domenica 13 dicembre 2020

Manager a dirigere gli uffici giudiziari? Un'ideona: peccato che la Costituzione non lo consenta

Qual è la parola magica pronunciata e scritta la quale non solo si fa grande figura, ma tutto improvvisamente diviene possibile, efficiente, produttivo? La parola magica è “manager”; da non disdegnare l’aggettivo derivato “manageriale”, volto a conferire al sostantivo che accompagna e qualifica un’aura di modernità, cipiglio, “tensione al risultato”.

Cosa di meglio, quindi, se non proporre, come soluzione ad ogni male, l’introduzione in ogni articolazione della pubblica amministrazione, se non un “manager”, in veste di taumaturgo e deus ex machina?

Nella sanità lo si è fatto, da molto tempo. I risultati, specie alla luce di quanto visto con la pandemia, non appaiono dare conforto al potere magico e pranoterapeutico della parola manager.

Ma, non importa. Il vessillo con scritto “manager” viene costantemente issato, specie dalla stampa generalista ed i suoi grandi commentatori.

E’ il caso del Corriere della sera, con l’articolo di Francesco Giavazzi “Quattro riforme possibili”. Tra esse, quella della giustizia. Poteva mancare la parola magica, declinata come aggettivo? Non poteva: “Cominciamo dalla giustizia e dall’organizzazione dei tribunali. Questi dovrebbero avere a capo persone capaci di gestire, non magistrati che spesso non sanno governare neppure le proprie udienze. Dal punto di vista organizzativo i tribunali andrebbero gestiti come un’impresa, perciò da chi sa farlo. Molte università sono migliorate separando le funzioni accademiche da quelle gestionali e affidando queste ultime a persone con esperienza manageriale e che invece non hanno alcun potere nelle decisioni accademiche. Introducendo nei tribunali una figura con il potere di verificare anche solo la presenza dei giudici sul luogo di lavoro ne cambierebbero gli incentivi”.

Il pensiero è molto chiaro. Il messaggio generale che si dà è: un magistrato, in quanto “semplice laureato in giurisprudenza” non può avere competenze direttive. Infatti, si butta lì il sasso, con una frase ovviamente non rivolta e non riferibile a tutti, ma che il cittadino comune può certamente prendere come regola generale: “magistrati che spesso non sanno governare neppure le proprie udienze”. Insomma, degli inetti sul piano organizzativo (messaggio subliminale: come grande altra parte dei componenti della PA, visti come beceri “azzeccagarbugli” se laureati in giurisprudenza), da sottoporre ad una sorta di “tutela manageriale”.

Mettiamo, quindi, un “manager” a dirigere i tribunali e vedremmo la musica cambiare! Come? Il manager dovrebbe poter “verificare” anche la sola “presenza sul luogo di lavoro”.

Fantastico, no? Meravigliosa, in tempi di smart working, la concezione secondo la quale l’organizzazione “manageriale” si esaurisca nella “presenza in servizio” per cambiare “gli incentivi”. Quintali di norme, sentenze, contratti collettivi relativi al pubblico impiego vengono bruciati in una piccola frase sola: tutto quel corpus di norme volto ad impedire che la valutazione sia legata all’elemento mero della presenza, che sa verificare (e nemmeno sempre) se una persona sia fisicamente in un certo luogo, poiché essa ha strisciato il badge ed occupa una certa postazione, ma non sa minimamente indicare quel che quella persona faccia tra una strisciata del badge in entrata ed una in uscita.

Sta di fatto, comunque, che l’attenzione alla presenza in servizio di chi pensa che la managerialità salverà il mondo, è giustificabile. Infatti, nel lavoro privato non esistono tutti gli enormi problemi di valutazione della produttività presenti, invece, nel lavoro pubblico: le imprese non si sognano nemmeno di attivare tutte le complicazioni assurde previste per la pubblica amministrazione e utilizzano proprio e diffusamente la presenza in servizio come elemento per attribuire incentivi.

Ma anche a voler ammettere che “manager” sia parola effettivamente arcana e dotata di poteri ultraterreni, c’è un piccolissimo problema. Lo ha posto, molti anni fa, un certo Charles de Secondat, Barone di Montesquieu e di La Brède, che ha (che noia per il manager…) teorizzato la divisione dei poteri; e lo ha concretizzato (che, barba per il manager, che robe da azzeccagrbugli…) la Costituzione italiana.

Essa contiene:

a)      un noiosissimo articolo da azzeccagarbugli, il 101, che al comma 2 dispone: “I giudici sono soggetti soltanto alla legge”;

b)      un articolo 102, (che barba, che azzeccagarbugliata) il cui comma 1 dispone: “La funzione giurisdizionale e` esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario”.

La prima norma implica che nessun altro potere può sovraordinarsi a quello giudiziario. La seconda norma impone che, proprio a garanzia dell’indipendenza della magistratura, la funzione giurisdizionale, ivi compresa quella di direzione degli uffici, sia svolta dai magistrati.

Ora, per carità, il potere magico della parola manager è indiscutibile. Ma, forse, prima di esprimere la solita “ideona”, molto manageriale, sarebbe il caso di rendersi conto che, a Costituzione vigente, preporre un “manager” alla direzione degli uffici giudiziari è leggerissimamente privo di qualsiasi base sui cui poggiare.

Per altro, l’ordinamento giudiziario è impostato in modo che i magistrati posti ai vertici direttivi degli uffici dimostrino competenze organizzative[1].

