Su NT plus del 22.9.2020 l'articolo di Mauro Salerno "Recovery fund, Dadone: piano straordinario per l'assuzione di tecnici nella Pa" dà conto dell'audizione del Ministro della Funzione Pubblica in merito all'impiego del recovery fund per la PA.
Pare evidente che a Palazzo Vidoni si respiri un’aria particolare. Quell’aria che fa esprimere ad ogni ministro sempre gli stessi concetti, con le stesse parole e la stessa credibilità.
Formule trite e ritrite “svecchiare la pubblica amministrazione”; parole d’ordine pseudo aziendalistiche “affrontare le sfide”; ovvietà alla Catalano “investire sulle competenze tecniche e informatiche”; inglesismi da perfetti provinciali “principio ‘once only’”.
E, poi, tiritere buone solo a compiacere la stampa: “la Pa ha bisogno di ingegneri, geologi, architetti e non solo di giuristi. Soprattutto servono competenze utili alla gestione dei finanziamenti europei, che vadano oltre le semplici competenze amministrative”.
Giustissimo. Ma, nella Pa, a differenza delle aziende alle quali, purtroppo continua ad essere paragonata e ad autoparagonarsi, la funzione amministrativa (basti pensare alla montagna di regole contabili, alla follia delle norme sugli appalti, alla disciplina dei tributi, ai procedimenti astrusi ambientali, edilizi, urbanistici ed espropriativi, alle trappole normative del rapporto privacy-accesso) non è marginale rispetto alla produzione: la funzione amministrativa è essa stessa produzione, perché molta parte del prodotto delle Pa è dato da provvedimenti. Che richiedono tutt’altro che “semplici” competenze amministrative, ma competenze amministrative qualificate, esattamente come quelle richieste ai tecnici, per evitare che ogni decisione amministrativa sia, poi, annullata dai Tar.
Largo alle competenze tecniche. Certo, giusto. Ma, allora, si rivedano, cortesemente, le norme del codice dei contratti che disincentivano alla progettazione interna e che favoriscono, invece, gli affidamenti a tecnici esterni anche persino per la composizione delle commissioni di gara.
Insomma, se, quando si parla di Pa, si potesse uscire dagli slogan, in particolare quelli che da oltre 25 anni si ripetono da Palazzo Vidoni e ivi si traducono regolarmente in riforme che di “epocale” hanno sempre regolarmente il flop o l’impantanamento, sarebbe molto meglio.
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