Articoli della riforma
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Commento
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Art.
1.
(Funzioni
delle Camere).
1. L'articolo 55 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
«Art. 55. – Il Parlamento si compone della
Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Le leggi che stabiliscono le modalità di
elezione delle Camere promuovono l'equilibrio tra donne e uomini nella
rappresentanza.
Ciascun membro della Camera dei deputati
rappresenta la
Nazione.
La Camera dei deputati è titolare del rapporto di fiducia
con il Governo ed esercita la funzione di indirizzo politico, la funzione
legislativa e quella di controllo dell'operato del Governo.
Il Senato della Repubblica rappresenta le
istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli
altri enti costitutivi della Repubblica. Concorre all'esercizio della
funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla
Costituzione, nonché all'esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato,
gli altri enti costitutivi della Repubblica e l'Unione europea. Partecipa
alle decisioni dirette alla formazione e all'attuazione degli atti normativi
e delle politiche dell'Unione europea. Valuta le politiche pubbliche e
l'attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l'impatto delle
politiche dell'Unione europea sui territori. Concorre ad esprimere pareri
sulle nomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla legge e a
verificare l'attuazione delle leggi dello Stato.
Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei
membri delle due Camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione».
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Come si nota, il Parlamento resta bicamerale. Lo
slogan dei favorevoli alla riforma era “si abolisce il Senato”. Ma l’evidenza
dei fatti li ha portati ad affermare una cosa ben diversa: “si abolisce il
bicameralismo perfetto”.
Notando l’estrema complicazione del procedimento
legislativo innescato dall’insensato nuovo articolo 70, in molti hanno
ironicamente sostenuto che si passa, in effetti, da un bicameralismo perfetto
ad un “bicameralismo ampiamente difettoso”.
Dunque, la replica ultima: “si abolisce il
bicameralismo paritario”.
In effetti, è così. Le due Camere non hanno
competenze identiche, ma il processo normativo, come si vedrà, risulta
estremamente complicato ed al limite della comprensibilità.
Già l’articolo 55, comunque, mostra contraddizioni e
difetti evidentissimi.
Se “Il Senato della Repubblica rappresenta le
istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli
altri enti costitutivi della Repubblica” e, quindi, simula maldestramente una
sorta di Senato federale (che non può essere, perché l’Italia, fino a prova
contraria non è uno stato federale), perché, allora, gli sono assegnate tutte
le altre rilevantissime competenze indicate nell’articolo?
Un’incoerenza incredibile, che ha indotto i maldestri
redattori della norma a disporre che anche i membri del Senato rappresentano la Nazione.
Molti fautori del sì, negli slogan semplificatori,
affermano che si è creato un “Senato delle regioni”. Non è così: il Senato
continua a rappresentare l’intera Nazione ed ha competenze talmente ampie e
trasversali, da offuscare la funzione di raccordo tra Stato e regioni. Basta
leggere l’articolo qui a fianco.
Allora, i fautori della riforma, ribattono: “così si
combatte la Casta
e si riducono i costi della politica”.
La Casta, in realtà, viene rafforzata. Certo, numericamente i
senatori si riducono. Ma, poiché il Senato resta, un numero rilevante di
rappresentanti regionali e di sindaci sarà investito dall’alto della carica e
della connessa immunità parlamentare: c’è una verticalizzazione del potere
che coopta dall’alto i suoi membri, privando i cittadini della rappresentanza
elettorale. Insomma, dal metodo democratico di selezione dei rappresentanti,
cioè le elezioni dirette, si passa alla “nomina regia”: sembra che più “casta”
di così non possa essere.
In quanto alla riduzione dei costi della politica, è
bene dare uno sguardo al bilancio di previsione 2015 del Senato: http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/935006.pdf.
La spesa corrente complessiva è di circa 536 milioni di euro. Le spese
direttamente connesse alle indennità dei senatori sono poco più di 40
milioni, lo 0,048% dell’intera spesa pubblica. Si arriva a quasi 80 milioni
(0,096% della spesa pubblica totale) considerando i rimborsi, i quali ultimi,
ovviamente, continueranno ad esserci anche per i nuovi senatori. Anzi, vi
sarà un’impennata delle spese di trasferta.
Il “taglio dei costi della politica”, come si nota,
dunque è meno che irrisorio.
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Art.
2.
(Composizione ed elezione del Senato della Repubblica).
1. L'articolo 57 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
«Art. 57. – Il Senato della Repubblica è
composto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni
territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente
della Repubblica.
I Consigli regionali e i Consigli delle
Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale,
i senatori tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i
sindaci dei Comuni dei rispettivi territori.
Nessuna Regione può avere un numero di
senatori inferiore a due; ciascuna delle Province autonome di Trento e di
Bolzano ne ha due.
La ripartizione dei seggi tra le Regioni si
effettua, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, in
proporzione alla loro popolazione, quale risulta dall'ultimo censimento
generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.
La durata del mandato dei senatori coincide
con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati
eletti, in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati
consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità
stabilite dalla legge di cui al sesto comma.
Con legge approvata da entrambe le Camere sono
regolate le modalità di attribuzione dei seggi e di elezione dei membri del
Senato della Repubblica tra i consiglieri e i sindaci, nonché quelle per la
loro sostituzione, in caso di cessazione dalla carica elettiva regionale o
locale. I seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della
composizione di ciascun Consiglio».
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La composizione del Senato è un vulnus determinato
dalla confusione sulle competenze vista sopra.
Si nota che il Senato è composto prevalentemente da
rappresentanti delle regioni e da sindaci.
Questo andrebbe bene se il Senato si occupasse
esclusivamente del raccordo Stato regioni.
Non si capisce assolutamente perché, invece, una
camera non rappresentativa del corpo elettorale eserciti le molte altre
competenze viste prima, alle quali sono da aggiungere ulteriori prerogative,
come il concorso alla nomina del Presidente della Repubblica, dei componenti
della Corte costituzionale e del Consiglio superiore della magistratura.
I fautori del “sì” affermano che comunque i
consiglieri regionali ed i sindaci sono rappresentanti del popolo, perché
assurgono alla carica di senatori in funzione del fatto che sono stati eletti
e con preferenze come consiglieri regionali o sindaci, appunto.
Questo argomento è sofistico e, come tale, trae in
inganno, oltre ad essere sbagliato.
I rappresentanti sono tali se esercitano un mandato
attribuito dal rappresentato. Ora: un consigliere regionale o un sindaco è
eletto da un corpo elettorale non rappresentativo della Nazione, ma solo
dell’ente territoriale che lo esprime e riceve un mandato specifico per
svolgere le funzioni amministrative connesse a quel territorio ed alle
competenze della regione o del comune.
Nessun elettore, col proprio voto, sceglie direttamente
che uno tra i consiglieri regionali o tra i sindaci possa andare, poi, in
Senato. Impensabile che i consiglieri regionali o i sindaci possano impostare
la campagna elettorale su questioni relative al Senato, invece che a quelle
connesse con la carica alla quale si candidano.
La loro è una nomina di secondo grado, operata dai
consigli regionali senza alcun collegamento col corpo elettorale.
Per altro, si crea un indubbio ingorgo operativo.
Risulta particolarmente chiaro ed evidente a chiunque che sarà impossibile
conciliare in modo efficiente la funzione di consigliere regionale o sindaco
con quella di senatore.
In quanto ai sindaci, poi, è bene tenere presente che
sarà molto probabile che faranno parte del Senato quelli dei grandi comuni.
Ebbene, in 10 di questi operano anche le Città metropolitane, delle quali i
sindaci sono anche sindaci metropolitani: quasi il 10%, dunque, del Senato
sarà composto da senatori uni e trini: senatori, sindaci e anche sindaci
metropolitani.
Che tipo di razionalità possa avere simile
impostazione è davvero complicato anche solo immaginarlo.
Non parliamo, poi, dell’assurdità del “Senato a porte
girevoli”. La composizione del Senato non sarà mai fissa e stabile, perché la
durata del mandato dei singoli senatori coinciderà con quella del mandato
elettorale di consigliere regionale o sindaco.
Periodicamente, quindi, il Senato cambierò
composizione, in un tourbillon perpetuo e senza senso.
Già la devastante riforma delle province ha
dimostrato l’inefficienza assoluta di una rappresentanza di secondo grado nei
consigli provinciali, nei quali si registra una presenza estremamente
distratta e svogliata dei consiglieri dei comuni e una “volatilità” delle
cariche eccessiva, legata a random alla durata dei mandati di sindaco o consigliere
comunale (il tutto, per altro, aggravato dalla durata solo biennale del
mandato di questi consiglieri eletti in secondo grado).
Evidentemente, il fallimento del modello in piccolo
del nuovo Senato, cioè i nuovi consigli provinciali, non ha insegnato nulla.
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Art.
3.
(Modifica all'articolo 59 della Costituzione).
1. All'articolo 59 della Costituzione, il
secondo comma è sostituito dal seguente:
«Il Presidente della Repubblica può nominare
senatori cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale,
scientifico, artistico e letterario. Tali senatori durano in carica sette
anni e non possono essere nuovamente nominati».
