giovedì 19 luglio 2018

Il risveglio contro lo spoil system e le nomine fiduciarie



L’ormai famosissima relazione tecnica al decreto dignità, elaborata su fonti Inps, ha avuto certamente un pregio: puntare i fanali sul problema immenso dello spoil system all’italiana.
Il Governo non ha fatto alcun mistero di non aver gradito troppo i contenuti di merito dell’Inps, dando vita ad un vero e proprio braccio di ferro col presidente dell’Istituto Tito Boeri, brandendo l’arma dello spoil system e correlato potere, da un lato, di ventilare il mancato rinnovo dell’incarico, dall’altro di interromperlo prima (ma non è semplice) e, infine, soprattutto, di fare pressioni per una gestione della parte “tecnica” che sia in “sintonia” con quella politica. Il tutto, caratterizzato da una voglia di applicare lo spoil system a 360 gradi, senza troppi complimenti.
Non si tratterebbe certo di una novità. Negli ultimi 25 anni, da quando si è instaurata la scissione tra rapporto di lavoro dei dirigenti pubblici e l’incarico operativo (è, invece, da sempre così per le nomine in istituti, enti e società pubbliche), si è aperta una conflittualità costante e continua tra politica e gestione e, in particolare, tra parte politica e dirigenza pubblica.
Da un lato, i “tecnici” sono chiamati ad applicare le norme, le regole di buon andamento anche economico-finanziario, nell’attuare l’indirizzo politico in modo che esso risulti compatibile con l’ordinamento ed i suoi vincoli; dall’altro i politici, spesso si rivelano troppo propensi a considerare che l’attuazione entro e non al di fuori delle regole e dei vincoli gestionali giuridici, contabili e finanziari, sia un “boicottaggio”, come lo è qualsiasi forma di controllo amministrativo. Da qui la voglia di esercitare poteri di “nomina” e di “incarico” dirigenziale diffusamente rivolti solo ed esclusivamente a soggetti che si rivelino in “linea” e “sintonia”, e con i quali si possa attivare un rapporto “di fiducia”.
Il fatto nuovo che si registra in questi giorni è che finalmente i media si sono accorti di quanto deleterio possa essere lo spoil system all’italiana. Si sono diffuse moltissime voci che ne evidenziano difetti e pericoli.
Su La Nuova Venezia del 19 luglio, Francesco Morosini nell’articolo “Decreto dignità, il segnale dell’Inps ignorato dal Governo”, tuona: “Guai, se il Governo, per sé e per la democrazia, puntasse, partendo dal “caso Boeri”, ad addomesticare le tecno-burocrazie”.
Lo pseudonimo Montesqieu su Il Sole 24 Ore del 17 luglio, sul punto, non è stato meno drastico, nell’articolo “Politici e funzionari, gli steccati da rispettare”. E scrive: “Da un lato alti burocrati, magistrati della varie giurisdizioni, giornalisti, persino vescovi, su certi temi. Dall'altro, la politica: la quale, peraltro, la più massiccia invasione di campo la compie fin dall'inizio, attraverso il suo esorbitante potere di nomina, con il quale copre con un tappeto di amici fedeli l'enorme spazio di dirigenza pubblica dello Stato, delle regioni, dei comuni. Non esclusi organismi per definizione indipendenti, quali le autorità, per l'appunto indipendenti. Anche lì, spesso, amici fedeli”. L’intemerata contro lo spoil system continua; “La dirigenza pubblica deve collaborare lealmente con il governo, ricevendo l'indicazione di obiettivi chiari e documentabili; e disporre dell'autonomia garantita dalla separazione chirurgica tra organismi politici e burocratici. È, questa separazione, il perno (sulla carta) dell'unica riforma della pubblica amministrazione che la politica ha saputo dare a questo paese, quella di fine secolo scorso del governo Prodi.
