Non
bastando il caos che da sempre cagionano le procedure cosiddette “semplificate”
di affidamento, previste dall’articolo 36 del d.lgs 50/2016, che poi così
semplificate evidentemente non sono, si aggiunge l’ulteriore caos della
determinazione a contrattare a sua volta “semplificata”, fonte, invece, di complicazioni
utili solo a fuorviare l’azione amministrativa.
Tale
atto, la determinazione a contrattare semplificata, era già stato menzionato in
prima battuta dall’Anac, con le linee guida 4/2016: “In determinate situazioni, come nel caso dell’ordine diretto di
acquisto sul mercato elettronico o di acquisti di modico valore per i quali
sono certi il nominativo del fornitore e l’importo della fornitura, si può
procedere a una determina a contrarre o atto equivalente che contenga, in modo semplificato,
l’oggetto dell’affidamento, l’importo, il fornitore, le ragioni della scelta e
il possesso dei requisiti di carattere generale”.
L’indicazione
dell’Anac era di per sé abbastanza criptica e, comunque, controversa. Indubbiamente,
l’intento dell’invenzione della determinazione a contrattare semplificata
consiste, come si legge nella relazione di accompagnamento alla linea guida
posta in consultazione, nel “prevedere,
in luogo della determina a contrarre e della determina di aggiudicazione, l’adozione di un unico provvedimento,
riassuntivo ed esplicativo del procedimento informale all’esito del quale è
stato individuato il contraente”.
Per essere
più chiari: l’Anac ha risposto positivamente alla domanda se è possibile evitare
di adottare due provvedimenti:
a)
il primo, per avviare
la procedura;
b)
il secondo, per
individuare in modo certo il contraente.
In via
ordinaria, secondo l’articolo 32 del codice dei contratti:
a)
il primo provvedimento
è la determinazione a contrattare;
b)
il secondo è la
determinazione che approva la proposta di aggiudicazione e che, quindi,
comporta l’aggiudicazione (un tempo qualificata “definitiva”).
E’
bene sottolineare come l’Anac abbia ritenuto possibile questo “accorpamento”
dei due provvedimenti (avvio della procedura ed aggiudicazione) solo a condizione
che si tratti di:
1.
acquisti sul mercato
elettronico;
2.
acquisti di “modico
valore” (ma non si è mai saputo quale fosse tale valore) per i quali sono certi
il nominativo del fornitore e l’importo della fornitura.
Proviamo
a “tradurre”. L’Anac, in parole povere, considera possibile una determinazione
contestuale a contrattare/di aggiudicazione solo nelle ipotesi in cui sia
possibile acquistare un bene o un servizio da una vetrina, in base ad un’offerta
pubblica di acquisto.
E’
esattamente il caso dell’acquisto sul mercato elettronico mediante OdA (ordine
diretto di acquisto), cioè attraverso uno strumento di acquisto rientrante nell’articolo
3, comma 1, lettera cccc) del codice che definisce “«strumenti di acquisto», strumenti di acquisizione che non richiedono
apertura del confronto competitivo”. Non c’è il confronto competitivo, perché
si va sulla vetrina del MePa, si individua il bene e lo si acquista
direttamente, senza porre in essere nessuna procedura selettiva.
Così
stando le cose, allora si può intuire cosa significhi effettuare acquisti
(ancorchè non risulti chiara la soglia del “modico valore”) per i quali sono
certi il nominativo del fornitore e l’importo della fornitura: si tratta anche
in questo caso di acquisti da “vetrine”, come su un portale on line o,
comunque, da un catalogo, con prezzi fissati lì e non frutto di una
negoziazione; l’Anac dà per scontato che la determinazione semplificata sia,
quindi, possibile per fornitori già individuati dal mercato, che basti solo
selezionare, senza dover con essi nemmeno negoziare il prezzo, perché già
fissato da un listino. Per esempio, l’idea dell’Anac potrebbe andare molto bene
nelle ipotesi di acqusizione di servizi da soggetti che dispongano di
accreditamenti pubblici e svolgano le loro prestazione sulla base di costi standard
imposti dalle autorità pubbliche competenti, come avviene nel caso di alcune
prestazioni sanitarie, sociali, di formazione e di avviamento al lavoro per
disoccupati.
