Qual è la parola magica pronunciata e scritta la quale non solo si fa grande figura, ma tutto improvvisamente diviene possibile, efficiente, produttivo? La parola magica è “manager”; da non disdegnare l’aggettivo derivato “manageriale”, volto a conferire al sostantivo che accompagna e qualifica un’aura di modernità, cipiglio, “tensione al risultato”.
Cosa di meglio, quindi, se non proporre, come soluzione ad
ogni male, l’introduzione in ogni articolazione della pubblica amministrazione,
se non un “manager”, in veste di taumaturgo e deus ex machina?
Nella sanità lo si è fatto, da molto tempo. I risultati, specie
alla luce di quanto visto con la pandemia, non appaiono dare conforto al potere
magico e pranoterapeutico della parola manager.
Ma, non importa. Il vessillo con scritto “manager” viene
costantemente issato, specie dalla stampa generalista ed i suoi grandi
commentatori.
E’ il caso del Corriere della sera, con l’articolo
di Francesco Giavazzi “Quattro riforme possibili”. Tra esse, quella della
giustizia. Poteva mancare la parola magica, declinata come aggettivo? Non
poteva: “Cominciamo dalla giustizia e dall’organizzazione dei tribunali.
Questi dovrebbero avere a capo persone capaci di gestire, non magistrati che
spesso non sanno governare neppure le proprie udienze. Dal punto di vista
organizzativo i tribunali andrebbero gestiti come un’impresa, perciò da
chi sa farlo. Molte università sono migliorate separando le funzioni
accademiche da quelle gestionali e affidando queste ultime a persone con esperienza manageriale e che invece non hanno alcun potere nelle
decisioni accademiche. Introducendo nei tribunali una figura con il potere
di verificare anche solo la presenza dei giudici sul luogo di lavoro ne
cambierebbero gli incentivi”.
Il pensiero è molto chiaro. Il messaggio generale che si dà
è: un magistrato, in quanto “semplice laureato in giurisprudenza” non può avere
competenze direttive. Infatti, si butta lì il sasso, con una frase ovviamente
non rivolta e non riferibile a tutti, ma che il cittadino comune può certamente
prendere come regola generale: “magistrati che spesso non sanno governare neppure
le proprie udienze”. Insomma, degli inetti sul piano organizzativo (messaggio
subliminale: come grande altra parte dei componenti della PA, visti come beceri
“azzeccagarbugli” se laureati in giurisprudenza), da sottoporre ad una sorta di
“tutela manageriale”.
Mettiamo, quindi, un “manager” a dirigere i tribunali e vedremmo
la musica cambiare! Come? Il manager dovrebbe poter “verificare” anche la sola “presenza
sul luogo di lavoro”.
Fantastico, no? Meravigliosa, in tempi di smart working, la
concezione secondo la quale l’organizzazione “manageriale” si esaurisca nella “presenza
in servizio” per cambiare “gli incentivi”. Quintali di norme, sentenze,
contratti collettivi relativi al pubblico impiego vengono bruciati in una
piccola frase sola: tutto quel corpus di norme volto ad impedire che la
valutazione sia legata all’elemento mero della presenza, che sa verificare (e
nemmeno sempre) se una persona sia fisicamente in un certo luogo, poiché essa
ha strisciato il badge ed occupa una certa postazione, ma non sa minimamente indicare
quel che quella persona faccia tra una strisciata del badge in entrata ed una
in uscita.
Sta di fatto, comunque, che l’attenzione alla presenza in
servizio di chi pensa che la managerialità salverà il mondo, è giustificabile.
Infatti, nel lavoro privato non esistono tutti gli enormi problemi di valutazione
della produttività presenti, invece, nel lavoro pubblico: le imprese non si sognano
nemmeno di attivare tutte le complicazioni assurde previste per la pubblica
amministrazione e utilizzano proprio e diffusamente la
presenza in servizio come elemento per attribuire incentivi.
Ma anche a voler ammettere che “manager” sia parola effettivamente
arcana e dotata di poteri ultraterreni, c’è un piccolissimo problema. Lo ha
posto, molti anni fa, un certo Charles de Secondat, Barone di Montesquieu e di
La Brède, che ha (che noia per il manager…) teorizzato la divisione dei poteri;
e lo ha concretizzato (che, barba per il manager, che robe da azzeccagrbugli…)
la Costituzione italiana.
Essa contiene:
a) un
noiosissimo articolo da azzeccagarbugli, il 101, che al comma 2 dispone: “I
giudici sono soggetti soltanto alla legge”;
b) un
articolo 102, (che barba, che azzeccagarbugliata) il cui comma 1 dispone: “La
funzione giurisdizionale e` esercitata da magistrati ordinari istituiti e
regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario”.
La prima norma implica che nessun altro potere può
sovraordinarsi a quello giudiziario. La seconda norma impone che, proprio a garanzia
dell’indipendenza della magistratura, la funzione giurisdizionale, ivi compresa
quella di direzione degli uffici, sia svolta dai magistrati.
Ora, per carità, il potere magico della parola manager è
indiscutibile. Ma, forse, prima di esprimere la solita “ideona”, molto
manageriale, sarebbe il caso di rendersi conto che, a Costituzione vigente, preporre
un “manager” alla direzione degli uffici giudiziari è leggerissimamente privo
di qualsiasi base sui cui poggiare.
Per altro, l’ordinamento giudiziario è impostato in modo che
i magistrati posti ai vertici direttivi degli uffici dimostrino competenze organizzative[1].
