La vicenda della percezione dei bonus Inps da 600 euro da parte di alcuni parlamentari e consiglieri regionali dovrebbe insegnare che la guerra intrapresa dal legislatore da anni contro i controlli è insensata e dannosa.
Senza soffermarsi sul merito della questione dei bonus, essa è emersa perchè l'antifrode dell'Inps è intervenuta ex post sulle attribuzioni ai richiedenti, allo scopo di verificare il rispetto delle sia pur poche condizioni previste per la percezione, tra le quali quella di non disporre di versamenti previdenziali ulteriori e diversi da quelli della gestione separata.
Sia pure scritta frettolosamente e forse in maniera incompleta e non chiara (come, ormai, la gran parte delle norme dell'ordinamento), la disposizione relativa ai bonus è caratterizzata da un approccio condivisibile: fare in modo che il "prodotto" dell'attività amministrativa sia realizzato in tempi veloci ed in modo da raggiungere tutti i potenziali destinatari.
A questo scopo, gli schemi non possono che essere i due già disciplinati dalla legge 241/1990:
1. la segnalazione certificata di inizio attività, regolata dall'articolo 19;
2. il silenzio assenso, regolato dall'articolo 20.
Nel primo caso, quello della Scia, è il privato che agisce elaborando i documenti e le autocertificazioni necessarie per la validazione della regolarità dell'istruttoria da parte di un professionista che la "certifica" alla PA: il titolo o il "prodotto" è, quindi, formato direttamente dal soggetto privato.
Nel secondo caso, quello del silenzio assenso, il privato propone alla PA un'istanza che viene accolta nel caso di inerzia.
Lo schema seguito nel caso del bonus è stato un po' diverso: un'istanza con pochissimi elementi da valutare, seguita da un'istruttoria velocissima per favorire l'erogazione praticamente a tutti, prevedendo però verifiche successive.
Ecco che incontriamo il tema dei controlli. Ci torniamo subito dopo. E' evidente che lo schema maggiormente appropriato per velocizzare e rendere più efficiente il rapporto cittadino-PA è quello della Scia e cioè dell'autoformazione del titolo del beneficio da parte del privato, con poteri di controllo successivi da parte della PA.
Nello schema della Scia, il potere di controllo è di due tipi. Il primo è il controllo prescrittivo. La norma attribuisce alla PA il potere di disporre entro 60 giorni dalla ricezione della Scia o un provvedimento di divieto a proseguire l'attività già avviata, rimuovendo gli effetti eventualmente dannosi; oppure di conformare l'attività alla normativa vigente, prescrivendo al privato le modalità per regolarizzarsi entro almeno 30 giorni.
Siffatto modo di interpretare il rapporto tra privato e PA ha l'enorme pregio di responsabilizzare il privato e trasformare, nella sostanza, l'azione della PA stessa. Infatti, non svolge più una funzione di "filtro" o "barriera" alla formazione del titolo, che viene prodotto direttamente dal privato. La funzione della PA si può trasformare in consultiva, se il privato vuol prima acquisire elementi istruttori, ma soprattutto di controllo, potenzialmente collaborativo, perchè finalizzato anche a conformare, attraverso prescrizioni, l'attività parzialmente irregolare alle corrette regole.
In questo modo la PA non blocca l'iniziativa, che si attiva egualmente, ma la corregge o la blocca, se non vi è modo di correggerla.
E' evidente che se si sceglie, come parzialmente avvenuto nella vicenda dei bonus, di fidarsi del cittadino e lasciargli la responsabilità di formare il titolo o, comunque, di autocertificare le proprie condizioni tecniche e giuridiche, vi saranno probabilità non remote di dichiarazioni infedeli e formazioni di titoli senza i relativi presupposti.
Per questa ragione i controlli sono parte imprescindibile dell'azione amministrativa. Solo attraverso i controlli è possibile scovare e ridurre al minimo possibile abusi ed illegittimità.
Laddove l'iniziativa del procedimento sia della PA sarebbe largamente opportuno e necessario che i controlli fossero preventivi e di soggetti terzi. L'esperienza dell'eliminazione dei controlli preventivi di legittimità negli enti locali è stata semplicemente deleteria.
Procedure come appalti, concorsi, erogazione di contributi a terzi (non di sussidi economici come nel caso della disoccupazione o del bonus Inps, però), per altro considerate dalla normativa anticorruzione come a particolare rischio di corruzione o conflitto di interessi, non si prestano ad una formazione privata e tacita del titolo giuridico. In questi casi, anche allo scopo di rendere davvero efficaci misure anticorruzione che altrimenti restano, come fin qui, solo meri adempimenti, i controlli preventivi sono fondamentali. Ed occorre il coraggio, finalmente, di declamare il fallimento gravissimo delle riforme Bassanini, tornando indietro e ripristinandoli.
Procedure di altro genere ben si prestano, invece, alla formazione del titolo da parte del privato. I controlli, però, restano necessari. Ma, possono divenire successivi alla formazione del titolo.
Appare, allora, insensata l'esistenza nella legge 241/1990 di norme finalizzate a ridurre l'esercizio dei controlli entro segmenti temporali angusti e ristretti.
Come visto sopra, il potere di divieto o di conformazione nella Scia può essere esercitato entro 60 giorni.
La trasformazione del ruolo della PA da soggetto bloccante ad erogatore di consulenze e verificatore/conformatore, con poteri di controllo, stride con norme volte a ridurre le possibilità di controllo che l'esperienza dell'Inps conferma come fondamentali.
E', dunque, da considerare davvero totalmente fuori mira la previsione de d.l. 34/2020 che con l'art. 264, comma 1, lettere b) e c), al malinteso "fine di garantire la massima semplificazione, l'accelerazione dei procedimenti amministrativi e la rimozione di ogni ostacolo burocratico nella vita dei cittadini e delle imprese in relazione all'emergenza COVID-19" ha ridotto i tempi per i provvedimenti di divieto o confrmativi nella Scia a soli 30 giorni e da 18 a 3 i mesi disponibili per l'annullamento d'ufficio dei provvedimenti illegittimi, compresi quelli derivanti dalla formazione del silenzio assenso.
E' vero che la norma consente l'annullamento d'ufficio "anche dopo il termine di tre mesi qualora i provvedimenti amministrativi siano stati adottati sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali, ivi comprese quelle previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445".
Ma, non si può confondere la semplificazione e la velocizzazione con la riduzione dei tempi di intervento dei controlli o la limitazione del loro ventaglio operativo.
La PA per essere un supporto deve trasformarsi in apparato prevalentemente consultivo e di aiuto al privato nella sua autoformazione dei titoli giuridici. Contestualmente, però, occorre rafforzare moltissimo (con una riqualificazione ampia del personale, delle procedure e degli strumenti) proprio la funzione di controllo, senza limitazioni temporali e di modalità. Solo così si può garantire che l'inevitabile percentuale di furbi la faccia franca o che il conflitto di interessi 2.0 si incardini nella "fortuna" di alcuni di non ricadere mai nel campione sul quale svolgere i controlli finalizzati all'annullamento d'ufficio nei termini previsti.
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