L’Anac,
dunque, aveva delineato un campo abbastanza ristretto di operatività della
determina a contrattare “semplificata”. Tanto che non in molti avevano dato
peso alla previsione nella LG 4/2016. E nessuno o pochissimi si erano posto il
problema della (in)compatibilità del provvedimento immaginato dall’Anac con le
regole contabili (ci torniamo dopo).
Il “correttivo”
al codice dei contratti, pur traendo spunto dalla LG 4/2016, va oltre. Infatti,
in maniera largamente confusa (oltre che inopportuna) è stato aggiunto all’articolo
32, comma 2, del codice, il seguente paragrafo: “Nella procedura di cui all’articolo 36, comma 2, lettera a), la
stazione appaltante può procedere ad affidamento diretto tramite determina a
contrarre, o atto equivalente, che contenga, in modo semplificato, l’oggetto
dell’affidamento, l’importo, il fornitore, le ragioni della scelta del
fornitore, il possesso da parte sua dei requisiti di carattere generale, nonché
il possesso dei requisiti tecnico-professionali, ove richiesti”.
Si
tratta sostanzialmente della medesima determinazione a contrattare semplificata
immaginata dall’Aran, che:
a)
considera come limite
di spesa “modico” i 40.000 euro posti come tetto per procedere ai sensi dell’articolo
36, comma 2, lettera a);
b)
estende la
determinazione semplificata a tutte le possibili tipologie di acquisti sotto la
soglia dei 40.000 euro e non solo a quelli da “vetrine” con fornitori e prezzi
predeterminati.
La
novità, al contrario della LG 4/2016, sta solleticando non poco le
amministrazioni, prontissime a considerarla come occasione ghiotta per “fare
presto” e “semplificare”, producendo “meno carte”.
L’idea
che si trae dal correttivo è, dunque, la possibilità di:
a)
individuare il contraente
prima ancora della determinazione a contrattare;
b)
ottenere dal
contraente medesimo le dichiarazioni in merito al possesso dei requisiti
generali, sempre prima della determinazione a contrattare;
c)
negoziare col
contraente il prezzo, prima della determinazione a contrattare;
d)
verificare l’effettivo
possesso dei requisiti autodichiarati;
e)
adottare la
determinazione a contrattare semplificata, impegnando contestualmente la spesa.
Si
tratta di conclusioni indubbiamente erronee, perché incoerenti con le procedure
contabili (medesimo difetto delle LG 4/2016), ma certamente comprensibili, in
quanto la novella all’articolo 32, comma 2, del codice dei contratti è
fuorviante e giustifica sicuramente una sua lettura secondo la chiave esemplificata
nell’elenco immediatamente sopra a questo paragrafo.
Perché,
allora, è erroneo ritenere possibile procedere come l’articolo 32, comma 2,
novellato, lascia ritenere?
La
ragione è semplice: il dirigente o responsabile di servizio può gestire la
spesa, sia che ciò avvenga mediante strumenti di acquisto, sia che si
utilizzino strumenti di negoziazione o vere e proprie procedure anche
semplificate o perfino affidamenti diretti, solo dopo averla impegnata, meglio
dire prenotata.
Se si
ammette la possibilità di accorpare nella determinazione a contrattare
semplificata individuazione del contraente e impegno di spesa, significa che
ragionevolmente, con la sola eccezione proprio dell’utilizzo di strumenti di
acquisto o vetrine, il dirigente o responsabile di servizio ha posto in essere
una negoziazione con un operatore economico, chiedendogli preventivi e
dichiarazioni sul possesso dei requisiti, insomma spingendolo ad attività di
tipo negoziale, senza disporre dell’autorizzazione alla spesa. Ricordiamo che l’impegno
di spesa non è solo una formalità contabile; per esempio, è parte integrante ed
indispensabile dell’impegno di spesa il compito, previsto dall’articolo 183,
comma 8, del d.lgs 267/2000 di “accertare
preventivamente che il programma dei conseguenti pagamenti sia compatibile con
i relativi stanziamenti di cassa e con le regole del patto di stabilità interno
(nda principio di pareggio del bilancio);
la violazione dell'obbligo di accertamento di cui al presente comma comporta
responsabilità disciplinare ed amministrativa”.
