Benvenuti in Gattopardia, dove
semplici ritocchi, per altro riguardante sempre gli stessi temi, alla normativa
sul lavoro pubblico sono considerati dalla stampa generalista come
“rivoluzionari”, o “epocali”, comunque decisivi verso la “svolta” di cui
l’Italia ha bisogno, grazie ad una pubblica amministrazione “che diventa più
efficiente”.
La realtà della riforma Madia
relativa allo schema di decreto legislativo di modifica del d.lgs 165/2001 è piuttosto
diversa. E’ certamente una riforma, i cui contenuti sono, però, sicuramente
privi di qualsiasi originalità e, anzi, per molti versi costituiscono
null’altro se non un ritorno (parziale, perché non è mai possibile ripristinare
del tutto lo status quo ante) indietro su molti istituti del lavoro pubblico,
anche per attuare i contenuti dell’accordo “pre referendario” del 30 novembre
scorso tra Governo e sindacati, grazie al quale questi ultimi sono riusciti ad
ottenere alcune modifiche all’odiata riforma Brunetta.
E’ solo in Gattopardia che
modificare la programmazione triennale delle assunzioni in modo che, invece di
essere triennale, sia triennale, viene propagandato come grande risultato del
riformismo.
La riforma Madia, per molti
aspetti, non è altro se non la conferma che in Gattopardia continua ad andare
molto in voga il “riformare tanto per riformare”, che consente per un certo
lasso di tempo di ottenere titoloni sui giornali, interviste e comparsate in
tv, al di là di ogni valutazione concreta dell’utilità dei contenuti e,
soprattutto, dell’impatto normativo.
Nessuno è riuscito, né riuscirà,
infatti, a dimostrare come la pubblica amministrazione possa “recuperare
efficienza” dalla sanatoria stabilizzazione dei precari (la quinta in 11
anni), oppure dal fatto che il procedimento disciplinare sia regolamentato in
altro modo, o, ancora, dalla circostanza che le visite fiscali siano effettuate
dall’Inps.
La riforma manca clamorosamente
l’unico vero obiettivo di una revisione della PA finalizzata a renderla più
produttiva: modificare il modo con cui si lavora e non il sistema con cui si
valuta il lavoro.
Un’esemplificazione può essere
utile. Considerando corretto, utile e giusto che si introducano sistemi di
valutazione raffinati, che consentano di standardizzare obiettivi generali
gestionali e fissare, per esempio, il tempo di attesa per una prenotazione
sanitaria in 30 giorni, imponendo a tutte le strutture di utilizzare questo
parametro ai fini della valutazione del risultato dei dipendenti, non si riesce
di certo, per ciò solo, ad ottenere l’obiettivo fissato. Che consiste non tanto
nella misurazione del tempo di attesa, quanto, piuttosto, nel garantire ai
cittadini tempi certi ed accettabili.
Agendo solo sul sistema di
valutazione:
1)
non si modifica il sistema lavorativo, che se non è in grado
di garantire il tempo dato (30 giorni, nell’esempio), continuerà a non
consentire a gran parte degli utenti di beneficiarne;
2)
si rischia di portare lo standard su valori medi più elevati
(da 30 a 60 giorni, nell’esempio), così da ridurre l’impatto di una valutazione
eccessivamente negativa.
Una riforma realmente “epocale”
dovrebbe essere in grado di agire sui fattori della produzione, più che sulla
leva “psicologica” della valutazione o delle procedure disciplinari, che ad
invarianza dei sistemi produttivi non servono a niente. Una nave a remi, per
quanto il comandante fissi lo standard dei colpi di remo in mare al minuto e
sanzioni in modo esemplare chi non tiene il ritmo, premiando chi invece lo
sostiene, comunque non potrà essere veloce come una nave a motore. Il problema,
come è chiaro, dovrebbe consistere nel verificare come modificare le
“macchine”, oltre alle regole sul lavoro. E, in Gattopardia, l’investimento sul
macchinario è assente da anni, soverchiato dall’inseguirsi di regole caotiche e
spesso in contraddizione l’una con l’altra al passare degli anni, condizionate
dalle varie campagne di stampa, oggi per l’abolizione di qualche ente, domani
interessata ai furbetti, dopodomani alle fasce di valutazione.
