domenica 12 luglio 2020

Il sindaco dell'economia del baretto e delle gabbie salariali

L'intervento di Giuseppe Sala sul trattamento retributivo differenziato, stile gabbie salariali, tra Milano e Reggio Calabria non è nè un infortunio, nè un equivoco. E' la dimostrazione dell'assenza gravissima di una visione di sviluppo delle città, che le condanna ad una vita ed a costi della vita insostenibili.
Va evidenziato il contesto nel quale Sala è intervenuto con la sua "uscita" secondo la quale "È chiaro che, a parità di ruolo, se il dipendente pubblico guadagna gli stessi soldi a Milano e a Reggio Calabria è intrinsecamente sbagliato, nel senso che il costo della vita delle due realtà è diverso".
Il sindaco di Milano è intervenuto in una diretta Facebook trasmessa sulla pagina InOltre-Alternativa progressista, rispondendo ad una domanda riguardante il costo della vita, il caro affitti e le difficoltà, soprattutto dei giovani e dei precari, di permettersi una casa a Milano.
E' proprio il contesto, più delle considerazioni di Sala, a rivelare l'assenza di una visione politico-amministrativa del sindaco di Milano.
Che è il sindaco di una città nella quale vi sono enormi potenzialità intellettuali, culturali, economiche e sociali, riservate, però, ad una ristretta, ristrettissima èlite.
E' una città soverchiata da una quotidiana invasione di lavoratori. Non si tratta solo di manager, stilisti, capi-aziende: c'è una mobilità immensa di lavoratori della borghesia medio-bassa, che prende d'assalto i pochi parcheggi ed affronta per ore il calvario dei mezzi pubblici, perchè costretta a vivere fuori città proprio per i suoi costi proibitivi.
Come moltissime altre città d'Italia, Milano ha investito, per altro non sempre in maniera ottimale, solo sul suo centro vitale, oppure presso pochi e ristretti centri direzionali. E' lì che si concentrano servizi, trasporti, esercizi commerciali.
Le periferie, l'hinterland sono considerati solo un satellite. Tanto che proprio il sindaco di Milano, una città talmente priva di verde da qualificare due palazzi con un po' di verde nei balconi "bosco" verticale, si è detto contrario allo smart working, in quanto priva il baretto collocato nei pressi degli uffici dei centri direzionali della rendita di posizione connessa al "Camogli" pagato col buono pasto.
La considerazione secondo la quale per un sindaco il rimedio alle pecchè della città governata, affitti alle stelle, costo della vita impossibile, rapporti di lavoro precarizzati, sarebbe l'intervento sui salari e non sull'organizzazione della città evidenzia l'assenza di via d'uscita, finchè politica ed amministrazione (Sala è stato per lungo tempo anche direttore generale del comune di Milano, prima di essere eletto sindaco) siano guidate in modo miope e asfittico.
I problemi veri, seri e reali di Milano, come di moltissime altre città italiane, sono connessi proprio alla totale mancanza di investimenti verso le periferie, all'incapacità di differenziare e decentrare luoghi di attrazione, cultura e lavoro. Tanto da creare la rendita di posizione del "baretto del centro" che dovrebbe disporre di un diritto all'affare del buono pasto chissà perchè maggiore di quello del bar o della trattoria di periferia.
Ritenere che i problemi di vita e di organizzazione di una città si risolvano con le gabbie salariali significa manifestare la volontà di non risolvere questi problemi.
Infatti, Milano, inquinatissima, specie nel centro, ha avuto l'idea non di combattere l'inquinamento riducendone le emissioni, ma col balzello dell'Ecopass.
Il problema del costo della vita di Milano è cagionato proprio dal modo con cui si è concepita la vita della città. Un modo sbagliato, come dimostrano appunto i costi dei servizi.
Per altro, la proposta del sindaco di Milano, la differenziazione dei redditi, è asfittica come e più della sua visione dell'economia del "baretto".
I dipendenti pubblici non sono che una piccola frazione dei lavoratori: in Italia, su 23 milioni di occupati, i lavoratori pubblici sono 3,2 milioni circa.
