La vicenda dell'incarico di capo della segreteria conferito al Romeo nel 2016 dal sindaco Raggi è stata già oggetto di approfondimento in passato, qui.
Chi avesse la pazienza di leggere l'intervento del 2016 potrà trovare quasi identico riscontro, in merito alle contraddizioni dell'articolo 90 del d.lgs 267/2000, nel seguente passaggio del provvedimento di archiviazione: "La ratio della norma si spiega nella necessità di ancorare ad un rapporto a tempo determinato - circoscritto alla durata del mandato del sindaco - coloro che sono stati distolti dall'Amministrazione di appartenenza per fornire - nella qualità di collaboratori - un supporto all'amministrazione Capitolina che, per la loro assunzione, ricorre ad una nomina fiduciaria. Situazione ben diversa per i dipendenti dell'ente Comunale, già in servizio con un contratto a tempo indeterminato, ai quali però verrebbero temporaneamente attribuite mansioni superiori.
L'interpretazione lettera della norma di cui all'art. 90 TUEL mostra evidentemente il fattore discriminante del trattamento economico riservato ai dipendenti degli enti i quali, ove prescelti dal Sindaco, manterrebbero la retribuzione loro riservata con il contratto di assunzione a tempo indeterminato, rispetto invece ai "collaboratori" esterni appartenenti ad altre pubbliche amministrazioni ai quali invece verrebbe riconosciuta una voce stipendiale parametrata a quella dei dirigenti (ex art. 90 comma 3-bis TUEL)".
Insomma il Gip non vede di buon occhio la confusione che crea l'articolo 90, ai sensi del quale oggettivamente la retribuzione parametrata a quella dirigenziale dovrebbe spettare solo ai dipendenti assunti fiduciariamente a tempo determinato al di fuori della dotazione organica dell'ente.
Ma, resta la parolina magica "aspettativa", che in maniera del tutto irrazionale consente, comunque, agli enti di porre in aspettativa un proprio dipendente e attivare con esso stesso un ulteriore e nuovo contratto di lavoro, ma a tempo determinato, per così assegnargli la retribuzione parametrata a quella dirigenziale.
Non si commette alcun reato. Ma la norma contenuta nell'articolo 90 è di per sè un vulnus a qualsiasi logica e regola di razionalità organizzativa e buon andamento.
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