lunedì 1 febbraio 2021

La riforma della PA che vorremmo vedere e le semplificazioni di cui c'è davvero bisogno

 

E’ da sperare che le semplificazioni annunciate rinuncino ai tradizionali approcci visti troppe volte nel corso dell’ultimo quarto di secolo.

La riforma della PA che vorremmo vedere dovrebbe partire da questi assunti. Scardinare la rassegnata abitudine alle file infinite nei pronto soccorso o al rinvio alle calende greche degli appuntamenti fissati dai Cup. In Italia, gli addetti ai servizi per il lavoro in favore dei disoccupati sono circa 6.000; in Germania, dove i disoccupati sono quasi la metà dei 3 milioni italiani, gli addetti sono, invece, oltre 100.000: è evidente che, poi, alla fine le attività operative sono sempre in affanno e di limitata portata.

Non necessariamente i rimedi alle disfunzioni della PA consistono nel rimpolpare la dotazione del personale, ricordando, comunque, che in Italia, contrariamente alla vulgata, i 3 milioni circa di dipendenti sono molto meno di quelli operanti in Paesi competitori come Gran Bretagna e Francia, dove sono a circa 5 milioni, e la stessa Germania, che veleggia oltre i 4 milioni.

Riformare la PA dovrebbe significare in primo luogo rivedere il modo col quale essa offre i propri servizi ai cittadini. Le riforme sull’ordinamento del lavoro pubblico e la relativa organizzazione dovrebbero essere successive e conseguenti.

Facciamo solo alcuni esempi di riforme che vorremmo vedere.

Trasparenza. Abbiamo, finalmente, il Foia, si dice. Bene. Allora, non è opportuno chiedersi che senso ha avere tre tipologie di accesso, quello “documentale”, quello “civico” e quello “generalizzato” se, appunto, grazie alla riforma del d.lgs 33/2013 l’accesso civico generalizzato consente sostanzialmente di accedere a qualsiasi documento, dato e informazione?

A cosa servono torrenziali Linee Guida sul tema, che poi consigliano a ciascun ente di agire “caso per caso”, secondo un “prudente apprezzamento” ed “assumendosene l’esclusiva responsabilità”?

Sarebbe molto più utile:

a)      abolire la normativa sull’accesso “documentale” di cui si occupa la legge 241/1990, assorbito da quello “generalizzato”;

b)      abolire le centinaia di obblighi di pubblicazioni varie, lasciando alle amministrazioni modo di scegliere se, come e quando rendere pubblici i dati, senza formalismi, dato che comunque l’accesso generalizzato consente di accedervi;

c)      liberare ingentissime forze lavoro (si veda qui) da adempimenti solo formali e destinarle ad attività certamente di maggiore e diretto interesse per i servizi.

Suap. Lo sportello unico per le attività produttive è nato come idea per rimediare alla dispersione delle procedure tra troppi enti, concentrando l’istruttoria in un unico ufficio, che si relazioni direttamente con l’impresa e curi le pratiche con gli altri enti “al posto” del cittadino.

Si tratta, però, all’evidenza, di un’idea ormai vecchia e, oggettivamente, ormai malmessa.

Ci sono slogan molto interessanti come “l’impresa in un giorno” e similari, ma è noto a tutti che presentare istanze o segnalazioni certificate di inizio attività nelle troppe e troppo diversificate piattaforme di gestione dei Suap è un’impresa titanica, tra firme digitali, autenticazioni, up-load, down- load, che molte volte, per altro, riguardano la scansione di moduli redatti a mano!

Oltre tutto, non di rado i Suap sono chiamati, più che altro, a fare semplicemente da filtro o fulcro delle pratiche, senza materialmente istruirle o condurle e limitandosi a mediare tra uffici o enti competenti e cittadini richiedenti.

Sarebbe, allora, il caso di rivedere tutto da zero. Vi è stata l’insistenza sullo Spid e la posta certificata? Si utilizzino, allora, strumenti diversi, come l’obbligo di gestire le procedure amministrative mediante applicativi internet, nei quali caricare e tracciare documenti ed iter.

In questo modo, si potrebbe davvero riqualificare e di molto la professionalità dei dipendenti e garantire istruttorie concentrate, permettendo accessi alle pratiche a tutti gli uffici ed alle amministrazioni interessati, ciascuno per il proprio livello di competenza. Servono soldi? Sì, tanti. Ma, le riforme “senza oneri per la finanza pubblica” come quelle che negli ultimi anni sono state varate, non possono avere alcuna efficacia: si modificano processi produttivi solo con investimenti, come le imprese sanno benissimo. E gli investimenti si fanno anche sul personale, con aggiornamento, formazione, riqualificazione, interesse e cura.

Controllo e consulenza. La PA è ancora eccessivamente orientata a fornire un servizio volto a rimuovere ostacoli giuridici al pieno esercizio di posizioni giuridiche di terzi.

Per moltissime attività occorrono provvedimenti espressi, contenenti autorizzazioni, nulla osta, atti di assenso di varia natura, che impegnano le amministrazioni in catene di montaggio di costruzione di “carta”, montagne di atti non di rado di diniego, a causa di vizi formali e cavilli.

Non sarebbe il caso di ripensare drasticamente il tutto? Una PA più efficiente potrebbe essere quella che non gestisce la formazione di provvedimenti di assenso, ma che, invece, offra una consulenza preventiva completa a chi la richiede, garantendo così, sotto la propria responsabilità, della correttezza piena di successive semplicissimi segnalazioni di inizio attività.

In ogni caso, invece di considerare gli uffici come un ostacolo all’esplicazione di diritti, in via estesa sarebbe utile consentire ai cittadini di auto formare sempre il proprio titolo giuridico, trasformando l’azione della PA da concessoria in controllo. Prevedendo un controllo diffuso e capillare, con amplissimi poteri di annullamento e rimessione in pristino per chi abbia dichiarato il falso o ciurlato nel manico, ma riducendo i controlli nei confronti di chi si avvalso della consulenza preventiva.

Anche in questo caso i benefici organizzativi sarebbero evidentissimi e la possibilità di riqualificare l’operato dei dipendenti pubblici molto ampia.

