Su Il Fatto quotidiano del 4.12.2020, Vanda Marra intervista il Ministro Dadone, nell'articolo "“Si può lavorare anche di sera. E i dirigenti diventano manager”.
E come si evince dal titolo, l'intervista regala questa grande scoperta:
In un anelito di iperbolica originalità, il Ministro Dadone ci regala un pensiero, una perla mai letta, né sentita: “Il dirigente pubblico deve diventare sempre più un manager”.
Per fortuna a Palazzo Vidoni sono sempre vigili ed attenti, ma, soprattutto, creativi ed elaboratori di intuizioni mai viste prima.
Infatti, quella del dirigente pubblico che deve diventare manager, davvero, è una levata d’ingegno alla quale nessuno aveva mai pensato, in questi quasi 30 anni di continue riforme di una PA, che gira sempre più a vuoto anche a causa di queste riforme.
Ma, niente paura: basta dire che il dirigente deve diventare un manager, e miracolosamente i cavilli normativi, i pignolissimi adempimenti imposti da leggi, Authority, magistrature, scompaiono; le centinaia e centinaia di pagine che regolano i “principi contabili” sì da rendere impossibile una normale gestione della spesa (ricordiamo i ritardi nei pagamenti?), svaniscono; i pareri obbligatori, i concerti, le intese, le comunicazioni di avvio del procedimento, le comunicazioni di preavviso di rigetto, le comunicazioni che comunicano l’intenzione di comunicare, i termini perentori, ordinatori, acceleratori, dilatori, i vizi legittimità, l’eccesso di potere, l’accesso civico, l’accesso civico generalizzato, l’accesso documentale, il progetto di fattibilità, quello definitivo, quello esecutivo, la variante-non variante, la variante-variante, la cauzione, lo stanziamento, l’impegno, l’ordinazione, il pagamento, l’accertamento, la riscossione, il versamento, il ruolo, lo sgravio, svaniscono. Il dirigente diviene manager: la soluzione era pronta. Peccato non averci pensato prima.
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