La raccomandazione vincolante è un istituto del quale si sta
parlando moltissimo, che, paradossalmente, però nel suo primo anno
di vita non è stato mai applicato.
Consapevole dell’estrema delicatezza del potere conferitole
dall’abrogato articolo 211, comma 2, del d.lgs 50/2016, l’Anac ha
impiegato molta prudenza, ed ha dedicato moto tempo e ponderazione
alla formazione di propri regolamenti finalizzati a rendere chiare le
modalità di attuazione.
Per ora, questi regolamenti vanno accantonati, in attesa
dell’iniziativa legislativa che, come promesso dal Presidente del
consiglio, Gentiloni, ripristini i poteri dell’Anac eliminati dal
correttivo.
Si spera che il ripristino sia di tipo “critico” e tale, dunque,
da reintrodurre il potere di vigilanza dell’Anac, ma superando i
problemi di tenuta di legalità che la norma abolita poneva, ben
evidenziati più volte dal Consiglio di stato e dalla dottrina;
proprio quei problemi che hanno indotto l’Anac a non attivare per
ben un anno la raccomandazione vincolante.
L’attribuzione all’Anac di poteri di vigilanza, anzi di vero e
proprio controllo preventivo di legittimità, è da auspicare.
Il Presidente dell’Autorità ha assunto un’iniziativa molto
netta, per spingere il Governo a rimediare all’abolizione
dell’articolo 211, comma 2, del codice dei contratti,
sottolineandone la vitale funzione di “deterrenza”.
E’ evidente che l’Anac punti ad un ripristino tout court
della norma abolita, puntando appunto più sulla funzione di
deterrenza che sulla sua concreta applicazione.
Potrebbe trattarsi di una strategia normativa ed operativa vincente:
la corruzione si combatte certamente creando il terreno più
difficile possibile perché operi. Norme di deterrenza sono, quindi,
sicuramente utili.
Ci sarebbe, però, da chiedersi quanto davvero possa essere di
deterrenza la disposizione abolita.
Essa, infatti, incentra il proprio potere di deterrenza sulla
sanzione amministrativa da 250 a 25.000 euro applicabile al dirigente
responsabile del “mancato adeguamento” alla raccomandazione
vincolante.
In prima battuta, occorre tenere presente che l’effetto deterrente
non sempre è ottenibile. Infatti, la raccomandazione vincolante è
finalizzata ad invitare l’amministrazione appaltante ad annullare
un atto che secondo l’Anac sia illegittimo, oppure a rimuoverne gli
effetti.
Ma, alcuni atti non sono nel diretto controllo del dirigente. Ci si
può riferire, ad esempio, a contenuti del progetto di fattibilità
tecnico economica o dello stesso capitolato, che a seconda dei vari
ordinamenti delle amministrazioni possono essere di competenza degli
organi di governo e non dei dirigenti. I quali, quindi, certamente
non potrebbero annullare con propri atti provvedimenti di organi
dotati di competenze separate ed autonome. In questi casi, la
deterrenza proprio sarebbe pari a zero, perché la sanzione sarebbe
totalmente priva di presupposti.
Inoltre, c’è da rilevare che il dirigente può sempre essere
chiamato a rispondere per la mancata rimozione degli effetti, posto
che gli effetti degli atti attengono alla fase della gestione. Ma,
non tutti gli atti attuativi delle complesse regole degli appalti
sono dotati di un’efficacia duratura del tempo: alcuni effetti sono
ad immediata consumazione e, quindi, del tutto inidonei ad una loro
“eliminazione” sul piano gestionale o amministrativo.