Cosa avverebbe se il
responsabile attivasse una negoziazione con un operatore economico, senza
preventivamente aver impegnato la spesa, per scoprire solo dopo, al momento
della determinazione a contrattare semplificata, in sede di verifica della
compatibilità con gli stanziamenti di cassa e del rispetto del pareggio di
bilancio, che la spesa non risulti possibile? Al di là della responsabilità
disciplinare ed amministrativa (per danno erariale) del responsabile, si
potrebbe determinare anche una responsabilità civile di natura precontrattuale,
per aver indotto il prestatore ad attività negoziali rivelatisi inutili e
costose.
Non si
deve dimenticare che ai sensi dei principi contabili 4/2, punto 5., “Ogni procedimento amministrativo che
comporta spesa deve trovare, fin
dall’avvio, la relativa attestazione di copertura finanziaria ed essere prenotato nelle scritture contabili
dell’esercizio individuato nel provvedimento che ha originato il procedimento
di spesa”.
Se,
quindi, si avvia un affidamento diretto e, quindi, tanto un acquisto da
catalogo, quanto una negoziazione diretta, la prenotazione dell’impegno deve
sempre essere precedente e mai successiva alla negoziazione o all’ordine
disposti.
D’altra
parte, chiariscono ancora i principi contabili, “L’impegno costituisce la prima fase del procedimento di spesa, con la
quale viene registrata nelle scritture contabili la spesa conseguente ad una
obbligazione giuridicamente perfezionata, avendo determinato la somma da pagare
ed il soggetto creditore e avendo indicato la ragione del debito e costituito
il vincolo sulle previsioni di bilancio, nell’ambito della disponibilità
finanziaria accertata con l’apposizione del visto di regolarità contabile
attestante la copertura finanziaria”.
La
registrazione dell’impegno definitivo, quindi, non può che conseguire al
perfezionamento giuridico dell’obbligazione.
Il
quale consegue necessariamente e soltanto alla stipulazione del contratto e non
deriva di certo dalla semplice determina (semplificata o meno che sia) di
aggiudicazione o affidamento. Sul punto, l’articolo 32, commi 6 e 8, del codice
dei contratti, è incontrovertibile:
a)
il comma 6 dispone: “L’aggiudicazione non equivale ad
accettazione dell’offerta”; il provvedimento che conclude, quindi, la
procedura, ma anche l’affidamento diretto che non consegue ad una procedura
formale, non coincidendo né equivalendo ad “accettazione” della proposta
contrattuale dell’operatore economico, non ha alcun valore contrattuale; ergo,
non insorge ancora alcuna obbligazione tra le parti;
b)
il comma 8 chiarisce: “Divenuta efficace l’aggiudicazione, e fatto
salvo l’esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme
vigenti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione ha luogo
entro i successivi sessanta giorni, salvo diverso termine previsto nel bando o
nell’invito ad offrire, ovvero l’ipotesi di differimento espressamente
concordata con l’aggiudicatario”. Addirittura, fino alla stipulazione del
contratto, unica fonte del rapporto obbligatorio, l’amministrazione può perfino
agire in autotutela. In ogni caso, il contratto è assolutamente necessario (in
forma scritta, anche se elettronica), tanto che il comma 8 prosegue così: “Se la stipulazione del contratto non avviene
nel termine fissato, l’aggiudicatario può, mediante atto notificato alla
stazione appaltante, sciogliersi da ogni vincolo o recedere dal contratto”.
