Sul sito http://www.bosettiegatti.eu leggiamo una
come sempre fulminante e acuta osservazione: “«Una rosa è una rosa, è una rosa, è una rosa …»; bisogna scomodare
Gertrude Stein? Anche i sordi dovrebbero aver capito che un affidamento
diretto, è diretto, è diretto, è diretto! Ora il codice lo ripete tre volte
(articolo 31, comma 8, articolo 32, comma 2, articolo 36, comma 3, lettera a))
Va bene, trasparenza, rotazione, competenza dell’affidatario ma, rullo di
tamburi, resta un affidamento diretto. I masochisti che continuano a chiedere
più preventivi certificano di non essere in grado di valutare o di non assumere
la responsabilità di valutare la congruità del corrispettivo, ma se è così,
allora come possono essere in grado di valutarne due o tre?”.
La questione è spinosa e si
presta all’ironia per la semplice ragione che, ancora una volta, il Legislatore
ha elaborato l’ennesima disposizione confusionaria e di difficile applicazione
concreta.
Chi scrive, infatti, pochi
giorni fa si era posto esattamente questo quesito: “Tornerà
ad essere diretto l’affidamento diretto?”.
Tutto sta ad intendersi cosa si
intenda per “affidamento diretto”. Allora, dobbiamo scomodare alcuni barbosi
concetti, anche ricorrendo all’etimologia delle parole, oltre che fare
necessario affidamento anche ai principi richiamati dal codice dei contratti
novellato, posti come sempre a guidare il sistema di individuazione del
contraente privo di formalizzazione di gara e procedura.
Perché si tratti di un “affidamento
diretto” occorre innanzitutto prendere atto che non si ponga in essere qualcosa
che gli somiglia, ma risulta al contempo sicuramente inconciliabile con i
principi del codice: cioè, l’affidamento “fiduciario”.
Non si deve, cioè, incorrere
nell’errore di ritenere la riformulazione dell’articolo 36, comma 2, lettera
a), come l’attribuzione all’amministrazione della facoltà di affidare un
appalto senza doverne rendere conto, rinunciando, dunque, agli obblighi minimi
indispensabili di accountability che
discendono direttamente dall’articolo 97, comma 2, della Costituzione, ai sensi
del quale “I pubblici uffici sono
organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon
andamento e l'imparzialità dell'amministrazione”. Non è da dimenticare che è
attuazione diretta del citato articolo della Costituzione l’articolo 3, comma
1, della legge 241/1990: “Ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti
l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il
personale, deve essere motivato,
salvo che nelle ipotesi previste dal comma 2 (atti normativi e a contenuto
generale, nda). La motivazione deve
indicare i presupposti di fatto e le
ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in
relazione alle risultanze
dell’istruttoria”.
Trattandosi di norme disposte
nella Costituzione e nella legge generale sul procedimento amministrativo, non
occorre avere ulteriori conferme in altre leggi. Non è affatto necessario,
quindi, che il codice dei contratti espliciti la necessità che l’affidamento,
per quanto diretto, debba comunque sorreggersi su una spiegazione del perché si
scelga quel contraente.
Il “correttivo” ci ha
risparmiamo, almeno, una fatica: quella della motivazione “adeguata”. L’eliminazione
dell’aggettivo “adeguata” può apparire un mero dettaglio. In realtà, è
estremamente importante. La motivazione “adeguata”, infatti, se si procede con
un affidamento diretto, non può che consistere nella comparazione di almeno due
preventivi/offerte; altrimenti, la
motivazione adeguata, non sarà mai adeguata. Perché il verbo “adeguare”
deriva da una forma latina composta dalla preposizione ad, che indica moto a luogo, ed il verbo aequare che significa rendere uguali; abbinando i due elementi, il
verbo adeguare significa confrontare due termini di paragone. Un comportamento
è “adeguato” in relazione alla situazione: correre a perdifiato ed andare
incontro a qualcuno per placcarlo non è adeguato in un elegante salone ove si
svolge una cena; è adeguato in un campo da rugby.
