Questo dipinto segna un importante passaggio di svolta nella vicenda artistica del Merisi. per la prima volta, infatti, si cimenta nella pittura di una figura intera, quella dell'angelo che suona leggendo lo spartito retto da Giuseppe. Lo spartito è reale e può essere davvero suonato: si tratta del mottetto Quam pulchra es et quam decora, composto da Noël Bauldwijn, che raccoglie alcuni versetti del Cantico dei cantici.
Il quadro è raffinatissimo, come dimostra anche la scelta dello spartito. La circostanza è nota: la Sacra famiglia si ferma, stremata, nella fuga verso l'Egitto per salvare il bimbo Gesù.
Si tratta di uno dei pochissimi dipinti nei quali Caravaggio rappresenta un paesaggio esterno, con luce piena, quasi senza una specifica provenienza e direzione, tale da avvolgere tutte le figure e gli elementi vegetali, dipinti come sempre con la raffinata arte già dimostrata con le nature morte.
Appare uno dei tanti modelli della vita reale scelti da Caravaggio: Giuseppe è un uomo anziano, rugoso, provato dall'età e dal lavoro, come i tantissimi altri modelli dei futuri capolavori.
Siede su un materasso arrotolato, che riapparirà nel Bacco conservato negli Uffizi a Firenze, sempre sul lato sinistro, ove si appoggia il modello:
E' la testimonianza diretta che Caravaggio utilizza a piene mani oggetti presenti nel proprio studio, come appunto materassi, caraffe, sedie, lo stesso vestiario, spesso composto da panni, tuniche, camicie, teli molte volte riutilizzati.
L'angelo rappresenta quasi la luce divina a fiammeggiare al centro della composizione, suona la melodia rilassante. Caravaggio, probabilmente, per la posa dell'angelo si ispirò all'opera del grande contemporaneo, Annibale Carracci (col quale si sarebbe confrontato in seguito nella cappella Cerasi), Ercole al bivio:
L'opera, dipinta dal Carracci in quegli stessi anni, rappresenta l'incertezza dell'eroe mitologico tra la scelta della virtù, rappresentata alla sua destra, ed il vizio, alla sinistra. Troviamo, dunque, un elemento tipico della pittura di Caravaggio: l'utilizzo di canoni, figure e modelli del profano, in contesti sacri, il vizio che diventa angelo celestiale.
Maria accovacciata a gambe incrociate è crollata per la stanchezza, tenendo in grembo il figlio. Abbiamo già visto la modella: è Annuccia Bianchini, la stessa ritratta dal Caravaggio ne la Maddalena penitente. Non sarà l'ultima volta che Caravaggio utilizzerà una prostituta per dare un volto alla Madonna. La posa di Maria è molto simile a quella della Maddalena penitente.
La figura probabilmente più sorprendente è quella del bimbo Gesù. Caravaggio dimostra ancora una volta la sua straordinaria attenzione al "vero", l'intenzione di rappresentare in modo quanto più aderente possibile la realtà. La pittura del passato non aveva prestato particolare attenzione alle proposizioni dei bimbi, spesso rappresentati come adulti in piccolo. In particolare, per Gesù bambino non si dava attenzione alle corretta pittura del corpo di un bimbo, quanto, piuttosto, alla solennità dello sguardo e del gesto, spesso benedicente.
Il bimbo del quadro in analisi è realissimo: dolcemente appoggiato a spalla e grembo della madre, con la mano abbandonata sul ventre, dimostra l'abilità del Caravaggio, compensando qualche incertezza nella raffigurazione molto complessa della figura della Madonna spossata e con la testa ripiegata verso la sua spalla sinistra.
Poche altre volte si vedranno così tanti colori illuminati dalla luce nei quadri dell'artista.
5. San Francesco in estasi, olio su tela 1595-96 - Wadsworth Atheneum of Art di Hartford
Caravaggio ha, adesso, dei committenti. E' passato sotto la protezione del Cardinal Del Monte, che gli aprirà la strada, più tardi, verso i fasti della cappella Contarelli.
Forse, è lo stesso Del monte ad avergli commissionato il S. Francesco in estasi, anche se la cosa è molto discussa.
Anche quest'opera è uno snodo fondamentale del passaggio dal primo Caravaggio alla piena maturità del 1600.
Si tratta di un'altra scena all'aperto, ma molto diversa dal Risposo durante la fuga in Egitto. Siamo in fitto bosco, gli elementi naturali e vegetali si vedono appena: è la prima impronta del cosiddetto "tenebrismo" tipicamente caravaggesco, chiaro-scuro che caratterizzerà la sua opera matura, ove le figure si stagliano, rotonde e quasi tridimensionali, a volte monumentali, dal fondo scuro, sapientemente illuminate dalla luce radente proveniente dall'alto.
Il quadro in analisi dà l'avvisaglia di questo stile. Le tenebre fanno da cornice all'evento ed il fascio di luce proveniente dalla sinistra colpisce Francesco, rappresentando lo spirito che lo colpisce, entra a far parte del suo essere, portandolo ad un'estasi che è anche al tempo stesso sofferenza fisica.
