di Angelo Maria Savazzi*
Il recente orientamento ARAN CFL126 del 7 gennaio 2021 nel suggerire un percorso applicativo dell’art. 69 del Ccnl 21.5.2018, rubricato “Differenziazione del premio individuale”, desta qualche perplessità laddove si spinge a prevedere uno scorrimento delle valutazioni fino all’esaurimento della percentuale prevista dalla contrattazione integrativa dei dipendenti cui attribuire la maggiorazione del premio.
Lo scorrimento proposto dall'ARAN è in contrasto con norme non derogabili del DLgs. 150/2009 e del DLgs. 165/2001.
L'art. 69, infatti, nello stabilire che la maggiorazione del premio
spetti "Ai dipendenti che conseguano le valutazioni più elevate,
secondo quanto previsto dal sistema di valutazione dell’ente", affida
al sistema di misurazione e valutazione della performance di indicare una
soglia al di sopra della quale si concorre a tale attribuzione. In verità il
sistema lo può fare indipendentemente dalla "gentile concessione" del
CCNL. La contrattazione deve limitarsi a stabilire una percentuale di
maggiorazione superiore al 30% (eventualmente) e la percentuale massima
di dipendenti cui la maggiorazione può essere attribuita (obbligatoriamente).
Ma tale percentuale deve essere compatibile con i principi di differenziazione
e non può portare all’esito paradossale per cui, se le valutazioni sono
mediamente basse, comunque la maggiorazione debba essere attribuita, come
invece sembra prevedere l’ARAN.
La ratio della maggiorazione si colloca nell’alveo della selettività
meritocratica, fornendo una leva per superare il generale appiattimento che
caratterizza gli assetti gestionali della premialità pubblica. Il CCNL
21.5.2018 introduce, pertanto, il riconoscimento di una sorta di “super premio” individuale che si
aggiunge al regime di premialità generale, ovviamente sempre a valere sul fondo
di alimentazione del trattamento economico accessorio del personale.
La norma contrattuale, nella regolazione dell’istituto premiale, dispone
che ai dipendenti che abbiano
conseguito le valutazioni più elevate, secondo quanto previsto dal sistema di
valutazione impiegato presso l’ente, sia attribuita una maggiorazione del
premio individuale che si aggiunge al riconoscimento del premio stesso, a beneficio,
pertanto, del personale valutato positivamente sulla base dei criteri
selettivi di cui l’amministrazione deve dotarsi.
La misura di tale maggiorazione deve essere definita in sede di
contrattazione integrativa e, comunque, non potrà essere inferiore al 30% del
valore medio pro-capite dei premi attribuiti al personale valutato
positivamente ed alla contrattazione integrativa è demandato, altresì, il
compito di stabilire, preventivamente, una limitata quota massima di personale (valutato in modo elevato) al quale tale
maggiorazione può essere riconosciuta.
In
base a tale previsione contrattuale, tuttavia, occorre prestare attenzione ai
seguenti aspetti di criticità che gli enti dovranno gestire:
a)
il sistema di misurazione e
valutazione della performance, adottato
dall’ente, deve consentire di collocare gli esiti delle valutazioni
individuali, effettuate secondo lo schema valutativo offerto dall’art. 9, comma
2, del D. Lgs n. 150/2009, nell’ambito di diversi livelli premiali, in modo da
rendere chiaro e trasparente quale sia il range valutativo più elevato
cui attribuire la premialità aggiuntiva;
b)
la contrattazione
integrativa dovrà stabilire, in base alla previsione del comma 3 dell’art. 69
del CCNL 21.5.2018, la quota massima di personale cui possa essere riconosciuta
tale maggiorazione; se non dovesse determinarsi sarebbe problematica
l’applicazione anche solo dell’incremento minimo contrattuale del 30%, atteso
che la contrattazione integrativa deve individuare la quota massima di
personale cui possa essere attribuita tale premialità integrativa.
c)
una volta determinata
l’entità complessiva delle risorse destinate a remunerare la performance individuale, l’entità del
premio individuale, spettante in base all’esito delle valutazioni, deve essere
calcolata tenendo conto che una quota delle risorse dovrà essere destinata alla
premialità aggiuntiva spettante al personale che abbia conseguito le
valutazioni più elevate. Infatti, quest’ultima deve trovare necessariamente
spazio di finanziamento nell’ambito delle risorse disponibili e,
conseguentemente, l’entità dei premi-base dovrà essere determinata tenendo
conto dell’entità delle risorse assorbite da tale specifica destinazione
premiale.