L’unico
modo per ammettere una determinazione a contrattare “semplificata”, allora, è
non dimenticare la concorrente vigenza di altre norme, quali quelle in materia
contabile e concludere che:
a)
occorre comunque una
determinazione preliminare, anche all’attivazione di sistemi semplificati di
individuazione del contraente, quali strumenti di acquisto (OdA del MePa),
acquisti da offerte pubbliche di acquisto o affidamenti diretti, oltre che per
gli altri sistemi, che prenoti la spesa, nel rispetto dell’articolo 183, comma
8, del d.lgs 267/2000, dando quanto meno conto dell’oggetto del contratto, dell’importo
previsto, del fine che si vuole conseguire e appunto del sistema di scelta del
contraente;
b)
effettuate le attività
finalizzate a negoziare col contraente (ordine diretto o negoziazione),
adottare la determinazione “semplificata” completandola dei contenuti mancanti,
quali individuazione del prezzo finale e del contraente.
Tra i
due momenti, segnatamente nella fase della negoziazione, sarà ben possibile
acquisire dall’operatore economico al quale rivolgersi le dichiarazioni sul
rispetto dei requisiti generali; se si riesce, si può anche verificarne la
veridicità parallelamente alla negoziazione, così da avere una determina di
affidamento “semplificata” anche già efficace. Altrimenti, non è legittimo
disapplicare l’articolo 32, comma 7, del codice ai sensi del quale “L’aggiudicazione
diventa efficace dopo la verifica del possesso dei prescritti requisiti”.
In
ogni caso, la registrazione finale dell’impegno dovrà essere successiva alla
stipulazione del contratto, a sua volta successiva alla detemrina (anche
semplificata).
Questa
chiave di lettura, unica che consenta di conciliare l’idea mal concepita della
determinazione a contrattare “semplificata” con le norme contabili, dimostra quanto
bislacca sia la novellazione dell’articolo 32, comma 2, del codice e l’idea
della determinazione “semplificata”. Che, come si vede, non può assolutamente
conseguire in modo corretto (né contabilmente, né giuridicamente) l’obiettivo
di unificare la fase di impegno con quella dell’affidamento e rischia, quindi,
di essere fuorviante e fonte di responsabilità per chi troppo disinvoltamente
voglia fidarsi sugli enunciati della “semplificazione”, parola che nel lessico
giuridico italiano significa solo “complicazione, arrovellamento, intralcio”.
Cosa è un obbligazione giuridicamente perfezionata? E qual'è la fonte di disciplina?
RispondiEliminaLe risposte sono nel codice civile (fonte di cognizione), nelle norme di relazione e non in quella del diritto finanziario pubblico (norme di azione)
Le fonti delle obbligazioni giuridiche sono costituite (art. 1173, cc) da:
a) contratto,
b) fatto illecito
c) ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell'ordinamento giuridico (c.d. “principio di atipicità delle fonti”).
Il contratto è una delle fonti dell'obbligazione giuridica e ne deve avere la struttura essenziale cumulativamente a quelli del "negozio giuridico" di cui ne costituisce l'ipotesi principale ovvero gli elementi essenziali, indicati dall'art. 1325 del cc, e degli elementi accidentali.
Nelle procedure di scelta del contraente il bando o la lettera inviata rappresentano, da un punto di vista del modelllo civilistico, un "Offerta diretta alla conclusione di un contratto" disciplinata dagli artt. 1326 ss. cc ovvero una dichiarazione recettizia da parte della PA, fatta per iscritto, e che risulta vincolante per il proponente solo quando contenga tutti gli elementi essenziali del contratto che ci si offre di stipulare. Se manca un elemento essenziale, non si parlerà di proposta vera e propria bensì di invito ad contrarre. L'offerta ai sensi dell'articolo 1336 del cc può essere rivolta a un soggetto determinato (affidamenti diretti, procedure negoziate, ristrette) o indistintamente a tutti (procedure aperte).
Tutti gli elementi essenziali ed accidentali del negozio giuridico che andrò a concludere mediante la stipulazione di un contrato sono già contenuti nella lettera invito o nel bando ad eccezione di uno: l'accordo delle parti.