Torniamo alla deterrenza, allora. Poichè chi vuole delinquere
rendendosi disponibile alla corruzione lo farebbe, ovviamente,
accollandosi i rischi connessi e con l’intento di aggirare le
norme, si potrebbero dare i seguenti casi:
1) il trasferimento del “rischio” dal dirigente agli organi di
governo, attribuendo a questi la competenza materiale ad adottare gli
atti; in questo modo, l’Anac risulterebbe del tutto depotenziata,
perché la sanzione amministrativa non si estende agli organi di
governo;
2) prevedere strumenti negoziali il più possibile a consumazione
immediata, inidonei ad ogni possibile rimozione amministrativa;
3) soprattutto, la combinazione tra i precedenti due punti potrebbe
portare ad una complicità diffusa tra organi di governo e dirigenti,
uniti nell’accordarsi con il corruttore, per distribuire il
“rischio”, da un lato, e pretendere dal corruttore stesso la
“copertura” del rischio stesso, attraverso una “franchigia”
al compenso illecito da corruzione, che parta dal massimo possibile
della sanzione amministrativa e, cioè, da 25.000 euro.
Simili eventualità non sono affatto da escludere e, per altro, chi
intende corrompere e farsi corrompere sicuramente è in grado di
individuare moltissime altre falle nella norma o, comunque, sistemi
per rendere in ogni caso “vantaggioso” l’accordo illecito alla
base della corruzione.
Insomma, posto che comunque la funzione di deterrenza delle norme non
può essere assoluta, come dimostra la circostanza che i delinquenti
delinquono egualmente nonostante le moltissime norme penali vigenti,
probabilmente l’articolo 211, comma 2, del codice dei contratti, al
di là dei problemi di legittimità, ma meglio sarebbe dire di tenuta
ordinamentale che poneva, forse non era così funzionale alla
deterrenza e così come scritto addirittura avrebbe potuto portare
all’innalzamento dei costi della corruzione, che evidentemente
sarebbero stati illecitamente finanziati intanto con la crescita dei
costi degli appalti e, dunque, un maggior gravame sulle finanze
pubbliche.
Il Consiglio di stato, nell’indicare al Governo l’opportunità di
ispirarsi, per riscrivere l’articolo 211, comma 2, all’articolo
21 della legge 287/19901
sul funzionamento dell’Autorità garante della Concorrenza e del
Mercato (o Antitrust), non ha analizzato il problema dell’effettiva
efficacia della deterrenza della norma abrogata dal decreto
correttivo, ma ha suggerito un “controllo collaborativo”
fortemente incidente sulla reputazione e sull’opinione pubblica: la
pubblicazione, infatti, di una motivato parere che evidenzi le norme
violare con richiesta di adeguamento entro 60 giorni sortirebbe
l’effetto di mettere in luce eventuali magagne. E far uscire
dall’ombra trame e norme a sospetto di illegittimità è
esattamente lo strumento principale della lotta alla corruzione, come
l’Anac stessa scrive e riscrive nei propri Piani Nazionali
Anticorruzione.
Tuttavia, si resta dell’idea che il rischio di illegittimità da
corruzione negli appalti è talmente concreto ed alto che anche il
suggerimento del Consiglio di stato, per quanto meno suscettibile di
elevare addirittura i costi da corruzione, non sia sufficiente, in
quanto l’Anac, se agisse come l’AGCM, comunque interverrebbe a
danno già fatto.
La deterrenza maggiore si ha con una prevenzione del danno. La
vigilanza ed il controllo andrebbero svolti, quindi, solo mediante
poteri di controllo preventivi e dotando l’Anac, di conseguenza, di
strumenti e personale adeguati allo scopo.
1 Se
ne riporta il testo:
1.
L'Autorità garante della concorrenza e del mercato è legittimata
ad agire in giudizio contro gli atti amministrativi generali, i
regolamenti ed i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica
che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato.
2. L'Autorità garante
della concorrenza e del mercato, se ritiene che una pubblica
amministrazione abbia emanato un atto in violazione delle norme a
tutela della concorrenza e del mercato, emette , entro sessanta
giorni, un parere motivato, nel quale indica gli specifici profili
delle violazioni riscontrate. Se la pubblica amministrazione non si
conforma nei sessanta giorni successivi alla comunicazione del
parere, l'Autorità può presentare, tramite l'Avvocatura dello
Stato, il ricorso, entro i successivi trenta giorni.
