L’emendamento 102.21 alla legge
di conversione del d.l. 18/2020, sebbene avrebbe finito per distorcere
fortemente la sospensione dei procedimenti, avrebbe avuto il beneficio di porre
nel nulla la scelta criticabilissima della Funzione Pubblica di tenere
inchiodate le procedure di assunzione, con la sospensione dei termini del procedimento
previsto dall’articolo 34-bis[1], del
d.lgs 165/2001.
Come opportunamente evidenziato
da un gentile commento
ad un precedente post, il Ministero dell’economia ha chiesto lo stralcio
del citato emendamento che avrebbe modificato il testo dell’articolo 103, comma
1. Pertanto, al momento della votazione della fiducia sul maxiemendamento il
testo dell’articolo 103, comma 1, del d.l. 18/2020 è rimasto nel medesimo testo
iniziale (come si può vedere qui, nel testo passato alla Camera (A.C.
2463).
Quindi: nulla di fatto. Resta
solo nelle mani della Funzione Pubblica il ripensamento nei riguardi di una
decisione, quella di sospendere il procedimento di cui all’articolo 34-bis, che
non ha davvero alcuna giustificazione.
Si tratta, nella sostanza, di un
“non procedimento”. Come si evince dal testo dell’articolo 34-bis riportato qui
in nota, gli uffici della Funzione Pubblica non hanno che da intervenire, solo
in via eventuale, se le strutture regionali alle quali le amministrazioni che
intendano assumere abbiano comunicato la richiesta di verifica della sussistenza
di personale in disponibilità non abbiano reperito nessuno nelle proprie liste.
In questo caso, Palazzo Vidoni
non da far altro se non:
1.
consultare le propria banca dati del personale
in disponibilità, per altro alimentata dalle comunicazioni delle
amministrazioni pubbliche, con bassissimo tasso di “valore aggiunto” nella
formazione di simile lista;
2.
verificare se esista o meno personale in disponibilità
nelle proprie liste per:
a.
rispondere negativamente all’amministrazione
procedente o lasciar decorrere il termine complessivo dei 45 giorni che
consente di sbloccare la procedura concorsuale;
b.
assegnare il personale in disponibilità, perché sia
assunto dall’ente procedente, che quindi non procederà col concorso.
Si tratta, quindi, di un
procedimento formato sostanzialmente:
1.
dalla consultazione di una banca dati;
2.
dalla redazione – eventuale – di una nota per
altro standard, di assegnazione del personale.
Appare chiaro ed evidente che la
sospensione dei procedimenti previsti dall’articolo 103 del d.l. 18/2020 abbia
un duplice scopo:
a)
consentire alle amministrazioni pubbliche, che
non lavorano a pieno regime, di disporre di un maggior tempo per la propria
organizzazione interna;
b)
permettere a cittadini ed imprese, destinatari
dell’azione amministrativa, di non subire termini troppo serrati di
procedimenti, che in questa fase di emergenza anche per i privati potrebbero
non essere sostenibili.
Ora, appare evidente che:
1.
tra i due specifici scopi evidenziati sopra, non
possa che prevalere il secondo: la sospensione dei termini, cioè, va
considerata utile nel momento in cui finisce soprattutto per “soddisfare”
esigenze di famiglie o imprese e non esigenze interne della PA;
2.
questa affermazione è confermata dallo stesso
comma 1 dell’articolo 103, ove si afferma che “Le pubbliche amministrazioni
adottano ogni misura organizzativa idonea ad assicurare comunque la ragionevole
durata e la celere conclusione dei procedimenti, con priorità per quelli da
considerare urgenti, anche sulla base di motivate istanze degli interessati”.
Ora, il periodo citato poco
sopra del comma 1 dell’articolo 103 rivela che la sospensione dei termini non è
disposta in modo assoluto ed inderogabile, ma può essere “manovrata” da
ciascuna PA cum grano salis.
E’ esattamente quanto propone l’Anac,
a proposito delle procedure d’appalto. Scrive l’Autorità, nella delibera 9
aprila 2020, n. 312: “la stazione appaltante adotterà ogni misura
organizzativa idonea ad assicurare comunque la ragionevole durata e la celere
conclusione della procedura, compatibilmente con la situazione di emergenza in
atto. A tal fine, valuterà l’opportunità di rispettare, anche in pendenza
della disposta sospensione e limitatamente alle attività di esclusiva
pertinenza della stessa, i termini endoprocedimentali, finali ed esecutivi
originariamente previsti, nei limiti in cui ciò sia compatibile con le
misure di contenimento della diffusione del Covid-19”.
Le indicazioni dell’Anac sono
del tutto ragionevoli e aderenti al testo dell’articolo 103, comma 1. Ove lo
svolgimento delle attività amministrative non determini rischi di violazione
delle misure di contenimento dal contagio e, soprattutto, siano connesse ad “attività
di esclusiva pertinenza” della PA, non solo di può, ma si deve dare corso alle
procedure amministrative, anche per evitare l’ingolfamento successivo, una
volta usciti dalla fase di emergenza.