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La riforma della Costituzione viene fatta passare
come “moderna” e finalizzata allo “svecchiamento delle istituzioni”.
E’ bene sapere che la nomina dei senatori a vita da
parte del Presidente della Repubblica anche nell’attuale Costituzione è un
ricordo atavico del potere che hanno avuto i re, dalla nascita dei parlamenti
in Europa, di nominare direttamente e a vita i componenti della “camera
alta”, nobili e clero.
Visto che la riforma è così innovativa, davvero non
si comprende perché lasciare al Presidente della Repubblica questo atavismo,
specie in un Senato depotenziato come camera legislativa.
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Art.
4.
(Durata della Camera dei deputati).
1. L'articolo 60 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
«Art. 60. – La Camera dei deputati è
eletta per cinque anni.
La durata della Camera dei deputati non può
essere prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra».
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Questo articolo non richiede particolari commenti.
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Art.
5.
(Modifica all'articolo 63 della Costituzione).
1. All'articolo 63 della Costituzione, dopo il
primo comma è inserito il seguente:
«Il regolamento stabilisce in quali casi l'elezione
o la nomina alle cariche negli organi del Senato della Repubblica possono
essere limitate in ragione dell'esercizio di funzioni di governo regionali o
locali».
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Questo articolo conferma il confusionario assetto del
Senato di cui si è parlato sopra.
Poiché, come detto, vi sarà un continuo entrare ed
uscire di senatori-consiglieri regionali o senatori-sindaci, sarà un problema
perfino attribuire cariche organizzative interne, connesse al funzionamento
del Senato (questori, segretari, etc.).
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Art.
6.
(Modifiche
all'articolo 64 della Costituzione).
1. All'articolo 64 della Costituzione sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il primo comma è inserito il seguente:
«I regolamenti delle Camere garantiscono i
diritti delle minoranze parlamentari.
Il regolamento della Camera dei deputati
disciplina lo statuto delle opposizioni»;
b) il quarto comma è sostituito dal seguente:
«I membri del Governo hanno diritto, e se
richiesti obbligo, di assistere alle sedute delle Camere. Devono essere
sentiti ogni volta che lo richiedono»;
c) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«I membri del Parlamento hanno il dovere di
partecipare alle sedute dell'Assemblea e ai lavori delle Commissioni».
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Questo articolo non richiede particolari commenti.
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Art.
7.
(Titoli
di ammissione dei componenti del Senato della Repubblica).
1. All'articolo 66 della Costituzione è
aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Il Senato della Repubblica prende atto della
cessazione dalla carica elettiva regionale o locale e della conseguente
decadenza da senatore».
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Ci ricollega nuovamente al problema del “Senato a
porte girevoli”.
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Art.
8.
(Vincolo
di mandato).
1. L'articolo 67 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
«Art. 67. – I membri del Parlamento esercitano
le loro funzioni senza vincolo di mandato».
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Nella Costituzione vigente la precisazione che ogni
membro del Parlamento rappresenta la Nazione sta nell’articolo 67. Nel nuovo testo
questa indicazione sparisce, semplicemente perché riportata nel nuovo
articolo 55.
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Art.
9.
(Indennità
parlamentare).
1. All'articolo 69 della Costituzione, le
parole: «del Parlamento» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei
deputati».
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I senatori non avranno più l’indennità. Il
“risparmio” lo si è visto sopra: poco più di 40 milioni, lo 0,048% della
spesa pubblica complessiva italiana (830 miliardi circa).
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Art.
10.
(Procedimento legislativo).
1. L'articolo 70 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
«Art. 70. – La funzione legislativa è
esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della
Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di
attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle
minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione
di cui all'articolo 71, per le leggi che determinano l'ordinamento, la
legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei
Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme
associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme generali, le
forme e i termini della partecipazione dell'Italia alla formazione e
all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, per
quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con
l'ufficio di senatore di cui all'articolo 65, primo comma, e per le leggi di
cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma,
116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo
comma, 122, primo comma, e 132, secondo comma. Le stesse leggi, ciascuna con
oggetto proprio, possono essere abrogate, modificate o derogate solo in forma
espressa e da leggi approvate a norma del presente comma.
Le altre leggi sono approvate dalla Camera dei
deputati.
Ogni disegno di legge approvato dalla Camera
dei deputati è immediatamente trasmesso al Senato della Repubblica che, entro
dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, può disporre di
esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato della Repubblica può
deliberare proposte di modificazione del testo, sulle quali la Camera dei deputati si
pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato della Repubblica non disponga
di procedere all'esame o sia inutilmente decorso il termine per
deliberare, ovvero quando la
Camera dei deputati si sia pronunciata in via definitiva,
la legge può essere promulgata.
L'esame del Senato della Repubblica per le
leggi che danno attuazione all'articolo 117, quarto comma, è disposto nel
termine di dieci giorni dalla data di trasmissione. Per i medesimi disegni di
legge, la Camera
dei deputati può non conformarsi alle modificazioni proposte dal Senato della
Repubblica a maggioranza assoluta dei suoi componenti, solo pronunciandosi
nella votazione finale a maggioranza assoluta dei propri componenti.
I disegni di legge di cui all'articolo 81, quarto comma,
approvati dalla Camera dei deputati, sono esaminati dal Senato della
Repubblica, che può deliberare proposte di modificazione entro quindici
giorni dalla data della trasmissione.
I Presidenti delle Camere decidono, d'intesa
tra loro, le eventuali questioni di competenza, sollevate secondo le norme
dei rispettivi regolamenti.
Il Senato della Repubblica può, secondo quanto
previsto dal proprio regolamento, svolgere attività conoscitive, nonché
formulare osservazioni su atti o documenti all'esame della Camera dei
deputati».
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La riforma della Costituzione è stata adottata sotto
la bandiera della velocizzazione e semplificazione. Tuttavia, proprio la
parte delicatissima dell’iter legislativo non sembra cogliere l’obiettivo.
Parità di
ruoli. Intanto, restano campi nei
quali la funzione legislativa è esercitata congiuntamente sia da Camera sia
da Senato. Si tratta delle leggi di revisione della Costituzione e delle
altre leggi costituzionali, nonché delle leggi di attuazione delle
disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze
linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui
all'articolo 71. Ancora, la funzione legislativa paritaria del Senato
riguarda le leggi che determinano l'ordinamento, la legislazione elettorale,
gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città
metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei
Comuni. Il Senato interviene obbligatoriamente per la legge che stabilisce le
norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell'Italia alla
formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche della Ue. E
ancora, per le leggi sui casi di ineleggibilità e di incompatibilità con
l'ufficio di senatore di cui all'articolo, per le modalità di “elezione” dei
senatori, la ratifica dei trattati Ue, l’ordinamento di Roma capitale, le
forme particolari di autonomia regionale, l’attuazione degli accordi
internazionali da parte delle regioni, la disciplina che autorizza le regioni
a concludere accordi internazionali con Stati o enti territoriali di altri
stati, le norme sul patrimonio e l’indebitamento di comuni e città
metropolitane, la legge sull’esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti
di comuni e città metropolitane, la legge di principio per le elezioni degli
organi regionali, spostamenti dei comuni da una regione all’altra.
Come si nota, il “bicameralismo paritario” resta
entro un ambito vastissimo, nel quale continueranno le “navette” varie.
Richiesta
di esame. In ogni caso il Senato,
entro 10 giorni dalla ricezione dei disegni di legge approvati dalla Camera,
può disporre di esaminarli, potendo altresì proporre modifiche entro i 30
giorni successivi. La Camera
può disporre senza particolari maggioranze di accettare le modifiche
proposte.
Quindi, comunque il Senato può intervenire ed
ingerirsi in altri ambiti normativi. Si innescano iter legislativi plurimi,
complicando in modo paradossale un iter oggi talmente chiaro che l’articolo
70 della vigente Costituzione è formato da soler 9 parole.
Unità
giuridica o economica della Repubblica. Il Senato deve obbligatoriamente esaminare, entro 10 giorni dalla
trasmissione da parte della Camera, le leggi in materie non riservate alla
legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell'unità giuridica o
economica della Repubblica, ovvero la tutela dell'interesse nazionale. In
questo caso, il Senato può proporre modifiche solo a maggioranza assoluta dei
suoi componenti; la Camera
può non accogliere le prioposte solo pronunciandosi nella votazione finale a
maggioranza assoluta dei propri componenti.
Nuove
spese. L’intervento del Senato è
obbligatorio nel caso di leggi che importino nuove o maggiori spese e,
dunque, indicare i mezzi per farvi fronte. In questo caso, i disegni di legge
approvati dalla Camera sono esaminati dal Senato, che può deliberare proposte
di modificazione entro quindici giorni dalla data della trasmissione. Pare
che, in questa circostanza, la
Camera si riappropri di un potere ampio di accogliere o
meno le proposte del Senato.
Da notare che il nuovo articolo 70 richiama
l’articolo 81, quarto comma, della Costituzione. Alle sapienti mani degli
estensori della riforma deve essere sfuggita la penna, che, impazzita, ha
scritto per conto suo questo riferimento ad un comma 4 dell’articolo 81 che
non esiste! Né nell’attuale Costituzione, né in quella riformata.