Lavoro agile. E’ vero che in generale in Italia il lavoro da remoto o il “lavoro agile” non ha riscosso particolare successo o interesse. Meno che mai, comunque, questo vale per il lavoro pubblico, ove la parola “telelavoro” pare non si possa neanche pronunciare.

Ma, qualcuno ha mai fatto un serio censimento di quante potrebbero essere le attività potenzialmente da svolgere “da remoto”? Non risulta. Eppure, vi sono, eccome.

Si pensi a tutte le attività di ispezione e controllo svolte in esterno: perché quel lavoratore addetto deve essere costretto al “ritorno in ufficio” a chiudere i verbali relativi alla pratica, oppure a concentrare solo nelle 6 ore mattutine quell’attività? Essendo funzioni facilmente programmabili e standardizzabili (determinando in quantità di ore necessarie per ciascuna ispezione, in media, e, quindi, fissando budget giornalieri o settimanali), la produttività potrebbe essere valutata non sulla base della concezione tayloristica della presenza in fabbrica abbarbicato alla macchina, ma valutando quante uscite sono state fatte nel corso si una giornata “liquida” e flessibile, oltre la cornice delle 6 ore mattutine, con caricamento dei dati anche da remoto: da casa o centri di raccolta informatici.

Per non parlare, poi, di attività “d’ufficio” di back office, come archiviazione, catalogazione, registrazioni di varia natura.

Quanta produttività si potrebbe finalmente misurare davvero, in questo modo, e, dunque recuperare?

Censimento degli adempimenti. Ormai si sono stratificate quantità di adempimenti procedurali fuori da ogni controllo.

Molto spesso nei giornali le farraginosità operative sono imputate alla “burocrazia”, lasciando credere che siano una responsabilità dei dirigenti o dei funzionari, bizantinamente intenti a creare dal nulla cavilli, passaggi, fasi, adempimenti, al solo scopo di rallentare e complicare.

Le cose non stanno così. E’ il legislatore la fonte primaria (anche se non esclusiva) dell’alluvione burocratica: chiunque ne abbia voglia, dia una lettura al d.lgs 50/2016, il codice dei contratti, spesso fatto passare per norma di “semplificazione”, per rendersi conto di quanti adempimenti minuti impone, rendendo una gara qualcosa di simile alla Parigi-Rubaix del ciclismo.

Un censimento dei troppi adempimenti volto alla loro eliminazione radicale sarebbe necessario e già di per sé questo consentirebbe ad enti, organi ed uffici di recuperare di botto tantissime risorse operative da dedicare ai servizi.

Ci fermiamo qui. Inutile proseguire con un elenco di cose che non sono presenti nella riforma Madia. Quando sarà approvata, si farà l’analisi di ciò che contiene, coscienti che sono, invece, le carenze di questa riforma a farne, certamente, l’ennesima occasione perduta.


Necessità di rendere il lavoro agile e la digitalizzazione un obbligo ai fini della semplificazione

Nessuna semplificazione potrà mai avere reale effetto, se non si punta alla remotizzazione del lavoro ed alla sua digitalizzazione.

Il modello da seguire esiste ed è conosciuto da anni: quello delle banche. Di fatto, le banche hanno eliminato gli sportelli al pubblico ed elaborato per i servizi sistemi evoluti e piattaforme digitali, grazie ai quali i clienti si avvalgono dell’homebanking o remotebanking. Tutte le operazioni sono informatizzate e digitalizzate, con la possibilità di gestirle da casa o affidarle a consulenti o commercialisti.

Nella Pubblica Amministrazione tale modello ha già preso piede, sia pure solo settorialmente. Un esempio è quello della disciplina degli appalti. Pur essendo il procedimento di gara uno tra i più complicati e mutevoli (secondo solo a quello dell’espropriazione), la spinta data dalle Direttive UE alla digitalizzazione delle procedure di gara ha fruttato la realizzazione di piattaforme perfettamente funzionanti, utilissime al corretto svolgimento delle procedure ed, anche, alla diffusione delle conoscenze e competenze, perché di tratta di una “cassetta degli attrezzi”, utilizzabile da tutti. Un secondo esempio è quello dello sportello unico delle attività produttive (Suap), da anni, ormai, una piattaforma di scambio di istanze, documenti, planimetrie, moduli e provvedimenti: un vero e proprio sportello virtuale col quale si dialoga da remoto e si realizzano senza file ed assembramenti i molti prodotti connessi alle attività commerciali.

Questi modelli non possono che essere l’archetipo di un sistema complessivo, da estendere il massimo possibile.

Ragionare di telematizzazione dei procedimenti al contempo è necessariamente ragionare della loro semplificazione. La realizzazione di piattaforme informatiche obbliga ad effettuare un’analisi approfondita di tutti i passaggi da realizzare per condurre una procedura, identificando quelli necessari e “bloccanti”, distinguendo quelli necessari da quelli eventuali, determinando e tracciando i tempi e, soprattutto, individuando quelli non necessari e ridondanti. Le piattaforme informatiche, inoltre, obbligano a messaggi semplici e concisi, perché debbono essere facilmente comprensibili dai fruitori, cioè cittadini ed imprese.

La digitalizzazione e la telematizzazione non possono più essere solo una petizione di principio, irrealizzata.

Al di là della loro estrema utilità, dimostrata dalla pandemia Covid-19, essi sono già da tempo un obbligo ordinamentale, definito da due norme ormai da tempo vigenti. Si tratta dell’articolo 1, comma 30, della legge 190/2012 e dell’articolo 9, comma 2, del dPR 62/2013.

Il primo dispone: “Le amministrazioni, nel rispetto della disciplina del diritto di accesso ai documenti amministrativi di cui al capo V della legge 7 agosto 1990, n.241, e successive modificazioni, in materia di procedimento amministrativo, hanno l'obbligo di rendere accessibili in ogni momento agli interessati, tramite strumenti di identificazione informatica di cui all'articolo 65, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n.82, e successive modificazioni, le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano, ivi comprese quelle relative allo stato della procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente in ogni singola fase”.

