello espressione diretta dei territori e dei sindaci. Non si è capito, però, che se due comuni hanno risorse 1000 per asfaltare le strade comunali, unendosi tra loro otterranno risorse 2000; ma per asfaltare il tratto di strada non comunale, ma provinciale, che li collega, quelle risorse dovrebbero diventare 4000 e loro, i comuni, semplicemente non le hanno. Per questo l’associazionismo non ha preso, né mai prenderà, quota. Infatti, il decreto “mille proroghe” prorogherà per la settima volta consecutiva l’obbligo di associazione delle funzioni fondamentali, mentre il Tar Lazio ha correttamente sollevato la questione di legittimità costituzionale relativamente all’articolo 14, commi 26 e seguenti, del d.l. 78/2010, convertito in legge 122/2010, che inutilmente da anni prescrive un associazionismo che la legge Delrio voleva rilanciare, senza alcun esito.
Non a caso, sopra, a proposito dei contenuti fallimentari della riforma Delrio abbiamo utilizzato il verbo “puntare”. Lo ha scritto benissimo il costituzionalista Michele Ainis su La Repubblica del 23 gennaio, nell’articolo “Chi ha scommesso sull’Italicum vizioso”: il Governo ha agito come un giocatore d’azzardo, attuando la riforma delle province, approvata “in attesa” di quella della Costituzione, scommettendo che la riforma della Costituzione sarebbe inevitabilmente passata ed entrata in vigore a furor di popolo.
Il furor di popolo c’è effettivamente stato, lo scorso 4 dicembre 2016, ma per respingere al mittente la riforma costituzionale. Chi è, allora, che si comporta da “sciacallo” e “non ha il senso dello Stato”?

4 commenti:

  1. In un normale Paese democratico un personaggio così, dopo un tale fallimento politico, sarebbe stato già da lungo tempo costretto a rifugiarsi all'estero, qui incredibilmente mantiene le leve del potere.

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  2. Spiace dirlo, perchè evidentemente non c'è stato dolo, ma certi politici e giornalisti, poco competenti nonostante la boria, sono moralmente responsabili delle morti di questi giorni in tutta Italia, anche se il fattore casuale catenante è stato di volta in volta una slavina, una esondazione o la cattiva manutenzione di una strada.

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  3. Questo articolo andrebbe letto da tutti quelli che si sono lasciati gabbare da una informazione di parte e falsa che continua a far credere alla gente la bontà delle riforme del pinocchietto

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  4. E sotto gli occhi di tutti i soggetti interessati , da le Regioni : ma no i Governi , dalle ex Province ai Comuni. Che questa era ed è una riforma fatta senza cognizione di come funzionavano i poteri decentrati dello Stato . Solo gente che arriva al potere senza aver maturato esperienze nella P. A. SI PUÒ AZZARDARE INCOSCIAMENTE a rivoluzionare le regole solo per tanto ho il potere e cambio , senza una graduale osservazione delle modifiche stesse . I dipendenti delle ex Provincie che hanno maturato competenze al funzionamento e all'applicazione tecniche a volte maturate nel privato e riportate nella P. A. A vantaggio dell'efficenza e produttività . Cos'è che la pseudo riforma con i soli tagli economici non ha fatto scuola di come fare il resto per i servizi ai Cittadini ...

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