Anche l’ulteriore precisazione contenuta nell’orientamento ARAN secondo la
quale “la disciplina contrattuale collettiva nazionale … non ha dato alla
contrattazione integrativa alcuna delega negoziale per l’individuazione di una
soglia valutativa cui collegare il riconoscimento della maggiorazione del
premio individuale atteso che un simile meccanismo, come si evince dalla
problematica dedotta con il secondo quesito, potrebbe oggettivamente prestarsi
ad una applicazione elusiva della disciplina stessa” sembra non avere
fondamento almeno per due ragioni fondamentali:
1) Nella
materia della valutazione del personale l’intervento della contrattazione
collettiva può esservi solo nei limiti in cui la legge (art. 40, comma 1,
secondo periodo, DLgs. 165/2001) lo consenta. A tal proposito il fondamento
della norma contrattuale è l’art. 19 del DLgs. 150/2009 come novellato dal
DLgs. 75/2017; quest’ultima disposizione affida alla contrattazione collettiva
nazionale la definizione di “criteri idonei a garantire che alla
significativa differenziazione dei giudizi … corrisponda un'effettiva diversificazione
dei trattamenti economici correlati”, senza che la contrattazione possa
decidere di maggiorare il premio individuale al solo scopo di esaurire le
risorse a tale fine destinate.
2) In
questo senso sia il sistema di valutazione adottato dall’ente che, a maggior
ragione, la contrattazione non possono eludere le norme di principio di cui
all’art.18 del DLgs. 150/2009 che impongono alle amministrazioni di “valorizzare
i dipendenti che conseguono le migliori performance” vietando la
distribuzione indifferenziata o sulla base di automatismi di incentivi e premi
collegati alla performance. Ciò avverrebbe nell’ipotesi in cui la maggiorazione
del premio individuale venisse intesa non come strumento per premiare le
eccellenze ma come un incremento del premio da assegnare ai primi in
graduatoria indipendentemente dal valore della valutazione individuale. Alle
norme richiamate le amministrazioni devono adeguare i propri ordinamenti
interni per effetto dell’art. 31 del DLgs. 150/2009; le stesse, peraltro,
costituiscono norme imperative inderogabili secondo la previsione dell’art. 29
del medesimo decreto che “non possono essere derogate dalla contrattazione
collettiva e sono inserite di diritto nei contratti collettivi ai sensi e per
gli effetti degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile”.
Di fatto, le previsioni
dell’articolo 69, comma 1, del Ccnl 21.5.2018 e dell’articolo 30, comma 2, del
Ccnl 17.12.2020 sono rette dall’articolo 21, comma 1, del d.lgs 150/2001, ai
sensi del quale “Ogni amministrazione pubblica, nell'ambito delle risorse di
cui al comma 3-bis dell'articolo 45 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.
165, può attribuire un bonus annuale al quale concorre il personale,
dirigenziale e non, cui è attribuita una valutazione di eccellenza”.
E’ la valutazione di
eccellenza, quindi, il presupposto per l’erogazione di un bonus che approfondisca
la differenziazione del compenso per il risultato.
E’ del tutto paradossale
pensare, come suggerisce l’Aran, che un premio di differenziazione vada sempre
e comunque erogato, sulla base della semplice determinazione meccanica della
limitata percentuale di dipendenti destinatari, senza curarsi della loro valutazione.
Si finirebbe per
considerare come eccellenti anche valutazioni che tali non siano. Non solo: l’indirizzo
dell’Aran induce le amministrazioni a violare l’obbligo, chiaramente disposto
dalla contrattazione collettiva, di determinare espressamente, invece, la
soglia di punteggio che faccia scattare la differenziazione.
Il parere dell’Aran,
quindi, si mostra del tutto contrario alle logiche delle disposizioni di legge
alle quali si appoggia e foriero di conseguenze operativa semplicemente prive
di logica. Come tale, non può e non deve essere seguito.
Se la preoccupazione dell’Agenzia
è evitare che gli enti eludano la norma non attribuendo a nessuno valutazioni
di eccellenza, così da distribuire tra tutti la somma accantonata per la
differenziazione, semplicemente essa preoccupazione non sta in piedi.
Da un lato, infatti, tutti
sanno perfettamente che le valutazioni scontano il difetto di essere molto
appiattite verso l’alto, sicchè l’ipotesi di valutazioni che non raggiungano la
soglia di eccellenza sta semplicemente nell’Iperuranio. Dall’altro, qualora
questo potesse accadere, basta semplicemente prevedere che l’accantonamento non
sia distribuito e che vada riportato come somma non spesa all’anno successivo,
per incrementare la parte variabile del fondo.
*(col contributo di Luigi Oliveri)
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