L’articolo 9, comma 2, prevede: “La tracciabilità dei processi decisionali adottati dai dipendenti deve essere, in tutti i casi, garantita attraverso un adeguato supporto documentale, che consenta in ogni momento la replicabilità”.

La digitalizzazione dei documenti e, soprattutto, dei procedimenti consente quella dematerializzazione, che costituisce il presupposto per una gestione per la quale non servono più sedi e postazioni di lavoro fisse, perché le attività procedimentali divengono realizzabili da remoto, purchè i dati operativi siano nel cloud e distribuibili in rete, tramite internet, intranet e reti Vpn.

L’articolo 1, comma 30, della legge 190/2012 pone un principio molto semplice: i cittadini, per esercitare i propri diritti di partecipazione al procedimento amministrativo (articoli da 8 a 10-bis, della legge 241/1990) e il diritto di accesso agli atti, non dovrebbero presentare “istanze” (meno che mai cartacee, ovviamente), per attendere i tempi di istruttoria e di accoglimento o diniego dell’amministrazione competente, secondo un ciclo improntato all’iter procedimentale classico, cartaceo e di impronta spiccatamente burocratica.

Intento dell’articolo 1, comma 30, della legge 190/2012 è, all’opposto, permettere ai cittadini di accedere in qualsiasi momento, da qualsiasi luogo e in qualsiasi ora, alle informazioni e ai documenti costituenti elementi del procedimento che li riguardano, senza dover presentare alcuna istanza, ma mediante diretto ingresso ai contenuti ed alle fasi procedura.

Il cittadino, cioè, dovrebbe poter disporre di una user Id e di una password, oppure essere riconosciuto tramite carta di identità elettronica o SPID, per entrare direttamente nella base dati: un “cassetto” esclusivamente riservato, nel quale reperire il tracciamento della procedura, né più né meno come fanno le aziende di spedizione dei pacchi, completo, ovviamente, dei provvedimenti e dei documenti già disponibili e di indicazione circa tempi di formazione ed approvazione, con conseguente disponibilità nel “cassetto” virtuale, della restante documentazione.

Questo stesso strumento di diretto accesso telematico alle pratiche dovrebbe anche essere il canale privilegiato di comunicazione.

Non si tratta, a ben vedere, di nulla di straordinario, se non dell’ennesima precisazione di principi ed indicazioni operative già presenti anche nel codice dell’amministrazione digitale, d.lgs 82/2005.

Il cui articolo 41 disciplina proprio procedimento e fascicolo informatico, stabilendo che le pubbliche amministrazioni debbono (non è una facoltà) gestire i procedimenti amministrativi utilizzando le tecnologie dell'informazione e della comunicazione.

A questo scopo, secondo il comma 2 del citato articolo 31 del Cad la PA titolare del procedimento “raccoglie in un fascicolo informatico gli atti, i documenti e i dati del procedimento medesimo da soggetti giuridici formati; all'atto della comunicazione dell'avvio del procedimento ai sensi dell'articolo 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241, comunica agli interessati le modalità per esercitare in via telematica i diritti di cui all'articolo 10 della citata legge 7 agosto 1990, n. 241”. Tale norma è esattamente parallela a quella contenuta nell’articolo 1, comma 30, della legge 190/2012.

L’articolo 41 del Cad prosegue, specificando al comma 2-bis, che il fascicolo informatico deve essere creato in modo che possa essere “direttamente consultato ed alimentato da tutte le amministrazioni coinvolte nel procedimento e dagli interessati”. I quali, quindi, debbono poter accedere, come visto sopra, direttamente agli atti ed ai contenuti del fascicolo informatico, che ai sensi del successivo comma 2-ter reca l'indicazione:

a) dell'amministrazione titolare del procedimento, che cura la costituzione e la gestione del fascicolo medesimo;

b) delle altre amministrazioni partecipanti;

c) del responsabile del procedimento;

d) dell'oggetto del procedimento;

e) dell'elenco dei documenti contenuti, salvo quanto disposto dal comma 2-quater;

e-bis) dell'identificativo del fascicolo medesimo apposto con modalità idonee a consentirne l'indicizzazione e la ricerca.

Ovviamente, il fascicolo informatico “può contenere aree a cui hanno accesso solo l'amministrazione titolare e gli altri soggetti da essa individuati; esso è formato in modo da garantire la corretta collocazione, la facile reperibilità e la collegabilità, in relazione al contenuto ed alle finalità, dei singoli documenti. Il fascicolo informatico è inoltre costituito in modo da garantire l'esercizio in via telematica dei diritti previsti dalla citata legge n. 241 del 1990«e dall'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, nonché l'immediata conoscibilità anche attraverso i servizi di cui agli articoli 40-ter e 64-bis, sempre per via telematica, dello stato di avanzamento del procedimento, del nominativo e del recapito elettronico del responsabile del procedimento”.

L’articolo 9, comma 2, del dPR 62/2013 completa il quadro. E’ un particolare strumento di garanzia della trasparenza, intesa, in questo caso, non tanto come pubblicizzazione all’esterno di dati che è obbligatorio rendere conoscibili (come nell’impostazione del d.lgs. 33/2013), quanto come possibilità di ripercorrere il processo decisionale, che ha portato alla formazione della volontà espressa col provvedimento finale del procedimento amministrativo. Il tracciamento consente di individuare tutti i soggetti che hanno preso parte al procedimento, con specificazione del ruolo rivestito, delle attività svolte, del tempo impiegato. Lo scopo è, nella logica anticorruzione, poter verificare dove e per responsabilità di chi, il procedimento (ma, meglio, una serie omogenea di procedimenti) si inceppi, per comprendere le ragioni dei blocchi e dei ritardi. Le quali possono essere di natura tecnica-organizzativa, ma, talvolta, fraudolente: poste in essere proprio allo scopo di sollecitare i destinatari ad offrire denaro o altra utilità, per “sollecitare” pratiche altrimenti destinate a rimanere incagliate.

Di particolare rilievo è l’accento posto dal comma 2 dell’articolo 9 del dPR 62/2013, sull’adeguato “supporto documentale”. Si dimostra che nelle varie fasi o micro-fasi del procedimento amministrativo ciascun dipendente che vi opera deve documentare la sua attività, indicando come l’abbia svolta, quali elementi ha preso in esame, come li abbia valutati, su cosa abbia fondato il convincimento. Occorre, dunque, produrre una documentazione, nella quale dare conto dei processi decisionali.

