Sui quotidiani non si fa altro che leggere interventi sempre più petulanti nei confronti dell'emergenza Covid.
Tutti appaiono presi dalla sindrome di Bartali: la diagnosi è solo "tutto sbagliato, tutto da rifare".
Simili premesse, rendono gli interventi in oggetto del tutto inutili a fornire un contributo al miglioramento di una gestione certamente afflitta da molte inefficienze.
Ma, alcuni argomenti appaiono sostanzialmente solo speciosi e privi di qualsiasi elemento di costruttività, perchè influenzati dalla negazione dell'evidenza: cioè le cause e la loro provenienza.
Sul Messaggero del 16.1.2021 l'articolo di Luca Ricolfi "Il governo e il miraggio dell'immunità di gregge" pare la summa della critica petulante, che non aiuta in alcun modo.
L'incipit è tutto dedicato alle dichiarazioni degli esponenti del governo su date presunte di superamento dell'emergenza e percentuali necessarie al conseguimento dell'immunità di gregge. Dichiarazioni utilizzate per sottolineare che, in concreto, quella certa data era sbagliata di qualche settimana, o che il calcolo se fatto in un certo modo, considerando alcune incognite, determinerebbe un risultato diverso .
Ma, a cosa serve? A che cosa serve insistere sull'analisi delle "dichiarazioni"? Una corretta critica dovrebbe guardare i fatti, i risultati della gestione, a partire dai programmi operativi e dalle norme, non delle interviste (che purtroppo chi sta ai posti di comando continua a rilasciare affascinato dalle luci della ribalta, senza ponderare quel che dice e contraddice).
Il Ricolfi critica le dichiarazioni, che spostano dal 70% all'80% dei vaccinati la soglia per la presunta "immunità di gregge", rilevando che al ritmo attuale delle vaccinazioni, non si riescono a fare le 2 milioni di vaccinazioni occorrenti per vaccinare 48 milioni di italiani entro il 31 ottobre.
Ditino alzato e volto corrucciato, la conclusione è che in questo modo l'80% non si raggiungerebbe mai. Ok. Ma, a che serve questo vaticinio? A farsi sbertucciare, se per caso vi si arrivasse, invece? O a "pungolare"? Ma pungolare chi e cosa? Il Ricolfi sa perfettamente che il ritmo attuale di vaccinazioni è condizionato dalle dosi di vaccino disponibili. Non si ha la prova che nessuno abbia fin qui vaccinato meno del previsto intenzionalmente.
Lo stesso Ricolfi, poi, indirettamente ammette la situazione reale: si viaggia ancora in terra incognita. Infatti, evidenzia che non è del tutto certo che per l'efficacia definitiva la vaccinazione richieda il richiamo, perchè non lo si sa con certezza. Ammette, quindi, l'esistenza di un'alternativa: che le dosi sufficienti potrebbero essere la metà, il che modificherebbe radicalmente tempi e programmi.
La petulanza non fa comprendere che si tratta di un virus nuovo, che abbiamo imparato a conoscere da pochissimo. Ricordiamo, o no, che fino a pochi mesi fa, medici e scienziati, proprio perchè non si sapeva nulla, consigliavano come contrasto al virus quel che poteva consigliare la nonna? "Lavati le mani di frequente, non stare ammassato con altri, metti la mascherina".
La petulanza insiste col parlare di "navigazione a vista", scambiandola, forse, con la navigazione "senza rotta". L'espressione navigare a vista ha, ormai, acquisito un'accezione negativa, il senso di qualcuno che non sa dove andare. Ma, è esattamente l'opposto. La navigazione "a vista" è quella fatta senza satelliti, senza strumenti, senza riferimenti, appunto in mare incognito. E' la navigazione di chi non conosce la profondità delle acque, la consistenza del fondo, la direzione e la forza dei venti e delle correnti; di chi, quindi, è costretto continuamente, a virare, aggirare, tornare indietro, schivare lo scoglio, evitare la secca. La navigazione a vista è inevitabile con un virus che non si conosce.
La petulanza non può che ignorare che naviga a vista anche chi viene, giustamente, identificato come modello: Gran Bretagna e Germania hanno acquisito i vaccini prima di noi, hanno incontestati piani di contrasto alla pandemi, sono partiti lancia in resta con le vaccinazioni: ma, è bastata la mutazione "inglese" e hanno dovuto rivedere di fretta e furia piani, programmi ed accorgimenti, anch'essi dovendo navigare a vista. Come inevitabile.
Ricolfi, ancora, ammette: nessuno per ora sa se i vaccini attualmente autorizzati proteggano solo dalla malattia o anche dal rischio di trasmissione, ma aggiunge che comunque la campagna di vaccinazione è comunque utile, perchè abbassa il tasso di mortalità delle categorie a rischio. Aggiungendo, ancora una volta, il tratto petulante: questo, infatti, secondo l'Autore, non basterebbe a garantire la riapertura in sicurezza delle attività economiche.