Procedura
accelerata. Laddove il Governo
qualifichi un disegno di legge come essenziale per l'attuazione del programma
di governo, chiede alla Camera che sia iscritto con priorità all'ordine del
giorno e sottoposto alla votazione definitiva della Camera entro il termine
di 70 giorni. Sicchè i termini entro i quali il Senato può chiedere di
esaminare il ddl e proporre modifiche si dimezzano.
Decreti
legge. Nel caso di disegni di legge
di conversione di decreti legge adottati dal Governo, il Senato può chiederne
l’esame entro trenta giorni dalla presentazione dei dl alla Camera. In questo
caso, il Senato può proporre modifiche entro dieci giorni dalla data di
trasmissione del disegno di legge di conversione, che deve avvenire non oltre
quaranta giorni dalla presentazione.
Questioni
di competenza. L’incrocio degli
iter, dei termini, delle materie è talmente complesso che la nuova
Costituzione assegna ai presidenti di Camera e Senato di decidere d'intesa
tra loro sulle eventuali questioni di competenza, sollevate secondo le norme
dei rispettivi regolamenti.
Tuttavia, i vizi di incompetenza o di formazione
delle leggi, visto il quadro molto complicato, saranno sempre dietro
l’angolo. In particolare, sarà difficilissimo gestire i provvedimenti che
abbraccino più materie, come tipicamente le leggi di stabilità o “mille
proroghe”, evitando di incorrere in violazioni suscettibili non solo di
conflitti di competenza tra le Camere, ma anche di ricorsi alla Corte
costituzionale.
Un’analisi semplicemente in buona fede del nuovo
articolo 70 della Costituzione non può che negare recisamente e senza alcun
dubbio che la riforma semplifichi e velocizzi il processo di formazione delle
leggi.
Accade esattamente il contrario e la confusione
regnerà sovrana.
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Art.
11.
(Iniziativa
legislativa).
1. All'articolo 71 della Costituzione sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il primo comma è inserito il seguente:
«Il Senato della Repubblica può, con
deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, richiedere
alla Camera dei deputati di procedere all'esame di un disegno di legge. In
tal caso, la Camera
dei deputati procede all'esame e si pronuncia entro il termine di sei mesi
dalla data della deliberazione del Senato della Repubblica»;
b) al secondo comma, la parola:
«cinquantamila» è sostituita dalla seguente: «centocinquantamila» ed è
aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La discussione e la deliberazione
conclusiva sulle proposte di legge d'iniziativa popolare sono garantite nei
tempi, nelle forme e nei limiti stabiliti dai regolamenti parlamentari»;
c) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Al fine di favorire la partecipazione dei
cittadini alla determinazione delle politiche pubbliche, la legge
costituzionale stabilisce condizioni ed effetti di referendum popolari
propositivi e d'indirizzo, nonché di altre forme di consultazione, anche
delle formazioni sociali. Con legge approvata da entrambe le Camere sono
disposte le modalità di attuazione».
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Il Senato, oltre ad essere coinvolto nel procedimento
di formazione delle leggi, avrà anche iniziativa legislativa, ma solo se la Camera glielo consentirà.
In quanto all’iniziativa legislativa, non può essere
revocato in dubbio che essa venga resa più difficile, perché passa da 50.000 a 150.000 il
numero delle firme necessarie per proporre il disegno di legge di iniziativa
popolare. In sostanza, i cittadini oltre ad essere privati del diritto di
voto per un Senato che, nonostante non sia rappresentativo, continua ad
interessarsi di regole generali vitali per la Nazione, avranno vita
ancora più difficile nel tentativo di proporsi direttamente come autori di
iniziative normative.
I fautori del sì allora ribattono che le prerogative
dei cittadini vengono aumentate, grazie al referendum popolare propositivo e
di indirizzo.
E’ ovvio che si tratta di uno specchietto per le
allodole. Da un lato, la norma è solo programmatica e se non verranno
adottate le norme attuative, questi referendum non si terranno mai.
Dall’altro, proporre una legge mediante raccolta di
firme o referendum cambia poco.
I referendum “di indirizzo” non hanno avuto alcuna
utilità nelle realtà nelle quali esistono già da anni: comuni e regioni. Non
si ha alcuna ragione di ritenere che possano avere maggior successo in altri
ambiti.
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Art.
12.
(Modifica
dell'articolo 72 della Costituzione).
1. L'articolo 72 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
«Art. 72. – Ogni disegno di legge di cui
all'articolo 70, primo comma, presentato ad una Camera, è, secondo le norme
del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa,
che l'approva articolo per articolo e con votazione finale.
Ogni altro disegno di legge è presentato alla
Camera dei deputati e, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una
Commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e
con votazione finale.
I regolamenti stabiliscono procedimenti
abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l'urgenza.
Possono altresì stabilire in quali casi e
forme l'esame e l'approvazione dei disegni di legge sono deferiti a
Commissioni, anche permanenti, che, alla Camera dei deputati, sono
composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari.
Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il
disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti
della Camera o un quinto della Commissione richiedono che sia discusso e
votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione
finale con sole dichiarazioni di voto. I regolamenti determinano le forme di
pubblicità dei lavori delle Commissioni.
La procedura normale di esame e di
approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di
legge in materia costituzionale ed elettorale, per quelli di delegazione
legislativa, per quelli di conversione in legge di decreti, per quelli di
autorizzazione a ratificare trattati internazionali e per quelli di
approvazione di bilanci e consuntivi.
Il regolamento del Senato della Repubblica
disciplina le modalità di esame dei disegni di legge trasmessi dalla Camera
dei deputati ai sensi dell'articolo 70.
Esclusi
i casi di cui all'articolo 70, primo comma, e, in ogni caso, le leggi in
materia elettorale, le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati
internazionali e le leggi di cui agli articoli 79 e 81, sesto comma, il
Governo può chiedere alla Camera dei deputati di deliberare, entro cinque
giorni dalla richiesta, che un disegno di legge indicato come essenziale per
l'attuazione del programma di governo sia iscritto con priorità all'ordine
del giorno e sottoposto alla pronuncia in via definitiva della Camera dei
deputati entro il termine di settanta giorni dalla deliberazione. In tali
casi, i termini di cui all'articolo 70, terzo comma, sono ridotti della metà.
Il termine può essere differito di non oltre quindici giorni, in relazione ai
tempi di esame da parte della Commissione nonché alla complessità del disegno
di legge. Il regolamento della Camera dei deputati stabilisce le modalità e i
limiti del procedimento, anche con riferimento all'omogeneità del disegno di legge».
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La riforma dell’articolo 72, di fatto, impatta in
misura enorme sul principio della divisione dei poteri, inficiando totalmente
l’indipendenza del potere legislativo, che finisce per dipendere totalmente
da quello esecutivo, in ciò anche spinto dal meccanismo elettivo
dell’Italicum.
Infatti, salvo poche (sebbene in alcuni casi
rilevanti) eccezioni, il Governo potrà intervenire nel processo di formazione
delle leggi ed imporre un procedimento “abbreviato”, riducendo alla metà i
termini procedimentali, ogni qualvolta ritenga di qualificare un disegno di
legge come “essenziale per l'attuazione del programma di governo”.
Oltre, quindi, alla tagliola al dibattito ed alle
prerogative parlamentari costituito dalla questione di fiducia, si introduce
un percorso privilegiato per le leggi ritenute essenziali dal Governo.
In questo modo, di fatto, il Governo assume anche la
funzione legislativa ed il Parlamento finisce per essere un ratificatore, in
breve tempo, di norme espresse in realtà dal Consiglio dei Ministri.
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Art.
13.
(Modifiche agli articoli 73 e 134 della Costituzione).
1. All'articolo 73 della Costituzione, il
primo comma è sostituito dai seguenti:
«Le leggi sono promulgate dal Presidente della
Repubblica entro un mese dall'approvazione.
Le leggi che disciplinano l'elezione dei
membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono essere
sottoposte, prima della loro promulgazione, al giudizio preventivo di
legittimità costituzionale da parte della Corte costituzionale, su ricorso motivato
presentato da almeno un quarto dei componenti della Camera dei deputati o da
almeno un terzo dei componenti del Senato della Repubblica entro dieci giorni
dall'approvazione della legge, prima dei quali la legge non può essere
promulgata. La Corte
costituzionale si pronuncia entro il termine di trenta giorni e, fino ad
allora, resta sospeso il termine per la promulgazione della legge. In caso di
dichiarazione di illegittimità costituzionale, la legge non può essere
promulgata».
2. All'articolo 134 della Costituzione, dopo
il primo comma è aggiunto il seguente:
«La
Corte costituzionale giudica altresì della legittimità
costituzionale delle leggi che disciplinano l'elezione dei membri della
Camera dei deputati e del Senato della Repubblica ai sensi dell'articolo 73,
secondo comma».
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I sostenitori del sì sostengono che è stata
introdotto un forte contrappeso al potere del Governo, grazie alla
possibilità di sottoporre “le leggi” al controllo della Corte costituzionale.
Basta leggere l’articolo qui a fianco per capire che
non è così.
