Il “furbetto del cartellino” che diserta l’ufficio per il caffè, l’aperitivo e la pausa pranzo ci salverà. L’articolo di Antonio Macaluso sul Corriere della sera del 27 giugno 2020, titolato “Coronavirus, gli uffici pubblici e il deserto” è un inno alla concezione più vieta ed arcaica dell’economia e del presunto “scambio” alla base del lavoro pubblico: io Pubblica Amministrazione ti assumo, ti garantisco, ma tu, dipendente pubblico, consuma e fai muovere l’economia”. Si badi, ovviamente l’economia del caffè in tazza grande, con latte separato freddo.
Il messaggio dell’articolo è chiarissimo: “Basterebbe poi che un qualsiasi ministro facesse due passi nel centro di Roma ad alta densità di uffici pubblici – nei dintorni di Via XX Settembre si contano 3 ministeri, la Cassa Depositi e Prestiti e la sede romana della Banca d’Italia – per verificare l’imminente rischio di desertificazione commerciale. Specularmente al fatto che ben 7 dipendenti pubblici su 10 lavorano ancora da casa, negozianti, gestori di bar e ristoranti lavorano a singhiozzo e con incassi che oscillano tra il 15 e il 30 per cento rispetto ai livelli pre-covid. Il che equivale per molti a una condanna alla chiusura prossima delle attività”. La soluzione? “Far tornare i dipendenti pubblici alle loro scrivanie. Subito. Non a settembre, men che mai in autunno”.
Dunque, che la si finisca con tutta questa assurda modernità del lavoro da remoto, mediante connessioni ed applicazioni on line, non scherziamo. Le riunioni? Vanno fatte di presenza, niente Zoom o piattaforme così: occorre la missione, l’autorizzazione, il foglio di viaggio, l’utilizzo della macchina, il percorso della strada, l’arrivo, il parcheggio (ma il costo è rimborsabile o no?), il tempo del viaggio, il tempo della riunione, il caffè durante la riunione e alla fine della riunione, il viaggio di ritorno, la firma del foglio di viaggio per la chiusura, la compilazione e sottoscrizione del modello per gli eventuali rimborsi (con rimborso anche del caffè?).
La soluzione per rilanciare l’economia, mentre si sta “scoprendo” che i luoghi di lavoro, purtroppo, sono facili fonti di focolai, qual è? Far tornare – subito! – i dipendenti alle scrivanie.
Ma, a quale scopo? Sbloccare le attività? Chi si sta scagliando contro lo smart working prima elude l’attenzione ed afferma che il rientro dietro le scrivanie serva in particolare per rilanciare l’edilizia, poiché i progetti vanno visti necessariamente stendendo carte su tavoli, cosa che con Zoom non sarebbe possibile. E vai a capire perché da anni qualche boicottatore dell’economia italiana del caffè ha inventato Autocad ed altri sistemi di progettazione digitale, che consente di visualizzare e gestire i progetti, trasferirli, esaminarli, esattamente in via digitale. E vai anche a capire perché da tempo si sia investito negli sportelli unici delle attività produttive e dell’edilizia, sempre con la benedizione degli Ordini professionali e dei Collegi dei costruttori, proprio allo scopo di evitare al professionista ed all’impresa di recarsi negli uffici, per interloquire con l’impiegato pubblico alla scrivania.
La realtà è che del rientro in ufficio finalizzato al recupero di efficienza degli uffici pubblici non importa nulla a nessuno.
Il lavoro agile è partito sicuramente zoppicante, anche perché per anni i decisori politici della PA lo hanno volontariamente trascurato.
Ma, anche se partito in emergenza e zoppicante, con la maggior parte dei mezzi e delle reti messi a disposizione direttamente dai dipendenti, lo smart working ha dimostrato che il lavoro della PA può funzionare da remoto.
La soluzione del rientro – immediato! – dietro le scrivanie, con l’efficienza non ha nulla a che vedere. Infatti, non si vuole il dipendente pubblico in ufficio perché è solo in quella sede che possa produrre, ma allo scopo esattamente opposto: non produrre, ma consumare.
E’ l’inno al furbetto del cartellino, al dipendente pubblico indolente e neghittoso, della cui attività tra una timbratura d’ingresso e una d’uscita nessuno sa nulla; ma va benissimo se per un po’ abbandoni la scrivania (il dottore è fuori stanza), per andare a consumare il caffè (scheckerato in questa stagione) e il pasto connesso al “buono”. Un “volano” dell’economia mica da scherzi…
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