Non è un vero controllo, perchè la magistratura contabile non esamina atti concreti, ma problemi generali ed astratti, attinenti solo alla contabilità pubblica, esprimendo principi generali, per altro nemmeno vincolanti (Corte dei conti, Sezioni Riunite, sentenza 15/2017).
Si tratta, quindi, di pareri, autorevoli ma piuttosto liberamente valutabili anche dai giudici. Gli enti locali, tuttavia, hanno preso l'abitudine di considerare questi pareri come un'ordalia medievale, rimettendo ogni decisione gestionale al responso.
Sarebbe, però, il caso che il legislatore stabilisse esattamente le regole di ingaggio, senza tonalità di grigio tra il bianco e il nero: o è attività di controllo, o non lo è.
Inutile sottolineare che se i pareri sono formulati nello stile criptico della Sibilla cumana o della Pizia di Delfi, servono a poco.
E' il caso, ad esempio, del recente parere della Sezione Veneto sulla cumulabilità tra indennità di vigilanza esterna e indennità di ordine pubblico. Il parere 96/2020 è densissimo nell'esame delle norme, ma al momento dell'indicazione di come leggere l'alluvione normativa afferma che esso "non preclude, aprioristicamente, il cumulo in parola,
a condizione che ricorrano tutti i presupposti testé enunciati e solo quando si verifichino
le eccezionali condizioni necessarie". Ma, allora, se non preclude, consente? Ma qual è il contenuto concreto di tale affermazione, che è come una risposta ad una domanda sul tempo: "il tempo dovrebbe essere buono, quindi non sarebbe necessario l'ombrello ma a condizione che addensamenti nuvolosi non comportino piogge, per cui magari un impermeabile tascabile è consigliabile".
Lo stile "ibis et redibis non morieris in bello" non serve. O si lascia agli enti la responsabilità di decidere in piena autonomia, oppure i controlli si esercitino in modo puntuale, con formule chiare. Gli enigmi della Sfinge lasciamoli alle riviste enigmistiche.
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