Un tracciamento, dunque, non solo esterno, perché il cittadino possa verificare, col diretto accesso al fascicolo informatico, lo stato della procedura; ma, anche interno, per sapere chi, quando e come ha movimentato le fasi operative del procedimento.

Le logiche dell’articolo 1, comma 30, della legge 190/2020, dell’articolo 9, comma 2, del dPR 62/2013 e dell’intero codice dell’amministrazione digitale consentono anche una corretta gestione dei fascicoli, con accesso diretto dall’esterno e tracciamento interno, mediante piattaforme informatiche, con le quali svolgere le varie fasi procedimentali, tracciandole e producendo mediante esse i documenti connessi. Una logica che chi lavora nei Suap conosce da tempo.

Pertanto, queste disposizioni trattano esattamente della digitalizzazione, presupposto imprescindibile per la semplificazione.

Torniamo al Cad ed in particolare l’articolo 15 del medesimo, ai sensi del quale “la riorganizzazione strutturale e gestionale delle pubbliche amministrazioni volta al perseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 12, comma 1, avviene anche attraverso il migliore e più esteso utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nell'àmbito di una coordinata strategia che garantisca il coerente sviluppo del processo di digitalizzazione”.

L’estensione dell’uso delle tecnologie è la chiave per il riordino e la semplificazione dell’azione amministrativa, a maggior ragione se questa viene svolta anche da remoto.

Il comma 2 dell’articolo 15 del Cad obbliga le pubbliche amministrazioni a razionalizzare e semplificare i procedimenti amministrativi, le attività gestionali, i documenti, la modulistica, le modalità di accesso e di presentazione delle istanze da parte dei cittadini e delle imprese, assicurando che l'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Tutti elementi p fondamentali anche per il lavoro agile.

I commi 2-bis e 2-ter dell’articolo 15 del Cad riprendono esattamente i concetti sviluppati in precedenza sul collegamento tra digitalizzazione e razionalizzazione della spesa: “2-bis la riorganizzazione strutturale e gestionale delle pubbliche amministrazioni volta al perseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 12, comma 1, avviene anche attraverso il migliore e più esteso utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nell'àmbito di una coordinata strategia che garantisca il coerente sviluppo del processo di digitalizzazione.

2-ter. Le pubbliche amministrazioni, quantificano annualmente, ai sensi dell'articolo 27, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, i risparmi effettivamente conseguiti in attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2. Tali risparmi sono utilizzati, per due terzi secondo quanto previsto dall'articolo 27, comma 1, del citato decreto legislativo n. 150 del 2009 e in misura pari ad un terzo per il finanziamento di ulteriori progetti di innovazione”.

La digitalizzazione consente di semplificare l’attività amministrativa anche attraverso il lavoro agile.

Non si deve dimenticare che ai sensi dell’articolo 12, comma 2, del Cad le pubbliche amministrazioni utilizzano non solo per i rapporti con altre amministrazioni e con i privati, ma anche nei rapporti interni (quelli indispensabili per una corretta gestione dello smart working) “le tecnologie dell'informazione e della comunicazione, garantendo l'interoperabilità dei sistemi e l'integrazione dei processi di servizio fra le diverse amministrazioni”.

Sempre il Cad, poi, contiene una serie di disposizioni fondamentali per calare l’organizzazione digitalizzata nell’operatività di ciascuno, anche da remoto. Secondo l’articolo 12, comma 3-bis, le pubbliche amministrazioni debbono favorire “l'uso da parte dei lavoratori di dispositivi elettronici personali o, se di proprietà dei predetti soggetti, personalizzabili, al fine di ottimizzare la prestazione lavorativa, nel rispetto delle condizioni di sicurezza nell'utilizzo”.

L’articolo 13 punta sulla formazione informatica dei dipendenti pubblici, stabilendo che “le pubbliche amministrazioni, nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili, attuano politiche di reclutamento e formazione del personale finalizzate alla conoscenza e all'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, nonché dei temi relativi all'accessibilità e alle tecnologie assistite, ai sensi dell'articolo 8 della legge 9 gennaio 2004, n. 4”, senza trascurare la necessità che le politiche di formazione siano anche volte allo sviluppo delle competenze tecnologiche, di informatica giuridica e manageriali dei dirigenti, per la transizione alla modalità operativa digitale.

L’incentivazione dell’uso di strumenti elettronici, insieme alla formazione informatica, consentono di passare ad un’organizzazione nuova, nella quale il dipendente disponga delle competenze e degli strumenti digitali, per il lavoro “dematerializzato”.

Anche perché, il Cad all’articolo 42 prevede da sempre proprio la dematerializzazione dei documenti amministrativi: “le pubbliche amministrazioni valutano in termini di rapporto tra costi e benefici il recupero su supporto informatico dei documenti e degli atti cartacei dei quali sia obbligatoria o opportuna la conservazione e provvedono alla predisposizione dei conseguenti piani di sostituzione degli archivi cartacei con archivi informatici, nel rispetto delle Linee guida”.

Ancora, l’articolo 47 del Cad già mirava ad una possibilità di interscambio e di relazioni solo telematiche (o, “anche” telematiche) tra amministrazioni e dipendenti, ovviamente necessarie nel caso di remotizzazione del lavoro. Il comma 3 del citato articolo 47 dispone, infatti che “le pubbliche amministrazioni utilizzano per le comunicazioni tra l'amministrazione ed i propri dipendenti la posta elettronica o altri strumenti informatici di comunicazione nel rispetto delle norme in materia di protezione dei dati personali e previa informativa agli interessati in merito al grado di riservatezza degli strumenti utilizzati”.

La semplificazione procedurale, nell’ottica segnalata fin qui, abbinata alla remotizzazione ed al lavoro agile, porta con sé altri risultati possibili indispensabili perché la PA possa essere protagonista del rilancio.

