La rotazione negli appalti ha lo scopo di garantire la
corretta applicazione del principio di concorrenza in particolare, per cui essa
deve essere vista come un limite all’esercizio della discrezionalità nella
scelta delle ditte da invitare in procedure di gara negoziate chiuse al
mercato.
Simmetricamente, pertanto, la rotazione non deve
considerarsi obbligatoria sia per tutte le procedure di gara “ordinarie”
appunto aperte al mercato, sia per le procedure “straordinarie” previste
dall’articolo 36 del codice dei contratti, laddove la scelta degli operatori
economici da invitare sia sottratta all’esercizio di una scelta-limitazione
discrezionale della stazione appaltante e, quindi, sia rivolta a chi risponda a
strumenti di impulso al mercato, come avvisi pubblici per manifestazione di
interesse privi di limitazione agli operatori economici.
Aiuta a giungere alle considerazioni svolte sopra la
sentenza del Consiglio di stato, Sezione VI, 31 agosto 2017, n. 4125, sia pure
per via indiretta.
La decisione sicuramente chiarisce una volta per tutte
un aspetto molto importante: non è vero che la rotazione sia da considerare
sempre ed acriticamente obbligatoria: infatti, un’adeguata (ma obbligatoria)
motivazione della scelta di invitare anche il precedente affidatario dell’appalto
(o concessione) rende lecito tale operato della stazione appaltante.
Sul punto, Palazzo Spada si esprime in maniera
piuttosto netta ed inequivocabile: “Il principio di rotazione ‒ che per espressa
previsione normativa deve orientare le stazioni appaltanti nella fase di
consultazione degli operatori economici da consultare e da invitare a
presentare le offerte ‒ trova fondamento nella esigenza di evitare il
consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente (la cui
posizione di vantaggio deriva soprattutto dalle informazioni acquisite durante
il pregresso affidamento), soprattutto nei mercati in cui il numero di agenti
economici attivi non è elevato. Pertanto, al fine di ostacolare le pratiche di
affidamenti senza gara ripetuti nel tempo che ostacolino l’ingresso delle
piccole e medie imprese, e di favorire la distribuzione temporale
delle opportunità di aggiudicazione tra tutti gli operatori potenzialmente
idonei, il principio di rotazione comporta in linea generale che l’invito all’affidatario uscente
riveste carattere eccezionale e deve essere adeguatamente motivato, avuto riguardo al numero ridotto
di operatori presenti sul mercato, al grado di soddisfazione maturato a
conclusione del precedente rapporto contrattuale ovvero all’oggetto e alle
caratteristiche del mercato di riferimento (in tal senso, cfr. la delibera 26
ottobre 2016, n. 1097 dell’Autorità nazionale anticorruzione, linee guida n. 4)”.
Ciò che maggiormente interessa, tuttavia, del
ragionamento esposto dal Consiglio di stato è, però, la prima parte, forse meno
esplicita delle conclusioni finali.
L’esordio del passaggio della sentenza è estremamente
importante, poichè chiarisce la costruzione ed i fini della previsione del
principio di rotazione:
1. vale nella fase di consultazione
degli operatori economici da invitare a presentare offerte;
2. mira ad evitare il consolidamento
delle rendite di posizione in favore dell’operatore uscente, specificando che
esso dispone di una posizione di vantaggio derivante dalle informazioni
acquisite durante il pregresso affidamento;
3. favorisce la distribuzione, nel
tempo, delle opportunità di aggiudicazione tra tutti gli operatori
potenzialmente idonei.
In
un successivo punto, la sentenza precisa: “il
principio di rotazione fa divieto ‒ salvo motivate eccezioni ‒ di invitare il gestore uscente in
occasione del primo affidamento della concessione”.
Allora,
ritessendo la trama, si giunge alle considerazioni iniziali. Palazzo Spada
manifesta la convinzione profonda che il principio di rotazione funga da filtro
delle decisioni delle stazioni appaltanti quando esse abbiano margini di
discrezionalità nella scelta degli operatori economici da “invitare”.
Pertanto,
detto principio opera necessariamente nella subfase procedimentale dell’individuazione
degli operatori economici che intendano manifestarsi e presentare
successivamente offerta.
Per
questa subfase vi sono sostanzialmente due sistemi:
a) l’autodeterminazione del mercato: essa si determina
allorchè l’amministrazione non scelga chi invitare, ma dia corso ad un’evidenza
pubblica piena, con la quale invitare l’intero possibile mercato o direttamente
a presentare offerta, oppure a segnalarsi ed indicare il possesso di certi
requisiti di partecipazione, con successivo vincolo ad invitare tutti quelli
idonei (salvo adottare poteri di riduzione);
b) la restrizione discrezionale del mercato: si determina
quando la stazione appaltante decida a priori quanti e quali operatori
economici invitare a presentare offerte, chiudendo, quindi, il mercato e
selezionando discrezionalmente solo alcuni operatori che di esso fanno parte.
