Uno dei lati positivi della vicenda di Domenico Lucano, sindaco
di Riace, è che in molti si sono avvicinati alla cultura classica e alla
conoscenza della stupenda tragedia Antigone, di Sofocle.
La “disobbedienza civile” del sindaco Lucano viene
paragonata alla violazione delle leggi imposte a Tebe dal tirannico re Creonte,
che avrebbero vietato la sepoltura di Polinice, fratello di Antigone. Ma, l’eroina
tragica decise di seguire le leggi divine, della pietas e della coscienza,
violando quelle terrene e seppellendo il cadavere del fratello.
Giusto e necessario, quindi, violare leggi “ingiuste”, contrarie
all’umanità, per garantire invece trattamenti ispirati all’umanità?
Posta così, la domanda è solo retorica. Il paragone passa
facilmente da Antigone a qualsiasi altra persona che si sia ribellata, anche a
costo di sacrifici enormi per la propria vita, a leggi o regimi dispotici e
tirannici, colpevoli anche di delitti gravissimi contro l’umanità.
Precisiamo subito: non si intende qui commentare la vicenda
giudiziaria di tipo penale che riguarda il sindaco di Riace e si esprime
sgomento come sempre dovrebbe avvenire in presenza di provvedimenti restrittivi
della libertà. Allo stesso tempo, non si può che riconoscere al Lucano il
grande merito di aver fatto letteralmente rinascere Riace, grazie alla sua
instancabile azione per l’integrazione dei migranti, che ha creato nuova ricchezza
e nuove opportunità.
Tuttavia, c’è da ricordare che la cultura classica greca
propone un altro nome ed un’altra visione rispetto al problema del sempre
difficile rapporto tra le leggi umane e le leggi morali o dell’etica. Si tratta
della vicenda del filosofo Socrate, valoroso soldato nelle guerre contro i persiani,
eminente politico, rispettatissimo uomo di cultura, ma caduto in disgrazia con il governo della città, che lo condannò ingiustamente. Socrate, per mantenere fede
al proprio insegnamento secondo il quale l’uomo esprime la propria umanità nella
relazione con gli altri, con i quali contribuire a definire regole di
convivenza per l’utilità di tutti, non si ribellò alle leggi e condanne
ingiuste e bevve la cicuta, pur di non violarle.
Nessuno chiede al sindaco di Riace di bere la cicuta. Ben
altri sono i reati che si commettono nelle zone dove sussiste Riace e spesso ci
si chiede perché non si riesca con altrettanta durezza ed efficacia ad adottare
provvedimenti restrittivi della libertà per una criminalità vera e diffusa. Soprattutto
considerando che l’indagine giudiziaria ha dimostrato che il sindaco non si è messo
in tasca un centesimo e non ha agito per interessi personali.
Tuttavia, sul piano strettamente della legittimità
amministrativa – dunque non della legalità penale – non si può non rilevare che
il sindaco di Riace poco ha a che vedere con Antigone ed avrebbe certamente
fatto meglio a riconoscersi di piu’ in Socrate.
Antigone, protagonista di una storia creata da un grande
tragediografo, non era titolare di nessuna carica pubblica. Nella storia ella è
una semplice cittadina, per quanto di nobile discendenza (in quanto figlia di
Edipo, re di Tebe e di Giocasta), che si è opposta alla disumana disposizione
di Creonte (suo zio) di non seppellire il cadavere del fratello.
Nessuna legge umana può permettere lo strazio di un cadavere:
la sepoltura e il venire in essere di un sentimento religioso sono stati il
passo decisivo per il salto dalla bestia umanoide all’uomo vero e proprio.
Già Omero aveva comunque biasimato il vilipendio del cadavere
di Ettore da parte del vendicativo Achille, pur in un’opera letteraria
appartenente ad una civiltà guerriera meno attenta ai problemi di etica e
politica dell’Atene di Sofocle.
Accogliere nel migliore dei modi possibili i migranti è
certo opera connotata da immenso rispetto per l’umanità dell’uomo. Qui si
riscontra l’Antigone che è in Lucano. Ma, Lucano non è un cittadino qualunque.
E’ un sindaco e come tale appartiene all’apparato amministrativo della
Repubblica, della quale i comuni sono con pari dignità con province, regioni e
Stato una componente inscindibile. Le leggi dello Stato sono leggi di convivenza
civile che qualsiasi ente appartenente all’ordinamento e soprattutto suo
rappresentante dovrebbe rispettare e far applicare. Qui è mancata quell’elemento
del Socrate che avrebbe dovuto essere in Lucano.
Il sindaco di Riace era liberissimo di non condividere sul
piano politico le norme vigenti sull’immigrazione e di costruire in modello di
accoglienza peculiare e particolare.
Come sindaco, comunque, senza che questo necessariamente
comporti responsabilità penale, non avrebbe dovuto violare le norme, rilasciando
carte di identità a chi non possedeva i requisiti, indicando agli agenti di
polizia locale di non espletare i controlli sulla residenza e sulla dimora,
combinando matrimoni e, soprattutto, attivando contratti per i servizi di
pulizia con affidamenti diretti a cooperative sociali (per quanto del posto,
per quanto datrici di lavoro di tanti immigrati) in via diretta ed in
violazione del codice dei contratti.
Di Lucano si sta facendo un eroe. Il che non è certo un
male: è una figura interessantissima e da ammirare sotto molti aspetti.
Ci sono, però, molti, troppi sindaci e molti, troppi
funzionari e dirigenti, da sempre convinti che amministrare bene significa non
cercare di conseguire obiettivi di interesse pubblico nel rispetto delle norme,
bensì proprio violare le norme. Non sempre questi amministratori della cosa
pubblica agiscono, come il Lucano, senza un guadagno ed un interesse personale
che finisca per sacrificare parte o tutto l’interesse pubblico.
Fare del sindaco Lucano un eroe è possibile ed etico. Ma, è
anche necessario evidenziare che se è stato con merito Antigone, avrebbe dovuto
calibrare la sua visione dell’accoglienza con l’obbligo anche di essere Socrate.
Anche per evitare che il paradigma dell’eroe non stia nell’abilità dimostrata
nel far rivivere Riace, ma solo nella violazione delle norme, lasciando credere
ai troppi sindaci persuasi di potere e dovere disporre di un potere al di sopra
delle leggi che questo sia non solo possibile, ma eroico.
Discorso condivisibile tranne che nella conclusione.
RispondiEliminaFare del sindaco Lucano un eroe non è possibile né etico. Come è giustamente scritto, Lucano non ha agito in quanto singolo ma in quanto sindaco; ha quindi tradito il mandato connaturato al suo ruolo, si è comportato da amministratore infedele, ha violato ogni norma possibile. Non solo, con i matrimoni combinati ha violato anche quell'etica, in nome della quale si vorrebbe giustificare la sua azione.
Quando assumi un ruolo pubblico devi sapere che le esigenze della funzione che ricopri vengono prima di qualsiasi altra. E un sindaco che viola sistematicamente la legge, che produce documenti amministrativi non corretti, non è un eroe: l'eroe è di esempio per gli altri, ma Lucano è un pessimo esempio.
Condivido. Un rappresentante delle istituzioni non può fare disobbedienza civile. Se avverte come ingiusta una norma, e applicarla cozza contro la sua coscienza, deve dimettersi. Immaginiamo un sindaco che ritenga eticamente ingiusta la disciplina di repressione dell'abusivismo edilizio, cosa dovremmo aspettarci?
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