La motivazione “adeguata”,
dunque, lo era necessariamente in relazione ad almeno un’altra offerta come
termine di paragone, nel senso che quella da prendere in considerazione risultasse,
in via relativa, più adeguatamente corrispondente alle esigenze della pubblica
amministrazione, in termini di rispetto delle necessità cui fare fronte con la
prestazione contrattuale da rendere, ma con costi o qualità migliori rispetto a
quelli proposti da un’altra offerta/preventivo.
Si potrà sottolineare che il
correttivo non ha cancellato solo l’aggettivo “adeguata”, anzi l’avverbio “adeguatamente”,
ma anche il participio “motivato” e porsi il problema: si è voluto, dunque,
eliminare non solo l’adeguatezza della motivazione, ma la motivazione stessa?
Sì da permettere, quindi, un affidamento diretto non motivato e, quindi,
sorretto solo dalla fiducia espressa dall’amministrazione, impersonificata nel
responsabile di servizio, e l’operatore economico scelto?
A questa domanda non si può che
rispondere negativamente. La motivazione, anche se il riferimento nell’articolo
36, comma 2, lettera a), è stato cancellato, resta obbligatoria, perché comunque
imposta dalla Costituzione e dalla legge 241/1990, come visto prima.
In un sistema giuridico, quale
quello europeo e quello italiano, ove si impone il rispetto del buon andamento,
dell’imparzialità, della concorrenza, dell’apertura dei mercati, della
motivazione, allora, l’affidamento diretto “fiduciario” non può essere ammesso,
né è sufficiente.
La “fiducia” infatti altro non è
se non una professione di fede verso terzi, frutto di un sentimento personale.
Il termine “fiducia” viene dal verbo latino fidère,
che significa “aver fede”.
Ora, è evidente che la fiducia è
esclusivamente un elemento valutativo totalmente soggettivo, come tale né obiettivo,
né oggettivo. Infatti, su una medesima persona qualcuno può nutrire estrema
fiducia, qualcun altro per nulla. Per oggettivare la fiducia, allora,
occorrerebbero elementi ponderali sul comportamento di quella persona: ha mai
compiuto atti nei confronti di chiunque come agire alle spalle in modo
contrario a quanto enunciato?; paga regolarmente i suoi debiti?; agisce in modo
trasparente ed avvisa prima di prendere decisioni che influiscano su altri? E
così via.
E’ chiaro che un atteggiamento
solo psicologico ed introspettivo come la fiducia non può considerarsi
rispettoso dei principi e dei vincoli imposti all’agire amministrativo dall’articolo
97, comma 2, della Costituzione e dall’articolo 3, comma 1, della legge
241/1990. Né la fiducia, da sola, può esaurire la spiegazione del rispetto
degli altri principi enunciati dall’articolo 30, comma 1, del codice dei
contratti:
1. economicità,
2. efficacia,
3. tempestività,
4. correttezza
5. libera
concorrenza,
6. non
discriminazione,
7. trasparenza,
8. proporzionalità,
9. pubblicità
cui aggiungere il principio
enunciato dall’articolo 36, comma 1, di
10. rotazione
a. degli
inviti
b. e
degli affidamenti.
Veniamo, quindi, al punto. La
necessità di rispettare quei principi, impone di enunciare esplicitamente il perché
ed il come li si rispetti, ogni volta che si attiva una procedura di “affidamento
diretto”, attraverso la motivazione.
Solo che, grazie al correttivo,
la motivazione non deve più mettere in relazione (per quanto resti ovviamente
possibile farlo) due offerte tra loro: l’adeguatezza non è più necessariamente
relativa tra due offerte rispetto alle necessità dell’amministrazione; l’adeguatezza
dell’offerta è da dimostrare in termini assoluti (senza quindi confronti) rispetto
direttamente alle necessità dell’amministrazione.