Il “controllo” riguarderà solo delle leggi che
disciplinano l'elezione dei membri della Camera dei deputati e del Senato
della Repubblica.
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Art.
14.
(Modifica
dell'articolo 74 della Costituzione).
1. L'articolo 74 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
«Art. 74. – Il Presidente della Repubblica,
prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere
chiedere una nuova deliberazione.
Qualora
la richiesta riguardi la legge di conversione di un decreto adottato a norma
dell'articolo 77, il termine per la conversione in legge è differito di
trenta giorni.
Se la legge è nuovamente approvata, questa
deve essere promulgata».
|
L’articolo in questione introduce un nuovo comma, il
secondo, evidenziato in giallo. Lo scopo è determinare quanto tempo avrà il
Parlamento per convertire in legge il decreto, a seguito del messaggio
motivato con richiesta di riesame del Capo dello Stato.
|
Art.
15.
(Modifica dell'articolo 75 della Costituzione).
1. L'articolo 75 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
«Art. 75. – È indetto referendum popolare per
deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente
forza di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque
Consigli regionali.
Non è ammesso il referendum per le leggi
tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a
ratificare trattati internazionali.
Hanno diritto di partecipare al referendum
tutti gli elettori.
La proposta soggetta a referendum è approvata
se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto o, se avanzata da
ottocentomila elettori, la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della
Camera dei deputati, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente
espressi.
La legge determina le modalità di attuazione
del referendum».
|
L’articolo mira a correggere in parte il problema del
quorum dei referendum.
La novità (evidenziata in giallo) consiste nella
possibilità di determinare un quorum pari alla maggioranza dei votanti alle
ultime elezioni della Camera, purchè, però, il referendum sia stato richiesto
da ben 800.000 elettori. Una cifra sostanzialmente irraggiungibile.
|
Art.
16.
(Disposizioni
in materia di decretazione d'urgenza).
1. All'articolo 77 della Costituzione sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le parole: «delle Camere»
sono sostituite dalle seguenti: «disposta con legge»;
b) al secondo comma, le parole: «alle Camere
che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono» sono
sostituite dalle seguenti: «alla Camera dei deputati, anche quando la
funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere. La Camera dei deputati,
anche se sciolta, è appositamente convocata e si riunisce»;
c) al terzo comma:
1) al primo periodo sono aggiunte, in fine, le
seguenti parole: « o, nei casi in cui il Presidente della Repubblica abbia
chiesto, a norma dell'articolo 74, una nuova deliberazione, entro novanta
giorni dalla loro pubblicazione»;
2) al secondo periodo, le parole: «Le Camere
possono» sono sostituite dalle seguenti: «La legge può» e le parole: «con
legge» sono soppresse;
d) sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
«Il
Governo non può, mediante provvedimenti provvisori con forza di legge:
disciplinare le materie indicate nell'articolo 72, quinto comma, con
esclusione, per la materia elettorale, della disciplina dell'organizzazione
del procedimento elettorale e dello svolgimento delle elezioni; reiterare
disposizioni adottate con decreti non convertiti in legge e regolare i
rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimi; ripristinare l'efficacia di
norme di legge o di atti aventi forza di legge che la Corte costituzionale ha
dichiarato illegittimi per vizi non attinenti al procedimento.
I decreti recano misure di immediata
applicazione e di contenuto specifico, omogeneo e corrispondente al titolo.
L'esame, a norma dell'articolo 70, terzo e
quarto comma, dei disegni di legge di conversione dei decreti è disposto dal
Senato della Repubblica entro trenta giorni dalla loro presentazione alla
Camera dei deputati. Le proposte di modificazione possono essere deliberate
entro dieci giorni dalla data di trasmissione del disegno di legge di
conversione, che deve avvenire non oltre quaranta giorni dalla presentazione.
Nel corso dell'esame dei disegni di legge di
conversione dei decreti non possono essere approvate disposizioni estranee
all'oggetto o alle finalità del decreto».
|
Molti fautori del sì osservano che le modifiche
all’articolo 77 introdurrebbero nuovi contrappesi all’incrementato potere del
Governo.
In effetti è così, ma solo sul piano formale. In
effetti, le disposizioni evidenziate in giallo sono introdotte ex novo nel
testo della Costituzione.
Però, occorre completare le informazioni, ricordando
che si tratta di vincoli al Governo posti da sempre da una consolidata
giurisprudenza della Corte costituzionale.
Dunque, la novità è solo formale: nella sostanza, il
Governo incontra già e da molti anni i limiti alla decretazione d’urgenza
inseriti nella norma.
|
Art.
17.
(Deliberazione
dello stato di guerra).
1. L'articolo 78 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
«Art. 78. – La Camera dei deputati
delibera a maggioranza assoluta lo stato di guerra e conferisce al Governo i
poteri necessari».
|
Norme di correzione solo formale, connesse al mutato
assetto del Parlamento.
|
Art.
18.
(Leggi di amnistia e indulto).
1. All'articolo 79, primo comma, della
Costituzione, le parole: «di ciascuna Camera,» sono sostituite dalle
seguenti: «della Camera dei deputati,».
|
Norme di correzione solo formale, connesse al mutato
assetto del Parlamento.
|
Art.
19.
(Autorizzazione alla ratifica di trattati
internazionali).
1. All'articolo 80 della Costituzione, le
parole: «Le Camere autorizzano» sono sostituite dalle seguenti: «La Camera dei deputati
autorizza» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le leggi che
autorizzano la ratifica dei trattati relativi all'appartenenza dell'Italia
all'Unione europea sono approvate da entrambe le Camere».
|
Norme di correzione solo formale, connesse al mutato
assetto del Parlamento.
|
Art.
20.
(Inchieste
parlamentari).
1. L'articolo 82 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
«Art. 82. – La Camera dei deputati può
disporre inchieste su materie di pubblico interesse. Il Senato della Repubblica
può disporre inchieste su materie di pubblico interesse concernenti le
autonomie territoriali.
A tale scopo ciascuna Camera nomina fra i
propri componenti una Commissione. Alla Camera dei deputati la Commissione è
formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La Commissione
d'inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le
stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria».
|
Norme di correzione solo formale, connesse al mutato
assetto del Parlamento.
|
Capo
II
MODIFICHE AL TITOLO II DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE
Art.
21.
(Modifiche all'articolo 83 della Costituzione in materia di
delegati regionali e di quorum per l'elezione del Presidente della
Repubblica).
1. All'articolo 83 della Costituzione sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) il secondo comma è abrogato;
b) al terzo comma, il secondo periodo è
sostituito dai seguenti: «Dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza
dei tre quinti dell'assemblea. Dal settimo scrutinio è sufficiente la maggioranza
dei tre quinti dei votanti».
|
I fautori del sì sostengono che la modifica al
procedimento elettorale del Presidente della Repubblica innalza il quorum e,
quindi, è maggiormente garantista del pluralismo. Ma le cose non stanno
affatto così.
Oggi l’elezione del Presidente della Repubblica
richiede la maggioranza dei 2/3 dei componenti del Parlamento riunito in
seduta comune fino al terzo scrutinio e, dal quarto in poi, la maggioranza
assoluta, cioè la metà più uno dei componenti del Parlamento riunito in
seduta comune.
Con la riforma, dal quarto scrutinio il quorum, è
vero, si alza e passa ai 3/5 dei componenti l’assemblea. Ma, dal settimo
scrutinio in poi, basterà la maggioranza non dei 3/5 dei componenti, bensì
dei soli votanti: cioè, se votassero solo in 5, basterebbero 3 voti per
eleggere il Capo dello Stato.
E’ chiaro che dal settimo scrutinio in poi il premio
di maggioranza abnorme assegnato dall’Italicum consentirebbe al partito di
maggioranza di eleggersi il “suo” presidente della Repubblica. Basta, allo
scopo, far franare i primi 6 scrutini con astensioni di massa.
|
Art.
22.
(Disposizioni
in tema di elezione del Presidente della Repubblica).
1. All'articolo 85 della Costituzione sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al secondo comma, le parole: «e i delegati
regionali,» sono soppresse e dopo il primo periodo è aggiunto il seguente:
«Quando il Presidente della Camera esercita le funzioni del Presidente della
Repubblica nel caso in cui questi non possa adempierle, il Presidente del Senato
convoca e presiede il Parlamento in seduta comune»;
b) al terzo comma, il primo periodo è
sostituito dal seguente: «Se la
Camera dei deputati è sciolta, o manca meno di tre mesi
alla sua cessazione, l'elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione
della Camera nuova».
|
La norma non richiede particolari commenti.
|
Art.
23.
(Esercizio delle funzioni del Presidente della
Repubblica).
1. All'articolo 86 della Costituzione sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le parole: «del Senato»
sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati»;
b) al secondo comma, le parole: «il Presidente
della Camera dei deputati indice» sono sostituite dalle seguenti: «il
Presidente del Senato indice», le parole: «le Camere sono sciolte» sono
sostituite dalle seguenti: «la
Camera dei deputati è sciolta» e la parola: «loro» è
sostituita dalla seguente: «sua».
|
Norme di correzione solo formale, connesse al mutato
assetto del Parlamento.
|
Art.