Investimenti pubblici. Per telematizzare in modo efficiente e veloce occorre assicurare a tutti i territori del Paese pari accesso alla rete internet e pari prestazioni in termini di dimensioni e velocità dei dati trattati. Occorre il rilancio degli investimenti in dorsali, cablaggi, mega server di memoria con tutti i connessi dispositivi di sicurezza e back up.

Gli investimenti debbono poi estendersi alla produzione di piattaforme, applicativi, programmi, app, la loro manutenzione ed evoluzione.

Ancora, gli investimenti sono da connettere all’acquisizione di strumenti sempre più evoluti: smartphone, tablet, device, router, spazi di memoria sui cloud, strumenti di riconoscimento delle persone (lo Spid è un ottimo esempio), strumenti di negoziazione per la sottoscrizione di contratti.

I comuni debbono investire per rendere disponibile in ogni angolo del loro territorio una rete internet pubblica, che costituisca i binari sui quali viaggiano istanze, procedimenti, procedure virtualizzate.

Ma, la telematizzazione delle procedure, presupposto per la loro semplificazione, combinata col lavoro agile, è il presupposto per un ripensamento amplissimo della vita delle città.

E’ doveroso, dopo l’esperienza della pandemia, che le pubbliche amministrazioni limitino al massimo possibile la necessità del contatto diretto negli uffici. Non solo pensando ai propri dipendenti, messi nelle condizioni di lavorare in lavoro agile, ma anche e soprattutto rivolgendosi ai cittadini.

La telematizzazione dei procedimenti, la dematerializzazione degli atti, i “cassetti personali”, l’accesso diretto alle procedure, l’interscambio di dati sulle piattaforme, non solo permette il lavoro agile di chi, per conto della PA, svolge le procedure, ma consente a cittadini ed imprese di evitare i tempi morti degli spostamenti fisici dalla propria sede di lavoro all’ufficio, resi complessi dal necessario contenimento in precise fasce orarie; evita il sovraffollamento del traffico urbano, lenisce l’imbuto delle ore di punta, riduce l’inquinamento, riduce i costi connessi alle relazioni tra pubblico e privato.

Un tempo il modello F24 era cartaceo, occorreva compilarlo a mano e mettersi in fila alle Poste per pagarlo. Oggi, lo si compila telematicamente su innumerevoli piattaforme e lo si spedisce sempre su queste piattaforme, senza spostarsi di un millimetro da casa o dalla sede dell’azienda, senza nessuna fila, senza nessuna spesa per la trasferta, senza alcun tempo morto, senza nessun vincolo di orario.

Perché semplificare non significa solo, per quanto necessario, semplificare le procedure, ma semplificare in generale la vita, rendere le città più vivibili, i mezzi pubblici meno affollati, gli orari più flessibili, conciliare meglio vita e lavoro, aiutare nella lotta all’inquinamento, passare dalla spesa corrente a quella dell’investimento, evolvere dalla cultura “analogica” a quella “digitale”.

Anche creando nuovi servizi. Per troppo tempo la digitalizzazione e la trasformazione degli sportelli da aperti al pubblico a virtuali è stata bloccata non solo dalla scarsa formazione digitale di troppa classe politica e dirigenziale pubblica, non solo dalla diffidenza, non solo dai conseguenti scarsissimi investimenti, ma anche dall’utilitaristica giustificazione che una troppo ampia digitalizzazione metterebbe fuori gioco gli anziani e le categorie che subiscono il digital divide.

La risposta al problema del gap digitale, però, non può consistere nel tenere al piede la palla dell’analogico. A seguito delle rivoluzioni industriali del ‘700 e dell’800, si comprese che l’analfabetismo era un blocco al progresso. Gli Stati, quindi, decisero – finalmente – di investire nella cultura e nella scuola. Milioni di cittadini – finalmente – ebbero accesso alla capacità di scrivere e leggere, cosa fondamentale per il salto in avanti nell’industria e nei servizi.

Oggi i cittadini debbono essere guidati nel salto verso il digitale. Le competenze digitali debbono essere assicurate a tutti a partire dalla scuola, ma anche attraverso corsi di formazione continua per adulti, occupati, disoccupati, pensionati. La diffusione di questi corsi è un altro fondamentale investimento, che si aggrega a digitalizzazione e semplificazione.

Inoltre, possono essere creati appositi servizi dedicati a chi non disponga di sufficienti risorse e competenze. Intanto, è bene comprendere che la politica degli incentivi per l’acquisto di beni non può più fermarsi ad auto o frigoriferi: smartphone, tablet, pc e router debbono poter diventare accessibili a tutti, anche con politiche di incentivo per specifiche categorie. Inoltre, quegli stessi enti da accreditare per la formazione verso la digitalizzazione, o i patronati, o i Caf, o i consulenti del lavoro ed altri professionisti, ma anche i servizi sociali dei comuni, potranno essere l’aiuto da destinare ad anziani ed altre categorie non in grado da subito di entrare nel mondo digitale. L’attuale sistema di mandati e deleghe con i quali assegnare ai professionisti il compito di redigere e trasmettere le dichiarazioni dei redditi può essere replicato senza alcun problema, affinchè questi uffici o professionisti gestiscano, per conto dei mandatari, le pratiche di loro interesse, cosa che con la piattaforma Suap avviene da anni ed anni.

La telematizzazione dei sistemi, ancora, risolve un altro problema: i controlli. Negli anni ’90 del secolo scorso i, problema del tempo da dedicare ai controlli preventivi di legittimità – visti, a torto, specie dalla classe politica, come un peso – venne affrontato e risolto nel modo più sbagliato possibile: praticamente azzerandoli del tutto, in particolare negli enti locali.

Le piattaforme possono essere organizzate in modo da dare accesso diretto, in sola lettura, ad organismi di controllo indipendenti, per i quali fissare termini velocissimi e decadenziali per la presentazione, utilizzando le stesse piattaforme, di provvedimenti di annullamento o prescrittivi, dando quindi contestuale informazione ad amministrazione e privato interessato.

Questo, se si abbia intenzione di mantenere la sequenza procedurale basata sulla presentazione da parte dei cittadini e delle imprese di un atto propulsivo (istanza), volta alla produzione da parte dell’amministrazione pubblica di un titolo (provvedimento amministrativo) che autorizzi o abiliti o conceda il beneficio richiesto, a seguito della procedura.