E’ del tutto evidente che le
attività alle quali deve attendere la Funzione Pubblica nell’espletamento delle
competenze connesse all’articolo 34-bis:
1.
sono di esclusiva pertinenza di Palazzo Vidoni;
2.
non comportano nessun rischio di compromissione
del contenimento della pandemia.
Di fatto, la comunicazione del 9
aprile, con la quale la Funzione Pubblica ha manifestato all’esterno la
sospensione dei termini procedimentali connessi alla mobilità volontaria altro
non è se non un “tarlo” o uno di quei famosi “lacci e lacciuoli” posti inopportunamente
come ostacoli allo svolgimento ordinato delle esigenze operative, economiche ed
anche amministrative.
Infatti, la sospensione fino al
16 maggio, della verifica del personale in disponibilità sortisce solo l’effetto
di ritardare oltre misura le procedure concorsuali, senza nessuna giustificazione connessa alle
misure di contenimento del contagio.
Quali rimedi, allora? Ricorsi al
Tar o contenziosi tra pubbliche amministrazioni non sono ovviamente nemmeno da
prendere in considerazione, visti i tempi ed i costi che richiederebbero. L’auspicio
per un ripensamento appare già caduto nel vuoto.
Un tentativo, però, è possibile.
Ciascuna amministrazione interessata ad assumere, sia attraverso lo scorrimento
delle graduatorie, sia attraverso l’indizione di concorsi, dovrebbe chiedere la
trattazione con priorità della procedura di mobilità volontaria, appellandosi
appunto al comma 1 dell’articolo 107, nel passaggio in cui si riferisce all’obbligo
per le PA di assicurare comunque “ragionevole durata” ai procedimenti sulla
base di “motivate istanze degli interessati”.
A questo punto Palazzo Vidoni
avrebbe solo due strade:
1.
respingere, con una procedura e con atti, le
motivate istanze;
2.
accoglierle.
Nell’uno e nell’altro caso,
dovrebbe, quindi, gestire delle procedure. Di portata e peso operativo poco
differente. Non si comprenderebbe ulteriormente, allora, la ragione di
insistere sulla sospensione di un procedimento, quello connesso alla mobilità
volontaria, la cui trattazione, come dimostrato prima, non pone nessuna
particolare complessità.
Ovviamente, quanto fin qui
esposto ha un senso solo se anche le strutture regionali (o provinciali) procedano
a loro volta, senza considerare la sospensione dell’articolo 34-bis.
Infine, poche parole al tema
dell’eventuale divieto di “indire” concorsi, posto da alcune interpretazioni
dottrinali poco condivisibili e probabilmente eccessivamente condizionate dalla
frettolosità delle conclusioni.
L’articolo 87, comma 5, del d.l.
18/2020 con ogni evidenza non vieta in alcun modo di indire i concorsi, ma solo
di “svolgere” le prove, che sono i momenti nei quali si determinerebbero forti
ed evidenti rischio di compromissione delle misure di contenimento del
contagio.
Cosa vuol dire il verbo “svolgere”,
oggetti anche dell’interpretazione autentica di cui all’articolo 4 del d.l.
23/2020? Significa, anche “sviluppare” qualcosa. Nel caso dei procedimenti
concorsuali, quindi, è sospeso ciò che ne è lo sviluppo, dunque lo “svolgimento”
ovviamente delle prove. Non è sospeso, né vietato, nessun atto di indizione ed endoprocedimentale
che non comporti – sempre per stare alle utili indicazioni dell’Anac – alcun rischio
di violazione delle misure anticontagio.
Dunque, non v’è alcun dubbio: le
pubbliche amministrazioni possono tranquillamente indire i concorsi, acquisire
le domande (con preferenza assoluta per la modalità telematica[2]) ed istruirle,
giungendo fino all’ammissione ed esclusione e fermandosi solo allo svolgimento
delle prove.
Ulteriore chiosa. L’atteggiamento
della Funzione Pubblica, oggettivamente ostile ai principi di leale
collaborazione tra PA e al “buon andamento” rende improrogabile l’attuazione di
una norma che attende da 8 anni la sua attivazione. Si tratta dell’articolo 2,
comma 13, del d.l. 95/2012, convertito in legge 135/2012: “La Presidenza del
Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica avvia un
monitoraggio dei posti vacanti presso le amministrazioni pubbliche e redige un
elenco, da pubblicare sul relativo sito web. Il personale iscritto negli
elenchi di disponibilità può presentare domanda di ricollocazione nei posti di
cui al medesimo elenco e le amministrazioni pubbliche sono tenute ad accogliere
le suddette domande individuando criteri di scelta nei limiti delle
disponibilità in organico, fermo restando il regime delle assunzioni previsto
mediante reclutamento. Le amministrazioni che non accolgono le domande di
ricollocazione non possono procedere ad assunzioni di personale”.