La petulanza porta ad insistere sul totem dell'immunità di gregge, presto, subito. Eppure, non può essere sfuggito ad un acuto commentatore come Ricolfi che la scienziata Ilaria Capua ha detto con cruda semplicità che prima del 2023 noi del virus non ci libereremo. Ma, la medesima Capua ha spiegato in cosa consista la reale importanza del vaccino: appunto mettere in sicurezza le categorie più a rischio. Se questo potesse avvenire, come si auspica, entro la primavera, le attività economiche, contrariamente alla narrazione pessimisticamente petulante, potrebbero proprio riaprire.
Infatti, la permanenza a scuola, in ufficio, al bar, in treno, in autobus, al ristorante, eccetera, pur esponendo chi non è vaccinato al contagio, non mette più a rischio i vaccinati all'esposizione alla malattia. Una protezione medica, che avrebbe benefici sanitari ed economici: le categorie meno a rischio si contagiano e si ammalano meno, i ricoveri da Covid, sia gravi sia ordinari, si ridurrebbero, la tensione sulla sanità diminuirebbe. Sono le premesse reali per una vera ed estesa, sia pur sempre prudenziale, riapertura.
L'obiettivo, cosa che la petulanza non vuole petulantemente evidenziare, non è l'immunità di gregge, ma appunto il più rapido possibile contenimento del rischio al quale sono state sottoposte le categorie flagellate dalle morti e dalle conseguenze estreme della malattia.
La petulanza, infine, è ancora quella che attribuisce al Governo, come Ricolfi, il compito di "decidersi" a "fare le cose che non ha fatto". Esemplificandole in:
- tamponi di massa: certamente il Governo, tramite il Commissario, ha rilevanti poteri di intervento. Ma, competenti a gestire il servizio sanitario, sono le Regioni: lo sanno, ormai, anche i chiodi arrugginiti dei muri;
- contact tracing efficiente: come sopra e, per altro, i numeri estesissimi del contagio, resi ancor più pesanti dalla mutazione inglese, li hanno fatti saltare in tutta Europa; certo, si poteva fare come in Cina o Corea: non siamo, però, in Asia, siamo in Europa;
- rafforzamento del trasporto pubblico locale: Giusto. Ma il Governo più che allocare risorse, nell'immediato, non può. Se da anni ed anni prendiamo treni da pendolari in ritardo, lerci, pieni all'inverosimile; se gli autobus delle città e i pullman dei collegamenti tra città e paesi, specie nelle ore di punta coincidenti con entrata e uscita da scuola sono in condizioni anche peggiori dei treni; se le metropolitane sono una bolgia dantesca, questo non è responsabilità del Governo, chiunque si trovasse a reggerne, oggi, le sorti. Il trasporto di cui si parla ha un nome: trasporto pubblico locale. E' andato in malora, perchè regioni, province e comuni, certo anche perchè afflitti dai tagli lineari di 20 anni di politiche economiche più che discutibili, non hanno mai pensato che, Covid o non Covid, treni, autobus, pullman, metropolitane, dovrebbero essere puntuali, moderni, non inquinanti, frequenti, ariosi, puliti a specchio. Invece li hanno fatti marcire, implodere, incendiare, andare in obsolescenza, maleodorare, scrostare, consumare tantissimo, senza mai un rinnovo, una pulizia, un ammodernamento sufficienti. E' semplicemente petulanza pretendere che in pochi mesi si possa porre un rimedio a decenni di sfascio, consentiti anche dalle devastanti riforme che hanno eliminato ogni controllo sugli atti degli enti locali e delle regioni;
- messa in sicurezza delle scuole e delle università: l'università, per fortuna, per moltissime facoltà, regge piuttosto bene la Dad ed, anzi, dovrebbe essere la frontiera da potenziare e migliorare (certo, tanti piccoli o grandi proprietari che speculano sugli affitti di, talora vere e proprie stamberghe, agli universitari non sarebbero d'accordo). Ma, per quanto riguarda le scuole, vale quanto detto prima per i trasporti. Da una trentina d'anni le scuole sono nella competenza di comuni e province, che li ricevettero in stato comatoso dal Ministero. Pochissime sono le scuole che hanno avuto la fortuna di trovarsi in edificazioni nuove; la gran parte sta in locali vecchi, umidi, inospitali, senza certificati antincendio, privi di misure antisismiche, sporchi, piccoli, del tutto inadeguati. Anche questo lo si sa da sempre, ma anche su questo aspetto comuni e province (queste ultime, per altro, negli ultimi 5 anni deprivate delle risorse dalla sciagurata riforma Delrio) sono gli enti competenti ed i veri responsabili della logistica scolastica così incompatibile con le misure che andrebbero adottate.
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