Il quadro ritrae per la prima volta un Francesco che riceve le stimmate: esse non sono ancora presenti nelle mani, ma la destra va a toccare il costato, spostando un lembo del saio che fa intravedere la prima ferita nella carne viva.
Il santo si accascia ed un angelo lo sorregge, con un volto aggraziato e gentile, consapevole del misto di gioia e sofferenza del santo. Il Bernini nella Santa Teresa d'Avila si produrrà in una rappresentazione ancora più efficace.
Sono evidenti le proporzioni non coerenti del santo e dell'angelo, che appare più grande. Incertezza del primo Caravaggio, o artificio quasi prospettico e scultoreo, per dare la sensazione che l'angelo sia come una madre che accoglie in grembo un figlio?
Qui il Merisi racconta per la prima volta un santo al quale doveva sentirsi particolarmente vicino, tanto da dipingerlo almeno altre tre volte, quel Francesco interprete della chiesa dei poveri, del popolo, che rifiuta i fasi e accoglie nella fede gli ultimi, ben in linea col pauperismo propugnato dal cardinale Carlo Borromeo, nella Milano in cui il Merisi visse i suoi primi anni. Pauperismo e amore per una religione vicina al popolo che Caravaggio avrebbe sempre abbracciato nel corso della sua vicenda artistica.
6. Marta e Maria (Maddalena), olio su tela, - Detroit Institute of Arts
Abbiamo visto poco sopra che col S. Francesco in estasi Caravaggio comincia ad addentrarsi nel tenebrismo e nella tecnica della luce radente proveniente dall'alto.
Il Bellori, suo biografo, così descrive questa tecnica: "facevasi ogni giorno più noto per lo colorito ch’egli andava introducendo, non come prima dolce e con poche tinte, ma tutto risentito di oscuri gagliardi, servendosi assai del nero per dar rilievo alli corpi. E s’inoltrò egli tanto in questo suo modo di operare, che non faceva mai uscire all’aperto del sole alcuna delle sue figure, ma trovò una maniera di campirle entro l’aria bruna d’una camera rinchiusa, pigliando un lume alto che scendeva a piombo sopra la parte principale del corpo, e lasciando il rimanente in ombra a fine di recar forza con veemenza di chiaro e di oscuro".
Caravaggio, dunque, sceglie per lo più di dipingere all'interno del suo studio, abbandonando ogni coloritura sfumata o accesa, segnando un distacco netto dal tardo manierismo così come dall'insegnamento di Tiziano. Carica i colori, stagliandoli dal nero, mettendo in evidenza le figure su cui intende portare l'attenzione del pittore dalla luce radente che cade dall'alto.
Il quadro con Marta che esorta, convince Maria a ravvedersi ed abbracciare la fede rappresenta molto bene questa tecnica.
Marta, sulla sinistra, è rappresentata mentre argomenta con la sorella le ragioni per rinunciare alla vita dissipata; è in ombra, la luce si concentra sul gesto delle mani, protese come chi, appunto, cerca di convincere e di spiegarsi.
Maria Maddalena ascolta con attenzione, ma ha già deciso, è già convinta. Ella è pienamente illuminata dalla fonte di luce proveniente dalla destra in alto (evidenziata dal riflesso nello specchio). Impugna e gira tra le dita il fiore di arancio, simbolo di mondanità, ed è appoggiata ad un altro simbolo di vanità, lo specchio appunto; sul tavolo giace un altro simbolo di vanità, come il pettine, mancante, però, di un dente.
Lo specchio è convesso: è probabilmente quello utilizzato da Caravaggio per la resa di alcune sue opere, quello che ha utilizzato, forse, per creare l'immagine schiacciata di Maddalena penitente, quello sul quale si è forse autoritratto nel dipingere la celeberrima Medusa. Spessissimo Caravaggio, con le sue opere, ci fa quasi entrare nel suo studio e mostra gli "attrezzi" del suo mestiere.
Maria Maddalena è fortemente illuminata e quasi "scolpita", perchè riceve l'illuminazione divina che la porterà a cambiare vita.
Nel quadro incontriamo per la terza volta Annuccia Bianchini: è lei che dà il volto a Marta. Per dipingere Maria, il Merisi utilizza per la prima volta una modella alla quale si rivolgerà spesso e probabile fonte degli insanabili contrasti con Ranuccio Tomassoni, che porteranno ad assassinarlo nel 1606. Si tratta di Fillide Melandroni, senese come la Bianchini, prostituta come la Bianchini.
In questo quadro alcune incertezze ancora presenti in Caravaggio la Melandroni non è ritratta nella genuina bellezza che riveleranno quadri come Giuditta e Oloferne e Santa Caterina d'Alessandria
S. Caterina d'Alessandria, olio su tela, 1598-99, Museo Thyssen-Bornemisza, Madrid |
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