Vediamo in rassegna sintetica le
cosiddette innovazioni introdotte dalla riforma, per comprendere quanto davvero
siano “epocali”.
Programma triennale delle
assunzioni. Secondo la stampa generalista, si tratterebbe di una novità di
grande rilievo l’obbligo di programmare le assunzioni.
Confrontiamo il testo vigente
dell’articolo 6 del d.lgs 165/2001, con quello proposto dallo schema di
decreto:
Testo
vigente
|
Testo
risultante dalla riforma
|
Art.
6. Organizzazione e disciplina degli uffici e dotazioni organiche
1.
Nelle amministrazioni pubbliche l'organizzazione e la disciplina degli
uffici, nonché la consistenza e la variazione delle dotazioni organiche sono
determinate in funzione delle finalità indicate all'articolo 1, comma 1,
previa verifica degli effettivi fabbisogni e previa informazione delle
organizzazioni sindacali rappresentative ove prevista nei contratti di cui
all’articolo 9. Nei casi in cui processi di riorganizzazione degli uffici
comportano l’individuazione di esuberi o l’avvio di processi di mobilità, al
fine di assicurare obiettività e trasparenza, le pubbliche amministrazioni
sono tenute a darne informazione, ai sensi dell’articolo 33, alle
organizzazioni sindacali rappresentative del settore interessato e ad avviare
con le stesse un esame sui criteri per l'individuazione degli esuberi o sulle
modalità per i processi di mobilità. Decorsi trenta giorni dall'avvio
dell'esame, in assenza dell'individuazione di criteri e modalità condivisi,
la pubblica amministrazione procede alla dichiarazione di esubero e alla
messa in mobilità. Nell'individuazione delle dotazioni organiche, le
amministrazioni non possono determinare, in presenza di vacanze di organico,
situazioni di soprannumerarietà di personale, anche temporanea, nell'ambito
dei contingenti relativi alle singole posizioni economiche delle aree
funzionali e di livello dirigenziale. Ai fini della mobilità collettiva le
amministrazioni effettuano annualmente rilevazioni delle eccedenze di
personale su base territoriale per categoria o area, qualifica e profilo
professionale. Le amministrazioni pubbliche curano l'ottimale distribuzione
delle risorse umane attraverso la coordinata attuazione dei processi di
mobilità e di reclutamento del personale.
2.
Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, si applica
l'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400. La
distribuzione del personale dei diversi livelli o qualifiche previsti dalla
dotazione organica può essere modificata con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri, su proposta del ministro competente di concerto con
il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ove
comporti riduzioni di spesa o comunque non incrementi la spesa complessiva
riferita al personale effettivamente in servizio al 31 dicembre dell'anno
precedente.
3.
Per la ridefinizione degli uffici e delle dotazioni organiche si procede
periodicamente e comunque a scadenza triennale, nonché ove risulti necessario
a seguito di riordino, fusione, trasformazione o trasferimento di funzioni.
Ogni amministrazione procede adottando gli atti previsti dal proprio
ordinamento.
4.
Le variazioni delle dotazioni organiche già determinate sono approvate
dall'organo di vertice delle amministrazioni in coerenza con la programmazione
triennale del fabbisogno di personale di cui all'articolo 39 della legge 27
dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni ed integrazioni, e con gli
strumenti di programmazione economico - finanziaria pluriennale. Per le
amministrazioni dello Stato, la programmazione triennale del fabbisogno di
personale è deliberata dal Consiglio dei ministri e le variazioni delle
dotazioni organiche sono determinate ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis,
della legge 23 agosto 1988, n. 400.
4-bis.
Il documento di programmazione triennale del fabbisogno di personale ed i
suoi aggiornamenti di cui al comma 4 sono elaborati su proposta dei
competenti dirigenti che individuano i profili professionali necessari allo
svolgimento dei compiti istituzionali delle strutture cui sono preposti.
5.
Per la Presidenza del Consiglio dei ministri, per il Ministero degli affari
esteri, nonché poi le amministrazioni che esercitano competenze istituzionali
in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia e di giustizia, sono
fatte salve le particolari disposizioni dettate dalle normative di settore.