24.
(Scioglimento
della Camera dei deputati).
1. All'articolo 88 della Costituzione, il
primo comma è sostituito dal seguente:
«Il Presidente della Repubblica può, sentito
il suo Presidente, sciogliere la
Camera dei deputati».
Capo III
|
Norme di correzione solo formale, connesse al mutato
assetto del Parlamento.
|
MODIFICHE AL TITOLO III DELLA PARTE II DELLA
COSTITUZIONE
Art.
25.
(Fiducia al Governo).
1. All'articolo 94 della Costituzione sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le parole: «delle due
Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati»;
b) al secondo comma, le parole: «Ciascuna
Camera accorda o revoca la fiducia» sono sostituite dalle seguenti: «La
fiducia è accordata o revocata»;
c) al terzo comma, le parole: «alle Camere»
sono sostituite dalle seguenti: «innanzi alla Camera dei deputati»;
d) al quarto comma, le parole: «di una o
d'entrambe le Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei
deputati»;
e) al quinto comma, dopo la parola: «Camera»
sono inserite le seguenti: «dei deputati».
|
Norma di coordinamento con le disposizioni che
assegnano alla sola Camera la competenza ad accordare o revocare la fiducia
al Governo.
|
Art.
26.
(Modifica
all'articolo 96 della Costituzione).
1. All'articolo 96 della Costituzione, le
parole: «del Senato della Repubblica o» sono soppresse.
|
Norme di correzione solo formale, connesse al mutato
assetto del Parlamento.
|
Art.
27.
(Modifica
all'articolo 97 della Costituzione).
1. Il secondo comma dell'articolo 97 della
Costituzione è sostituito dal seguente:
«I pubblici uffici sono organizzati secondo
disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento,
l'imparzialità e la trasparenza dell'amministrazione».
|
Norma incomprensibile: modifica il comma 2
dell’articolo 97 della Costituzione, rendendo il suo contenuto identico a
quello del comma 1.
|
Art.
28.
(Soppressione
del CNEL).
1. L'articolo 99 della Costituzione è
abrogato.
|
Anche questa viene propagandata come salutare ed
indispensabile norma che crea risparmi e anti casta.
Del Cnel difficilmente si sentirà la mancanza.
Tuttavia, la spesa annua di questo organo è di 20 milioni, lo 0,02% del
totale della spesa pubblica: davvero bruscolini.
Modificare 47 articoli della Costituzione solo per
abolire il Cnel appare solo paradossale.
|
Capo
IV
MODIFICHE AL TITOLO V DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE
Art.
29.
(Abolizione delle Province).
1. All'articolo 114 della Costituzione sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le parole: «dalle
Province,» sono soppresse;
b) al secondo comma, le parole: «le Province,»
sono soppresse.
|
La riforma della Costituzione abolisce le province
definitivamente? Apparentemente, la risposta da dare è positiva, visto che la
legge costituzionale contiene un articolo 29 rubricato “abolizione delle
province” e in diverse altre norme si cancella la parola.
Ma, per abolire un ente, non basta enunciare
l’intenzione o eliminarne la denominazione. La Costituzione non
può, ovviamente, andare nel dettaglio dell’organizzazione territoriale, né
abolire leggi ordinarie.
Sta di fatto, dunque, che anche laddove la riforma
dovesse superare la prova del referendum confermativo, resterebbe in vigore
la legge “Delrio”, la 56/2014, che regola ed ordina la disciplina delle
province, confusamente ivi definite come enti di area vasta. E restano
vigenti tutte le altre leggi ordinarie che alle province per qualsiasi
ragione facciano riferimento.
Il che significa che, province o enti di area vasta
che siano, conservano la competenza a gestire le “funzioni fondamentali”
previste dalla legge 56/2014 (edilizia e programmazione scolastica,
programmazione territoriale, trasporti, tutela e valorizzazione
dell’ambiente, controllo sulla discriminazione in ambito lavorativo) e le
funzioni ulteriori che possono essere svolte, come autorità di bacino per i
servizi pubblici locali a rilevanza economica, o centrali uniche appaltanti o
per lo svolgimento di concorsi.
Quindi, in realtà, la riforma abolisce solo la
parola, non l’istituto, né incide sulle competenze. Di fatto, le province o
enti di area vasta semplicemente degradano da enti a rilevanza costituzionale
ed autonomia costituzionalmente garantita, ad enti disciplinati dalla
normativa statale ordinaria.
Ma, vi è di più. L’articolo 40, comma 4, della legge
di riforma costituzionale stabilisce che “per
gli enti di area vasta, tenuto conto anche delle aree montane, fatti salvi i
profili ordinamentali generali relativi agli enti di area vasta definiti con
legge dello Stato, le ulteriori disposizioni in materia sono adottate con
legge regionale”. Dunque, le regioni potranno esercitare la propria
potestà legislativa, allo scopo di accrescere e diversificare competenze e
funzioni delle province, rispetto a quanto non stabilito dalla legge dello
Stato. Il quale, proprio dalla disposizione transitoria contenuta nella
Costituzione, di fatto assume la competenza di definire proprio l’assetto
fondamentale principale di tali enti.
Ciò conferma quello che, nei fatti, è già avvenuto,
perché le province sono già state degradate ad enti di minore portata
rispetto ai comuni dalla normativa conseguente alla riforma Delrio, in
particolare la legge 190/2014, che ha imposto loro un prelievo forzoso di ben
3 miliardi a regime, condannandole al disequilibrio ed al dissesto.
Una conseguenza forte, però, connessa alla riforma
costituzionale potrà esservi. Le province, finchè hanno la tutela
costituzionale loro assicurata dall’attuale testo della Costituzione, possono
pretendere l’applicazione dell’articolo 119, che impone a Stato o regioni di
finanziare integralmente le funzioni loro conferite: tanto che la regione
Piemonte (sentenza 10/2016 della Consulta) ha subito la pronuncia di
incostituzionalità di una serie di leggi di bilancio, con le quali aveva
tagliato le risorse alle province in modo indiscriminato, pur conservando
intatte le funzioni ad esse assegnate.
Laddove il referendum confermativo rendesse efficace
la riforma della Costituzione, allora le province non potranno più contare
sulla tutela ai loro bilanci e patrimoni oggi prevista dall’articolo 119.
Il rischio è indebolire ulteriormente le finanze
duramente incise di questi enti, così da rendere ancor meno efficienti di
quanto non siano oggi i servizi che rendono, anche nell’ambito delle funzioni
fondamentali.
|
Art.
30.
(Modifica
all'articolo 116 della Costituzione).
1. All'articolo 116 della Costituzione, il
terzo comma è sostituito dal seguente:
«Ulteriori forme e condizioni particolari di
autonomia, concernenti le materie di cui all'articolo 117, secondo comma,
lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, m),
limitatamente alle disposizioni generali e comuni per le politiche sociali,
n), o), limitatamente alle politiche attive del lavoro e all'istruzione e
formazione professionale, q), limitatamente al commercio con l'estero, s) e
u), limitatamente al governo del territorio, possono essere attribuite ad
altre Regioni, con legge dello Stato, anche su richiesta delle stesse,
sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all'articolo 119,
purché la Regione
sia in condizione di equilibrio tra le entrate e le spese del proprio
bilancio. La legge è approvata da entrambe le Camere, sulla base di intesa
tra lo Stato e la Regione
interessata».
|
La riforma viene considerata come un correttivo alla
devastante modifica a suo tempo apportata al Titolo V, con una riduzione ai
poteri delle regioni.
Le cose non stanno proprio così: il nuovo articolo
116 consentirà alle regioni di negoziare con lo Stato la conservazione di una
serie molto vasta di potestà legislative.
Col risultato di una presenza di 20 regioni a statuto
differenziato ed il caos a macchia di leopardo dell’attribuzione delle
competenze legislative.
|
Art.
31.
(Modifica
dell'articolo 117 della Costituzione).
1. L'articolo 117 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
«Art. 117. – La potestà legislativa è
esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione,
nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea e dagli
obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle
seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali
dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e
condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione
europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le
confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello
Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati
finanziari e assicurativi; tutela e promozione della concorrenza; sistema
valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei
bilanci pubblici; coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario; perequazione delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi
elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa
dello Stato e degli enti pubblici nazionali; norme sul procedimento
amministrativo e sulla disciplina giuridica del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche tese ad assicurarne l'uniformità sul territorio
nazionale;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione
della polizia amministrativa locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali;
ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere
garantiti su tutto il territorio nazionale; disposizioni generali e comuni
per la tutela della salute, per le politiche sociali e per la sicurezza
alimentare;
n) disposizioni generali e comuni
sull'istruzione; ordinamento scolastico; istruzione universitaria e
programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica;
o) previdenza sociale, ivi compresa la previdenza
complementare e integrativa; tutela e sicurezza del lavoro; politiche attive
del lavoro; disposizioni generali e comuni sull'istruzione e formazione
professionale;
p) ordinamento, legislazione elettorale,
organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni e Città metropolitane;
disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e
profilassi internazionale; commercio con l'estero;
r) pesi, misure e determinazione del tempo;
coordinamento informativo statistico e informatico dei dati, dei processi e
delle relative infrastrutture e piattaforme informatiche dell'amministrazione
statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;
s) tutela e valorizzazione dei beni culturali
e paesaggistici; ambiente ed ecosistema; ordinamento sportivo; disposizioni
generali e comuni sulle attività culturali e sul turismo;
t) ordinamento delle professioni e della
comunicazione;
u) disposizioni generali e comuni sul governo
del territorio; sistema nazionale e coordinamento della protezione civile;
v) produzione, trasporto e distribuzione
nazionali dell'energia;
z) infrastrutture strategiche e grandi reti di
trasporto e di navigazione di interesse nazionale e relative norme di
sicurezza; porti e aeroporti civili, di interesse nazionale e internazionale.