Torniamo, allora, ai principi
visti prima:
1. economicità:
per economicità non si deve intendere un’offerta più bassa di altre, ma un
rapporto qualità prezzo non difforme da quello reperibile sul mercato (si
possono usare come riferimento affidamenti similari, realizzati da altre PA
cercando sui siti, o i prezzi del MePa);
2. efficacia:
è la dimostrazione che la prestazione richiesta soddisfi il fabbisogno;
3. tempestività:
non è tanto la velocità nel gestire la procedura, come suggerisce l’Anac,
quanto, invece, la capacità di acquisire la prestazione nel rispetto dei tempi
programmati;
4. correttezza:
è la dimostrazione che non si agisce in conflitto di interessi;
5. libera
concorrenza: è la dimostrazione che non si vuole alterare la competizione tra
più aziende nel mercato; tale principio si unisce inscindibilmente al
successivo decimo;
6. non
discriminazione: è la dimostrazione che non si intende attribuire all’operatore
scelto una posizione di vantaggio concorrenziale; tale principio si unisce
inscindibilmente al successivo decimo;
7. trasparenza:
è l’accountability, l’evidenziazione
delle scelte, la loro accessibilità;
8. proporzionalità:
consiste nel non aggravare il procedimento, sia per l’amministrazione, sia per
l’operatore economico;
9. pubblicità:
è l’evidenza pubblica ed il rispetto degli oneri di pubblicazione imposti;
10. rotazione
a.
degli inviti
b.
e degli
affidamenti: è il principio cardine, che unito a correttezza, libera
concorrenza e non discriminazione, dimostra come non sia ammissibile l’affidamento
fiduciario.
Bisogna sottolinearlo: il
correttivo ha inteso chiarire esattamente in cosa consista la rotazione,
disaggregandola in:
a. rotazione
degli inviti: cioè, le amministrazioni, quando utilizzano sistemi di
individuazione del contraente non completamente aperti al mercato, non possono
invitare sempre gli stessi soggetti, ma debbono appunto garantire una loro
rotazione, una diversificazione dei destinatari degli inviti;
b. rotazione
degli affidamenti: è l’elemento decisivo; anche laddove l’amministrazione
appaltante non utilizzi procedure di confronto tra più operatori economici, ma
ritenga appunto di effettuare un affidamento diretto, in ogni caso non può e
non deve legarsi inscindibilmente con l’operatore economico così scelto; un
successivo affidamento diretto relativo alla medesima prestazione dovrà far
cadere la scelta su un altro operatore economico; a meno che non ricorrano
ragioni, tutte da dimostrare con particolare profondità, poste ad evidenziare
che il cambio del prestatore si riveli dannoso o controproducente.
La fiducia, come sentimento
interiore e non dimostrabile, non si tiene con questo sistema. L’affidiamento
per fiducia è indimostrabile, immotivabile, è, appunto, un atto di fede, che
non va bene nella gestione della cosa pubblica.
L’affidamento diretto, posto in
essere nel rispetto dei principi enunciati dalle norme e visti sopra, e
rispettoso in particolare dell’obbligo di rendere comunque conto delle
decisioni adottate, coscienti che si deve renderne conto non solo a se stessi,
non solo agli organismi di valutazione, non solo agli organi di governo, ma
anche e prima di tutto ai cittadini che con le loro imposte finanziano l’attività
pubblica, consente proprio di “assumere
la responsabilità di valutare la congruità del corrispettivo” di cui parla
l’ottimo Battista Bosetti.
L’assunzione di responsabilità
nel valutare la congruità di un preventivo, si pone in essere non enunciando
propri poteri taumaturgici o pranoterapeutici di intuizione o fede nelle
capacità degli operatori economici, ma in un’operazione tecnica e logica:
dimostrare che il corrispettivo è congruo, non troppo costoso, tecnicamente
idoneo, capace di conseguire il risultato e proveniente da un operatore con
esperienza dimostrata da referenze, in regola con i requisiti dell’articolo 80,
che non risulti avere contenziosi in atto per l’espletamento dell’attività.
Ricordandosi sempre, comunque,
che il codice dei contratti, al di là dell’articolo 36 (noto come regolatore di
procedure asseritamente “semplificate”, rispetto alle quali procedure “ordinarie”
sotto soglia non appaiono per nulla particolarmente più complicate), consente
affidamenti diretti per i casi tipizzati nell’articolo 63, che non sono pochi, né
rari.
Basta, nella sostanza, non
ciurlare nel manico e ricordarsi che l’assunzione di responsabilità di valutare
la congruità dei corrispettivi non consiste nell’indossare il costume ed il
mantello e ritenersi dotati di superpoteri di individuazione del contraente;
resta la fatica del lavoro: rispettare i principi, spiegare le scelte,
assicurare risultati: insomma, agire perseguendo il “buon andamento”.
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