Chi nominerebbe il “manager”? Il Governo? Si sottoporrebbe indirettamente il potere giudiziario a quello governativo. Il Parlamento? Stesso problema. Il Popolo (come, eleggendolo?): ma la magistratura è soggetta solo alla legge.

Nell’ordinamento vigente, deve sottolineare un azzeccagarbugli, un’idea come quella di preporre un manager agli uffici giudiziari è semplicemente insostenibile. O, lo sarebbe se si mettesse bene in chiaro che la “ideona” presupporrebbe di buttare a mare oltre 200 anni di impostazione delle democrazie e dei poteri.

Ma, poi, cosa farebbe un manager? Misurare il tempo standard delle cause? Stabilire a priori quali udienze attivare e quali no? Dare criteri manageriali sulle vertenze da seguire con priorità rispetto ad altre?

Che gli uffici giudiziari abbiano bisogno di maggiore efficienza è evidente. Ma, forse sarebbe il caso di evitare i voli pindarici e le “ideone”. Allo scopo, servono poche cose, concrete e davvero possibili, non in contrasto con la Costituzione. Per esempio, intervenire sullo strano fenomeno del reclutamento dei magistrati: ne vengono assunti sempre molti meno dei posti messi a concorso. Tutte così inefficienti le università che producono azzeccagarbugli? Poi, cosa che è evidente a chiunque: investire per decuplicare le risorse logistiche ed informatiche degli uffici giudiziari (ma, questo è un compito del Ministero della giustizia). Ancora: potenziare gli organici, carentissimi di amministrativi e cancellieri. Ancora: spostare tutte le comunicazioni e notificazioni esclusivamente su applicativi web. Ma, prima ancora: modificare radicalmente i codici, pensati apposta per allungare i tempi dei processi civili specie a beneficio del debitore (di solito, la parte “forte” dei contratti), e rendere uno slalom impossibile il processo penale.

Le “ideone”, specie quando fortemente contrastanti con la Costituzione, che è sempre bene rileggere e ripassare prima di lanciarle, hanno spesso il solo scopo di innalzare fumo e confondere.

 



 [1] Articolo 10 d.lgs 160/2006

“…

10. Le funzioni direttive giudicanti di primo grado sono quelle di presidente del tribunale ordinario, di presidente del tribunale per i minorenni, le funzioni direttive requirenti di primo grado sono quelle di procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario e di procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni.

11. Le funzioni direttive giudicanti elevate di primo grado sono quelle di presidente del tribunale ordinario, di presidente del tribunale di sorveglianza negli uffici aventi sede nelle città di cui all'articolo 1 del decreto-legge 25 settembre 1989, n. 327, convertito dalla legge 24 novembre 1989, n. 380; le funzioni direttive requirenti elevate di primo grado sono quelle di procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario nelle medesime città

Articolo 12

10. Per il conferimento delle funzioni di cui all'articolo 10, commi 7, 8, 9, 10 e 11 oltre agli elementi desunti attraverso le valutazioni di cui all'articolo 11, commi 3 e 5, sono specificamente valutate le pregresse esperienze di direzione, di organizzazione e di collaborazione, con particolare riguardo ai risultati conseguiti, i corsi di formazione in materia organizzativa e gestionale frequentati nonché ogni altro elemento, acquisito anche al di fuori del servizio in magistratura, che evidenzi l'attitudine direttiva.

12. Ai fini di quanto previsto dai commi 10 e 11, l’attitudine direttiva è riferita alla capacità di organizzare, di programmare e di gestire l’attività e le risorse in rapporto al tipo, alla condizione strutturale dell’ufficio e alle relative dotazioni di mezzi e di personale; è riferita altresì alla propensione all’impiego di tecnologie avanzate, nonché alla capacità di valorizzare le attitudini dei magistrati e dei funzionari, nel rispetto delle individualità e delle autonomie istituzionali, di operare il controllo di gestione sull’andamento generale dell’ufficio, di ideare, programmare e realizzare, con tempestività, gli adattamenti organizzativi e gestionali e di dare piena e compiuta attuazione a quanto indicato nel progetto di organizzazione tabellare

2 commenti:

  1. Non succederà mai, ma se qualcuno (ministro, parlamentare) volesse passare dalle parole (gli articoli di giornale sensazionalisti) ai fatti, disegni di legge di riforma nel senso auspicato dal Corriere della Sera verrebbe messo immediatamente sotto processo (dalla magistratura) per abuso in atti di ufficio, apologia di reato, vilipendio alla magistratura, etc. etc. e non se ne parlerà più...garantito al limone

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  2. Sono d’accordo su quasi tutto, o almeno sulla sostanza. Solo due parole sulla valutazione del merito basata sulla presenza: ecco la ragione per cui le donne ( e anche, perché no, le persone veramente efficienti che però vogliono avere una vita oltre al lavoro) saranno sempre pagate meno. È giusto? E’ imperativo, secondo me, sforzarsi di valutare per obiettivi anche se è obiettivamente più difficile farlo nella P.A., rispetto ad una fabbrica. Magari gli obiettivi potrebbero coincidere con i compiti di volta in volta assegnati dal Dirigente e si potrebbe premiare chi li porta a termine, tutti e nei tempi prestabiliti rispetto a chi non lo fa. Non lo so, ma la presenza tour court, no.


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