Spetta alle Regioni la potestà legislativa in
materia di rappresentanza delle minoranze linguistiche, di pianificazione del
territorio regionale e mobilità al suo interno, di dotazione
infrastrutturale, di programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e
sociali, di promozione dello sviluppo economico locale e organizzazione in
ambito regionale dei servizi alle imprese e della formazione professionale;
salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche, in materia di servizi
scolastici, di promozione del diritto allo studio, anche universitario; in
materia di disciplina, per quanto di interesse regionale, delle attività
culturali, della promozione dei beni ambientali, culturali e paesaggistici,
di valorizzazione e organizzazione regionale del turismo, di regolazione,
sulla base di apposite intese concluse in ambito regionale, delle relazioni
finanziarie tra gli enti territoriali della Regione per il rispetto degli
obiettivi programmatici regionali e locali di finanza pubblica, nonché in
ogni materia non espressamente riservata alla competenza esclusiva dello
Stato.
Su proposta del Governo, la legge dello Stato
può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando
lo richieda la tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica,
ovvero la tutela dell'interesse nazionale.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e
di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni
dirette alla formazione degli atti normativi dell'Unione europea e provvedono
all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti
dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite con
legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere
sostitutivo in caso di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo Stato e
alle Regioni secondo le rispettive competenze legislative. È fatta salva la
facoltà dello Stato di delegare alle Regioni l'esercizio di tale potestà
nelle materie di competenza legislativa esclusiva. I Comuni e le Città
metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina
dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite, nel
rispetto della legge statale o regionale.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che
impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale,
culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini
alle cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della
Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni,
anche con individuazione di organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere
accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei
casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato».
|
L’intento è correggere le conseguenze della riforma
costituzionale del Titolo V del 2001.
Prima della legge allora approvata, la potestà
legislativa dello Stato era generale e riguardava ogni materia possibile,
mentre quella delle regioni era riferita ad un elenco tassativo di poche
materie ed era di natura “concorrente”. In sostanza, le regioni potevano
legiferare nell’ambito di leggi cornice statali e nei limiti della libertà di
azione ad esse lasciate, per lo con poteri di adattamento alle realtà
territoriali, specialmente connesse ai sistemi di trasporto, produttivi e di
governo del territorio.
La riforma del Titolo V modificò quell’assetto.
Pertanto allo Stato assegnò una potestà legislativa esclusiva su un elenco
tassativo di potestà; alle regioni si assegnarono due tipi di competenza:
a) quella
concorrente, su un arco di materie molto più ampio che in precedenza;
b) quella
generale-residuale, che abbraccia tutte le materie non rientranti nelle
precedenti tipologie.
Il quadro, tuttavia, è risultato di molto complicato,
perché i confini tra le competenze legislativi di Stato e regioni sono
risultati troppo poco definiti. Inoltre, la Corte Costituzionale
ha elaborato le competenze cosiddette “trasversali” (ad esempio, concorrenza
o determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali) che
autorizzano lo Stato a intervenire anche sulle materie apparentemente
regionali. Da qui l’esponenziale incremento dei conflitti
Meglio la
competenza generale allo Stato. La
riforma vuole procedere, allora, nel senso opposto: incrementare a dismisura
l’elenco delle potestà legislative esclusive dello Stato, riducendo
simmetricamente quelle regionali di natura concorrente, lasciando, però,
ancora in piedi quelle generali residuali.
Probabilmente, la riforma sarebbe stata più efficace
se si fosse semplificato il quadro delle competenze procedendo in modo
diametralmente opposto e recuperando la più saggia metodologia adottata dai
padri costituenti: affermare una competenza generale e residuale dello Stato
e non delle regioni, per fissare un elenco tassativo di potestà legislative
regionali, definendo con estrema chiarezza l’interesse nazionale e quello
regionale.
Il limite
dell’interesse nazionale. C’è poi il
problema della configurazione dell’ “interesse nazionale”.
Il testo della riforma prevede che la legge statale
si occupi di materie o funzioni non rientranti nella propria legislazione,
travolgendo quella regionale qualora richieda la tutela dell’unità giuridica
o dell’unità economica della Repubblica o lo renda necessario la
realizzazione di programmi o di riforme economico-sociali di interesse
nazionale.
Da sempre, l’assenza di una chiara definizione
dell’interesse nazionale, e specularmente dell’interesse regionale,
costituisce motivo di incertezza, sovrapposizione e contenzioso. Una volta
che si decida di compiere il passo verso la modifica del Titolo V, sarebbe
molto opportuno fare a meno una volta e per sempre di criteri discretivi
aleatori e incerti, oppure definire con estrema chiarezza i confini
dell’interesse nazionale.
Scelte
condivisibili. Più incisive sono
alcune altre scelte del disegno di legge. In particolare, quella di chiarire
una volta e per sempre che sarà attribuita alla potestà legislativa dello
Stato la competenza in materia di
1. coordinamento
della finanza pubblica e del sistema tributario;
2. norme
generali sul procedimento amministrativo;
3. disciplina
giuridica del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche;
Il coordinamento della finanza pubblica non poteva
essere materia di legislazione concorrente. In effetti, la giurisprudenza
costituzionale ha corretto il tiro dell’articolo 117, comma 3, della
Costituzione, considerando, anche sulla base dell’articolo 119, che il
coordimamento della finanza pubblica sia una “materia trasversale” di per sé
connessa alla potestà statale, essendo strettamente legata all’attuazione di
trattati internazionali e di una politica economica nazionale. Corretto
stabilire espressamente che non si tratta di legislazione concorrente.
In quanto al procedimento amministrativo, le regioni
hanno ritenuto di avere spazi per la sua regolamentazione, quanto meno nelle
ampie materie assegnate sin qui alla propria potestà legislativa, tanto
concorrente quanto esclusiva. Il che ha creato, specie nelle materie del
commercio e delle attività produttive, oltre che per urbanistica, edilizia ed
in parte appalti, inaccettabili diversificazioni procedurali, fonte di
incertezza e complicazione per le imprese. Anche in questo caso la scelta del
disegno di legge appare quanto mai opportuna.
Lo stesso vale, infine, per l’accentramento alla sola
legge di competenza statale della disciplina del lavoro pubblico. Si estirpa,
correttamente e finalmente, alle regioni la possibilità di ingerirsi nel tema
del trattamento giuridico del personale pubblico. Le regioni hanno abusato
fin troppo degli spazi, per quanto esigui, poco prudentemente lasciati loro
dalla legge costituzionale 3/2001, inventandosi sistemi di assunzione,
progressioni di carriera, incarichi dirigenziali, creazione di staff agli
organi di governo, stabilizzazioni, sempre tali da mettere in serio pericolo
le manovre di finanza pubblica riguardanti il personale, attivando sistemi
molto poco meritocratici e troppo clientelari.
|
Art.
32.
(Modifiche
all'articolo 118 della Costituzione).
1. All'articolo 118 della Costituzione sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, la parola: «Province,» è
soppressa;
b) dopo il primo comma è inserito il seguente:
«Le funzioni amministrative sono esercitate in
modo da assicurare la semplificazione e la trasparenza dell'azione
amministrativa, secondo criteri di efficienza e di responsabilità degli
amministratori»;
c) al secondo comma, le parole: «, le
Province» sono soppresse;
d) al terzo comma, le parole: «nella materia
della tutela dei beni culturali» sono sostituite dalle seguenti: «in materia
di tutela dei beni culturali e paesaggistici»;
e) al quarto comma, la parola: «, Province» è
soppressa.
|
Norme di coordinamento testuale.
|
Art.
33.
(Modifica
dell'articolo 119 della Costituzione).
1. L'articolo
119 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 119. – I Comuni, le Città metropolitane
e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto
dell'equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l'osservanza
dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione
europea.
I Comuni, le Città metropolitane e le Regioni
hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri e
dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al
loro territorio, in armonia con la Costituzione e secondo quanto disposto dalla
legge dello Stato ai fini del coordinamento della finanza pubblica e del
sistema tributario.
La legge dello Stato istituisce un fondo
perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore
capacità fiscale per abitante.
Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai
commi precedenti assicurano il finanziamento integrale delle funzioni
pubbliche dei Comuni, delle Città metropolitane e delle Regioni. Con legge
dello Stato sono definiti indicatori di riferimento di costo e di fabbisogno
che promuovono condizioni di efficienza nell'esercizio delle medesime
funzioni.
