L’articolo 47, comma 7, del d.lgs 165/2001, in merito al procedimento per la sottoscrizione dei contratti collettivi nazionali di lavoro dispone: “In caso di certificazione non positiva della Corte dei conti le parti contraenti non possono procedere alla sottoscrizione definitiva dell'ipotesi di accordo. Nella predetta ipotesi, il Presidente dell'ARAN, d'intesa con il competente comitato di settore, che può dettare indirizzi aggiuntivi, provvede alla riapertura delle trattative ed alla sottoscrizione di una nuova ipotesi di accordo adeguando i costi contrattuali ai fini delle certificazioni. In seguito alla sottoscrizione della nuova ipotesi di accordo si riapre la procedura di certificazione prevista dai commi precedenti. Nel caso in cui la certificazione non positiva sia limitata a singole clausole contrattuali l'ipotesi può essere sottoscritta definitivamente ferma restando l'inefficacia delle clausole contrattuali non positivamente certificate”.
Non si è mai capito perché tale disposizione non sia stata riproposta, con pochi necessari adeguamenti, per il procedimento di sottoscrizione dei contratti decentrati.
L’assenza di simile divieto espresso di sottoscrivere i contratti in assenza di una certificazione positiva, ha suscitato il formarsi di una serie di prassi oggettivamente non improntate ad efficienza e prudenza:
- Gli organi di revisione hanno preso sovente alla leggera il loro ruolo; la possibilità, infatti, del formarsi di un “silenzio assenso” dopo il quindicesimo giorno dall’invio dell’ipotesi di contratto, per un verso non ha certo incentivato ad esaminarne i contenuti tecnici ed economici. Per altro verso, ha indotto i revisori ad un’intesa di fatto con gli organi di governo, volta al “non pestarsi i piedi”, con silenzi sapienti ed orientati, anche dovuti all’idea che la responsabilità complessiva ricada sugli organi di governo;
- Gli organi di governo hanno ritenuto che il silenzio assenso (talora, in qualche misura, spinto se non concordato) fosse di per sé sufficiente per autorizzare la sottoscrizione definitiva di contratti decentrati, pur caratterizzati da clausole e previsioni al di là del confine della liceità;
- I presidenti delle delegazioni trattanti si sono fatti spesso scudo del mancato parere dell’organo di revisione e delle “direttive” dell’organo di governo, ritenendo che la sottoscrizione di contratti decentrati fosse in qualche modo dovuta e lasciasse esente da responsabilità, anche se caratterizzate da clausole non in linea con i limiti e vincoli normativi e dei contratti nazionali.
Questo erroneo modo di procedere è stato stigmatizzato di recente dal parere della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Puglia, 22 settembre 2020, n. 85, al quale si allinea, di fatto, il parere dell’Aran Cfl 110.
A ben vedere, comunque, il d.lgs 165/2001 impone anche in capo al presidente della delegazione trattante di parte pubblica il divieto di sottoscrivere contratti decentrati non in linea con i vincoli imposti dalle leggi e dai contratti nazionali. Tale divieto è previsto in maniera abbastanza evidente dall’articolo 40, comma 3-quinquies, del d.lgs 165/2001, laddove stabilisce che “Le pubbliche amministrazioni non possono in ogni caso sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con i vincoli e con i limiti risultanti dai contratti collettivi nazionali o che disciplinano materie non espressamente delegate a tale livello negoziale ovvero che comportano oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Nei casi di violazione dei vincoli e dei limiti di competenza imposti dalla contrattazione nazionale o dalle norme di legge, le clausole sono nulle, non possono essere applicate e sono sostituite ai sensi degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile”.
Ora, sebbene manchi la specifica previsione che qualifichi espressamente la certificazione dell’ipotesi di contratto come condizione per la sua sottoscrizione (come, invece, previsto per la contrattazione nazionale collettiva), doveva apparire evidente che il divieto di sottoscrivere contratti decentrati contrastanti con vincoli normativi che comportino potenziali “oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione” non poteva che intendersi a sua volta completato dalla necessità di acquisire una preventiva valutazione tecnica su questi oneri, da parte degli organi di revisione.
La procedura per la contrattazione decentrata, tuttavia, non ha certamente scongiurato il pericolo consistente nella sottoscrizione di contratti decentrati pesantemente caratterizzati da diffusissime violazioni delle norme sostanziali e dei limiti all’assunzione di oneri.
Le cause sono quelle indicate prima. Ma, è evidente che il legislatore da anni ed anni assiste passivo a questo fenomeno: è lecito chiedersi perché non abbia imposto una certificazione dei contratti decentrati non ai deboli organi di revisione, bensì alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti.
L’Aran, che interviene sul tema col citato parere Cfl 110 con 21 anni di ritardo rispetto al primo Ccnl interamente privatizzato che del 1999, non pare comunque estranea alla catena causale che ha determinato l’insorgere di così tanti contratti decentrati illegittimi in tutto o in parte anche per non essere mai stati passati al vaglio degli organi di revisione. Al fenomeno ha contribuito la previsione esiziale appunto del “silenzio assenso”, trascorsi 15 giorni dall’invio dell’ipotesi di contratto agli organi di revisione che, è bene ricordarlo, non è previsto dalla legge, ma dai contratti nazionali collettivi di lavoro.
Ora, l’Agenzia per la contrattazione si mostra consapevole che il silenzio assenso di per sé non è sufficiente e nel parere Cfl 110 afferma: “Dal tenore letterale della citata disposizione contrattuale, si evince dunque che la procedura negoziale di secondo grado non prevede, nel caso di carenza dei rilievi del soggetto preposto al controllo, la formazione di una sorta di silenzio-assenso vincolante al quale consegua l’automatica autorizzabilità della sottoscrizione definitiva del contratto collettivo integrativo da parte dell’organo di governo.
Pertanto, l’organo di governo dovrebbe adottare sempre comportamenti improntati alla massima prudenza ed in particolare potrebbe, ad esempio, attendere o sollecitare il parere dell’organo di controllo, anche dopo la scadenza del termine stabilito”.
Condivisibile. Ma, allora:
- Perché l’articolo 8, comma 6, ultimo periodo, del Ccnl 21.5.2020, riproduce lo schema? La norma afferma: “Trascorsi quindici giorni senza rilievi, l’organo di governo competente dell’ente può autorizzare il presidente della delegazione trattante di parte pubblica alla sottoscrizione del contratto”;
- Perché l’Aran afferma, dopo 21 anni, che non si tratta di silenzio assenso? Se non lo fosse, come potrebbe l’organo di governo validamente autorizzare la sottoscrizione del contratto, visto il divieto imposto dall’articolo 40, comma 3-quinquies?;
- Soprattutto: perché l’Aran ha sottoscritto, coi sindacati, una clausola che evidentemente si presta a letture ambigue?
Non sono d'accordo sull'ipotesi di demandare alle Sezioni regionali della Corte dei Conti, sono invece convinto che la certificazione dell'Organo di revisione interno sia obbligatorio e che la disposizione del silenzio-assenso sia non applicabile (meglio se espunta dai testi).
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