Chi nominerebbe il “manager”? Il Governo? Si sottoporrebbe
indirettamente il potere giudiziario a quello governativo. Il Parlamento?
Stesso problema. Il Popolo (come, eleggendolo?): ma la magistratura è soggetta
solo alla legge.
Nell’ordinamento vigente, deve sottolineare un azzeccagarbugli,
un’idea come quella di preporre un manager agli uffici giudiziari è
semplicemente insostenibile. O, lo sarebbe se si mettesse bene in chiaro che la
“ideona” presupporrebbe di buttare a mare oltre 200 anni di impostazione delle democrazie
e dei poteri.
Ma, poi, cosa farebbe un manager? Misurare il tempo standard
delle cause? Stabilire a priori quali udienze attivare e quali no? Dare criteri
manageriali sulle vertenze da seguire con priorità rispetto ad altre?
Che gli uffici giudiziari abbiano bisogno di maggiore
efficienza è evidente. Ma, forse sarebbe il caso di evitare i voli pindarici e
le “ideone”. Allo scopo, servono poche cose, concrete e davvero possibili, non
in contrasto con la Costituzione. Per esempio, intervenire sullo strano
fenomeno del reclutamento dei magistrati: ne vengono assunti sempre molti meno
dei posti messi a concorso. Tutte così inefficienti le università che producono
azzeccagarbugli? Poi, cosa che è evidente a chiunque: investire per decuplicare
le risorse logistiche ed informatiche degli uffici giudiziari (ma, questo è un
compito del Ministero della giustizia). Ancora: potenziare gli organici,
carentissimi di amministrativi e cancellieri. Ancora: spostare tutte le comunicazioni
e notificazioni esclusivamente su applicativi web. Ma, prima ancora: modificare
radicalmente i codici, pensati apposta per allungare i tempi dei processi
civili specie a beneficio del debitore (di solito, la parte “forte” dei
contratti), e rendere uno slalom impossibile il processo penale.
Le “ideone”, specie quando fortemente contrastanti con la
Costituzione, che è sempre bene rileggere e ripassare prima di lanciarle, hanno
spesso il solo scopo di innalzare fumo e confondere.
“…
10. Le funzioni direttive giudicanti di primo grado
sono quelle di presidente del tribunale ordinario, di presidente del tribunale
per i minorenni, le funzioni direttive requirenti di primo grado sono quelle di
procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di procuratore
della Repubblica presso il tribunale per i minorenni.
11. Le funzioni direttive giudicanti elevate di
primo grado sono quelle di presidente del tribunale ordinario, di presidente
del tribunale di sorveglianza negli uffici aventi sede nelle città di cui
all'articolo 1 del decreto-legge 25 settembre 1989, n. 327, convertito dalla
legge 24 novembre 1989, n. 380; le funzioni direttive requirenti elevate di
primo grado sono quelle di procuratore della Repubblica presso il tribunale
ordinario nelle medesime città
…
Articolo 12
…
10. Per il conferimento delle funzioni di cui
all'articolo 10, commi 7, 8, 9, 10 e 11 oltre agli elementi desunti attraverso
le valutazioni di cui all'articolo 11, commi 3 e 5, sono specificamente
valutate le pregresse esperienze di direzione, di organizzazione e di
collaborazione, con particolare riguardo ai risultati conseguiti, i corsi di
formazione in materia organizzativa e gestionale frequentati nonché ogni altro
elemento, acquisito anche al di fuori del servizio in magistratura, che
evidenzi l'attitudine direttiva.
…
12. Ai fini di quanto previsto dai commi 10 e 11,
l’attitudine direttiva è riferita alla capacità di organizzare, di programmare
e di gestire l’attività e le risorse in rapporto al tipo, alla condizione
strutturale dell’ufficio e alle relative dotazioni di mezzi e di personale; è
riferita altresì alla propensione all’impiego di tecnologie avanzate, nonché
alla capacità di valorizzare le attitudini dei magistrati e dei funzionari, nel
rispetto delle individualità e delle autonomie istituzionali, di operare il
controllo di gestione sull’andamento generale dell’ufficio, di ideare,
programmare e realizzare, con tempestività, gli adattamenti organizzativi e
gestionali e di dare piena e compiuta attuazione a quanto indicato nel progetto
di organizzazione tabellare
…”
Non succederà mai, ma se qualcuno (ministro, parlamentare) volesse passare dalle parole (gli articoli di giornale sensazionalisti) ai fatti, disegni di legge di riforma nel senso auspicato dal Corriere della Sera verrebbe messo immediatamente sotto processo (dalla magistratura) per abuso in atti di ufficio, apologia di reato, vilipendio alla magistratura, etc. etc. e non se ne parlerà più...garantito al limone
RispondiEliminaSono d’accordo su quasi tutto, o almeno sulla sostanza. Solo due parole sulla valutazione del merito basata sulla presenza: ecco la ragione per cui le donne ( e anche, perché no, le persone veramente efficienti che però vogliono avere una vita oltre al lavoro) saranno sempre pagate meno. È giusto? E’ imperativo, secondo me, sforzarsi di valutare per obiettivi anche se è obiettivamente più difficile farlo nella P.A., rispetto ad una fabbrica. Magari gli obiettivi potrebbero coincidere con i compiti di volta in volta assegnati dal Dirigente e si potrebbe premiare chi li porta a termine, tutti e nei tempi prestabiliti rispetto a chi non lo fa. Non lo so, ma la presenza tour court, no.
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