Tale genere di sequenza richiederebbe che i controlli fossero preventivi alla formazione del provvedimento e, come tali, bloccanti. Da qui la scelta esiziale di oltre 20 anni fa di eliminarli del tutto.

Occorrerebbe una totale inversione di tendenza, tale da trasformare la dichiarazione di inizio attività (nella forma della segnalazione certificata, quando sia necessaria l’asseverazione tecnica di professionisti), oggi disciplinata dall’articolo 19 della legge 241/1990 la regola generale.

Questa scelta radicale modificherebbe drasticamente la funzione della Pubblica Amministrazione da “autorizzativa” a “consulenziale e di controllo successivo”. Invece di impiegare le risorse della PA a produrre atti finalizzati a formare titoli autorizzativi, è largamente opportuno consentire a chiunque di produrre da sé il titolo, esattamente sul modello dell’articolo 19 della legge 241/1990, con la sola eccezione di procedure selettive e concorrenziali (appalti e concorsi pubblici, ad esempio).

La PA, quindi, potrebbe essere coinvolta in via preventiva solo per ottenere consulenze sulle modalità corrette. Consulenze che, se dedotte in una sorta di “patto di servizio” tra le parti (valorizzando la previsione dell’articolo 11 della legge 241/1990 che consente la conclusione dei procedimenti amministrativi mediante atti negoziali di diritto privato), potrebbero costituire impedimento assoluto all’adozione di atti successivi di controllo decadenziali, laddove il privato dimostri di aver seguito le indicazioni ricevute in fase consulenziale.

Modificando in questo modo radicalmente il processo, cittadini ed imprese formerebbero autonomamente e da sé, in tempo praticamente reale, i titoli autorizzativi o abilitativi. La PA verrebbe portata davvero ad essere un servizio e a “fidarsi” dell’iniziativa.

La digitalizzazione, contestualmente, consentirebbe comunque l’effettuazione dei controlli successivi con modalità estremamente semplici ed immediate. Tali da permettere tempi molto ragionevoli e brevi per le verifiche. Ma, il “patto sociale” tra PA e cittadini, una volta che a questi ultimi si consenta di saltare del tutto la fase autorizzativa, deve prevedere controlli ampli, per evitare ovviamente abusi e concorrenza sleali, senza alcun limite di tempo. Solo nel caso del “patto di servizio” a seguito di consulenza, citato prima, le PA debbono poter essere vincolate a termini di decadenza nell’esercizio dei controlli, superati i quali comunque i poteri di annullamento non possono essere eliminati (l’ordinamento non deve tollerare il radicamento di benefici ed autorizzazioni illegittimi), ma accompagnati eventualmente da sanzioni pecuniarie.

In questo modo, l’attività amministrativa viene indirettamente incentivata alla verifica successiva, da rendere in tempi celeri e con la maggiore qualità possibile, per scongiurare indennizzi e penalità.

I carichi di lavoro si orienterebbero molto semplicemente nelle quantità delle verifiche e nei tempi standard ottimali, con estrema razionalizzazione anche di cosa si potrebbe intendere per “produttività” del lavoro pubblico, mentre nel contempo l’iniziativa privata verrebbe liberata in gran parte dalle “pastoie” bloccanti.

Tutto ciò, ovviamente, richiede un ultimo fondamentale investimento: il dialogo semplice ed automatico tra le banche dati delle pubbliche amministrazioni. L’anagrafe gestita dai comuni deve poter essere consultata da tutte le PA, come i dati delle imprese tenuti dal sistema camerale, senza costi e in modo diretto e semplice. Lo stesso per i dati Inps sui benefici previdenziali, i dati dell’anagrafe tributaria, i dati dei servizi per il lavoro sulla condizione occupazionale dei lavoratori subordinati. In questo modo, una meta-piattaforma nazionale renderebbe immediato e semplice l’operato di una PA che totalmente trasformata, nella quale più dell’istruttore servono consulenti ed ispettori. Una PA che può essere liberata dall’inefficiente e ridondante reticolo di controlli collaborativi delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, che presentano il difetto di non entrare nel dettaglio e nel merito, ma astraggono principi, costruendo ostacoli operativi ancora maggiori delle complicate norme interpretate. Una PA che potrebbe essere liberata da linee guida, circolari, pareri, risoluzioni, Faq, interpelli, divenuti pervasivi, eccessivi, imperscrutabili, opachi. I controlli potrebbero tornare ad essere, come giusto, appannaggio non di magistrature o di autorità, ma della funzione amministrativa, magari alle dipendenze funzionali di magistrature o autorità, ma nell’esercizio pieno di una funzione amministrativa, così da permettere la tutela giudiziale davanti ai Tar sia da parte dei cittadini, sia da parte della stessa PA, laddove le conseguenze dei controlli siano considerate non corrette.

Semplificare significa ridurre ad unità lemmi complessi. Un tempo le estrazioni del Lotto funzionavano così:

1. un addetto faceva ruotare l’urna, mediante una manovella e apriva lo sportello a fine manovra;

2. un bambino estraeva il bussolotto contenente il numero e lo consegnava ad un altro addetto;

3. questo, apriva il bussolotto, estraendo il foglietto sul quale era stampato il numero, piegato e consegnandolo ancora piegato ad un altro addetto;

4. tale ultimo addetto dispiegava il foglietto e lo consegnava al presidente del seggio;

5. infine il presidente del seggio dava lettura al numero estratto.

Cinque passaggi, cinque persone per un’attività che oggi è interamente informatizzata e si svolge con un semplicissimo lancio della piattaforma di gestione (infatti, adesso pomposamente di parla di Lottomatica).

Le estrazioni del Lotto come svolte nel passato sono la rappresentazione perfetta, anzi l’archetipo, della burocrazia, intesa come insieme di passaggi ridondanti, coinvolgimento di persone messe a svolgere lavori ripetitivi, improduttivi e poco utili, sommatoria di personale che potrebbe essere adibito ad altro, dilatazione dei tempi, mezzi arcaici.

