venerdì 27 marzo 2020

Sottoscrizione di contratti nella forma dell’atto pubblico da remoto: si può. Si deve



Talvolta per comprendere fatti e norme le date, il tempo che passa, il numero degli anni contano.
Prendiamo il numero 107. E’ il numero degli anni che separa il 2020 dal 1913. Oltre un secolo fa si approvò, in Italia, la Legge 16 febbraio 1913 n. 89 Sull'ordinamento del notariato e degli archivi notarili.

Nel 1913 alcune cose erano molto diverse da oggi, ad esempio:
a)      in Italia c’era ancora la monarchia;
b)      non era ancora scoppiata la prima guerra mondiale (e c’erano i grandi imperi centrali d’Europa);
c)      non c’era l’Onu;
d)      il primo volo aereo dell’uomo era avvenuto solo 10 anni prima e di fatto non c’era aviazione;
e)      non era stata pubblicata la teoria della relatività;
f)       non esistevano i computer;
g)      non esisteva la televisione;
h)      non esisteva internet;
i)       non era scoppiata l’epidemia di coronavirus.
Prendiamo il numero 78. E’ il numero degli anni che separa il 2020 dal 1942. Quell’anno fu approvato il Codice Civile.
Nel 1942 alcune cose erano molto diverse da oggi, ad esempio:
a)      in Italia c’era ancora la monarchia;
b)      non era ancora finita la seconda guerra mondiale;
c)      non c’era l’Onu;
d)      non era ancora stata attivata la prima pila atomica;
e)      non esistevano i computer;
f)       non esisteva la televisione;
g)      non esisteva internet;
h)                 non era scoppiata l’epidemia di coronavirus.
Grandi differenze, diremmo, quindi tra il 2020 e il 1913 e, ancora, il 1942. Anche i meno attenti avranno notato che mentre negli anni 1913 e 1942 (anno tormentato da situazioni disastrosissime a sua volta) non c’era l’epidemia di coronavirus, invece nel 2020 c’è l’epidemia di coronavirus. E, di nuovo, anche i più distratti avranno notato che mentre negli anni 1913 e 1942 non c’erano i computer e la rete internet, invece nel 2020 ci sono e ci sono anche le risorse per la gestione digitale dei documenti e della loro sottoscrizione.
Non solo. Nel 2020, in questi giorni, vi è una normativa tutta finalizzata ad assicurare il contenimento del contagio da coronavirus attualmente basata, causa l’assenza di un farmaco e di un vaccino contro il virus, sul “distanziamento sociale”, che in altre parole impone alle persone di limitare quanto più possibile spostamenti nel territorio e riunioni di persona in medesima sede, se non per necessità connesse all’emergenza. Insomma, inevitabile la presenza di più persone nelle sale rianimazione degli ospedali; molto più evitale la presenza di più persone in uffici o studi, per svolgere attività, utili e nobili quanto si vuole, di natura latamente amministrativa, come sottoscrivere un contratto “rogato” dal pubblico ufficiale nella forma pubblica amministrativa.
Come si evince dall’inchiesta qui riportata, nel 2020, in presenza dell’emergenza coronavirus, dei pc, di internet, della gestione digitale dei documenti e della firma digitale, la sottoscrizione degli atti di compravendita immobiliare (che richiede a pena di nullità la forma pubblica amministrativa assicurata dal notaio) è praticamente bloccata, perché due disposizioni di legge, una del 1913, l’altra del 1942, stabiliscono che la sottoscrizione degli atti nella forma pubblica debba avvenire alla “presenza” del notaio. Lo stesso vale per gli altri contratti rogati da un pubblico ufficiale, per tutti quelli relativi agli appalti pubblici.
La necessità della “presenza” nella Legge Notarile è disposta dall’articolo 47:
1. L'atto notarile non può essere ricevuto dal notaio se non in presenza delle parti e, nei casi previsti dall'articolo 48, di due testimoni.
2. Il notaio indaga la volontà delle parti e sotto la propria direzione e responsabilità cura la compilazione integrale dell'atto”.
Occorre per completezza rilevare che il testo dell’articolo citato prima è stato, in effetti, riformato e modificato con l'articolo 12, comma 1, lettera b), della legge 28 novembre 2005, n. 246. Anche qui guardiamo il numero “magico”: 15. Sono gli anni passati dalla riforma del testo dell’articolo 47 visto prima. Rispetto al 2020 c’erano già molte delle cose che abbiamo anche nel 2020. Ma non c’era l’epidemia da coronavirus.
La “presenza” è, ancora, richiesta dalla norma pensata 78 anni fa dal Codice civile e contenuta nell’articolo 2700:
L'atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti”.
Ora, nel 2020, a 107 anni di distanza dalla Legge Notarile, a 78 anni di distanza dal Codice Civile, a 15 anni di distanza dalla novellazione dell’articolo 47 della Legge Notarile, se c’è un elemento che occorre assolutamente scongiurare, per lottare efficacemente contro il coronavirus, è proprio la “presenza”.
Immaginare che due parti (per non dire dei fidefacenti e dei testimoni) si riuniscano in uno studio notarile o negli uffici di un segretario comunale per sottoscrivere, sia in forma analogica (sottoscrizione autografa), sia in forma digitale (con sottoscrizione digitale) un contratto, è semplicemente impensabile, assurdo e fuori dalla realtà, prima ancora che pericoloso e contrario al complesso delle norme che impongono, ordinano, costringono, al distanziamento sociale.
