In molti, soprattutto nella
stampa generalista, sostengono che un sindaco, come ogni politico ha il diritto
di incaricare persone di propria fiducia come dirigenti.
Chi scrive non ha mai condiviso
questa visione. L’assegnazione di incarichi nei vertici organizzativi delle
strutture amministrative non deve per nulla presupporre la conoscenza diretta
tra chi incarica e incaricato: solo un rigoroso sistema di selezione e
reclutamento deve poter legittimamente creare un legame esclusivamente tecnico
e non di conoscenza, né di fiducia, tanto meno di fedeltà, tra politici e
dirigenti.
Uniche eccezioni: cariche dalle
connotazioni fortemente politiche, oltre che tecniche, se non esclusivamente
politiche: capo di gabinetto, segretario particolare, consigliere politico o
diplomatico, consigliere legislativo, porta voce o addetto stampa e pochissime
altre, che sarebbe necessario, per altro, definire per legge in un elenco
tassativo e inderogabile, così da dirimere una volta e per sempre la matassa di
quali incarichi dirigenziali sono assoggettabili allo spoil system e quali no,
nel rispetto delle indicazioni della Corte costituzionale.
Questa scelta normativa, che
farebbe definitiva chiarezza su una questione ormai lunga oltre un quarto di
secolo, non si farà mai.
Nel frattempo, sempre più spesso
alla domanda “a cosa servono incarichi a contratto a dirigenti di fiducia?” si
forniscono due risposte. Una di facciata, l’altra ben più concreta.
La prima risposta, concentrata
solo sulla superficie, nega che di per sé gli articoli 19, comma 6, del d.lgs
165/2001 e 110, commi 1 e 2, del d.lgs 267/2000 (fonti degli incarichi
dirigenziali a contratto) possano essere fonte di illegittimità. Al contrario,
il ben modo di pensare sottolinea che le norme in questione impongono limiti
numerici e di percentuali e sono finalizzate ad arricchire le compagini
dirigenziali di professionalità di elevato profilo non esistenti nei ruoli
delle amministrazioni, consentendo di acquisirle dall’esterno, anche dal mondo
privato.
Dietro la facciata, però, stanno
i fatti e la realtà. Le norme citate prima certo non sono la fonte dell’illegalità,
ma sono la causa di comportamenti fortemente illegittimi, perché troppo
facilmente si prestano ad essere aggirate, per una serie di cause:
1)
l’assenza di un’elencazione precisa degli incarichi che
per loro natura possono prestarsi a nomine fiduciarie (come rilevato sopra);
2)
la scarsa, se non inesistente, rigorosità nella
selezione delle professionalità “esterne”, dimostrata:
a.
dal fatto che l’articolo 19, comma 6, consente
espressamente il paradosso di acquisire professionalità inesistenti all’interno,
incaricando come dirigenti funzionari della medesima amministrazione; norma che
ha dato l’occasione alle Agenzie fiscali di produrre nei loro regolamenti
disposizioni simili, quelle stesse che hanno dato la stura alle migliaia di
nomine di dirigenti senza concorso, censurate dalla Corte costituzionale;
b.
dalla circostanza che sono tante, troppe, le sentenze
di magistratura amministrativa e contabile che rilevano l’illegittimità di
incarichi assegnati a persone prive anche del minimo titolo di studio
necessario se, invece di beneficiare dell’incarico per nomina diretta del
politico, dovessero superare un concorso;
3)
assenza totale di un controllo preventivo sull’esistenza
dei presupposti richiesti dalle norme, per effettuare gli incarichi a
contratto.
La realtà insegna che, certo non
sempre, ma troppo di frequente, la risposta alla domanda “a cosa servono gli
incarichi a contratto?” è semplicissima: a creare una dirigenza di diretta promanazione
politica, che consenta alla politica stessa di abbattere il principio di
separazione tra funzione di indirizzo e controllo da quella gestionale, e le
permetta di inserire nei vertici amministrativi dirigenti “di fiducia”, messi
apposta per dare giustificazione a scelte falsamente considerate come “politiche”,
ma di natura spesso arbitraria, fondate a perseguire interessi in conflitto con
vincoli, regole e disposizioni normative.
La sentenza 1 marzo 2017, n. 38
della Corte dei conti, Sezione giurisdizionale di controllo della Toscana, sul
punto, è esemplare.
Tratta del caso di un sindaco
che pretendeva per sé e i componenti della giunta il pagamento delle spese di
trasferta al di là dei limiti e vincoli imposti dall’articolo 84, comma 3, del
d.lgs 267/2000, ed aveva ottenuto dal segretario comunale, titolare del settore
affari generali, un diniego, motivato anche con riferimento al chiaro parere
della Corte dei conti, sezione giurisdizionale di controllo dell’Emilia
Romagna, 10/2012.
Cosa ha deciso, allora, il
sindaco? Di prendere atto delle indicazioni del segretario comunale? No, ovvio.
Ha ritenuto di chiedere un parere anche alla sezione regionale di controllo
della Toscana, in merito, per approfondire meglio la questione? Nemmeno.
