Essere un grande artista, per giunta rivoluzionario, come lo fu Michelangelo Merisi, ha da sempre un costo superiore al coraggio delle scelte.
E scegliere di seguire l'istinto della propria arte, al di là dei vincoli imposti dalla committenza e dallo stile e dal "decoro" che ancora all'inizio del '600 era permeato dei cascami manieristi, era un segno di enorme coraggio, se non della spregiudicatezza che permeò la vita artistica e di ogni giorno del Merisi.
Scegliere di dipingere un tòpos come la morte della Vergine in modo del tutto rivoluzionario e contrastante con abitudini e convenzioni fu un vero e proprio azzardo, i cui esiti si rivelarono drammatici per il precipitare del Caravaggio verso quella crisi interiore che lo portò poco tempo dopo la consegna dell'opera all'omicidio di Ranuccio Tomassoni.
Andiamo con ordine. Siamo nel 1601 e Caravaggio è all'apice assoluto della celebrità, dopo le straordinarie prove date alla cappella Contarelli di San Luigi dei Francesi (il ciclo di San Matteo) e alla cappella Cerasi a Santa Maria del Popolo.
I maggiorenti di Roma si contendono le commesse al maestro lombardo. Laerzio Cherubini, un giurista, gli affida la realizzazione dalla pala d'altare della cappella di sua proprietà presso la chiesa di Santa Maria della Scala a Trastevere.
Caravaggio, tuttavia, pur essendo notoriamente molto veloce nel comporre le proprie opere, distratto da altre importanti commesse e, comunque, solito a prendere periodi di ozio anche lunghi tra una commessa e l'altra, portò a termine il lavoro solo nel 1604.
Al momento della consegna e, quindi, della visione dell'opera, subentrò lo sgomento. La composizione di Caravaggio è una rottura senza mezzi termini con la solidissima iconografia del passato, che trae da Giotto la sua consolidata tradizione.
Giotto, Dormitio Virginis, 1310, Genaldegalerie, Berlino |
Gli apostoli, tra un coro di angeli, recitano le preghiere, confortati dalla presenza di Gesù che accoglie la cosiddetta "animula", l'anima non corporea di Maria, rappresentata da una bambina in fasce tra le braccia del Salvatore.
Questa iconografia si ripete classicamente nella pittura di tutta Europa. La ritroviamo anche nella pala d'altare di Wurzbach (1437) di Hans Multscher:
Certamente meno in linea con questo consolidato modo di rappresentare la morte della Vergine è l'opera di Andrea Mantegna (1462, museo del Prado, Madrid)
Manca Gesù che abbraccia l'animula, ma la Vergine è dipinta più in un sonno che nella morte e il decoro, la serenità dell'atmosfera sono predominanti. Non vi è traccia di tragico e irrimediabile, anche grazie al meraviglioso scorcio lacustre sullo sfondo.
La pala d'altare di Caravaggio è totalmente all'opposto. Vi si rappresenta una scena di straziante tragicità.
Maria non è piombata in un eterno sonno terreno di transizione verso il Cielo. E' una giovane donna, con i capelli scomposti, distesa su un catafalco, il colore della pelle ceruleo, il volto caratterizzato da una lieve smorfia dovuta all'abbandono della testa, un braccio disteso nel mancamento, il mancamento proprio della morte.
Caravaggio non fa nulla per far apparire la morte della Vergine come un sonno o una transizione verso il trono divino. Come sempre, egli resta fedele alla sua Poetica: rappresentare bene la realtà. La realtà è che la scena rappresenta la Vergine morta. Dunque, il Merisi dipinge una scena di morte.
Non c'è nessun coro di angeli a consolare, non c'è Gesù ad accogliere l'animula. La scena si svolge in un ambiente tetro ed angusto e si inizia ad intravedere quello sviluppo verticale delle rappresentazioni che segnerà le opere siciliane e napoletane del Merisi negli anni seguenti.
Come ormai d'abitudine, Caravaggio dipinge sulla tela direttamente una base o campitura scura, che esalta la tridimensionalità offerta dalla luce radente che attraversa le figure ed i loro vestiti; Caravaggio dipinge solo ciò che la luce offre alla vista; quel che non è visibile non è semplicemente rappresentato, resta nella trama scura della base.
L'effetto chiaro-scuro rende tetra la rappresentazione e non risulta attenuato, ma ulteriormente rafforzato dal rosso del telone che chiude in alto la scena, quasi come un tragico sipario, e del vestito della Vergine. Quel vestito che cadendo sul corpo esanime, rivela un ventre gonfio, sotto la mano destra.
