Le Linee
Guida 12 dell’Anac confermano – e non poteva essere
diversamente – le indicazioni contenute nell’articolo 17, comma
1, lettera d), del codice dei contratti: la difesa in giudizio di
pubbliche amministrazioni non può essere affidata in via fiduciaria
o intuitu personae, per la semplice ragione che occorre applicare i
principi disposti dall’articolo 41
del medesimo codice relativamente ai cosiddetti “contratti
esclusi”.
Chi scrive aveva
evidenziato ben prima dell’Anac un’interpretazione del tutto
analoga a quella contenuta nelle Linee Guida 12, sul presupposto che
non vi fosse nessuna residua ragione per continuare a perserverare
nell’errore ermeneutico in cui è incorso il Consiglio di stato con
la sentenza 11.05.2012 n. 2730. Palazzo Spada, in plateale
contraddizione con le disposizioni già piuttosto chiare del d.lgs
163/2006, ma soprattutto con la normativa europea, aveva insistito
per la possibilità di incarichi ai legali di tipo “fiduciario”,
poiché si tratta, afferma, non di appalti di servizi, ma di
prestazione d’opera intellettuale.
Se un difetto di coerenza e, se si vuole, difetto propriamente
giuridico è reperibile nelle Linee Guida 12 sta proprio nella
contraddizione in termini in cui incorrono quando al contempo
affermano che la difesa in giudizio è soggetta all’articolo 4 del
d.lgs 50/2016, in quanto appalto escluso e anche che si tratti
comunque di un “contratto d’opera intellettuale”. Sembra
trattarsi di una sorta di “omaggio” o uscita con picchetto
d’onore per una tesi, quella del Consiglio di stato, della quale
non si è inteso evidenziare la pur chiara erroneità.
Se davvero si dovesse configurare la difesa in giudizio come
contratto d’opera professionale, allora non si dovrebbe parlare di
contratto “escluso” dalla disciplina del codice e limitato ai
soli principi di cui al suo articolo 4, bensì di contratto del tutto
estraneo al codice stesso.
La logica conseguenza di ciò sarebbe l’attrazione di questi
incarichi, allora, nella regolazione del lavoro autonomo rivolto alla
PA, contenuta nell’articolo 7, comma 6 e seguenti, del d.lgs
165/2001. Normativa, questa, che per altro a sua volta comunque
esclude in modo tranciante ogni possibilità di affidamento
fiduciario, perché esattamente come la disciplina del codice dei
contratti, esclude qualsiasi affidamento non specificamente motivato,
in quanto impone senza eccezione lo svolgimento di procedure
comparative.
E’ bene, qui, sottolineare che di conseguenza la qualificazione
della difesa in giudizio come appalto di servizi o di contratto di
prestazione professionale ai fini della possibilità di affidamenti
fiduciari è del tutto indifferente: in entrambe le ipotesi,
l’affidamento fiduciario è da escludere. E non a caso: la PA deve
obbedire a precetti costituzionali discendenti dall’articolo 97
della Costituzione che impongono di motivare sempre le ragioni delle
proprie scelte, allo scopo di dimostrare che essere sono le migliori
e le più rispondenti al bene pubblico. La fiducia è un sentimento,
inspiegabile ed indimostrabile, come tale inidoneo a sorreggere
processi di scelta amministrativa. Solo nel privato è ammissibile
agire e scegliere senza dover motivare e solo nel privato, quindi,
una scelta fiduciaria del legale è immaginabile.
Precisato ciò, comunque non si può fare a meno di sottolineare che
la concezione della difesa in giudizio come contratto d’opera
professionale invece che come appalto non è da considerare corretta,
perché si pone in chiara contraddizione con la disciplina del codice
dei contratti, che, ricordiamo, recepisce normativa europea ancor più
nettamente incompatibile con la divisione esclusivamente di diritto
interno tra appalti e prestazione d’opera.
Secondo un’interpretazione, l’Anac non sarebbe incorsa in errore,
perché l’articolo 4 non parla di “appalti” esclusi, bensì di
“contratti” esclusi. Ciò è senz’altro corretto. Ma, la
rubrica dell’articolo 17, elimina ogni dubbio: “Esclusioni
specifiche per contratti di appalto e
concessione di servizi”. E l’alinea del comma 1 aggiunge: “Le
disposizioni del presente codice non si applicano agli appalti
e alle concessioni di servizi”.
Dunque, il codice configura la difesa in giudizio come appalto. Le
Linee Guida 12, dunque, da questo punto di vista, non dispongono di
alcuna legittimazione per qualificare tale prestazione di servizio in
modo diverso.
In ogni caso, l’errore vero consiste nell’insistere a dare
rilievo alla distinzione tutta e solo italiana vista prima tra
appalto e prestazione d’opera.