Questo comma renderebbe del
tutto inutili gli orpelli procedurali degli articoli 34 e 34-bis del d.lgs
165/2001. Le PA dovrebbero alimentare, automaticamente, un portale pubblico nel
quale iscrivere i dipendenti in esubero. Allo stesso modo, un portale pubblico
dovrebbe rendere evidenti i posti vacanti delle dotazioni organiche, a valle
del processo annuale della programmazione, in modo che il personale in disponibilità
si auto-segnali, senza intermediazione alcuna di strutture regionali o di
Palazzo Vidoni. Il tutto sarebbe trasparente, alla luce del sole, telematico ed
automatico. E sfuggirebbe ai lacci e lacciuoli che troppo spesso le PA, anche
quelle chiamate a dare il buon esempio ed a vigilare sulle altre con propri
servizi ispettivi, costruiscono inopportunamente.
[1]
Art. 34-bis. Disposizioni in materia di mobilità del personale
1. Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1,
comma 2, con esclusione delle amministrazioni previste dall’articolo 3, comma
1, ivi compreso il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, prima di avviare le
procedure di assunzione di personale, sono tenute a comunicare ai soggetti
di cui all’articolo 34, commi 2 e 3, l’area, il livello e la sede di
destinazione per i quali si intende bandire il concorso nonché, se necessario,
le funzioni e le eventuali specifiche idoneità richieste.
2. La Presidenza del Consiglio dei ministri –
Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero
dell’economia e delle finanze e le strutture regionali e provinciali di cui
all’ articolo 34, comma 3, provvedono, entro quindici giorni dalla
comunicazione, ad assegnare secondo l’anzianità di iscrizione nel relativo
elenco il personale collocato in disponibilità ai sensi degli articoli 33 e 34.
Le predette strutture regionali e provinciali, accertata l’assenza negli
appositi elenchi di personale da assegnare alle amministrazioni che intendono
bandire il concorso, comunicano tempestivamente alla Presidenza del Consiglio
dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica le informazioni inviate
dalle stesse amministrazioni. Entro quindici giorni dal ricevimento della
predetta comunicazione, la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento
della funzione pubblica, di concerto con il Ministero dell’economia e delle
finanze, provvede ad assegnare alle amministrazioni che intendono bandire il
concorso il personale inserito nell’elenco previsto dall’articolo 34, comma 2.
A seguito dell’assegnazione, l’amministrazione destinataria iscrive il
dipendente in disponibilità nel proprio ruolo e il rapporto di lavoro prosegue
con l’amministrazione che ha comunicato l’intenzione di bandire il concorso.
L’amministrazione destinataria comunica tempestivamente alla Presidenza del
Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica e alle strutture
regionali e provinciali di cui all’articolo 34, comma 3, la rinuncia o la
mancata accettazione dell’assegnazione da parte del dipendente in
disponibilità.
3. Le amministrazioni possono provvedere a organizzare
percorsi di qualificazione del personale assegnato ai sensi del comma 2.
4. Le amministrazioni,
decorsi quarantacinque giorni dalla ricezione della comunicazione di cui al
comma 1 da parte del Dipartimento della funzione pubblica direttamente per le
amministrazioni dello Stato e per gli enti pubblici non economici nazionali,
comprese le università, e per conoscenza per le altre amministrazioni, possono
procedere all’avvio della procedura concorsuale per le posizioni per le quali
non sia intervenuta l’assegnazione di personale ai sensi del comma 2.
5.
Le assunzioni effettuate in violazione del presente articolo sono nulle di
diritto. Restano ferme le disposizioni previste dall’articolo 39
della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.
5-bis. Ove se ne ravvisi l’esigenza per una più
tempestiva ricollocazione del personale in disponibilità iscritto nell’elenco
di cui all’articolo 34, comma 2, il Dipartimento della funzione pubblica
effettua ricognizioni presso le amministrazioni pubbliche per verificare
l’interesse all’acquisizione in mobilità dei medesimi dipendenti. Si applica
l’articolo 4, comma 2, del decreto-legge 12 maggio 1995, n. 163, convertito,
con modificazioni, dalla legge 11 luglio 1995, n. 273.
[2]
A questo proposito, si ricorda il contenuto dell’articolo 65, comma 1, lettera
c), del d.lgs 82/2005: “Le istanze e le dichiarazioni presentate per via
telematica alle pubbliche amministrazioni e ai gestori dei servizi pubblici ai
sensi dell'articolo 38, commi 1 e 3, del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, sono
valide: […] c) ovvero sono sottoscritte e presentate unitamente alla copia del
documento d'identità”. Dunque, basta anche una mail non certificata, cui
sia allegato il documento di identità: non occorre necessariamente la Pec.
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