D.l. 18/2020: alcune cose che non convincono
Articolo 75.
Consente una procedura negoziata “senza previa pubblicazione
di un bando di gara ai sensi dell’articolo 63, comma 2, lett. c), del decreto
legislativo 18 aprile 2016, n. 50, selezionando l’affidatario tra almeno
quattro operatori economici, di cui almeno una «start-up innovativa» o un
«piccola e media impresa innovativa», iscritta nell’apposita sezione speciale
del registro delle imprese di cui all’articolo 25, comma 8, del decreto-legge
18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1,
L. 17 dicembre 2012, n. 221 e all’articolo 4, comma 2, del decreto-legge 24
gennaio 2015, n. 3, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma
1, L. 24 marzo 2015, n. 33”, per “acquistare beni e servizi informatici”,
finalizzati ad agevolare il “lavoro agile”.
Pensarci prima, visto che l’articolo 14 della legge 124/2015
aveva previsto l’estensione del lavoro agile al 10% dei dipendenti pubblici
entro il 2018, no?
Poi si legge il comma 5 dell’articolo 75 in commento: “Le
amministrazioni pubbliche procedono ai sensi del comma 1 con le risorse
disponibili a legislazione vigente. Dall’attuazione della disposizione non
derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. E si
capisce che nemmeno l’emergenza insegna.
Inoltre, La procedura negoziata senza bando, con
negoziazione tra 4 operatori economici è insensata.
Si tratta di una perdita di tempo e di una norma oggettivamente assurda. Non parliamo della pretesa di una start up. La situazione lascia senza ombra di dubbio aperto il campo all’applicazione dell’articolo 63, comma 2, lettera c), del d.lgs 50/2016, ai sensi del quale la procedura negoziata senza bando “nella misura strettamente necessaria quando, per ragioni di estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili dall'amministrazione aggiudicatrice, i termini per le procedure aperte o per le procedure ristrette o per le procedure competitive con negoziazione non possono essere rispettati. Le circostanze invocate a giustificazione del ricorso alla procedura di cui al presente articolo non devono essere in alcun caso imputabili alle amministrazioni aggiudicatrici”.
Non pare ci sia troppo da motivare per evidenziare le ragioni di estrema urgenza.
E sembra proprio che la mini gara tra “almeno 5” operatori, ridotta a 4, sia un’altra insensatezza,
nella situazione di emergenza in atto, visto che per determinate forniture potrebbe non esserci il tempo per queste negoziazioni. I formalismi e le prudenze anticorruzione possono valere “in tempo di pace”. In questa emergenza, sono necessarie modalità diverse. Che la normativa comunque non esclude.
L’articolo 163 del codice dei contratti è rubricato “Procedure in caso di somma urgenza e di protezione civile”. La somma urgenza non è limitata alle sole autorità di protezione civile: la “protezione civile” non è, nell’articolo, l’organismo che può procedere all’affidamento - diretto e senza gara - dell’appalto, ma è la ragione, il motivo dell’affidamento. In ogni caso, gli enti locali sono parte integrante del sistema della protezione civile e, quindi, possono accedere agli strumenti normativi straordinari.
Dunque, qualsiasi amministrazione locale può basare affidamenti diretti connessi all’emergenza
coronavirus, che è indubbiamente connessa tanto alla somma urgenza, quanto alla protezione civile, anche per forniture e servizi la cui acquisizione non consenta di dedicare tempo e risorse (specie con uffici non a pieno regime) a gare, per quanto informali.