La rappresentazione di un vero e proprio cadavere di una donna morta è confermata dal pianto disperato di Maria Maddalena, ripiegata inconsolabile su se stessa, e degli apostoli, rappresentati sempre dal vero come ritratti di poveri e miserabili popolani, vecchi e consunti, che per Caravaggio costituivano il vero spirito di una Chiesa che avrebbe dovuto rispettare il compito di essere per questo popolo consolazione e guida.
Altra indiscutibile conferma della "fotografia" di una funerea camera ardente: i piedi nudi e gonfi della Vergine, segno inconfondibile della presenza di un cadavere da seppellire, che di nuovo il Caravaggio avrebbe rappresentato pochi anni dopo a Napoli nella strepitosa pala d'altare al Pio Monte della Misericordia, le Sette opere di misericordia:
Sette opere di misericordia: particolare, seppellire i morti |
Giulio Mancini, che racconta della vita di Caravaggio da suo contemporaneo, in una lettera al fratello Deifobo del 14 ottobre 1606 afferma: "una tavola d'altare dove è la morte della Madonna attorno con gli apostoli, quale andava nella Madonna della Scala di Trastevere, che per essere stata spropositata di lascivia e di decoro, il Frate Scalzo l'ha fatta levare". Versione confermata anni dopo dal Baglione e che ha suscitato subito dicerie o leggende, secondo le quali il Caravaggio, per rendere davvero l'idea della morte, aveva dipinto effettivamente una donna realmente morta, annegata nel Tevere e da lì ripescata; da qui il gonfiore del corpo. E l'ulteriore convinzione che si trattasse del cadavere di una prostituta, i cui capelli rossi portano alcuni a pensare che si possa trattare di una modella già presente nei primissimi quadri del Merisi, Annuccia Bianchini.
Dicerie ed illazioni, tuttavia molto verosimili: Caravaggio intendeva dipingere il vero, dal vero, dunque nessuna meraviglia che avesse ritratto una donna realmente morta, nè che si trattasse di una prostituta, visto che tante prostitute fecero da modelle per il grande pittore.
L'opera è la transizione definitiva dal manierismo rinascimentale a qualcosa di diverso, Barocco? Sicuramente Caravaggio è il padre nobile di uno stile per molti tratti lontani dal rinascimentale, che esalta il gesto, riporta la verità della luce e dei tratti non idealizzati, arricchisce ed enfatizza la rappresentazione senza più il decoro e la compostezza come valori da perseguire ad ogni costo.
Non è un caso che proprio uno dei più grandi interpreti del barocco, Peter Paul Rubens, ammirando il valore straordinario di un capolavoro tragico della pittura e, al contempo, un mini trattato della visione pauperistica della chiesa borromeiana, la segnalò al Gonzaga Duca di Mantova perchè l'acquistasse, come in effetti fece. Poi, i dissesti finanziari della famiglia mantovana determinarono avventurosi spostamenti della pala d'altare dalla corte del re d'Inghilterra Carlo I, al patrimonio del banchiere parigino Everhard Jabach, che poi la cedette re di Francia Luigi XIV, fino alla collocazione nel museo del Louvre, dove è attualmente esposta.
Fu il primo vero e secco rifiuto di un'opera del Caravaggio (che già comunque ebbe ripensamenti e forse richieste di revisione proprio nelle cappelle Contarelli e Cerasi, ove dipinse due versioni di San Matteo e l'angelo e dei laterali della cappella di S. Maria del Popolo). Non fu l'ultimo. Ma contribuì a scatenare un periodo sempre più cupo e travagliato, tra querele per diffamazioni, aggressioni, fughe, risse. Due anni dopo il rifiuto più doloroso: La Madonna dei Palafrenieri, esposta presso la Galleria Borghese, fu appesa in San Pietro l'8 aprile 1606, per essere tirata giù prima della fine del mese. Poco più di un mese dopo Caravaggio uccise Tomassoni e iniziò la sua fuga senza ritorno da Roma.
Caro Luigi Olivieri, cercando altre rappresentazione della Morte della vergine ho trovato questo suo articolo, che mi è piaciuto molto. La ringrazio di averlo scritto e pubblicato. Ho parlato di recente in una Lectio al Macro di Roma anche di questo quadro aggiungendovi osservazioni - per esempio l'essere in bilico del povero cadavere - e anche un dettaglio decisivo che le piacerà molto. Può accedere all'audio se le interessa da qui. http://www.arc1.uniroma1.it/saggio/libri/caravaggio/ I migliori saluti Antonino Saggio
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