Semplificare è, se davvero lo si vuol fare, a sua volta semplice. E’ un’operazione aritmetica. La semplificazione consiste nella riduzione dei fattori di un’espressione: ((4+3)*2+14)/7 lo si può scrivere direttamente “4”.

E’ dovere del legislatore ridurre i fattori. Riducendo le norme, gli articoli, i commi, i contenuti, i soggetti chiamati ad attuare le regole, i concerti, i pareri, le condivisioni, le negoziazioni, gli incisi, i passaggi.

E’ dovere del legislatore agire come per il Lotto: da procedura defatigante e farraginosa, ad un software che lanci un comando solo per estrarre in 30 secondi quel che decine di seggi impiegava mezz’ora per produrre.

Per semplificare, ancora, occorre una drastica revisione delle competenze. Il legislatore deve sforzarsi di eliminare le zone grigie e rafforzare ancor di più il principio secondo il quale la gestione concreta, dalla quale derivano le decisioni, passi dalla politica all’apparato, prevedendo drasticamente la nullità per i casi di provvedimenti frutto di ingerenze reciproche nelle competenze esclusive.

Il che implica l’eliminazione drastica dello spoil system, da riservare in via esclusiva e chiara a quelle poche figure funzionali alla politica dotata della competenza di formare l’indirizzo politico: Parlamento e Governo, e con molte limitazioni, regioni.

Lo spoil system deve poter operare solo per figure di strettissima collaborazione di chi forma l’indirizzo nazionale: capi di gabinetto, portavoce, capi delle segreterie particolari, addetti stampa, consiglieri legislativi, di politica estera ed economica. Per gli enti locali, solo portavoce, capi di segreterie particolari e addetti stampa, essendo tutte le altre esigenze a supporto di sindaco e giunta perfettamente garantiti dai segretari comunali ed apparato amministrativo.

Acquisizioni di competenze esterne, sempre utili, vanno ristretti a progetti ed emergenze, escludendo la copertura di posti dei ruoli.

Contestualmente, la valutazione delle capacità gestionali e dei risultati deve diventare, finalmente, una cosa seria e funzionale, non una semplice finzione formale.

Un ultimo focus sulla trasparenza e l’anticorruzione. Il d.lgs 33/2013 va ripensato totalmente. La trasparenza va garantita applicando il FOIA vero e proprio: cioè garantendo un accesso non connesso necessariamente a specifici interessi, specie se a richiederlo siano enti di ricerca, media, associazioni. Contestualmente occorre uscire dall’equivoco ed elencare tassativamente quali dati personali non siano in ogni caso accessibili: non servono migliaia di risoluzioni e pareri del Garante, occorre una tabella, chiara, disponibile ed ineccepibile.

E non servono le centinaia di adempimenti fine a se stessi, volti alla pubblicazione di migliaia di atti, né appare di alcuna utilità che l’Anac si dedichi alla sanzione degli uffici per mancato rispetto di questi meri adempimenti o aggiornamenti non estesi dei piani anticorruzione. La lotta alla corruzione deve mirare a colpire corrotti e corruttori, non a produrre burocrazia.

Quali semplificazioni?

Lavoro Pubblico.

  1. Limitazione dello spoil system ai soli uffici di gabinetto per figure determinate, come:

    1. Capo di gabinetto (nei comuni, solo per quelli capoluogo);

    2. Portavoce

    3. Addetto stampa

    4. Consigliere politico – solo per i ministri

    5. Consigliere esteri – solo per i ministri

    6. Consigliere legislativo – solo per i ministri

    7. Segreteria particolare

  2. Introduzione dell’apprendistato per il reclutamento dell’area delle qualifiche; estensione del corso-concorso per la dirigenza di ruolo;

  3. Determinazione delle risorse della contrattazione decentrata:

    1. In relazione a valori generali per ciascuna posizione economica, per la parte stabile del fondo, e di un valore forfettario per le risorse variabili del fondo, secondo il modello Friuli Venezia Giulia;

    2. In alternativa, una certa percentuale delle spese correnti, per fascia demografica (si possono riprendere quelle indicate dal DM 17.3.2020);

    3. In alternativa, un certa percentuale delle entrate correnti;

  4. Abolizione delle progressioni orizzontali e sostituzione con indennità di anzianità, finanziate dal fondo della contrattazione decentrata (con obbligo di accantonamenti allo scopo), ogni 3-4 anni,

  5. Consentire contratti flessibili a fronte di fabbisogni connessi ad evidenti progetti a tempo determinato;

  6. Abolizione del parere dei revisori dei conti sull’ipotesi di contratto decentrato, sostituito dal visto di controllo della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti;

  7. Introduzione obbligatoria del contratto territoriale, valevole, per tutti i comuni, della provincia, con la sola eccezione dei comuni con popolazione superiore ai 100.000 abitanti o del capoluogo;

  8. Abolizione dell’obbligo di costituire formalmente il fondo della contrattazione decentrata ogni anno, con la precisazione che il fondo è implicitamente coincidente con lo stanziamento indicato nel bilancio di previsione e ulteriore precisazione che in mancanza del bilancio si adotti un provvedimento provvisorio, anche gestionale, di determinazione del fondo;

  9. Introdurre la banca dati dei posti vacanti delle dotazioni organiche delle amministrazioni pubbliche, per consentire al personale in disponibilità di ricollocarsi;

  10. Eliminare la mobilità prevista dall’articolo 30 del d.lgs 165/2001 come procedura ad evidenza pubblica, appesantimento privo di alcuna utilità;

  11. Abolire forme spurie di condivisione del personale, come l’articolo 1, comma 557, della legge 311/2004: i comuni di ridotte dimensioni debbono poter contare su convenzioni e condivisioni di personale nell’ambito di uffici unici, cosa particolarmente più facile col lavoro agile remotizzato.

  12. Estendere l’utilizzo di piattaforme informatiche per la gestione dei concorsi: le domande vanno presentate caricando dati direttamente sulle piattaforme (eliminando passaggi da pec e protocollo), da parte di chi si autentichi al sistema mediante Spid o altre forme. L’istruttoria sull’ammissibilità delle domande, i provvedimenti di incarico dei componenti della commissione, i verbali ed i documenti prodotti, l’archivio delle prove informatizzate debbono tutte risiedere nella procedura. Simmetricamente, le piattaforme debbono consentire lo svolgimento dei colloqui anche da remoto in via telematica, assicurando che l’ambiente utilizzato sia isolato e vigilato.