Per promuovere lo sviluppo economico, la
coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e
sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per
provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo
Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di
determinati Comuni, Città metropolitane e Regioni.
I Comuni, le Città metropolitane e le Regioni
hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i princìpi generali
determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all'indebitamento solo
per finanziare spese di investimento, con la contestuale definizione di piani
di ammortamento e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna
Regione sia rispettato l'equilibrio di bilancio. È esclusa ogni garanzia
dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti».
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Norma che elimina le province dalla disciplina delle
regole di finanza pubblica concernenti gli enti locali.
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Art.
34.
(Modifica
all'articolo 120 della Costituzione).
1. All'articolo 120, secondo comma, della
Costituzione, dopo le parole: «Il Governo» sono inserite le seguenti: «,
acquisito, salvi i casi di motivata urgenza, il parere del Senato della
Repubblica, che deve essere reso entro quindici giorni dalla richiesta,» e sono
aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e stabilisce i casi di esclusione dei
titolari di organi di governo regionali e locali dall'esercizio delle
rispettive funzioni quando è stato accertato lo stato di grave dissesto
finanziario dell'ente».
|
Poiché il Senato è configurato anche come soggetto
esponenziale delle regioni, si prevede il parere del Senato stesso per
l’adozione dei provvedimenti sostitutivi adottati dal Governo nei confronti
delle regioni e degli enti locali, nel caso di mancato rispetto di norme e
trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo
grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono
la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la
tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili
e sociali.
|
Art.
35.
(Limiti
agli emolumenti dei componenti degli organi regionali ed equilibrio tra i
sessi nella rappresentanza).
1. All'articolo 122, primo comma, della
Costituzione, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e i relativi
emolumenti nel limite dell'importo di quelli attribuiti ai sindaci dei Comuni
capoluogo di Regione. La legge della Repubblica stabilisce altresì i princìpi
fondamentali per promuovere l'equilibrio tra donne e uomini nella
rappresentanza».
|
Norma considerata “anticasta”, perché abbassa le
indennità spettanti ai consiglieri regionali al valore dei quello dei sindaci
dei comuni capoluogo di regione.
Basterà innalzare le indennità dei sindaci, per
tornare come prima.
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Art.
36.
(Soppressione
della Commissione parlamentare per le questioni regionali).
1. All'articolo 126, primo comma, della
Costituzione, l'ultimo periodo è sostituito dal seguente: «Il decreto è
adottato previo parere del Senato della Repubblica».
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Norma che non richiede particolare commento.
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Capo
V
MODIFICHE AL TITOLO VI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE
Art.
37.
(Elezione
dei giudici della Corte costituzionale).
1. All'articolo 135 della Costituzione sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma è sostituito dal seguente:
«La
Corte costituzionale è composta da quindici giudici, dei
quali un terzo nominati dal Presidente della Repubblica, un terzo dalle
supreme magistrature ordinaria ed amministrative, tre dalla Camera dei deputati
e due dal Senato della Repubblica»;
b) al settimo comma, la parola: «senatore» è
sostituita dalla seguente: «deputato».
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Si rinvia a quanto sopra rispetto all’inspiegabile
ruolo assegnato al Senato nell’elezione dei giudici della Corte
costituzionale.
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Capo
VI
DISPOSIZIONI FINALI
Art.
38.
(Disposizioni
consequenziali e di coordinamento).
1. All'articolo 48, terzo comma, della
Costituzione, le parole: «delle Camere» sono sostituite dalle seguenti:
«della Camera dei deputati».
2. L'articolo 58 della Costituzione è
abrogato.
3. L'articolo 61 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
«Art. 61. – L'elezione della nuova Camera dei
deputati ha luogo entro settanta giorni dalla fine della precedente. La prima
riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dall'elezione.
Finché non sia riunita la nuova Camera dei
deputati sono prorogati i poteri della precedente».
4. All'articolo 62 della Costituzione, il
terzo comma è abrogato.
5. All'articolo 73, secondo comma, della
Costituzione, le parole: «Se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei
propri componenti, ne dichiarano» sono sostituite dalle seguenti: «Se la Camera dei deputati, a
maggioranza assoluta dei suoi componenti, ne dichiara».
6. All'articolo 81 della Costituzione sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al secondo comma, le parole: «delle Camere»
sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati» e la parola:
«rispettivi» è sostituita dalla seguente: «suoi»;
b) al quarto comma, le parole: «Le Camere ogni
anno approvano» sono sostituite dalle seguenti: «La Camera dei deputati ogni
anno approva»;
c) al sesto comma, le parole: «di ciascuna
Camera,» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati,».
7. All'articolo 87 della Costituzione sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al terzo comma, le parole: «delle nuove
Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della nuova Camera dei deputati»;
b) all'ottavo comma, le parole: «delle Camere»
sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati. Ratifica i
trattati relativi all'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, previa
l'autorizzazione di entrambe le Camere»;
c) al nono comma, le parole: «dalle Camere»
sono sostituite dalle seguenti: «dalla Camera dei deputati».
8. La rubrica del titolo V della parte II
della Costituzione è sostituita dalla seguente: «Le Regioni, le Città
metropolitane e i Comuni».
9. All'articolo 120, secondo comma, della
Costituzione, dopo le parole: «, delle Province» sono inserite le seguenti:
«autonome di Trento e di Bolzano».
10. All'articolo 121, secondo comma, della
Costituzione, le parole: «alle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «alla
Camera dei deputati».
11. All'articolo 122, secondo comma, della
Costituzione, le parole: «ad una delle Camere del Parlamento» sono sostituite
dalle seguenti: «alla Camera dei deputati».
12. All'articolo 132, secondo comma, della
Costituzione, le parole: «della Provincia o delle Province interessate e»
sono soppresse e le parole: «Province e Comuni,» sono sostituite dalle
seguenti: «i Comuni,».
13. All'articolo 133 della Costituzione, il
primo comma è abrogato.
14. Il comma 2 dell'articolo 12 della legge
costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, e successive modificazioni, è sostituito
dal seguente:
«2. Il Comitato di cui al comma 1 è presieduto
dal Presidente della Giunta della Camera dei deputati».
15. Alla legge costituzionale 16 gennaio 1989,
n. 1, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l'articolo 5 è sostituito dal seguente:
«Art. 5. – 1. L'autorizzazione prevista
dall'articolo 96 della Costituzione spetta alla Camera dei deputati, anche se
il procedimento riguardi altresì soggetti che non sono membri della medesima
Camera dei deputati»;
b) le parole: «Camera competente ai sensi
dell'articolo 5» e «Camera competente», ovunque ricorrono, sono sostituite
dalle seguenti: «Camera dei deputati».
16. All'articolo 3 della legge costituzionale
22 novembre 1967, n. 2, al primo periodo, le parole: «da questo in seduta
comune delle due Camere» sono sostituite dalle seguenti: «da ciascuna Camera»
e le parole: «componenti l'Assemblea» sono sostituite dalle seguenti: «propri
componenti»; al secondo periodo, le parole: «l'Assemblea» sono sostituite
dalle seguenti: «di ciascuna Camera».
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Norme di correzione solo formale, connesse al mutato
assetto del Parlamento.
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Art.
39.
(Disposizioni
transitorie).
1. In sede di prima applicazione e sino alla
data di entrata in vigore della legge di cui all'articolo 57, sesto comma,
della Costituzione, come modificato dall'articolo 2 della presente legge costituzionale,
per l'elezione del Senato della Repubblica, nei Consigli regionali e della
Provincia autonoma di Trento, ogni consigliere può votare per una sola lista
di candidati, formata da consiglieri e da sindaci dei rispettivi territori.
Al fine dell'assegnazione dei seggi a ciascuna lista di candidati si divide
il numero dei voti espressi per il numero dei seggi attribuiti e si ottiene
il quoziente elettorale. Si divide poi per tale quoziente il numero dei voti
espressi in favore di ciascuna lista di candidati. I seggi sono assegnati a
ciascuna lista di candidati in numero pari ai quozienti interi ottenuti,
secondo l'ordine di presentazione nella lista dei candidati medesimi, e i
seggi residui sono assegnati alle liste che hanno conseguito i maggiori resti;
a parità di resti, il seggio è assegnato alla lista che non ha ottenuto seggi
o, in mancanza, a quella che ha ottenuto il numero minore di seggi. Per la
lista che ha ottenuto il maggior numero di voti, può essere esercitata
l'opzione per l'elezione del sindaco o, in alternativa, di un consigliere,
nell'ambito dei seggi spettanti. In caso di cessazione di un senatore dalla
carica di consigliere o di sindaco, è proclamato eletto rispettivamente il
consigliere o sindaco primo tra i non eletti della stessa lista.
2. Quando, in base all'ultimo censimento
generale della popolazione, il numero di senatori spettanti a una Regione, ai
sensi dell'articolo 57 della Costituzione, come modificato dall'articolo 2
della presente legge costituzionale, è diverso da quello risultante in base
al censimento precedente, il Consiglio regionale elegge i senatori nel numero
corrispondente all'ultimo censimento, anche in deroga al primo comma del
medesimo articolo 57 della Costituzione. Si applicano in ogni caso le
disposizioni di cui al comma 1.