Come si evince dall’inchiesta proposta nel link riportato sopra, il Notariato ha da qualche anno adottato una piattaforma, denominata iStumentum, finalizzata alla formazione da remoto dell’atto in forma pubblica, ma solo 160 notai lo utilizzano. Il resto no e v’è una forte resistenza ad utilizzarlo, per “ragioni di bottega”: il rischio che strumenti che consentano la sottoscrizione da remoto faccia perdere la rendita di posizione connessa alla territorializzazione delle sedi notarili e il digital divide, per effetto del quale studi notarili più avanzati e disposti ad investire in tecnologia potrebbero sottrarre atti agli altri notai.
Siamo, però, nel 2020. E c’è il coronavirus. Appare assolutamente evidente che simili ragioni di resistenza all’applicazione di sistemi per la sottoscrizione da remoto siano totalmente inaccettabili.
Fermo restando che nessuna norma ha in fui imposto, o possa anche imporre, ai notai l’utilizzo della piattaforma iStrumentum, appare di tutta evidenza che anche a prescindere da tale piattaforma la sottoscrizione di contratti in forma pubblica amministrativa da remoto, con una virtualizzazione dei partecipanti, pubblico ufficiale e parti, sia non solo opportuna, ma doverosa. Il che impone di superare formalismi figli di epoche nelle quali l’assenza di tecnologie digitali e telematiche richiedevano necessariamente la “presenza” affinchè il pubblico ufficiale potesse constatare l’identità degli intervenuti e “ricevere” le loro dichiarazioni e verificare ed attestare la formazione del loro consenso, attraverso la sottoscrizione dell’atto.
Quei formalismi appartengono al passato. Un passato che è anche solo di 15 anni fa, ma anche solo di pochi mesi fa, quando ancora la pandemia non era scoppiata e non poteva nemmeno essere pensata.
In presenza di una vastissima produzione di norme finalizzate a contrastare l’emergenza della pandemia non è consentito a nessun interprete ed a nessun operatore fermarsi all’interpretazione letterale delle norme e, quindi, ritenere “nullo” l’atto in forma pubblica amministrativa formatosi con modalità remote, in videoconferenza tra le parti.
In presenza di questa normativa emergenziale, sarebbe corretto considerare come omissione d’atti d’ufficio il rifiuto di rogare l’atto che debba formarsi in forma pubblica amministrativa con modalità virtuali; e sarebbe da considerare reato contro la salute pubblica imporre, senza ragione alcuna, la compresenza personale di persone allo scopo di sottoscrivere un atto, che può perfettamente sottoscriversi da remoto, con o senza piattaforme come iStrumentum.
Occorre riferirsi, allora, all’interpretazione sistematica e teleologica. Gli articoli 47 della Legge Notarile e 2700 del Codice Civile non solo possono, ma debbono, alla luce della normativa emergenziale, essere letti nel senso che per “presenza” debba intendersi “partecipazione” degli intervenienti all’atto alla videoconferenza col notaio o il pubblico ufficiale, il quale, esattamente alla stregua di quanto consente espressamente per le giunte ed i consigli comunali l’articolo 103 del d.l. 18/2020, altro non ha se non da riconoscere da video l’identità di chi si presenta, richiedendo che esibisca “in camera” in modo visibile il documento di identità, si accerti che le parti possano ascoltare ed intendere bene, legga l’atto, lo trasmetta nel formato indicato dalle regole tecniche ad un primo contraente, perché questo lo firmi digitalmente e, a sua volta, lo reinoltri al notaio o pubblico ufficiale, che lo inoltra nuovamente all’altra parte, perché lo firmi a sua volta, lo rispedisca al notaio o pubblico ufficiale, il quale verificata la validità delle firme digitali apposte, a sua volta sottoscriva digitalmente l’atto. Il tutto, con l’accortezza di registrare la videoconferenza, conservando opportunamente il file, nel fascicolo elettronico della pratica.
Per quanto una previsione normativa in questo senso sia, ovviamente, opportuna, occorre affermare con risolutezza che l’interpretazione sistematica e teleologica non solo consente, ma impone da ora, da subito, di sottoscrivere i contratti e in forma pubblica da remoto, con la metodologia sintetizzata sopra, anche per superare le incredibili ed ingiustificabili resistenze, la cui conseguenza è, poi, l’inchiodamento del mercato immobiliare o difficoltà nella conclusione di procedure di appalto. Conseguenza assolutamente inaccettabile e improponibile in una fase come quella che stiamo vivendo, nella quale una crisi economica gigantesca quanto la pandemia si abbatte sulle imprese e sui cittadini, sicchè bloccare o rendere difficili negozi giuridici per meri formalismi connessi a logiche di centinaia di anni fa è semplicemente antistorico, ottuso, burocratico, pericoloso.

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