Ancora una volta le sezioni
giurisdizionali di controllo della Corte dei conti si segnalano per l’emanazione
di pareri eccessivamente rigidi.
In questo caso, la questione è
stata affrontata dalla Sezione regionale di controllo dell’Emilia Romagna, con
parere 23/2017, riguardo la persistenza o perdita dell’efficacia dell’articolo
1, comma 219, della legge 208/2015, che ha “congelato” le assunzioni dei
dirigenti.
E’ bene ricordare il testo dell’incipit
dell’articolo 1, comma 219: “Nelle more dell’adozione dei decreti
legislativi attuativi degli articoli 8, 11 e 17 della legge 7 agosto 2015 , n. 124, e dell’attuazione dei commi 422, 423, 424
e 425 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2014 , n. 190, e successive
modificazioni, sono resi indisponibili i posti dirigenziali […]”.
L’amministrazione locale
richiedente il parere ha prospettato la tesi secondo la quale la norma in esame
ha perso efficacia perché:
1) il processo di ricollocazione dei dipendenti
provinciali si è concluso;
2) la delega legislativa per la riforma della
dirigenza pubblica è scaduta.
Sono, dunque, manifestamente
venute a mancare le condizioni perché il congelamento della dirigenza possa
considerarsi tuttora operante.
a)
“la delega di cui all’art. 17 della legge
124/2015 non solo non è scaduta ma, entro il termine stabilito, è tuttora
legittimamente esercitabile da parte del Governo a legislazione vigente,
assumendo non il parere della Conferenza unificata bensì conseguendo l’intesa
con la
Conferenza Stato-Regioni. In questo senso è il parere reso
dal Consiglio di Stato nell’adunanza della Commissione speciale del 9 gennaio 2017
(numero 00083/2017) riguardante un quesito circa gli adempimenti da compiere a
seguito della richiamata sentenza della Corte Costituzionale n. 251” ;
b)
“il disposto del comma 219 dell’art. 1 della
legge n. 208 del 28.12.2015
non può ritenersi superabile alla stregua degli argomenti sviluppati dal Comune
richiedente e che nemmeno è adeguatamente motivata la prospettazione di un
”vuoto normativo” dopo la sentenza della Corte n. 251, in quanto il riferimento all’esercizio della
delega di cui all’art. 17 della legge 124/ 2015, inserito nel testo del citato
comma 219, ai fini d’interesse conserva intatta la propria vigenza e con essa
il proprio rigore impeditivo”.
L’approccio interpretativo
proposto dalla Sezione è da considerare necessariamente erroneo. Esso si fonda
su un argomento letterale, il richiamo che l’articolo 1, comma 219, della legge
208/2015 fa all’articolo 17 della legge 124/2015.
Si tratta di un’argomentazione falsa
e ne spieghiamo le ragioni. Al momento dell’approvazione della legge 208/2015,
cioè nel dicembre del 2015, la delega legislativa contenuta nell’articolo 11
della legge 124/2015 non era stata ancora esercitata (il Governo si sarebbe
attivato solo nell’agosto 2016).
Non doveva sfuggire alla Sezione
Emilia Romagna che ai sensi dell’articolo 11, comma 1, della legge 124/2015 “Il Governo è delegato ad adottare, entro
dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, salvo quanto previsto dall'articolo 17,
comma 2, uno o più decreti legislativi in materia di dirigenza pubblica e
di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici. I decreti legislativi sono
adottati nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi […]”.
L’articolo 17, comma 2, della
legge 124/2015 dispone: “Le deleghe di
cui all'articolo 11 e al presente articolo possono
essere esercitate congiuntamente mediante l'adozione di uno o più decreti
legislativi secondo la procedura di cui all'articolo 16, purché i decreti
siano adottati entro il termine di cui all'articolo 11, comma 1” .
Ecco, allora, che si spiega il
motivo per il quale l’articolo 1, comma 219, della legge 208/2015 cita sia l’articolo
11, sia l’articolo 17, della legge 124/2015: al dicembre 2015 non era ancora
chiaro se il Governo avrebbe esercitato la delega contenuta nell’articolo 11,
riferita alla riforma della dirigenza, disgiuntamente e autonomamente, oppure
in via congiunta con l’intera riforma della pubblica amministrazione, che trae
fonte proprio nell’articolo 17 della legge 124/2015.
Nell’agosto 2016, tuttavia, il
Governo ha compiuto la scelta: ha deciso di attuare la delega rivolta alla
riforma della dirigenza pubblica in modo autonomo e disgiunto dalla più
complessiva riforma del lavoro pubblico.
Pertanto, l’aggancio ipotetico
tra articoli 11 e 17 della legge 124/2015, una volta adottato in modo autonomo
lo schema di riforma della dirigenza, non si è più potuto realizzare.
Il Governo ha inteso percorrere
in via del tutto autonoma ed indipendente la riforma della dirigenza,
slegandola dalla delega contenuta nell’articolo 17.
Poiché questi sono i fatti,
allora la conclusione cui giunge la Sezione
Emilia Romagna non può che considerarsi irrimediabilmente
errata. A dimostrarlo è il fine esplicito dell’articolo 1, comma 219, della
legge 208/2015: impedire alle amministrazioni di incrementare le dotazioni
organiche di fatto dei dirigenti, mentre era in corso una riforma
rilevantissima, che avrebbe portato alla soppressione dei ruoli delle varie
amministrazioni e alla creazione di un ruolo unico.
E’ del tutto oggettivo rilevare
che, scaduta la delega contenuta nell’articolo 11 della legge 124/2015 e
stabilito di non esercitare quella delega congiuntamente con quella dell’articolo
17, il fine dell’articolo 1, comma 219, della legge 208/2015 non è più né utile,
né raggiungibile
Lasciare ancora operante il
congelamento della dirigenza alla delega contenuta nell’articolo 17 della legge
124/2015, che nulla ha a che vedere con la riforma dello status dei dirigenti
pubblici, significa espandere oltre il lecito il termine di esercizio della
delega legislativa, con evidente violazione dell’articolo 76 della
Costituzione. Pertanto, anche un’interpretazione costituzionalmente orientata
della fattispecie, rivela l’approccio erroneo della Sezione Emilia Romagna, che
è da considerare, quindi, come inoperante.
Il congelamento della dirigenza
disposto dall’articolo 1, comma 219, della legge 208/2015 è da ritenere
certamente ormai superato e privo di efficacia.
Ancora una volta una richiesta cervellotica di parere su questione pacifica e un'assurda risposta da parte della Corte inopinatamente interpellata
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