3. Ai giudizi
instaurati ai sensi del comma 1 si applica la disciplina di cui al
Libro IV, Titolo V, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.
Queste norme anticorruzione, complicatissime e a costo elevatissimo (perchè il tempo è denaro, sempre e comunnque), favoriscono i corrotti perchè in genere guadagnando in più da quel che fanno cercano di farlo "a regola d'arte" e danneggiano gli onesti e i lavoratori, perchè chi lavora sbaglia, per una legge scientifica. Anche guardando gli atti dell'ANAC, un modesto e neanche tanto preparato controllore scoprirebbe delle cose illegittime. Normale. Una cosa è la corruzione, da combattere senza remore, altra cosa è la perfezione degli atti, che viene più facilmente raggiunta dai corrotti che dagli altri. Confondere le due cose, aiuta solo i corrotti, questo è quel che non capisce chi non lavora e fa solo teoria.
RispondiEliminaLa risposta é nella diffusione e predisposizione di moduli e check list che aiutino, insieme alle "circolari" dell'ANAC, gli operatori sul campo. Chi sbaglia in buona fede difficilmente paga oggi e ancor più difficilmente lo farà domani se esisterà un Autoritá che indicherà le buone pratiche da porre in essere. La domanda che faccio è un altra a noi operatori della PA. Ma era così complicato richiedere due preventivi per un affidamenti sotto i 40.000 euro? È così complicato applicare il principio di rotazione degli incarichi? O spesso per far contenti noi stessi o i politici di turno si preferisce non condurre alcuna indagine di mercato, tanto i soldi ce li mette l'amministrazione?
EliminaUna cosa è richiedere due preventivi, e sono anche pochi, per 39990 euro o anche per 10000 euro. Altra cosa è obbligare a cercare due preventivi per 100 euro, insomma come se un padre di famiglia prima di decidere dove fare la spesa deve girare 10 supermercati, chiedere alla cassiera che offerte ci sono e poi magari comprare un litro di latte in un supermercato, la pasta in un altro, i tovaglioli in un altro ancora. Qualche pensionato lo fa, ma perchè non ha altro da fare. Quindi se in un ufficio ci sono tante persone che non sanno cosa fare, va bene farsi fare due preventivi per 100 euro (ma poi perchè solo due?). Se ci sono lavoratori, un acquisto di 100 euro in realtà ne costa 300 se consideriamo che il tempo è denaro e che i dipendenti possono essere impiegati più utilmente. Per i corrotti, politici e funzionari, che occorrano 2 oppure 4 preventivi non cambia niente. Diverso sarebbe il discorso se si dice andiamo sempre in gara formalizzata, sia pure con procedura negoziata. L'ANAC dice invece di acquisire due preventivi e di fare una "selezione comparativa", giusto per salvare la faccia e perdere tempo a chi non ne ha, non di fare la gara, che sarebbe altrettanto irragionevole ma con più efficacia anticorruttiva. Spesso poi la corruzione opera non in fase di scelta, ma in fase di pagamento, con corruttori e amici dei politici e dei funzionari incaricati che vengono pagati in pochi giorni e imprese oneste che aspettano mesi perchè la carta della fattura (se non fosse ormai informatizzata) è rosellino chiaro invece che rosellino scuro. Alcune imprese rifiutano di lavorare per l'amministrazione, pur con guadagni teoricamente sicuri, perchè ancora oggi sanno che essere pagati in tempo è come vincere al lotto. Però su questi ritardi, presenti anche nel pagamento del dovuto ai dipendenti, distinti anche loro in amici del giaguaro e ligi al dovere, i responsabili anticorruzione sono assenti, come se la corruzione fosse solo un fatto tra amministrazione ed imprese esterne e non tra dipendenti corrotti e dipendenti onesti.
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