L'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503,
relativamente al personale appartenente alle Forze di polizia ad ordinamento
civile, si interpreta nel senso che al predetto personale non si applica
l'articolo 16 dello stesso decreto. Restano salve le disposizioni vigenti per
la determinazione delle dotazioni organiche del personale degli istituti e
scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative. Le attribuzioni
del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica,
relative a tutto il personale tecnico e amministrativo universitario, ivi
compresi i dirigenti, sono devolute all'università di appartenenza. Parimenti
sono attribuite agli osservatori astronomici, astrofisici e vesuviano tutte
le attribuzioni del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e
tecnologica in materia di personale, ad eccezione di quelle relative al
reclutamento del personale di ricerca.
6.
Le amministrazioni pubbliche che non provvedono agli adempimenti di cui al
presente articolo non possono assumere nuovo personale, compreso quello
appartenente alle categorie protette.
|
Art.
6. Organizzazione degli uffici efabbisogni di personale
1.
Le amministrazioni pubbliche definiscono l’organizzazione degli uffici per le
finalità indicate all’articolo 1, comma 1, adottando, in conformità al piano
triennale dei fabbisogni di cui al comma 2, gli atti previsti dai rispettivi
ordinamenti, previa informazione sindacale, ove prevista nei contratti
collettivi nazionali.
2.
Allo scopo di ottimizzare l’impiego delle risorse pubbliche disponibili e
perseguire obiettivi di performance organizzativa, efficienza, economicità e
qualità dei servizi ai cittadini, le amministrazioni pubbliche adottano il
piano triennale dei fabbisogni di personale, in coerenza con la
pianificazione pluriennale delle attività e della performance, nonché con le
linee di indirizzo emanate ai sensi dell’articolo 6-ter. Qualora siano
individuate eccedenze di personale, si applica l’articolo 33. Nell’ambito del
piano, le amministrazioni pubbliche curano l'ottimale distribuzione delle
risorse umane attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilità e
di reclutamento del personale, anche con riferimento alle unità di cui
all’articolo 35, comma 2. Il piano triennale indica le risorse finanziarie
destinate all’attuazione del piano, nei limiti di quelle disponibili a
legislazione vigente, nonché dell’importo complessivo della spesa di
personale sostenibile ai sensi della legislazione vigente in materia, e nel
rispetto di quanto previsto al comma 3.
3.
In sede di definizione del piano di cui al comma 2, ciascuna amministrazione
può rimodulare le proprie dotazioni organiche, in base ai fabbisogni
programmati, nel rispetto dei limiti finanziari delle medesime e di quanto
previsto dall’articolo 2, comma 10-bis, del decreto-legge 6 luglio 2012, n.
95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135. Resta fermo
che la copertura dei posti vacanti avviene nei limiti delle assunzioni
consentite a legislazione vigente.
4.
Nelle amministrazioni statali, il piano di cui al comma 2, adottato
annualmente dall’organo di vertice, è approvato, anche per le finalità di cui
all’articolo 35, comma 4, con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Per le
altre amministrazioni pubbliche il piano triennale dei fabbisogni, 22
febbraio 2017 adottato annualmente nel rispetto delle previsioni di cui ai
commi 2 e 3, è approvato secondo le modalità previste dalla disciplina dei
propri ordinamenti. Nell’adozione degli atti di cui al presente comma, è
assicurata la preventiva informazione sindacale, ove prevista nei contratti
collettivi nazionali.
4-bis
abrogato;
6.
Le amministrazioni pubbliche che non provvedono agli adempimenti di cui al
presente articolo non possono assumere nuovo personale.
6-bis.
Sono fatte salve le procedure di reclutamento del personale docente,
educativo e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) delle istituzioni
scolastiche ed educative statali, delle istituzioni di alta formazione
artistica, musicale e coreutica e delle istituzioni universitarie, nonché
degli enti pubblici di ricerca di cui al decreto legislativo 25 novembre
2016, n. 218. Per gli enti del servizio sanitario nazionale sono fatte salve
le particolari disposizioni dettate dalla normativa di settore.
|
A parte qualche spostamento di
temi dal primo al secondo comma e l’incomprensibile eliminazione dei un compito
proprio della dirigenza, proporre la programmazione triennale e l’eventuale
modifica dei profili professionali, nonché l’insistenza sul “fabbisogno”, non
si capisce davvero in cosa consisterebbe la novità.,
E’ vero che il terzo comma del
nuovo testo consente espressamente di modulare le dotazioni organiche in
relazione al fabbisogno di personale; ma, anche l’attuale testo dell’articolo 6
del d.lgs 165/2001 lo consente col combinato disposto dei commi 3, 4 e 4-bis.