La differenziazione dei salari dei lavoratori pubblici a Milano, quindi, anche se avesse un minimo di funzionalità e razionalità, non potrebbe sortire rilevabili effetti.
Per altro, la differenziazione del trattamento economico andrebbe ricercata guardando alla produttività. Ma, come è noto, la capacità di rilevare indicatori della produttività è la grande assente di decenni di riforme solo di facciata.
Non sarebbe, per altro, molto difficile fornire orientamenti cogenti, per indicare alle amministrazioni pubbliche, in particolare ai comuni, criteri per differenziare in modo razionale i trattamenti economici, mediante la contrattazione decentrata.
Se a Reggio Calabria le retribuzioni dei dipendenti potessero in ipotesi essere inferiori a quelle di Milano, ciò non dovrebbe essere causato dalla geografia o dal minor costo della vita del Meridione (un costo inferiore a quello del Nord anche dovuto all'assenza o pessima qualità di servizi di trasporto, sanitari, sociali, educativi), ma appunto ad indicatori sull'andamento della gestione. Reggio Calabria è una tra le città che denunciano situazioni di vero e proprio dissesto. Ma, non è certo l'unica e non è certamente solo al sud che si rinvengono comuni a un passo da default o in situazioni di bilancio disastrose: basti guardare a Torino o Biella, ad esempio.
Da alcuni anni sono stati fissate le modalità per determinare i parametri delle condizioni strutturalmente deficitarie (attualmente sono quelli fissati da questo decreto del Ministero dell'interno).
Non sarebbe troppo difficile evidenziare pochi altri parametri, come i tempi medi dei pagamenti, i tempi medi di durata dei procedimenti amministrativi, il tasso di contenzioso, il tasso di resistenza dei provvedimenti adottati a rilievi di legittimità, il tasso di azioni e condanne erariali, il tasso di conseguimento degli obiettivi dei piani strategici, per avere un'idea almeno generale della capacità degli enti di rendere servizi non in deficit e di garantire benefici alla comunità amministrata.
Ma, dare servizi alla comunità significa operare anche, se non soprattutto, proprio per ridurre o tenere sotto controllo il costo della vita: favorendo sviluppi urbani e commerciali radicalmente opposti alle rendite di posizioni, orari diversificati dei servizi, piani urbanistici ed edilizi che non siano al solo servizio delle mega speculazioni ripagabili solo con l'agglomeramento ipertrofico di persone, abitazioni, uffici, negozi, posti auto, accessi, tali da creare, poi, la salita alle stelle del costo della vita.
Aspettarsi che il malgoverno delle città, concausa del costo della vita, sia rimediato dal giochetto della riduzione del salario al sud, per aumentarlo al nord, significa certificare il totale travisamento della funzione di governo che spetta alle istituzioni pubbliche.


2 commenti:

  1. Trovo questo articolo semplicemente illuminante.
    Vorremmo contattare l'autore per un invito al nostro Festival del Lavoro.
    É possibile un contatto? senzafiltro@fiordirisorse.eu

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  2. Chi non vive o non ha mai vissuto direttamente gli effetti nefasti del pendolarismo acuto verso Milano - centro di tutto ed ombelico del mondo - non si rende conto di come le periferie o le città che gravitano attorno a Milano servano per chi ci abita solo per tornarci a dormire e abbandonarle senza tanti problemi anche durante i week end di riposo e da utilizzare per raggiungere altri luoghi, che mai coincidono - come detto - con quelli di residenza.
    Diventano non luoghi, vuoti ed artificiali.
    Che valore possono avere le periferie se tutto deve essere centrato e focalizzato su un unico grande centro attrattivo ?
    Ripensare, ripensarsi.
    E' il momento del coraggio e della visione diversa dal solito paradigma tanto decantato che sai di artificiale e costruito a tavolino.


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