Ha utilizzato l’articolo 110 del
d.lgs 267/2000 ed ha nominato direttamente un dirigente “esterno”,
assegnandogli la direzione del settore affari generali, avendo prima ovviamente
revocato dal medesimo incarico il segretario generale.
Quel dirigente “di fiducia”,
dovendo dimostrare tangibilmente meritevolezza di tale fiducia, ha ovviamente
liquidato al sindaco ed agli assessori di quel comune le indennità di trasferta
che secondo il segretario comunale non era legittimo pagare.
Risultato? Pagamenti
illegittimi, che hanno costituito danno erariale, al cui risarcimento sono
stati condannati il sindaco ed il dirigente a contratto nominato direttamente
ai sensi dell’articolo 110 del codice dei contratti.
Ma, soprattutto, il “gioco”
delle nomine fiduciarie, ha determinato la spendita di risorse pubbliche per
fini non legittimi: il danno erariale, sarebbe bene comprenderlo molto bene, non
è una questione tra privati. E’ la sottrazione di risorse di tutti noi agli
scopi di interesse pubblico ai quali dovrebbero essere destinate.
Concretamente, dunque, le nomine
di dirigenti a contratto di fiducia troppe volte “serve” a levare di mezzo
dirigenti “troppo attenti” al rispetto delle norme e delle regole, per
sostituirli con altri dirigenti meritevoli di ogni fiducia, che al posto dei
primi accontentino i desiderata dei politici.
E per una sentenza che svela
questi fatti, è facile immaginare che vi siano 100 altri casi simili rimasti
ignoti, perché non sfociati in vertenze erariali o amministrative.
Poiché, dunque, i fatti concreti
dimostrano che degli incarichi a contratto si fa un uso distorto, anche i ben
pensanti dovrebbero comprendere che gli articoli 19, comma 6, e 110 non possono
ulteriormente continuare a vigere e che occorra una profonda riforma della
dirigenza a contratto.
Ma, di segno diametralmente
opposto a quello indicato dalla riforma Madia, fortunatamente naufragata sotto
i colpi della procellosa sentenza 251/2016 della Consulta. La riforma Madia,
infatti, intendeva dare assoluto arbitrio alla politica di incaricare la
dirigenza, ma soprattutto di revocare gli incarichi: e avrebbe così trasformato
il regime degli incarichi interpretati come nell’esempio della sentenza 38/2017
della Corte dei conti della Toscana, da “incidente di percorso” a regola
generale, legittimata dalle norme.
Risulta ancora oggi sorprendente
come nessuno, nella stampa generalista, abbia compreso l’estremo rischio cui
avrebbe sottoposto l’ordinamento la riforma Madia della dirigenza, anche se il
caso Consip sembra stia contribuendo a capire meglio quali controindicazioni vi
siano a nomine dovute a fiducia e fedeltà, visto quanto espongono a pressioni
indebite dirigenti la cui carriera, il cui stesso lavoro (e dunque reddito)
dipenda troppo dalla politica.
:-)
RispondiEliminaQuello descritto non è certo un caso isolato ma allo stesso tempo non rappresenta l'unica motivazione delle nomine fiduciarie.
Personalmente concordo ... nomine fiduciarie ridotte ad ECCEZIONE (anche con un limite percentuale se non si riescono ad elencare), diciamo meno del 5% .... e pian piano tutto torna a regime
chi lavora effettivamente nei Comuni sa che la realtà è, purtroppo, anche più sgradevole di quella che emerge dalla sentenza citata. Molti vivono effettivamente sotto ricatto. Segretari e dirigenti devono piegarsi sempre e comunque alla volontà dei politicanti e gli stessi 110 non hanno alcuna possibilità di dissentire. Un disastro che la politica ha creato e vuole mantenere con l'azione di Anci e, per quanto riguarda i segretari comunali, del loro sindacato più rappresentativo che da sempre viaggia a braccetto con anci.
RispondiEliminaLa nomina fiduciaria di un alter dovrebbe essere consentita solo nei casi in cui il politico potrebbe avocare a sé l'incarico.
RispondiEliminaIl legame tra Politica ed Alta Dirigenza, per cui gli incarichi amministrativi di vertice vengono di fatto assegnati con l'unico criterio dell' "intuitu personae", non verrà mai meno, come ci insegna la scienza sociologica da Weber in poi. E' la distinzione tra politica e gestione che è ambigua e si presta oggettivamente a varie pratiche elusive, ma che è fondamentale per giustificare trattamenti retributivi francamente spropositati a favore della Dirigenza, che poi fanno "media" e incrementano la già pessima reputazione di cui è vittima il lavoratore pubblico. A mio avviso si deve completamente capovolgere tutto il paradigma organizzativo del lavoro pubblico, i Dirigenti sono solo formalmente responsabili dei risultati dell'azione amministrativa, in quanto si limitano ad eseguire gli indirizzi gestionali che il vertice politico impartisce, per cui il vero responsabile di un ufficio pubblico è il Sindaco, Assessore, Presidente di Regione, Ministro, ecc. pro - tempore in carica. La vera riforma della Pubblica Amministrazione dovrebbe essere questa!
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