Le conclusioni cui giunge S. Usai nell’articolo “Responsabilità erariale del Rup per ritardata aggiudicazione tutta da dimostrare”, pubblicato su NT plus dell’8.9.2020 sono solo parzialmente condivisibili.
Appare certamente corretto quanto afferma l’Autore quando sostiene: “la disposizione sulla responsabilità del Rup appare priva di concreti riferimenti: per rispondere di danni erariali occorre, infatti, che lo stesso ci sia e che venga quantificato.
Il problema pratico, però, è quello di provare a comprendere quando questa responsabilità può essere individuata anche considerando che il procedimento d'appalto è, e rimane, un procedimento complesso che può essere condizionato (il suo epilogo) anche da fattori esterni del tutto indipendenti dal Rup e per il quale, questo, se ha adottato un comportamento diligente non deve rispondere”.
Chi scrive ha avuto modo, lo scorso 24 luglio di evidenziare (in questo post): “Soffermiamoci per qualche momento su questa responsabilità davvero assurda. Dispone l’articolo 1, comma 1, del d.l. 76/2020: “Il mancato rispetto dei termini di cui al secondo periodo, la mancata tempestiva stipulazione del contratto e il tardivo avvio dell’esecuzione dello stesso possono essere valutati ai fini della responsabilità del responsabile unico del procedimento per danno erariale”.
Intanto, si scopre che la responsabilità è triplice, scaturendo da tre possibili ritardi:
a) nell’aggiudicazione successiva ai termini di 2 o 4 mesi previsti;
b) nella mancata tempestiva stipulazione del contratto (quando è “tempestiva”?);
c) nel tardivo avvio dell’esecuzione.
Osserviamo che, in violazione evidente del principio di personalità della responsabilità erariale:
1. la responsabilità di tipo a) vista prima non è tutta in capo al Rup; se, infatti, l’aggiudicazione tarda per fatto del dirigente o responsabile di servizio (se diverso dal Rup), perché ne risponde il Rup?;
2. la responsabilità di tipo b) vista prima non è tutta in capo al Rup; se, infatti, la sottoscrizione del contratto tarda per fatto dell’ufficiale rogante o dell’operatore economico, perché ne risponde il Rup?;
3. la responsabilità di tipo c) vista prima non è tutta in capo al Rup; se, infatti, la consegna dei lavori o l’avvio delle forniture o servizi è tardata per fatto del direttore dei lavori o dell’esecuzione (qualora questo non coincida col Rup), perché ne risponde il Rup?
Ma, soprattutto, dove risiede il danno all’erario connesso al “ritardo” degli atti visti prima? Quale sarebbe la maggiore spesa o la mancata entrata di cui l’erario avrebbe a soffrire? Mistero.
E’ una responsabilità sostanzialmente formale, connessa a un mero fatto, spesso nemmeno in toto imputabile al Rup (con fortissimi elementi di incostituzionalità), per altro vanificata (ed incoerente) con la riforma temporanea della fattispecie di responsabilità per colpa grave, contenuta nel medesimo d.l. 76/2020.
Il criticabilissimo articolo 21 del decreto riforma l’ipotesi di responsabilità erariale come segue: “Limitatamente ai fatti commessi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 luglio 2021, la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per l’azione di responsabilità di cui all’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, è limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta. La limitazione di responsabilità prevista dal primo periodo non si applica per i danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente”.
Ora, escluso il dolo (che, sostanzialmente diventa impossibile da dimostrare), la colpa grave dipende da omissione dell’atto, o da inerzia, che altro non è se non un ritardo grave per la sua durata.
Se, dunque, il Rup assicura che alla fine un affidamento o un’aggiudicazione intervenga invece che dopo 2 mesi, dopo 2 mesi e 10 giorni, l’ipotesi di responsabilità semplicemente non è nemmeno pensabile. Si tratta solo di uno “spauracchio”, inserito in modo assai discutibile in una norma di legge”.
Non è, invece, condivisibile la tesi dell'Autore secondo la quale, per configurare una concreta responsabilità erariale, “Si può pensare al caso in cui, in luogo dell'affidamento diretto laddove possibile, il Rup proponga (o decida, se ha responsabilità dirigenziali) una procedura a evidenza pubblica che immediatamente appaia inadeguata (nel senso di spropositata) rispetto all'importo e alla tipologia dell'affidamento. Senza, per di più, alcuna adeguata motivazione”.
Solo se si applicano le disposizioni derogatorie del d.l. 76/2020 si debbono rispettare i termini ivi previsti, per altro del tutto ordinatori e non perentori.
Se si utilizzano le procedure ordinarie, i termini sono solo ed esclusivamente quelli delle procedure ordinarie.
E’ impensabile e senza alcun senso giuridico e pratico considerare come fonte di responsabilità il ricorso ad un sistema, quello delle procedure ordinarie, sempre ammesso ed ammissibile e sotto moltissimi aspetti preferibile, sul piano delle garanzie, agli affidamenti diretti, anche perché se gestita bene, la gara può risolversi in termini per nulla più lunghi di quelli proposti (un po’ a casaccio) dalla normativa in deroga.
Infatti, nel sottosoglia, il dimezzamento dei termini e l’inversione procedimentale (possibilità di esaminare le offerte prima dell’apertura delle buste contenenti la documentazione per l’ammissione amministrativa), permettono di concludere una procedura negoziata giungendo all’aggiudicazione anche abbastanza entro i 4 mesi previsti per l’affidamento in deroga con le procedure negoziate rivolte a 5 operatori economici.
Sul sito liparoti.legal, nella sezione novità, sono pubblicate le slide dell’intervento “Nuovo Codice Appalti d.Lgs. 36/2023: Responsabilità penale del RUP”, svolto dall’Avv. Federica Liparoti, avvocato penalista e Dottore di Ricerca in Diritto Penale, titolare dell’omonimo studio legale in Milano:
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