Si può e si deve applicare, quindi, il comma 6 dell’articolo 163 del codice dei contratti, ai sensi del quale “Costituisce circostanza di somma urgenza, ai fini del presente articolo, anche il verificarsi degli eventi di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 224, ovvero la ragionevole previsione, ai sensi dell'articolo 3 della medesima legge, dell'imminente verificarsi di detti eventi, che
richiede l'adozione di misure indilazionabili, e nei limiti dello stretto necessario imposto da tali misure. La circostanza di somma urgenza, in tali casi, è ritenuta persistente finché non risultino eliminate le situazioni dannose o pericolose per la pubblica o privata incolumità derivanti
dall'evento, e comunque per un termine non superiore a quindici giorni dall’insorgere dell’evento, ovvero entro il termine stabilito dalla eventuale declaratoria dello stato di emergenza di cui all'articolo 5 della medesima legge n. 225 del 1992; in tali circostanze ed entro i medesimi limiti temporali le amministrazioni aggiudicatrici possono procedere all'affidamento di appalti
pubblici di lavori, servizi e forniture con le procedure previste nel presente articolo”. Tali procedure consentono l’affidamento diretto. E’ parecchio strano che il legislatore del d.l. 18/2020 non sia intervenuto per enfatizzare ed anche estendere queste disposizioni, limitandosi alla normetta sulle procedure negoziate senza bando
Articolo 63
E’ tra le norme più discutibili e meno ponderate del decreto
legge. Leggiamola:
“Art. 63 (Premio ai lavoratori dipendenti)
1. Ai titolari di redditi di lavoro dipendente di cui all’articolo 49, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che possiedono un reddito complessivo da lavoro dipendente dell’anno precedente di importo non superiore a 40.000 euro spetta un premio, per il mese di marzo 2020, che non concorre alla formazione del reddito, pari a 100 euro da rapportare al numero di giorni di lavoro svolti nella propria sede di lavoro nel predetto mese.
1. Ai titolari di redditi di lavoro dipendente di cui all’articolo 49, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che possiedono un reddito complessivo da lavoro dipendente dell’anno precedente di importo non superiore a 40.000 euro spetta un premio, per il mese di marzo 2020, che non concorre alla formazione del reddito, pari a 100 euro da rapportare al numero di giorni di lavoro svolti nella propria sede di lavoro nel predetto mese.
2. I sostituti d’imposta di cui agli articoli
23 e 29 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600
riconoscono, in via automatica, l’incentivo di cui al comma 1 a partire dalla
retribuzione corrisposta nel mese di aprile e comunque entro il termine di
effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno.
3. I sostituti d’imposta di cui al comma 2
compensano l’incentivo erogato mediante l’istituto di cui all’articolo 17 del
decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
4. All'onere derivante dall'attuazione del
presente articolo si provvede ai sensi dell’articolo 126”.
Possiamo affermarlo, senza mancare di rispetto? Si tratta di
una norma stupida, per il contenuto e per i tempi.
I lavoratori che abbiano dovuto assicurare la propria
presenza nella sede di lavoro, quando tutto sarà finito, saranno sicuramente da
premiare e non certo con 100 euro e non certo con limiti complessivi di
reddito.
Un premio ben maggiore sarà da riconoscere a chiunque abbia
dovuto affrontare i rischi del contagio per assicurare ordine pubblico,
protezione civile, produzione di beni e servizi essenziali, loro distribuzione.
Premi e monumenti andranno rivolti a medici, infermieri e lavoratori degli
ospedali.
Non era, però, questo il tempo per prevedere una norma che
prevede poco più di una “mancia”, per persone che stanno compiendo il loro
dovere, non certo perché attratti dai 100 euro.
Anche se, tuttavia, moltissimi, troppi, sono ancora quei dirigenti
o titolari di aziende, pubblici e privati, che tengono aperte attività non
essenziali o fanno svolgere, specie nel pubblico, attività di nessuna utilità
per il contrasto alla pandemia, come il “presidio” degli uffici, o la “protocollazione”.
Il legislatore dovrebbe essere capace, ma soprattutto la
società, di distinguere chi ha assicurato lavoro e servizi davvero essenziali,
a prescindere dai 100 euro, e chi, in spregio alle misure di sicurezza, o per
conservare il tesoretto delle ferie “pregresse”, abbia preteso di continuare ad
andare in giro per uffici, anche attratto dai 100 euro.
La norma, quindi, ha sbagliato anche i modi. E, per una
norma, sbagliare tempi e modi è molto grave.
Articolo 67.
Il comma 3 dell’articolo 67 sospende dall’8 marzo al 31
maggio “le risposte alle istanze formulate ai sensi dell’articolo 22 della
legge 7 agosto, n. 241, e dell’articolo 5 del decreto legislativo 14 marzo
2013, n. 33”.
Evidentemente, chi ha scritto la norma contenuta
nell’articolo 67 del d.l. 18/2020, non sapeva che un’altra mano stesse
scrivendo l’articolo 103. Il quale sospende i termini di tutti i procedimenti
amministrativi per tutte le amministrazioni. Non solo per “gli uffici degli
enti impositori”, che evidentemente qualcuno ritiene essere delle Repubbliche a
parte. E non da ora.
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