Sempre il 17 luglio, è Il Foglio ad ospitare le considerazioni sul tema, nell’articolo “Perché il Governo non può licenziare Boeri. Ed è giusto così” di Rocco Todero: “La Corte costituzionale, chiamata decine di volte ad esprimersi sulla legittimità dell’operato degli organi di direzione politica che hanno preteso di revocare l’incarico dirigenziale a soggetti nei confronti dei quali non sono stati in grado, tuttavia, di evidenziare inadempimenti contrattuali o inefficienze nella gestione della struttura burocratica, ha chiarito come il sistema dello spoil system sia esclusivamente finalizzato ad assicurare al Ministro (o al Governo) l’omogeneità politica dei soli uffici di diretta collaborazione e non già a risolvere il contratto di lavoro del dirigente nei confronti del quale non è possibile evidenziare alcun addebito di rilievo. … L’indipendenza dei dirigenti pubblici è funzionale all’effettiva imparzialità della pubblica amministrazione, la quale, a sua volta, rappresenta la principale garanzia dei cittadini nei confronti delle tendenze assolutiste del potere politico. Il Governo in carica se ne faccia una ragione”.
Il 16 luglio, Luca Cifoni de Il Messaggero ottiene dal Professor Sabino Cassese, titolata “Linguaggio da epurazione, ai ministri spetta dare gli indirizzi ma non gestire”. Il giornalista chiede, evidenziando che lo spoil system è un meccanismo di cui l'attuale governo sta facendo «largo uso»: “Professore, quali sono o dovrebbero essere i rapporti normali tra politica e alta burocrazia nel nostro contesto costituzionale?”. Il Professore scandisce: “La Costituzione stabilisce che la burocrazia è imparziale e ne sottopone l'attività alla legge. Con la legge la politica stabilisce gli obiettivi dell'amministrazione. Più all'interno, dal 1992 le leggi dispongono che il livello di governo indirizzi e controlli, mentre la gestione è rimessa alla burocrazia. Purtroppo, spesso le leggi esondano, lasciando poca discrezionalità all'amministrazione e il livello di governo confonde indirizzo e ordine (mentre, dall'altra parte, non controlla). Insomma un rapporto difficile, sul quale si è innestata la infelice introduzione dello "spoils system", che rendendo precarie le figure di vertice, le ha messe nelle mani del livello di governo.” Il giornalista incalza: “Un governo che si presenta come "di cambiamento" deve necessariamente procedere ad un'ampia e radicale sostituzione dei vertici amministrativi di enti e ministeri?”. Ma le critiche del Professore Cassese allo spoil system sono tetragone: “Al cambiare dei governi possono cambiare le politiche, non vanno cambiati gli uomini. La funzione pubblica, i titolari degli uffici, sono neutrali, e debbono agire secondo quanto dettano le leggi, e rispettando gli indirizzi governativi. Il fatto è che sono pochi i ministri che dettano gli indirizzi, perché non sanno farlo, preferiscono non legarsi le mani, agire di volta in volta, secondo le circostanze, dando ordini, non indirizzi”.
Pochi giorni prima, il 7 giugno, su Il Corriere della sera, sempre il Professor Cassese nell’articolo “Un esordio in tono minore”, aveva scolpito queste parole: “Cerchino di dotarsi di quelle che i francesi chiamano «amministrazioni di stato maggiore», degli «staff», senza i quali non si governa uno Stato (il governo Renzi fece l’errore di sottovalutare questo problema). Non diventino prigionieri delle critiche ai grandi servitori dello Stato (offesi dalla letteratura sulla casta), ma sappiano distinguere i competenti dai vecchi volponi e dai giovani inesperti. E principalmente trovino il coraggio di sopprimere lo «spoils system» all’italiana, che ha fatto tanto danno, da un quarto di secolo, alle nostre Amministrazioni pubbliche, diminuendone l’imparzialità (nella bozza di «contratto per il governo del cambiamento», c’era il punto, poi caduto nella versione finale)”.
Cosa pensare? Nulla, se non dare un solenne e cordiale benvenuto a chi si accorge, adesso, del problema gravissimo dello spoil system.
