domenica 22 marzo 2020

Un Paese così non poteva che farsi sopraffare


Un Paese così ha a disposizione 5000 sale di rianimazione (quasi raddoppiate in questi giorni dagli sforzi titanici dei medici, dei tecnici e degli amministrativi degli ospedali) contro i 28.000 della Germania che ha 80 milioni di abitanti contro i nostri 60 milioni. La Germania non ha più malati da mandare in rianimazione: ha investito. Forse, pensando che epidemie o pandemie possono svilupparsi.

In Italia, da 30 anni, è apparso normale, invece, quantificare i posti letto in base ad un “tasso di copertura”, come se si trattasse di un ristorante che mette a disposizione i tavolini in base ai flussi di clientela.
Un Paese così, dimostra di non avere, nonostante tutti i geni competenti consiglieri e consulenti che da sempre occupano le stanze del Governo, nessun piano “segreto” per affrontare situazioni come una pandemia da virus.
Un Paese così, spera che il virus non dilaghi nel Sud. Perché la sanità, pur garantendo servizi gratuiti alla popolazione, è stata tenuta diseguale nel territorio. La visione commerciale della sanità (commercio del denaro pubblico) ha valutato con favore la scarsità di servizi e posti letto al Sud, perché induceva i cittadini del sud a servizi degli ospedali del nord, rimborsati dalle casse delle regioni che al sud dirottavano la spesa della sanità altrove. La migrazione della salute, rende: vicino agli ospedali del nord hanno proliferato e prosperato affittacamere e bed and breakfast.
Un Pese così è quello che, sempre in una visione sbagliatissima della privatizzazione dei servizi pubblici, ha lasciato che le Ferrovie si trasformassero in società e dovessero puntare alla “valorizzazione” delle stazioni. Col risultato di aver eliminato le sale d’aspetto (come se i treni non ritardassero mai), sostituite da negozi di chincaglieria.
Un Paese così è quello che, in questa emergenza, chiede per l’ennesima volta alla Ue di sforare il patto. La Ue, per una volta, lo concede (non è chiaro a che prezzo). Ma, questo Paese, nel 2011 riformò la sua Costituzione in modo scellerato che prevede il principio dell’equilibrio del bilancio e sistemi complicati per il ricorso all’indebitamento.
Un Paese così è quello che non ha investito nella banda larga. La gran parte del territorio non ha una linea internet in fibra veloce, altra parte importante non ha proprio la linea internet.
Un Paese così ha ciarlato tanto di Industria 4.0, per poi scoprire che, specie nella Pubblica Amministrazione, non ha dotazioni, mezzi, esperienza e strumenti per il lavoro agile.
Un Paese così ha una quantità enorme di analfabeti funzionali, perché non in grado di usare software comuni, app telefoniche, homebanking, SPID, firma digitale. E non ha mai mosso un dito per colmare questo micidiale digital divide.
Un Paese così, a causa di quel digital divide, dal 26 mette in strada centinaia di migliaia di anziani che andranno alle Poste per ritirare la pensione in contanti.
Un Paese così non ha mai investito adeguatamente nella scuola, per indurre i docenti a modificare metodo ed insegnare avvalendosi di pc, slides, form, lezioni e compiti “virtualizzati”, sostituendo i “temi” scritti di pugno, con lavori multimediali. E, infatti, la scuola è arrivata completamente impreparata all’emergenza e le “lezioni on line”, sono il frutto di improvvisate, quanto meritorie, iniziative singole del singolo docente, non un sistema organizzato.
Un Paese così, di 60 milioni di abitanti, può contare su una buona certezza che l’Irpef sia pagata da poco più di un terzo dei propri abitanti. Troppo poco.
Un Paese così ha accettato da sempre di sottoscrivere un patto scellerato con ampie categorie di lavoratori ed imprese, consentendo nero ed evasione, puntando su una ricchezza sommersa: quella che consente alle famiglie di sopravvivere coi nonni e non con servizi, o, al sud, di vivacchiare anche con lavori brevi ed improbabili.
Un Paese così, proprio per quel patto sociale, non ha mai le risorse sufficienti ed un Pil adeguato per sostenere investimenti. E il disastro nella sanità nell’emergenza è lì a dimostrarlo.
Un Paese così, proprio per quel patto sociale, ha lasciato per decenni che al sud mancanza di lavoro, di presenza ed organizzazione, facessero prosperare le varie organizzazioni criminali.
Un Paese così è quello nel quale è stato inventato il personal computer, dalla Olivetti, ma è rimasto senza produzione di pc, di software, di telefonia.
Un Paese così ha permesso la scalata azionaria a compagnie telefoniche nazionali da parte di gente praticamente squattrinata, intenta non ad una politica industriale di produzione, ma ad investimenti solo finanziari: ed ora si ritrova senza reti telefoniche e dati.
Un Paese così ha continuato a produrre senza sosta sanatorie ad abusi edilizi e all’esportazione di capitali e all’evasione.
Un Paese così, comunque, rende la vita impossibile a quelli che le tasse le vogliono pagare e ha trasformato un servizio utile come quello di commercialisti e consulenti del lavoro, come anche dei Caf, in una sorta di servizio pubblico suppletivo per rimediare alla farraginosità ed inaccessibilità del micidiale sistema fiscale, ai suoi adempimenti, alle sue scadenze, ai suoi moduli, ai suoi codici demenziali.
Un Paese così produce codici dei contratti di lavori, servizi e forniture pubblici, per “semplificare” e “rilanciare” gli appalti, e invece li inchioda sotto il peso di norme incomprensibili, Linee Guida, giurisprudenza che afferma al tempo stesso il bianco e il nero.
Un Paese così, se scoppia una pandemia al suo interno, non poteva che esitare, balbettare, nicchiare, agire con la “gradualità” dettata non dall’opportunità, ma dal computo dei morti.
Un Paese così, è un modello per la lotta contro il contagio da coronavirus. Sì. Un modello da non imitare.

1 commento:

  1. Sostituisci "un Paese" con "una classe dirigente" e siamo d'accordo.
    Perché un Paese così non lo decidono i cittadini, anche se sono tanti. Un Paese così lo decide chi comanda.

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