L'abolizione delle province era uno dei punti fermi del populismo che permeava la riforma della Costituzione. Risultato: no che vince il referendum (anche se non certamente per salvare le province), premier che si dimette, corsa piuttosto complicata verso la rielezione.
Il presidente della regione Sicilia era stato il primo ad annunciare televisivamente urbi et orbi che avrebbe abolito le province; lo ha fatto con una legge totalmente sconclusionata, il cui caos è stato perfino maggiore di quello della riforma Delrio. Risultato: non ha incassato alcun dividendo di populismo da quella riforma e si è dovuto perfino mettere da parte come candidato alle prossime elezioni regionali.
Morale: le riforme possono, e in certi casi debbono, essere fatte. Il problema è che debbono essere ponderate, utili, precedute da attente valutazioni di impatto normativo, economico, finanziario, organizzativo e delle conseguenze sui servizi ai cittadini. Se si fanno a capocchia solo per seguire il populismo da bar e le inchieste giornalistiche secondo le quali è da abolire tutto, dalle province ai Tar, dalle regioni al Cnel, dai piccoli comuni al corpo forestale, senza sapere con cosa e come sostituire gli enti da abolire e soprattutto come gestire le funzioni che così rimarrebbero senza un titolare, non si va da nessuna parte. Non solo perchè l'ordinamento ne esce sfigurato, ma anche perchè il consenso politico che si presuppone di ottenere da questo tipo di riforme nemmeno arriva.
Da vecchio dipendente pubblico, mi sento di condividere in pieno il punto di vista espresso in questo articolo. In molti casi, le "riforme" sembrano scritte da persone che non hanno la minima idea del lavoro si svolge nelle amministrazioni di cui si propone/dispone la soppressione o l'accorpamento. Anche a causa dell'eterna campagna elettorale in cui il Paese è lasciato immerso come in un'interminabile apnea della ragione e del buon senso, non si riesce più a distinguere tra la necessità di attualizzare la mission, il funzionamento, l'assetto organizzativo delle amministrazioni pubbliche per consentire loro di adempiere sempre meglio alle proprie funzioni e la frenesia irrazionale di azzerare tutto a colpi di decreto o di referendum. Sarebbe davvero interessante che qualcuno, un giorno o l'altro, si diverta a calcolare quanto sia costato e quanto ancora costerà tutto questo alla collettività.
RispondiEliminaOrmai ogni critica si riduce ad una vox clamantis in deserto; come dice Seminerio "Andrà molto peggio, prima di andare meglio"; si tratta solo di vedere fin dove arriverà il peggio; ogni volta sembra raggiunto e ogni volta si cade più in basso.
RispondiEliminaNon avrei mai pensato di rimpiangere la prima repubblica, Andreotti, Moro, Craxi (oddio!), Gava (ri-oddio!), De Mita e Mastella (a già, ci sono ancora) e compagnia cantante; almeno sapevano scrivere in italiano.