Chi scrive, se ne occupa da anni (sotto un brevissimo elenco dei tanti scritti di questi anni). Non può non far piacere rilevare che il tema assurge all’attenzione dei media, esattamente negli stessi modi e termini.
Per altro verso, non si può non notare che questa improvvisa attenzione contro lo spoil system e in favore dell’autonomia ed imparzialità della dirigenza sorga in presenza di un Governo e di una maggioranza che, qualunque possa essere il giudizio sulle sue scelte politiche e capacità di tenuta, è sicuramente in forte discontinuità con le maggioranze che si sono alternate nel corso degli ultimi 25 anni.
Per tutti questi lustri, a parte gli interventi maturati in modo molto solido dalla Corte costituzionale a partire dalle sentenze 103 e 104 del 2007, lo spoil system non è parso affatto un problema.
Eppure, voglie di epurazione, incitamenti a non fare prigionieri, stabilizzazioni illegittime di dirigenti a contratto, assegnazione di incarichi dirigenziali a funzionari senza concorsi diffusissime, dirigenti di enti locali senza alcuna esperienza di funzioni di Governo chiamati a vertici delicatissimi delle strutture governative, rimozioni ritorsive, incarichi dovuti a sole ragioni politiche, il tutto coperto dallo spoil system all’italiana e dalle forzature con le quali è attuato, non sono certo mancati.
Appare sicuramente, ancora, piuttosto strano che la riforma della dirigenza pubblica elaborata dall’ex Ministro Madia, mirata ad espandere all’inverosimile lo spoil system con la creazione dei ruoli unici e l’assegnazione ai politici del potere illimitato di scelta entro “rose” di candidati, per altro componibili anche da parte di soggetti esterni ai ruoli, e l’ulteriore potere della politica di lasciare senza incarico i dirigenti senza nemmeno doverlo motivare, portando al licenziamento, ecco, quella riforma non avesse prodotto alcuna delle benvenute levate di scudi che osserviamo oggi.
Il disegno tracciato dalla legge Madia è ambizioso. Se portato a compimento, può essere l'avvio di una amministrazione pubblica moderna”. Di chi è questo giudizio altamente positivo del tentativo (per fortuna fallito) di riforma della dirigenza? Facile, no? Il Professor Sabino Cassese. Che, come si nota, di fronte ad una riforma il cui effetto sarebbe stato la definitiva ed irrimediabile compressione dell’autonomia della dirigenza, non fece nemmeno una piega. Altri Governi, si dirà. Coincidenze.
E Il Sole 24 Ore, che con Montesquieu scopre i valori del rispetto del principio di legalità, all’epoca del lancio della riforma Madia era entusiasta e convinto sostenitore.
In ogni caso, registriamo che il vento è cambiato. Lo spoil system viene inquadrato come problema e si comprende che esso è ammissibile solo per pochissime figure dello staff: portavoce, capo ufficio stampa, capo di gabinetto, capo ufficio legislativo, capo ufficio segreteria, insomma coloro che contribuiscono, sul piano tecnico, alla formazione dell’indirizzo politico.
Certo, appare curioso che mentre si stigmatizza lo spoil system all’italiana, contemporaneamente si sollevano fortissime critiche contro il Ministro del lavoro, che ha assunto per via fiduciaria una giovane laureata a capo della propria segreteria. E’ proprio uno dei casi che secondo la Consulta e la normativa il rapporto fiduciario, e connesso spoil system, si può ammettere.
La sensazione è che critiche su spoil system ed incarichi fiduciari siano fortemente influenzati dal colore politico di chi è al Governo. E’ un errore esiziale. Le regole debbono valere in generale, perché il sale della democrazia è consentire il cambiamento periodico delle maggioranze, come orientate dal voto: lo spoil system non può essere criticato solo quando rischiano “apparati amministrativi” che si reputano “fedeli” ad un sistema venticinquennale, mentre nessuno fa un plissè quando impera lo status quo.











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