3. Nella legislatura in corso alla data di
entrata in vigore della presente legge costituzionale, sciolte entrambe le
Camere, non si procede alla convocazione dei comizi elettorali per il rinnovo
del Senato della Repubblica.
4. Fino alla data di entrata in vigore della
legge di cui all'articolo 57, sesto comma, della Costituzione, come
modificato dall'articolo 2 della presente legge costituzionale, la prima
costituzione del Senato della Repubblica ha luogo, in base alle disposizioni del
presente articolo, entro dieci giorni dalla data della prima riunione della
Camera dei deputati successiva alle elezioni svolte dopo la data di entrata
in vigore della presente legge costituzionale. Qualora alla data di
svolgimento delle elezioni della Camera dei deputati di cui al periodo
precedente si svolgano anche elezioni di Consigli regionali o dei Consigli
delle Province autonome di Trento e di Bolzano, i medesimi Consigli sono
convocati in collegio elettorale entro tre giorni dal loro insediamento.
5. I senatori eletti sono proclamati dal
Presidente della Giunta regionale o provinciale.
6. La legge di cui all'articolo 57, sesto
comma, della Costituzione, come modificato dall'articolo 2 della presente
legge costituzionale, è approvata entro sei mesi dalla data di svolgimento
delle elezioni della Camera dei deputati di cui al comma 4.
7. I senatori a vita in carica alla data di
entrata in vigore della presente legge costituzionale permangono nella stessa
carica, ad ogni effetto, quali membri del Senato della Repubblica.
8. Le disposizioni dei regolamenti
parlamentari vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge
costituzionale continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, fino alla
data di entrata in vigore delle loro modificazioni, adottate secondo i
rispettivi ordinamenti dalla Camera dei deputati e dal Senato della
Repubblica, conseguenti alla medesima legge costituzionale.
9. Fino all'adeguamento del regolamento della
Camera dei deputati a quanto previsto dall'articolo 72, settimo comma, della
Costituzione, come modificato dall'articolo 12 della presente legge
costituzionale, in ogni caso il differimento del termine previsto dal
medesimo articolo non può essere inferiore a dieci giorni.
10. In sede di prima applicazione dell'articolo
135 della Costituzione, come modificato dall'articolo 37 della presente legge
costituzionale, alla cessazione dalla carica dei giudici della Corte
costituzionale nominati dal Parlamento in seduta comune, le nuove nomine sono
attribuite alternativamente, nell'ordine, alla Camera dei deputati e al
Senato della Repubblica.
11. In sede di prima applicazione, nella
legislatura in corso alla data di entrata in vigore della presente legge
costituzionale, su ricorso motivato presentato entro dieci giorni da tale
data, o entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore della legge di cui
all'articolo 57, sesto comma, della Costituzione, come modificato dalla
presente legge costituzionale, da almeno un quarto dei componenti della
Camera dei deputati o un terzo dei componenti del Senato della Repubblica, le
leggi promulgate nella medesima legislatura che disciplinano l'elezione dei
membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono essere
sottoposte al giudizio di legittimità della Corte costituzionale. La Corte costituzionale si
pronuncia entro il termine di trenta giorni. Anche ai fini di cui al presente
comma, il termine di cui al comma 6 decorre dalla data di entrata in vigore
della presente legge costituzionale.
Entro novanta giorni dalla data di entrata in
vigore della legge di cui all'articolo 57, sesto comma, della Costituzione,
come modificato dalla presente legge costituzionale, le Regioni e le Province
autonome di Trento e di Bolzano conformano le rispettive disposizioni legislative
e regolamentari a quanto ivi stabilito.
12. Le leggi delle Regioni adottate ai sensi
dell'articolo 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, nel testo
vigente fino alla data di entrata in vigore della presente legge
costituzionale, continuano ad applicarsi fino alla data di entrata in vigore
delle leggi adottate ai sensi dell'articolo 117, secondo e terzo comma, della
Costituzione, come modificato dall'articolo 31 della presente legge
costituzionale.
13. Le disposizioni di cui al capo IV della
presente legge costituzionale non si applicano alle Regioni a statuto
speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano fino alla revisione
dei rispettivi statuti sulla base di intese con le medesime Regioni e
Province autonome. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente
legge costituzionale, e sino alla revisione dei predetti statuti speciali,
alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome si applicano le
disposizioni di cui all'articolo 116, terzo comma, ad esclusione di quelle
che si riferiscono alle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, della
Costituzione, nel testo vigente fino alla data di entrata in vigore della
presente legge costituzionale e resta ferma la disciplina vigente prevista
dai medesimi statuti e dalle relative norme di attuazione ai fini di quanto
previsto dall'articolo 120 della Costituzione; a seguito della suddetta
revisione, alle medesime Regioni a statuto speciale e Province autonome si
applicano le disposizioni di cui all'articolo 116, terzo comma, della
Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale.
14. La Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste
esercita le funzioni provinciali già attribuite alla data di entrata in
vigore della presente legge costituzionale.
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Disposizioni che non richiedono particolari commenti
|
Art.
40.
(Disposizioni
finali).
1. Il Consiglio nazionale dell'economia e del
lavoro (CNEL) è soppresso. Entro trenta giorni dalla data di entrata in
vigore della presente legge costituzionale, il Presidente del Consiglio dei
ministri, su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica
amministrazione, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze,
nomina, con proprio decreto, un commissario straordinario cui è affidata la
gestione provvisoria del CNEL, per le attività relative al patrimonio,
compreso quello immobiliare, nonché per la riallocazione delle risorse umane
e strumentali presso la Corte
dei conti e per gli altri adempimenti conseguenti alla soppressione. All'atto
dell'insediamento del commissario straordinario decadono dall'incarico gli
organi del CNEL e i suoi componenti per ogni funzione di istituto, compresa
quella di rappresentanza.
2. Non possono essere corrisposti rimborsi o
analoghi trasferimenti monetari recanti oneri a carico della finanza pubblica
in favore dei gruppi politici presenti nei Consigli regionali.
3. Tenuto conto di quanto disposto dalla
presente legge costituzionale, entro la legislatura in corso alla data della
sua entrata in vigore, la
Camera dei deputati e il Senato della Repubblica
provvedono, secondo criteri di efficienza e razionalizzazione,
all'integrazione funzionale delle amministrazioni parlamentari, mediante
servizi comuni, impiego coordinato di risorse umane e strumentali e ogni
altra forma di collaborazione. A tal fine è istituito il ruolo unico dei
dipendenti del Parlamento, formato dal personale di ruolo delle due Camere,
che adottano uno statuto unico del personale dipendente, nel quale sono
raccolte e coordinate le disposizioni già vigenti nei rispettivi ordinamenti
e stabilite le procedure per le modificazioni successive da approvare in
conformità ai princìpi di autonomia, imparzialità e accesso esclusivo e
diretto con apposito concorso. Le Camere definiscono altresì di comune
accordo le norme che regolano i contratti di lavoro alle dipendenze delle
formazioni organizzate dei membri del Parlamento, previste dai regolamenti.
Restano validi a ogni effetto i rapporti giuridici, attivi e passivi,
instaurati anche con i terzi.
4. Per gli enti di area vasta, tenuto conto
anche delle aree montane, fatti salvi i profili ordinamentali generali
relativi agli enti di area vasta definiti con legge dello Stato, le ulteriori
disposizioni in materia sono adottate con legge regionale. Il mutamento delle
circoscrizioni delle Città metropolitane è stabilito con legge della
Repubblica, su iniziativa dei Comuni, sentita la Regione.
5. Fermo restando quanto stabilito
dall'articolo 59, primo comma, della Costituzione, i senatori di cui al
medesimo articolo 59, secondo comma, come sostituito dall'articolo 3 della
presente legge costituzionale, non possono eccedere, in ogni caso, il numero
complessivo di cinque, tenuto conto della permanenza in carica dei senatori a
vita già nominati alla data di entrata in vigore della presente legge
costituzionale. Lo stato e le prerogative dei senatori di diritto e a vita
restano regolati secondo le disposizioni già vigenti alla data di entrata in
vigore della presente legge costituzionale.
6. I senatori della Provincia autonoma di
Bolzano/Autonome Provinz Bozen sono eletti tenendo conto della consistenza
dei gruppi linguistici in base all'ultimo censimento. In sede di prima
applicazione ogni consigliere può votare per due liste di candidati, formate
ciascuna da consiglieri e da sindaci dei rispettivi territori.
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Disposizioni che non richiedono particolari commenti
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Art.
41.
(Entrata
in vigore).
1. La presente legge costituzionale entra in
vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale successiva alla promulgazione. Le disposizioni della presente legge
costituzionale si applicano a decorrere dalla legislatura successiva allo
scioglimento di entrambe le Camere, salvo quelle previste dagli articoli
28, 35, 39, commi 3, 7 e 11, e 40, commi 1, 2, 3 e 4, che sono di immediata
applicazione.
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Disposizioni che non richiedono particolari commenti
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