L’ormai famosissima relazione
tecnica al decreto dignità, elaborata su fonti Inps, ha avuto certamente un
pregio: puntare i fanali sul problema immenso dello spoil system all’italiana.
Il Governo non ha fatto alcun
mistero di non aver gradito troppo i contenuti di merito dell’Inps, dando vita
ad un vero e proprio braccio di ferro col presidente dell’Istituto Tito Boeri,
brandendo l’arma dello spoil system e correlato potere, da un lato, di
ventilare il mancato rinnovo dell’incarico, dall’altro di interromperlo prima
(ma non è semplice) e, infine, soprattutto, di fare pressioni per una gestione
della parte “tecnica” che sia in “sintonia” con quella politica. Il tutto,
caratterizzato da una voglia di applicare lo spoil system a 360 gradi, senza
troppi complimenti.
Non si tratterebbe certo di una
novità. Negli ultimi 25 anni, da quando si è instaurata la scissione tra
rapporto di lavoro dei dirigenti pubblici e l’incarico operativo (è, invece, da
sempre così per le nomine in istituti, enti e società pubbliche), si è aperta
una conflittualità costante e continua tra politica e gestione e, in
particolare, tra parte politica e dirigenza pubblica.
Da un lato, i “tecnici” sono
chiamati ad applicare le norme, le regole di buon andamento anche
economico-finanziario, nell’attuare l’indirizzo politico in modo che esso
risulti compatibile con l’ordinamento ed i suoi vincoli; dall’altro i politici,
spesso si rivelano troppo propensi a considerare che l’attuazione entro e non
al di fuori delle regole e dei vincoli gestionali giuridici, contabili e
finanziari, sia un “boicottaggio”, come lo è qualsiasi forma di controllo
amministrativo. Da qui la voglia di esercitare poteri di “nomina” e di
“incarico” dirigenziale diffusamente rivolti solo ed esclusivamente a soggetti
che si rivelino in “linea” e “sintonia”, e con i quali si possa attivare un
rapporto “di fiducia”.
Il fatto nuovo che si registra in
questi giorni è che finalmente i media si sono accorti di quanto deleterio
possa essere lo spoil system all’italiana. Si sono diffuse moltissime voci che
ne evidenziano difetti e pericoli.
Su La Nuova Venezia del 19 luglio,
Francesco Morosini nell’articolo “Decreto dignità, il segnale dell’Inps
ignorato dal Governo”, tuona: “Guai, se
il Governo, per sé e per la democrazia, puntasse, partendo dal “caso Boeri”, ad
addomesticare le tecno-burocrazie”.
Lo pseudonimo Montesqieu su Il Sole 24 Ore del 17
luglio, sul punto, non è stato meno drastico, nell’articolo “Politici e funzionari, gli steccati da
rispettare”. E scrive: “Da un lato
alti burocrati, magistrati della varie giurisdizioni, giornalisti, persino
vescovi, su certi temi. Dall'altro, la politica: la quale, peraltro, la più massiccia invasione di campo la
compie fin dall'inizio, attraverso il suo esorbitante potere di nomina, con il
quale copre con un tappeto di amici fedeli l'enorme spazio di dirigenza
pubblica dello Stato, delle regioni, dei comuni. Non esclusi organismi per
definizione indipendenti, quali le autorità, per l'appunto indipendenti. Anche
lì, spesso, amici fedeli”. L’intemerata contro lo spoil system continua; “La dirigenza pubblica deve collaborare
lealmente con il governo, ricevendo l'indicazione di obiettivi chiari e
documentabili; e disporre dell'autonomia
garantita dalla separazione chirurgica tra organismi politici e burocratici.
È, questa separazione, il perno (sulla carta) dell'unica riforma della pubblica
amministrazione che la politica ha saputo dare a questo paese, quella di fine
secolo scorso del governo Prodi.
