sabato 13 giugno 2020

Appalti: il parossismo interpretativo e giurisprudenziale che spinge l'Anac a suggerire una legge per applicare leggi già esistenti

L'Italia è il Paese delle complicazioni amministrative. Tanto si è assuefatti alla complicazione (che significa aumentare i fattori componenti di una certa espressione, come dire 16/4, anzi (4*4)/[1+(10-9)*2], invece di 4) che nelle amministrazioni non si attua quasi mai una norma se prima non venga emanata la "circolare". Ma anche dopo l'oracolo della circolare "esplicativa" (talmente esplicativa, che poi sono necessari fiumi di inchiostro per esplicare l'esplicazione in via interpretativa), ci si affida a regolamenti, Faq, linee guida, pareri, risoluzioni, sempre aspettando, comunque, l'epifania di sentenze capaci di stravolgere completamente i molti significati faticosamente estrapolati dall'infinita attività ermeneutica.
La comunque lodevole iniziativa dell'Anac volta ad estendere il ricorso alle procedure negoziate nella fase d'emergenza, ne è la riprova.
Sintentizzando e banalizzando al massimo la, invece, articolata e motivata analisi dell'authority, in sostanza si propone una legge, per applicare una legge già esistente.
L'Anac, infatti, propone al Parlamento "L’adozione di una specifica norma di legge, che espressamente autorizzi le stazioni appaltanti a motivare il ricorso alle procedure di urgenza e emergenza previste dal codice dei contratti per il protrarsi di una situazione emergenziale che pregiudica la ripresa economica e sociale del Paese".
Per quanto condivisibile ed apprezzabile l'intento, le indicazioni dell'Anac sono da considerare esattamente la ragione concreta e reale del problema delle responsabilità operative e gestionali e dell'immenso contenzioso generato quando una PA attiva i propri iter; contenzioso dovuto non solo a conflitti con i soggetti terzi beneficiari o controinteressati all'esito della gestione, ma anche e soprattutto con enti ed organi dello Stato, come Corte dei conti, la stessa Anac ma anche i Tar, i quali invece di esaminare la sostenibilità sul piano tecnico giuridico delle scelte discrezionali, tendono sempre e solo a vincolarle entro parametri predeterminati, che poi non sono mai sufficienti a specificare il caso concreto.
E' bene precisare: discrezionalità amministrativa, contrariamente a quanto molti pensano, non è arbitrio di scegliere quel che si ritiene, ma possibilità di adottare tra due o più soluzioni comunque legittime, quella che contemperi nel modo migliore il raggiungimento dell'interesse pubblico col minor sacrificio dell'interesse privato.
Il limite vero, concreto ed efficace alla discrezionalità sta nella motivazione delle scelte e, dunque, dei provvedimenti.
Ora, l'Anac, come visto, propone al Parlamento una legge che di fatto autorizzi le stazioni appaltanti ad affidare gli appalti mediante le procedure negoziate di cui agli articoli 63 e 163 del d.lgs 50/2016, precostituendo una motivazione ex lege, per una durata limitata al 31.12 2020.
La proposta, però, sortisce l'effetto di confermare che l'ordinamento non è in alcun modo capace di valutare l'azione amministrativa in relazione al corretto esercizio della discrezionalità, ma come sempre intento a creare percorsi vincolati, predefiniti, tabellati.
Leggiamo l'articolo 63, comma 2, lettera c), del codice dei contratti: esso consente il ricorso alla procedura negoziata senza preventiva pubblicazione del bando "nella misura strettamente necessaria quando, per ragioni di estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili dall'amministrazione aggiudicatrice, i termini per le procedure aperte o per le procedure ristrette o per le procedure competitive con negoziazione non possono essere rispettati. Le circostanze invocate a giustificazione del ricorso alla procedura di cui al presente articolo non devono essere in alcun caso imputabili alle amministrazioni aggiudicatrici".
Chiediamoci: è necessario che per applicare questa norma si adotti un'altra norma la quale affermi che l'emergenza Covid-19, comprendente non solo quella sanitaria ma le sue conseguenze economiche e sociali, sia da considerare, ma solo fino al 31.12.2020, una ragione di estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili, per poter considerare legittimo il ricorso alle procedure negoziate?
Simile norma sarebbe deleteria. Infatti, si creerebbe un paradigma nell'ambito del quale vincolare la discrezionalità della PA.
L'indicazione dell'Anac svela la sfiducia nella capacità e nel dovere della PA di adottare scelte discrezionali motivare da elementi che, in quanto discrezionali, sono da lasciare aperti alla valutazione contingente.
Laddove la situazione di emergenza economica si prolungasse, come molto probabile, oltre il 31.12.2020, l'affidamento di un appalto per procedura negoziata, ancorchè concretamente motivato da situazioni d'urgenza motivabili e dimostrabili, sarebbe da considerare illegittimo, per violazione della norma che suggerisce l'Anac? Sarebbe abbastanza inevitabile che a simile domanda si contrapporrebbero da parte della stessa Anac, della Corte dei conti, dei Tar, del giudice penale e civile decisioni del tutto contrapposte, in una lotteria interpretativa del controllo e della giurisdizione, che poi è il vero fondamento non della "paura della firma" o della "burocrazia difensiva" delle quali si parla così tanto a sproposito, bensì dei blocchi a posteriori delle procedure, con spesso strascichi giudiziari del tutto evitabili se si sapesse valorizzare la funzione di amministrazione attiva e la sua connaturata discrezionalità.
