Saranno almeno 25 anni che consulenti dei comuni, variamente occupati come componenti di nuclei di valutazione oppure organismi indipendenti di valutazione, ma anche inutilissimi "city manager", attingono alla più banale idea aziendalistica di spinta all'innovazione, chiamata "cassetta delle idee".
In cosa consiste la "cassetta delle idee"? Fino a qualche tempo fa, quando mancata internet, era proprio un'urna, nella quale i dipendenti depositavano dei foglietti, ove avevano trascritto appunto una loro idea, un progetto, per migliorare le condizioni di lavoro in azienda oppure il prodotto oppure per provare ad aprire i mercati in altro modo. Oggi, mentre il sistema sostanziale è rimasto identico, cambia la modalità e si utilizzano la posta elettronica, oppure software appositi di raccolta e catalogazione.
Alla base di tutto, c'è la volontà di provare a coinvolgere in qualche modo i lavoratori nelle scelte strategiche aziendali. Di fatto, si crea un'illusione: la possibilità di una partecipazione diffusa alle decisioni, che, tuttavia, restano sempre saldamente nelle mani della proprietà e della governance, che del resto rimane (comprensibilmente e giustamente) del tutto libera di selezionare tra le idee depositate nella cassetta quelle che ritiene più opportune. Sempre che ci si dia il fastidio concreto di leggerle, quelle idee.
In fondo, è un sistema per tenere buoni i lavoratori, dando loro un ruolo, in varia graduazione solo immaginario o concreto, nelle decisioni operative.
Nella Pubblica Amministrazione, nonostante da 25 anni si reciti il mantra che sono da gestire "come un'azienda", con "efficienza ed efficacia" e "abbandonando la logica dell'adempimento" per invece "lavorare per obiettivi", il managerialismo di risulta che è approdato nei gangli amministrativi ha spesso importato sistemi come appunto la "cassetta delle idee", inserendoli in modo del tutto acritico nel contesto pubblico e, soprattutto, travisandone forme e scopi.
Nessun imprenditore si sogna di premiare le idee in quanto tali. Prima le mette in opera e poi, semmai, dà qualche forma di gratifica a chi ha contribuito a proporle, se funzionano. E sa esattamente se funzionano, perchè rileva riduzione dei costi di produzione, oppure aumento della clientela, oppure incremento del fatturato. Indicatori chiari dell'utilità dell'idea.
Invece, tutto il managerialismo scimmiottato nelle pubbliche amministrazioni da un quarto di secolo non ha la minima idea (se non in rare eccezioni) di cosa la PA produca e come valutarne i risultati. La riforma Brunetta segna, in proposito, il più clamoroso dei flop: aveva introdotto la Commissione Indipendente per la Valutazione, l'Integrità e la Trasparenza (Civit), che avrebbe dovuto sviluppare sistemi di valutazione dedicati alle varie amministrazioni. Ma è stato un totale fallimento. A parte qualche pubblicazione caratterizzata dal provincialissimo ricorso all'inglese aziendale ad ogni piè sospinto, la Civit non ha prodotto nulla di utile e si è estinta, confluendo nell'Anac che non ha voluto nemmeno interessarsi dei temi legati alla valutazione della produttività dei dipendenti.
La Civit è stata vittima dell'idea bislacca secondo cui si possa credere davvero che le amministrazioni sono come aziende. Ma, qualcuno ha nota l'esistenza di un'azienda che possa nemmeno pensare di produrre tutte le attività che realizza un comune, ad esempio? Nessuno affronterebbe una dispersione di risorse ed energie in così tante e così diversificate materie.
Il managerialismo d'accatto nella PA, quindi, altro non può fare che agire come una scimmietta ammaestrata a "fare cose", tanto per farle. La "cassetta delle idee" fa molto trendy e molto manager. Dunque, si dà il via alle Idee Vincenti, intese non come attivazione di un progetto da sviluppare, testare e lavorare, ma come "merito" e "produttività" da premiare.
Un tragicomico gioco al manager pubblico, che diviene molto meno comico e drammaticamente tragico, riflettendo su quante risorse ed energie si sprecano da così tanti anni sul tema della produttività del lavoro pubblico, affrontato con logiche, quelle aziendali, che non possono altro se non finire in una farsa veneziana.
almeno a Venezia hanno cercato di dare un taglio quasi "manageriale" al concetto di produttività. Non dimentichiamo che ad oggi il ciclo della performance nel 90% dei casi è un inutile giro di carta che sottrae tempo e risorse alla normale attività quotidiana. Logiche privatistiche manageriali adattate alla pa con risultati scadentissimi. La solita barzelletta della canoa (di cui riporto un link trovato a caso senza alcun altro riferimento http://www.madvero.it/aneddoti/garadicanottaggio.asp).
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