L'articolo sopra riportato, pubblicato da giurisprudenzappalti a firma di Roberto Donati è molto interessante, perchè evidenzia un importante orientamento del Consiglio di stato.
L’appalto di servizi intellettuali non è da far coincidere necessariamente con la prestazione di servizi intellettuali, codificati da ordinamenti professionali.
Il servizio, in sostanza, viene considerato “intellettuale” se la prestazione è prevalentemente il frutto di un’elaborazione tecnica ed amministrativa di dati finalizzata all’ottenimento di un prodotto (nel caso di specie, la riscossione delle entrate), a supporto della gestione, senza utilizzare o con utilizzo del tutto marginale, di “mezzi di produzione (sedi di lavoro, macchinari, strumenti, lavorati grezzi) a carico del prestatore.
Le indicazioni del Consiglio di stato sono molto importanti e mettono indirettamente e definitivamente in discussione, però, le previsioni dell’articolo 7, commi 6 e seguenti, del d.lgs 165/2001, che si riferiscono esattamente alla stessa fattispecie di servizi intellettuali.
L’intreccio costituito dalla sovrapposizione di normative, il d.lgs 165/2001 e il d.lgs 50/2016, il primo a trattare la fattispecie come lavoro autonomo, il secondo come appalto di servizi, va risolto.
E non potrebbe che essere risolto in favore del codice dei contratti, il quale è diretta attuazione dei principi del Trattato Ue un tema anche di lavoro e concorrenza.
Ma ancora la giurisprudenza, impantanata nella questione della definizione delle attività degli avvocato come “professione intellettuale”, pur essendo un servizio specie alla luce di questa sentenza, non appare pronta ad ammettere, finalmente, che la fattispecie, univoca, è quella di appalto di servizi.
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