La semplice insistenza lessicale,
riscontrabile anche nella nuova rubrica dell’articolo, riguardante il
“fabbisogno” può di per sé lasciar concludere che cambi qualcosa?
Forza normativa dei contratti
collettivi. Lo schema di decreto in effetti modifica in modo rilevante il
sistema delle fonti, attribuendo nuovamente ai contratti collettivi nazionali
forza derogatrice piena (anche retroattiva) rispetto alla legge.
Tuttavia, sarà esclusa la
contrattazione collettiva per le materie:
a)
attinenti all'organizzazione degli uffici,
b)
quelle oggetto di partecipazione sindacale ai sensi
dell'articolo 9,
c)
quelle afferenti alle prerogative dirigenziali ai sensi degli
articoli 5, comma 2, 16 e 17,
d)
conferimento e revoca degli incarichi dirigenziali,
e)
quelle indicate dall'articolo 2, comma 1, lettera c), della
legge 421/1992:
1)
le responsabilità giuridiche attinenti ai singoli operatori
nell'espletamento di procedure amministrative;
2)
gli organi, gli uffici, i modi di conferimento della
titolarità dei medesimi;
3)
i princìpi fondamentali di organizzazione degli uffici;
4)
i procedimenti di selezione per l'accesso al lavoro e di
avviamento al lavoro;
5)
i ruoli e le dotazioni organiche nonché la loro consistenza
complessiva. Le dotazioni complessive di ciascuna qualifica sono definite
previa informazione alle organizzazioni sindacali interessate maggiormente
rappresentative sul piano nazionale;
6)
la garanzia della libertà di insegnamento e l'autonomia
professionale nello svolgimento dell'attività didattica, scientifica e di
ricerca;
7)
la disciplina della responsabilità e delle incompatibilità tra
l'impiego pubblico ed altre attività e i casi di divieto di cumulo di impieghi
e incarichi pubblici;
Invece, nelle materie relative:
a)
alle sanzioni disciplinari,
b)
alla valutazione delle prestazioni ai fini della
corresponsione del trattamento accessorio,
c)
alla mobilità,
la contrattazione collettiva sarà
consentita, ma nei limiti previsti dalle norme di legge.
Al di là della considerazione che
il numero delle materie vietate alla contrattazione, o consentite ma nei limiti
in cui la legge lo consente, è molto vasto, c’è da osservare che lo spazio
nuovamente aperto alla regolazione anche giuridica del rapporto di lavoro non
può considerarsi “epocale”, visto che si tratta solo di un parziale ritorno al
regime pre-Brunetta.
Lavoro flessibile. La
riforma doveva essere l’occasione per provare, finalmente, ad armonizzare le
disposizioni del d.lgs 165/2001 con quelle del d.lgs 81/2015.
L’occasione è sostanzialmente
persa. Si vede solo una più precisa limitazione alle collaborazioni coordinate
e continuative, del resto, però, già prevista dall’articolo 2, comma 4, del
d.lgs 81/2014, che il d.l. “milleproroghe” aveva rinviato all’1.1.2018 e che la
riforma Madia anticiperà alla primavera 2017.
Per quanto concerne il lavoro a
tempo determinato, esso resta soggetto alla causa giustificativa delle esigenze
di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale, ma vi è un inopportuno
richiamo alle regole disposte dagli articoli 19 e seguenti del d.lgs 81/2015,
che hanno l’effetto di imporre nella PA il limite dei 36 mesi, senza
affrontaere e risolvere il problema peculiare del reclutamento: se una persona
partecipa, come suo diritto, a più procedure concorsuali per assunzioni a
termine e le vince, acquisendo il diritto anche a lavorare per più dei 36 mesi,
come è possibile che le sia impedito, visto che si tratta di esercitare diritti
costituzionalmente garantiti? La riforma, che dovrebbe essere “epocale” tace
totalmente sul punto.