Andiamo
al punto focale: poiché, come visto sopra, il principio di rotazione mira ad
evitare il consolidamento delle rendite di posizione in favore dell’operatore
uscente, che dispone di una posizione di
vantaggio derivante dalle informazioni acquisite durante il pregresso
affidamento, è evidente che detto principio non possa e non debba operare, in
quanto finirebbe per contrastare col principio di concorrenza, quando la
stazione appaltante si avvalga di un sistema di individuazione dei concorrenti
partecipanti alla gara del tipo a), cioè con autodeterminazione del mercato. In
questo caso, infatti:
1) non occorrono le cautele subordinate al principio di
rotazione: la stazione appaltante non decide a monte quali e quanti operatori
economici invitare, ma possono partecipare tutti, nessuno escluso (pena la
violazione del principio di concorrenza e parità di trattamento) gli operatori
economici, tra i quali anche, evidentemente, il precedente gestore;
2) la cosiddetta rendita di posizione è recessiva
rispetto alle regole di apertura del mercato.
E’
assolutamente chiaro che le procedure ordinarie aperte e ristrette non possono
ammettere l’applicazione della rotazione, intesa come obbligatoria esclusione
del precedente affidatario/motivazione del suo invito.
Al
contrario, nel caso di procedure del tipo b), con restrizione discrezionale del
mercato, la rotazione è pienamente operante, per evitare anche il solo pericolo
potenziale della creazione discrezionale di un lotto di partecipanti inadeguato
a concorrere col precedente affidatario o, comunque, della creazione di un
lotto di concorrenti insufficiente anche solo sul piano quantitativo a mettere
in discussione la posizione di vantaggio del precedente affidatario.
Così
letto il principio di rotazione alla luce della sentenza di Palazzo Spada,
allora si deve concludere che esso risulti obbligatoriamente operante allorchè
le amministrazioni si avvalgano dell’articolo 36, comma 2, del codice e
scelgano di chiudere parzialmente il mercato, attraverso indagini di mercato
volte a delimitare il lotto degli operatori da invitare, oppure mediante la
formazione e, soprattutto, la selezione di pochi partecipanti tra i molti
appartenenti ad elenchi di operatori economici.
A
parte la possibilità di sciogliersi dai vincoli del principio di rotazione
mediante la motivazione obbligatoria, comunque tale principio non può
considerarsi operante se pur nell’ambito dell’articolo 36, comma 2, le
amministrazioni appaltanti rinuncino alla propria discrezionalità e
costruiscano la “consultazione” con gli operatori economici in un avviso
pubblico, aperto totalmente al mercato, finalizzato a chiedere potenzialmente a
tutti gli operatori economici di manifestare il proprio interesse alla
successiva fase di presentazione delle offerte.
Di
fatto, in questo modo si opererebbe come nella “vecchia” licitazione privata
pre-Merloni e si pone in essere una sorta di procedura ristretta sia pure “straordinaria”
e non “ordinaria”.
Non
v’è ragione di incidere il principio di concorrenza, impedendo al precedente
gestore di partecipare, nell’ambito di sistemi di gara che rendono del tutto
inutile la rotazione, proprio perché impostati per eliminare la discrezionalità
della PA potenzialmente favorevole alla conservazione di rendite di posizione.
Che il principio di rotazione non sia operante nelle procedure aperte è la scoperta dell'acqua calda, non c'era bisogno del C.d.S.; ovviamente se si intende il termine "aperte" nel suo senso letterale (ovvero quando non vi è limitazione alla partecipazione, se non il possesso di requisiti adeguati e proporzionati, quindi in procedure aperte propriamente dette, procedure ristrette, nonché procedure negoziate articolate su avvisi pubblici per la ricerca di manifestazioni di interesse, senza riduzione del numero dei soggetti da invitare).
RispondiEliminaDall’arresto di Palazzo Spada sul “gestore uscente” sono sottratti praticamente tutti gli appalti di lavori o gli appalti di servizi “discontinui con soluzione di continuità temporale od oggettiva”. Negli appalti di lavori non esiste il concetto di “gestore uscente” né un particolare vantaggio del titolare di un’aggiudicazione precedente non essendo individuabile alcuna posizione di vantaggio derivante dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento, trattandosi di interventi autonomi su progetti ontologicamente diversi. Quindi la questione si porrebbe solo per appalti periodici di natura quantomeno analoga per materia (e forse anche per dimensione).
In conclusione, onestamente bisogna riconoscere che l’attuazione del principio di rotazione forse crea problemi in misura non inferiore a quelli che pretende di risolvere.