Una distinzione presente nel codice civile, influenza essenzialmente
dalla diversa disciplina in esso contenuta dell’attività
lavorativa non subordinata. Il codice civile, nella sostanza,
qualifica come appalto la prestazione di lavori, servizi e forniture
a condizione che sul piano soggettivo il prestatore disponga di
un’organizzazione dei mezzi di produzione tale da poterlo
qualificare come imprenditore.
Al contrario, il codice identifica come prestatore d’opera chi
realizza la prestazione senza un’organizzazione di impresa e,
quindi, prevalentemente con attività personalmente realizzate.
Mentre l’appaltatore-imprenditore si interessa soprattutto di
organizzare i mezzi per produrre il lavoro, il servizio o la
fornitura, il prestatore d’opera attende prevalentemente in prima
persona alla realizzazione del lavoro, del servizio o della
fornitura.
La natura di questa distinzione emerge con molta chiarezza dalla
lettura dell’articolo 2238 del codice civile che al comma 1
dispone: “Se l'esercizio della professione costituisce elemento
di un'attività organizzata in forma di impresa, si applicano anche
le disposizioni del titolo II”.
Di fatto, dunque, anche nel codice civile ciò che conta per
distinguere appalto da prestazione d’opera non è tanto l’oggetto
della prestazione, quanto piuttosto la soggettività dell’incaricato.
L’appaltatore è visto come imprenditore, il prestatore d’opera
come lavoratore autonomo.
La normativa europea, che non conosce la distinzione tra appalto e
prestazione d’opera, al contrario dà rilevanza all’oggetto della
prestazione, rimanendo indifferente alla configurazione soggettiva
del prestatore. Ciò è confermato indiscutibilmente dall’articolo
3, comma 1, lettera p), che qualifica l’operatore economico come
“una persona fisica o giuridica, un ente
pubblico, un raggruppamento di tali persone o enti, compresa
qualsiasi associazione temporanea di imprese, un ente senza
personalità giuridica, ivi compreso il gruppo europeo di interesse
economico (GEIE) costituito ai sensi del decreto legislativo 23
luglio 1991, n. 240, che offre sul mercato la realizzazione di lavori
o opere, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi”.
Per il codice dei contratti, che recepisce la normativa europea, è
assolutamente indifferente che a svolgere la realizzazione di opere,
fornitura di prodotti o prestazione di servizi sia resa da persone
giuridiche o da persone fisiche; meno ancora la normativa degli
appalti dà rilevanza alla circostanza che l’operatore economico
sia qualificabile come imprenditore oppure come lavoratore autonomo.
E’ sufficiente, per essere qualificato come operatore economico,
offrire le proprie prestazioni sul mercato: in questo modo,
concorrono tra loro persone fisiche e giuridiche, di diritto pubblico
come di diritto privato.
Dunque, qualificare l’attività di difesa in giudizio “ad hoc”
come prestazione professionale invece che come appalto di servizi è
una chiara contraddizione con le previsioni codicistiche ed è
doppiamente inutile. In primo luogo, perché oltre a contrastare con
le lampanti previsioni dell’articolo 17 del d.lgs 50/2016, si
scontra con la regolazione della qualità di operatore economico. In
secondo luogo, perché comunque le Linee Guida, pur avendo inteso
dare il “colpo al cerchio”, conservando nominalisticamente la
difesa in giudizio “ad hoc” come prestazione professionale,
comunque giunge ad una conclusione diametralmente opposta a quella
indicata dal Consiglio di stato, escludendo sempre e comunque
l’affidamento fiduciario.
Trattandosi di una questione ormai appunto solo lessicale, in fondo
essa non ha molto rilevanza. La sostanza è che le Linee Guida 12 non
ammettono incarichi intuitu personae agli avvocati. Certo è che per
giungere a questa inevitabile conclusione sono dovuti passare tanti,
troppi anni e, per altro, nemmeno ancora si riesce a chiamare le cose
col proprio vero nome.
1Art.
4. (Principi relativi all’affidamento di contratti pubblici
esclusi)
1. L'affidamento dei contratti pubblici aventi
ad oggetto lavori, servizi e forniture, dei contratti attivi,
esclusi, in tutto o in parte, dall'ambito di applicazione oggettiva
del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di
economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento,
trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell'ambiente ed
efficienza energetica.
C'è un piccolo problema, scarsamente considerato da ANAC e dalla dottrina, che osta ad una rigida distinzione tra imprenditore e lavoratore autonomo:
RispondiEliminala prevalenza dei principi comunitari sulle disposizioni interne in conflitto con i primi, quale il principio del divieto di discriminazione tra Operatori economici in ragione della loro forma giuridica (articoli 54 e 101, comma 1, lettera d), del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea; articoli 18, paragrafo 1, e 19, paragrafo 1, della Direttiva 2014/24/UE del 2014, parzialmente recepito anche dall’articolo 12, comma 3, della legge n. 81 del 2017).