L'art, 1326 del codice civile rubricato "conclusione del contratto" dispone testualmente:
"Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell'accettazione dell'altra parte.
L'accettazione deve giungere al proponente nel termine da lui stabilito o in quello ordinariamente necessario secondo la natura dell'affare o secondo gli usi.
Il proponente può ritenere efficace l'accettazione tardiva, purché ne dia immediatamente avviso all'altra parte.
Qualora il proponente richieda per l'accettazione una forma determinata, l'accettazione non ha effetto se è data in forma diversa. Un'accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova proposta.".
La proposta e l'accettazione costituiscono dichiarazioni di volontà unilaterali la cui natura giuridica è discussa, essendo secondo alcuni atti negoziali e secondo altri atti prenegoziali. Essi sono sufficienti alla conclusione del contratto quando questo non richieda che il consenso delle parti (1376 c.c.), cioè nel caso di contratto consensuale. Se, invece, è necessaria anche la dazione del bene si parla di contratto reale, come accade in caso di deposito (1766 cc).
A questo punto la conclusione del contratto mediante l'accordo delle parti ai sensi dell'articolo 1326 del codice civile costituisce il perfezionamento dell'obbligazione giuridica che avviene:
a) con il ricevimento delle offerte nei sistemi di aggiudicazione con il criterio del minor prezzo,
b) con la formazione della graduatoria delle offerte da parte della commissione giudicatrice nei sistemi di aggiudicazione con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa,
con l'assunzione dell'impegno contabile al momento dell'adozione del provvedimento aggiudicazione e coerente con il disposto:
a) dell'articolo 183, co. 1, TUEL che prevede l'assunzione dell'impegno,
b) dell'articolo 183, co. 8, TUEL per il quale non andrebbero in economia al 31 dicembre gli stanziamenti "prenotati" in quando l'obbligazione verso i terzi si è comoìpiuta,
c) dell'articolo 32, co. 6 in quanto il provvedimento di aggiudicazione non costituisce accettazione dell'offerta perchè già avvenuta prima in sede di gara.
Non è così. Il provvedimento di aggiudicazione non costituisce accettazione dell'offerta, proprio perchè al sistema della contrattualistica pubblica, sorretto da norme di diritto speciale, NON SI APPLICANO le ordinarie regole del diritto civile.
RispondiEliminaInfatti, fino alla stipulazione del contratto, e, dunque, anche con l'aggiudicazione già pronunciata, è ancora possibile agire in autotutela, perchè si è in una fase interamente di diritto pubblico.
La stipulazione del contratto, che la giurisprudenza della Cassazione da sempre pretende in forma scritta (o, oggi, quelle digitali equivalenti) deve necessariamente esservi ed è ineludibile, nè sostituibile da alcun comportamento o fatto "concludente", meno che meno con l'assunzione dell'impegno, che ha valore esclusivamente interno all'ente.
L'unica fonte di produzione dell'obbligazione e, quindi, il suo perfezionamento giuridico, quando una parte è una pubblica amministrazione, è la stipulazione del contratto. Ulteriore prova ne siano i problemi posti da Mef, Corte dei conti e Aran per quanto riguarda la destinazione delle somme del salario accessorio, se, appunto non disciplinate dal contratto stipulato per tempo, problemi dei quali i principi contabili tengono debitamente conto.
