Diritti di rogito a tutti i
segretari comunali di qualsiasi qualifica, se insediati in sedi di comuni privi
di dirigenti. Si va verso un’interpretazione estensiva delle previsioni
contenute nell’articolo 10, comma 2-bis, del d.l. 90/2014, che ha inteso abolire
la compartecipazione ai diritti di rogito per i segretari comunali con
qualifica dirigenziale operanti negli enti con qualifica dirigenziale.
Tale disposizione consente a
regioni e comuni di richiedere alle sezioni regionali di controllo pareri in
materia di contabilità pubblica, che la magistratura contabile esprime in
assolvimento ai propri compiti di collaborazione ai fini del coordinamento
della finanza pubblica. Tuttavia, con l’andare degli anni e, soprattutto, con
il moltiplicarsi di una serie di norme e regole dettate più da logiche di
efficienza operativa e gestionale, da una visione quasi esclusivamente
finanziaria, si è tracciato un confine molto forte tra le esigenze della
cosiddetta amministrazione “attiva”, consistente nel concreto agire, e
l’amministrazione “consultiva”, cui latamente poter ricondurre la funzione
collaborativa della Corte dei conti, che resta, comunque, giurisdizionale.
L’occhio attento in via esclusiva
al coordinamento della finanza pubblica, nel caso dei diritti di rogito ha
creato un cortocircuito incredibile tra funzione giurisdizionale della
magistratura contabile, funzione amministrativa e giurisdizione civile. I
comuni, infatti, sono stati investiti dalle richieste, legittime, dei segretari
di ottenere il pagamento della compartecipazione ai diritti di rogito, ma hanno
negato queste richieste, col problema, però, di accantonare le somme in vista
di possibili vertenze davanti al giudice civile. Le cause non sono certo
mancate e a partire dal 2016 le sentenze dei giudici del lavoro favorevoli ai
segretari e fortemente critiche nei confronti della Corte dei conti si sono
moltiplicate.
Un caos che ha prodotto tensioni,
ma soprattutto costi amministrativi e giudiziari che oggettivamente sono andati
ben al di là degli effetti sulla finanza pubblica che si volevano preservare:
senza dimenticare che i segretari comunali compartecipano ad un’entrata, dunque
i diritti di rogito sono integralmente ed abbondantemente finanziati.
Si tratta di un cortocircuito già
visto ormai troppe volte. Lo stesso è accaduto per gli incentivi per le
funzioni tecniche: anche qui la Sezione Autonomie ha prima ritenuto che fossero
al di fuori del tetto della spesa per il salario accessorio, per poi cambiare
opinione, dopo aver indotto il legislatore ad una sorta di interpretazione
autentica con la legge di bilancio 2018. Ancora aperti sono i problemi sulla
qualificazione della spesa per gli incarichi dirigenziali a contratto: mentre
la legge esclude la spesa conseguente ai contratti a termine regolati
dall’articolo 110 del d.lgs 267/2000 dal tetto alla spesa per lavoro
flessibile, la
Sezione Autonomia è rimasta ancora all’inclusione di tale
spesa nel vincolo, ma molte sezioni regionali contraddicono questa visione.
Di recente, la Sezione Puglia ha
aperto un nuovo fronte di confusione: ha ritenuto priva di efficacia la
dichiarazione congiunta n. 5 al Ccnl 21.5.2018, il cui scopo consiste
nell’escludere che l’articolo 67, comma 7, del contratto possa essere letto nel
senso di scaricare sul fondo della contrattazione decentrata i maggiori oneri
per le posizioni di sviluppo derivanti dalle progressioni orizzontali e per
l’indennità annua di euro 83,20 che scatta dal 2019.
La funzione “collaborativa” della
Corte dei conti finisce troppe volte per scontrarsi con esigenze di carattere
sostanziale o con la visione di altre giurisdizioni. La legge 131/2003 sconta
il vizio, per altro, dell’assenza di contraddittorio: i pareri vengono resi
dalla magistratura contabile senza sentire alcuna controparte. Nè sui pareri,
essendo espressi nell’esercizio di una funzione giurisdizionale, sono ammessi
gravami o ricorsi. Insomma, se non ci ripensa la stessa magistratura contabile,
quanto espresso con le delibere resta invariabile: le amministrazioni non
ritengono di avere la forza per superare con ragionate motivazioni i contenuti
di quelli che, comunque, restano pareri. E così, magari per anni, come avvenuto
con i diritti di rogito, si esacerba lo scontro tra giurisdizioni e si
innescano contenziosi e costi. Un ripensamento di questo sistema appare ormai
non rinviabile.
Lucido articolo di una triste realtà!
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