Sempre il 17 luglio, è Il Foglio
ad ospitare le considerazioni sul tema, nell’articolo “Perché il Governo non può licenziare Boeri. Ed è giusto così” di
Rocco Todero: “La Corte costituzionale, chiamata decine di volte ad
esprimersi sulla legittimità dell’operato degli organi di direzione politica
che hanno preteso di revocare l’incarico dirigenziale a soggetti nei confronti
dei quali non sono stati in grado, tuttavia, di evidenziare inadempimenti
contrattuali o inefficienze nella gestione della struttura burocratica, ha
chiarito come il sistema dello spoil system sia esclusivamente finalizzato ad
assicurare al Ministro (o al Governo) l’omogeneità politica dei soli uffici di diretta collaborazione
e non già a risolvere il contratto di lavoro del dirigente nei confronti del
quale non è possibile evidenziare alcun addebito di rilievo. … L’indipendenza dei dirigenti pubblici è
funzionale all’effettiva imparzialità della pubblica amministrazione, la
quale, a sua volta, rappresenta la principale garanzia dei cittadini nei
confronti delle tendenze assolutiste del potere politico. Il Governo in carica
se ne faccia una ragione”.
Il 16 luglio, Luca Cifoni de Il
Messaggero ottiene dal Professor Sabino Cassese, titolata “Linguaggio da
epurazione, ai ministri spetta dare gli indirizzi ma non gestire”. Il
giornalista chiede, evidenziando che lo spoil system è un meccanismo di cui
l'attuale governo sta facendo «largo uso»: “Professore,
quali sono o dovrebbero essere i rapporti normali tra politica e alta
burocrazia nel nostro contesto costituzionale?”. Il Professore scandisce: “La
Costituzione
stabilisce che la burocrazia è imparziale e ne sottopone l'attività alla legge.
Con la legge la politica stabilisce gli obiettivi dell'amministrazione. Più
all'interno, dal 1992 le leggi dispongono che il livello di governo indirizzi e
controlli, mentre la gestione è rimessa alla burocrazia. Purtroppo, spesso le
leggi esondano, lasciando poca discrezionalità all'amministrazione e il livello di governo confonde indirizzo
e ordine (mentre, dall'altra parte, non controlla). Insomma un rapporto
difficile, sul quale si è innestata la infelice
introduzione dello "spoils system", che rendendo precarie le figure
di vertice, le ha messe nelle mani del livello di governo.” Il
giornalista incalza: “Un governo che si
presenta come "di cambiamento" deve necessariamente procedere ad
un'ampia e radicale sostituzione dei vertici amministrativi di enti e
ministeri?”. Ma le critiche del Professore Cassese allo spoil system sono
tetragone: “Al cambiare dei governi
possono cambiare le politiche, non vanno
cambiati gli uomini. La funzione pubblica, i titolari degli uffici, sono
neutrali, e debbono agire secondo quanto
dettano le leggi, e rispettando gli indirizzi governativi. Il fatto è che
sono pochi i ministri che dettano gli indirizzi, perché non sanno farlo,
preferiscono non legarsi le mani, agire di volta in volta, secondo le
circostanze, dando ordini, non indirizzi”.
Pochi giorni prima, il 7 giugno,
su Il Corriere della sera, sempre il Professor Cassese nell’articolo “Un
esordio in tono minore”, aveva scolpito queste parole: “Cerchino di dotarsi di quelle che i francesi chiamano «amministrazioni
di stato maggiore», degli «staff», senza i quali non si governa uno Stato (il
governo Renzi fece l’errore di sottovalutare questo problema). Non diventino
prigionieri delle critiche ai grandi servitori dello Stato (offesi dalla
letteratura sulla casta), ma sappiano distinguere i competenti dai vecchi
volponi e dai giovani inesperti. E principalmente trovino il coraggio di sopprimere lo «spoils system» all’italiana, che
ha fatto tanto danno, da un quarto di secolo, alle nostre Amministrazioni
pubbliche, diminuendone l’imparzialità (nella bozza di «contratto per il
governo del cambiamento», c’era il punto, poi caduto nella versione finale)”.
Cosa pensare? Nulla, se non dare
un solenne e cordiale benvenuto a chi si accorge, adesso, del problema
gravissimo dello spoil system.