Nel procedimento pubblicistico finalizzato all'individuazione del migliore esecutore di una fornitura o di un servizio o di un opera vi sono aree non disciplinate dalle cd norme di azione. Gli elementi che portano ad individuare quella che si intende per obbligazione giuridica possono anzi devono essere trovati nelle norme privatistiche. In particolare l'accordo negoziale si realizza secondo le norme del codice civile. L'espressione che tu citi dell'articolo 32, comma 6, del codice per il quale il provvedimento di aggiudicazione non costituisce accettazione dell'offerta tende a ribadire che esso costituisce l'atto tipico della sequenza procedimentale ma non vuole dire che l'obbligazione giuridica si perfeziona successivamente. Questo può avvenire anche prima. Nel momento in cui le parti in cui chi ha fatto la proposta (PA) ha conoscenza dell'accettazione dell'altra parte (operatore economico) nelle procedure negoziate o affidamenti diretti e viceversa nelle procedure ordinarie secondo i principi di cui all'articolo 1376 del cc. In tal senso leggo anche l'obbligazione di spesa verso terzi (cioè io ti pago alle condizioni poste ed accettate) entro il 31 dicembre a pena il rifluire nella spesa prenotata nel risultato di amministrazione. Il legislatore del 1995 (dlgs 77 spero di non sbagliarmi) questo intendeva per "obbligazione giuridicamente perfezionata" ma poi tutte (se non la stragrande maggioranza) la intendevano con l'aggiudicazione. Nella ipotesi contraria il dirigente va a stipulare un contratto in cui non vi è il vincolo sulla sulla previsione di bilancio e se la procedura scavalla l'anno finanziario le somme sono andate in economia. Credo che non ha aggiunto niente di più ma ti sono grato per le questioni che poni.
RispondiEliminaQuesta chiave di lettura sarebbe corretta, se l'ordinamento (attraverso una granitica giurisprudenza) non pretendesse la forma scritta dei contratti. La questione dell'articolo 1376 del codice civile (che, poi, è l'articolo 1326) va vista sotto il corretto punto di vista, che è un altro. La disposizione in primo luogo non è sufficiente, perchè dà per scontato che la prestazione del consenso e la costituzione dell'obbligazione derivi da un fatto concludente, che la giurisprudenza unanime della Cassazione esclude. Ma, ragione principale, il richiamo all'articolo 1326 è frutto di una visione fuorviata del rapporto tra le parti, nell'ambito delle gare d'appalto. Tale visione ritiene, cioè, che l'offerta presentata dall'appaltatore sia l'accettazione della proposta contrattuale mossa dalla stazione appaltante. Ciò sarebbe vero, se il bando fosse una proposta pubblica di acquisto o a contrattare. Ma, invece, è semplicemente un invito proprio a presentare una proposta alla stazione appaltente, alle condizioni fissate. Chi accetta la proposta non è, dunque, l'appaltatore, ma la PA. Quindi è l'appaltatore che deve venire a conoscenza dell'accettazione della PA, la quale consegue alla procedura selettiva (se prevista) o alla valutazione di congruità del preventivo nel caso di affidamento diretto. Nei casi di procedure negoziate, la comunicazione all'appaltatore può coincidere con la stipulazione del contratto, se si utilizza lo scambio di lettere commerciali. Quindi, in ogni caso l'obbligazione giuridica non si perfeziona mai con l'aggiudicazione e l'unico significato correttamente attribuibile all'articolo 32, comma 6, del d.lgs 50/2016 è appunto di escludere che essa implichi la prestazione di consenso da cui potrebbe discendere appunto l'insorgere dell'aggiudicazione. Ed è da quando il legislatore ha chiarito, diversi anni fa, che l'aggiudicazione non implica accettazione, che non può considerarsi più corretta la previsione, un tempo ammessa, che il verbale di aggiudicazione tenga luogo del contratto. Del resto, se così non fosse, non avrebbero senso le clausole stand still, perchè con la semplice aggiudicazione il contratto sarebbe già stipulato. Il dirigente va a stipulare il contratto, con un vincolo di bilancio interno inviolabile, discendente dalla prenotazione; la stipulazione crea anche il vincolo esterno, basato sul titolo giuridico, in assenza del quale il debito non sarebbe nè certo, nè liquido, nè esigibile.
RispondiEliminaho letto tutto e l'analisi dell'autore del blog credo non faccia una piega dal punto di vista formale e sostanziale.
RispondiEliminaIl punto è: nell'iter di acquisizione di un bene/servizio dunque un dirigente dovrebbe, oltre alla determina a contrarre ed a quella di aggiudicazione, sempre determinarsi in un ulteriore atto che assuma l'impegno di spesa con il presupposto giuridico del contratto stipulato, giusto?