Leggiamo l'articolo 163, commi 1 e 2, del codice dei contratti:
"In circostanze di somma urgenza che non consentono alcun indugio, il soggetto fra il responsabile del procedimento e il tecnico dell'amministrazione competente che si reca prima sul luogo, può disporre, contemporaneamente alla redazione del verbale, in cui sono indicati i motivi dello stato di urgenza, le cause che lo hanno provocato e i lavori necessari per rimuoverlo, la immediata esecuzione dei lavori entro il limite di 200.000 euro o di quanto indispensabile per rimuovere lo stato di pregiudizio alla pubblica e privata incolumità.
2. L'esecuzione dei lavori di somma urgenza può essere affidata in forma diretta ad uno o più operatori economici individuati dal responsabile del procedimento o dal tecnico dell'amministrazione competente".
In concreto, cosa avrebbe da aggiungere e specificare la norma che l'Anac suggerisce al Parlamento, rispetto al quadro normativo già chiarissimo, il cui unico vincolo è la credibilità e dimostrabilità della motivazione concreta?
Leggiamo il successivo comma 6 del medesimo articolo: "Costituisce circostanza di somma urgenza, ai fini del presente articolo, anche il verificarsi degli eventi di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 224, ovvero la ragionevole previsione, ai sensi dell'articolo 3 della medesima legge, dell'imminente verificarsi di detti eventi, che richiede l'adozione di misure indilazionabili, e nei limiti dello stretto necessario imposto da tali misure. La circostanza di somma urgenza, in tali casi, è ritenuta persistente finché non risultino eliminate le situazioni dannose o pericolose per la pubblica o privata incolumità derivanti dall'evento, e comunque per un termine non superiore a quindici giorni dall’insorgere dell’evento, ovvero entro il termine stabilito dalla eventuale declaratoria dello stato di emergenza di cui all'articolo 5 della medesima legge n. 225 del 1992; in tali circostanze ed entro i medesimi limiti temporali le amministrazioni aggiudicatrici possono procedere all'affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture con le procedure previste nel presente articolo".
Il riferimento espresso ad eventi emergenziali calamitosi o di origine umana scaturente dal richiamo dell'articolo 7 del d.lgs 224/2018 non era di per sè fonte legittimante di qualsiasi affidamento in via d'urgenza, specie da parte delle aziende ospedaliere nel pieno della pandemia? E non lo sarebbe ancora, senza alcun bisogno di commissariamenti per scimmiottare "modelli" come quello del Polcevera, per legittimare interventi edilizi nelle scuole?
Siccome si è incorsi nell'errore catastrofico di eliminare ogni controllo preventivo negli enti locali, si sono costituiti controlli collaborativi o creati strumenti di vincolo extralegislativo (l'attività delle authority), continuando per altro nella produzione alluvionale di norme, rendendo l'azione amministrativa convulsa, appesantita da miliardi di regole e regolette, a loro volta complicate da dettagli interpretativi frutto di pareri, linee guida e sentenze, che spesso fanno assurgere a principi generali valutazioni invece connesse a casi del tutto peculiari, o, peggio, come nel caso dei pareri delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, da quesiti astratti e spesso mal posti, desumono regole generali non di rado in chiaro contrasto con le norme interpretate.
La realtà è che non c'è alcun bisogno di una norma che autorizzi ad applicare un'altra norma.
Quanto prevedono già gli articoli 63 e 163 del codice dei contratti basta e avanza. Quel che sarebbe opportuno è disconnettere totalmente la Corte dei conti da funzioni di controllo collaborativo, abolendo le connesse previsioni della legge 131/2003. E trasformare totalmente l'Anac in un ente di controllo preventivo sugli atti qualificati a maggior rischio ai sensi dell'articolo 1, comma 16, della legge 190/2012 (concorsi, autorizzazioni, attribuzioni di contributi e appalti), che si avvalga di uffici regionali o provinciali autonomi ma funzionalmente dipendenti da essa, chiamati a "bollinare" in via preventiva i provvedimenti focali delle procedure: le determinazioni di avvio, i bandi, le decisioni finali, i contratti. Disponendo una piattaforma unica nazionale, unica e pubblica, nella quale imporre la gestione dei flussi, così da garantire la trasparenza, rinunciando al sistema ingestibile e barocco delle migliaia di pubblicazioni utili solo ad appesantire senza senso l'azione amministrativa.
Pensare che semplificare le norme consista nel produrre norme che indichino come applicare altre norme è semplicemente fuorviante e ancora lontano, troppo lontano, dalla strada necessaria per giungere davvero alla semplificazione, che è piuttosto evidente: meno norme, più controlli preventivi, valorizzazione dell'amministrazione attiva e della discrezionalità.



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