Chi scrive, se ne occupa da anni
(sotto un brevissimo elenco dei tanti scritti di questi anni). Non può non far
piacere rilevare che il tema assurge all’attenzione dei media, esattamente
negli stessi modi e termini.
Per altro verso, non si può non
notare che questa improvvisa attenzione contro lo spoil system e in favore
dell’autonomia ed imparzialità della dirigenza sorga in presenza di un Governo
e di una maggioranza che, qualunque possa essere il giudizio sulle sue scelte
politiche e capacità di tenuta, è sicuramente in forte discontinuità con le
maggioranze che si sono alternate nel corso degli ultimi 25 anni.
Per tutti questi lustri, a parte
gli interventi maturati in modo molto solido dalla Corte costituzionale a
partire dalle sentenze 103 e 104 del 2007, lo spoil system non è parso affatto
un problema.
Eppure, voglie di epurazione,
incitamenti a non fare prigionieri, stabilizzazioni illegittime di dirigenti a
contratto, assegnazione di incarichi dirigenziali a funzionari senza concorsi
diffusissime, dirigenti di enti locali senza alcuna esperienza di funzioni di
Governo chiamati a vertici delicatissimi delle strutture governative, rimozioni
ritorsive, incarichi dovuti a sole ragioni politiche, il tutto coperto dallo
spoil system all’italiana e dalle forzature con le quali è attuato, non sono
certo mancati.
Appare sicuramente, ancora,
piuttosto strano che la riforma della dirigenza pubblica elaborata dall’ex
Ministro Madia, mirata ad espandere all’inverosimile lo spoil system con la
creazione dei ruoli unici e l’assegnazione ai politici del potere illimitato di
scelta entro “rose” di candidati, per altro componibili anche da parte di
soggetti esterni ai ruoli, e l’ulteriore potere della politica di lasciare
senza incarico i dirigenti senza nemmeno doverlo motivare, portando al
licenziamento, ecco, quella riforma non avesse prodotto alcuna delle benvenute
levate di scudi che osserviamo oggi.
“Il disegno tracciato dalla legge
Madia è ambizioso. Se portato a
compimento, può essere l'avvio di una amministrazione
pubblica moderna”. Di chi è questo giudizio altamente positivo del tentativo
(per fortuna fallito) di riforma della dirigenza? Facile, no? Il Professor
Sabino Cassese. Che, come si nota, di fronte ad una riforma il cui effetto
sarebbe stato la definitiva ed irrimediabile compressione dell’autonomia della
dirigenza, non fece nemmeno una piega. Altri Governi, si dirà. Coincidenze.
E Il Sole 24 Ore, che con Montesquieu scopre i valori del rispetto
del principio di legalità, all’epoca del lancio della riforma Madia era entusiasta
e convinto sostenitore.
In ogni caso, registriamo che il
vento è cambiato. Lo spoil system viene inquadrato come problema e si comprende
che esso è ammissibile solo per pochissime figure dello staff: portavoce, capo
ufficio stampa, capo di gabinetto, capo ufficio legislativo, capo ufficio segreteria,
insomma coloro che contribuiscono, sul piano tecnico, alla formazione
dell’indirizzo politico.
Certo, appare curioso che mentre
si stigmatizza lo spoil system all’italiana, contemporaneamente si sollevano
fortissime critiche contro il Ministro del lavoro, che ha assunto per via
fiduciaria una giovane laureata a capo della propria segreteria. E’ proprio uno
dei casi che secondo la
Consulta e la normativa il rapporto fiduciario, e connesso
spoil system, si può ammettere.
La sensazione è che critiche su
spoil system ed incarichi fiduciari siano fortemente influenzati dal colore
politico di chi è al Governo. E’ un errore esiziale. Le regole debbono valere
in generale, perché il sale della democrazia è consentire il cambiamento
periodico delle maggioranze, come orientate dal voto: lo spoil system non può
essere criticato solo quando rischiano “apparati amministrativi” che si
reputano “fedeli” ad un sistema venticinquennale, mentre nessuno fa un plissè
quando impera lo status quo.
Nessun commento:
Posta un commento