Stabilizzazioni.
Considerare come “rivoluzionaria” la quinta edizione di un processo di
stabilizzazione partito nel 2007 con la legge 296/2006, per altro
sostanzialmente identica a quanto già previsto dal d.l. 101/2013, appare
oggettivamente forzato.
Lingua inglese nei concorsi.
Molti giornali hanno salutato la grande “innovazione” della previsione della
prova di inglese nei concorsi.
Il trionfalismo della stampa
confina col grottesco. La riforma Madia modifica il testo dell’articolo 37,
comma 1, del d.lgs 165/2001, che oggi dispone: “A decorrere dal 1 gennaio
2000 i bandi di concorso per l'accesso alle pubbliche amministrazioni di cui
all'articolo 1, comma 2, prevedono l'accertamento della conoscenza dell'uso
delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche più diffuse e di almeno
una lingua straniera”. Anche la persona più distratta e meno avveduta
si accorge come sia richiesto dalla legge da ben 17 anni l’accertamento di una
lingua straniera nei concorsi. Quale sarà il testo della medesima norma, dopo
la riforma: “A decorrere dal 1 gennaio 2000 i bandi di concorso per
l'accesso alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2,
prevedono l'accertamento della conoscenza dell'uso delle apparecchiature e
delle applicazioni informatiche più diffuse e della lingua inglese, nonché,
ove opportuno in relazione al profilo professionale richiesto, di altre lingue
straniere”.
Bisogna considerare
“rivoluzionario” ed “epocale”, evidentemente, il fatto che il legislatore
spieghi a noi tutti che l’inglese sia effettivamente una lingua straniera.
Apprendiamo, inoltre, che se risulta opportuno conoscere il russo, perché
magari si deve svolgere un lavoro in una sede diplomatica, occorrerebbe
conoscere quella lingua e non l’inglese. Il tutto, ovviamente, prendendo atto
che il testo attuale dell’articolo 37, comma 1, non consentirebbe di accertare
la conoscenza dell’inglese (infatti, non si parla di “inglese”; dunque, non è
chiaro quale lingua occorre che il candidato dimostri di conoscere, con
evidente impossibilità di effettuare i concorsi).
Procedimento disciplinare.
La riforma riesce nell’impresa, abbastanza difficile di:
1)
abbreviare i termini, da 120 a 90 giorni, dei procedimenti
disciplinari che, oggi, vanno dalla sospensione dal rapporto di lavoro con
privazione della retribuzione per almeno 11 giorni fino al licenziamento;
2)
ma allungare i termini da 60 a 90 giorni per i procedimenti
disciplinari che vanno dalla censura alla sospensione dal rapporto di lavoro
con privazione della retribuzione fino a 10 giorni.
Si è proprio sicuri che, in questo modo, i tempi del
procedimento disciplinare siano davvero abbreviati?
E’, inoltre, assolutamente sicuro
che non sia incostituzionale stabilire che, comunque, la violazione dei
termini, posti a garanzia del giusto procedimento e del contraddittorio, non comporti
decadenza e illegittimità dell’azione disciplinare?
In ogni caso, anche volendo
considerare “epocale” una modifica ad una normativa oggetto di una prima
definizione con il Ccnl del 1995, poi con quello del 2008 e poi con il d.lgs
2009 (che oggettivamente non appaiono regole della Roma antica o del Medio evo,
ma abbastanza contemporanee), sfugge del tutto l’impatto sulla maggiore
produttività che ne dovrebbe derivare.
Visite fiscali. Sulla
“stretta” ai controlli per le malattie o le assenze nei giorni antecedenti e
successivi le festività e la previsione di ridurre le disponibilità dei fondi
per la produttività in caso di assenze superiori a standard medi, la riforma
Madia non ha nulla di innovativo: altro non è se non la continuazione
esattamente delle filosofie “brunettiane”.
Valutazione. Il grosso del
tema è contenuto nello schema di decreto legislativo di riforma del d.lgs
150/2009 ed è prevalentemente riconnesso all’eliminazione delle fasce di
valutazione, improvvidamente introdotte dalla riforma Brunetta.
Diamo atto che è “epocale”
abolire un sistema, quello delle fasce, che non ha mai effettivamente
funzionato.
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