sabato 11 novembre 2017

Il garbuglio della presenza del Rup nelle commissioni di gara

Il vero problema è posto da una concezione ormai troppo radicale, presente nel legislatore e nel modo di condurre la disciplina anticorruzione, del conflitto di interessi.

Il Rup si presuppone sia “incompatibile” con lo svolgimento della gara, perché svolge attività amministrativa e tecnica finalizzata a predisporre gli atti ed a scegliere la procedura.
Tuttavia, nessuno riesce a spiegare in modo convincente perché mai questo determinerebbe una situazione di incompatibilità. Essa sarebbe rilevabile se il Rup acquisisse le cognizioni necessarie per redigere gli atti di gara da ditte e consulenti, che poi partecipano alla gara. Il conflitto di interesse è definito dall’articolo 42, comma 2, del d.lgs 50/2016 e, oggettivamente, non si vede come il ruolo del Rup possa considerarsi di per sé produttivo di tale conflitto.
L’eventuale influenza che operatori economici possano determinare sulle scelte del Rup è scongiurata dall’articolo 67 del codice.
Dunque, di che si parla? Per quale ragione il legislatore, ma più ancora l’Anac, ha introdotto questa complicazione operativa, che fornisce a qualsiasi operatore economico il destro per ricorrere contro le scelte dell’amministrazione?
Per altro, il problema riguarda il Rup nelle commissioni di gara, dunque quando a decidere è un collegio e non il Rup singolo. Per quale ragione si dovrebbe ammettere e dare per scontato che il Rup riesca ad influenzare gli altri componenti del collegio?
Il clima di radicalismo nelle cautele anticorruzione sta creando una vera e propria “amministrazione difensiva”, che scaturisce, però, non da comportamenti degli operatori, volti ad utilizzare le norme come scudo dalle responsabilità, ma deriva direttamente da norme ordinamentali prive di razionalità e comunque tali da produrre solo contenzioso e problemi applicativi.


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