Procedimenti amministrativi

  1. Eliminazione di qualsiasi eccezione all’attivazione di attività economiche e produttive sulla base della Segnalazione Certificata di Inizio Attività, di cui all’articolo 19 della legge 241/1990 (a seguito di profonda revisione e semplificazione, anche lessicale), con specificazione che la successiva attività di controllo non è soggetta a termine di decadenza;

  2. Per tutti gli altri procedimenti amministrativi estendere il sistema della dichiarazione di inizio attività, per favorire l’autoproduzione dei titoli che autorizzino o concedano (con l’eccezione di quelli indicati dal comma 4 dell’articolo 21 della legge 241/1990):

    1. Introduzione di un servizio facoltativo di consulenza preventiva, in esito al quale l’attivazione del cittadino, se rispettosa della consulenza ricevuta, lo escluda da qualsiasi provvedimenti di decadenza e sanzionatorio;

    2. Conferma del silenzio assenso entro 15 giorni e non 30, per procedimenti non suscettibili di Dia (in numero tassativo e limitato) con controlli successivi non soggetti ad alcun termine di decadenza e possibilità, quindi, di irrogare eventuali sanzioni e provvedimenti di revoca del titolo costituitosi implicitamente in ogni tempo;

    3. Introduzione di un unico modello di Conferenza di servizi, da organizzare obbligatoriamente in modalità telematica (videoconferenza), con precisazione che nel caso di assenza di qualsiasi amministrazione convocata, essa vale come parere favorevole non revocabile e ulteriore precisazione che la decisione finale spetta in ogni caso in via esclusiva all’amministrazione procedente, che può motivare il proprio eventuale contrario avviso ad uno o più pareri;

    4. Abolizione della sospensione del procedimento per acquisizione di pareri: non più utile perché l’azione amministrativa si trasforma da attività di “concessione” o “autorizzatoria” o di “costituzione di un titolo”, ad attività eventualmente consulenziale e prevalentemente di controllo successivo sulla regolarità dei titoli impliciti;

  3. Precisazione che, nelle more dell’introduzione dell’obbligo del domicilio digitale, qualsiasi comunicazione ricevuta da un cittadino ha pieno valore giuridico ed è riconducibile alla persona, anche se pervenga con mail ordinaria, purchè accompagnata dalla scansione di un documento di identità leggibile; simmetricamente, ogni provvedimento amministrativo o ogni comunicazione è legalmente efficace se trasmessa alla medesima mail ordinaria che costituisce domicilio della persona, con precisazione che è rischio integrale della persona la mancata ricezione per qualsiasi ragione;

  4. Possibilità espressa di sottoscrivere i contratti, anche in forma pubblica amministrativa, da remoto, previo riconoscimento on line del contraente da parte dell’ufficiale rogante anche attraverso strumenti di video chiamata-conferenza e apposizione, nel corso della video chiamata-conferenza, della firma digitale o della firma mediante SPID;

  5. Precisazione che ogni volta che la legge non preveda espressamente la forma pubblica amministrativa dei contratti o, comunque, questa sia facoltativa, laddove si utilizzi la scrittura privata, sia sempre ammessa la sottoscrizione della scrittura privata mediante firma e controfirma digitale del documento elettronico secondo le modalità dello scambio di lettere, o mediante la sottoscrizione digitale del contratto da parte della PA, sua pubblicazione on line e sottoscrizione di un documento di adesione al contratto pubblicato, adesione sottoscritta digitalmente e trasmessa all’ente;

  6. Abolizione dell’imposta di bollo su istanze gestite integralmente mediante piattaforme telematiche o comunque presentate con firma digitale, sui provvedimenti amministrativi in formato digitale e su tutti i contratti sottoscritti digitalmente;

  7. Abolizione dei controlli collaborativi delle sezioni regionali della Corte dei conti.

  8. Introduzione di controlli successivi da parte di autorità amministrative, eventualmente alle dipendenze funzionali delle magistrature o delle autorità, con tempi di effettuazione fissi, che non producano decadenza, ma eventuali indennizzi nel caso di ritardi non giustificabili.

  9. Introduzione di servizi, anche convenzionati, con professionisti privati, patronati, Caf e di altro genere, per l’assistenza a persone con digital divide, nella gestione dei propri profili informatici e nei contatti digitali con le pubbliche amministrazione.

  10. Diffusione di sistemi di riconoscimento delle persone mediante sistemi di video chiamata e conferenza, in alternativa a Spid o carta di identità elettronica;

Edilizia privata – Attività produttive

  1. Abolizione delle commissioni edilizie comunali, in conseguenza della sostituzione delle funzioni autorizzatorie con quelle di controllo;

  2. Estensione dello sportello informatizzato e telematizzato.

  3. Autoformazione totale dei titoli edilizi, con controlli territoriali non soggetti a termini di decadenza, a meno che sul piano volontario i privati non abbiano sottoscritto con gli uffici un patto di servizio a seguito di consulenza preventiva;

  4. Estensione e semplificazione del sistema di autoproduzione di titoli abilitativi, ai sensi dell’articolo 19 della legge 241/1990.

Lavoro

  1. Attribuzione di ogni beneficio previdenziale direttamente sul conto corrente del lavoratore, entro un termine di non oltre 20 giorni dalla domanda di beneficio individuale (nel caso di disoccupazione) o di indicazione del nominativo da parte dell’azienda nel caso di Cassa integrazione (di ogni tipologia), prevedendo un significativo indennizzo in caso di violazione;

  2. Rafforzamento estremo della dotazione di personale di Inps e Ispettorati del lavoro, nell’ordine delle centinaia di migliaia di unità di personale;

  3. Previsione di un unico sistema ed un’unica procedura di Cassa integrazione, modulando i contributi in relazione alla dimensione ed al settore economico delle aziende.

Contabilità Pubblica

  1. Urgente revisione del d.lgs 118/2011. La contabilità pubblica locale è passata da poche decine di articoli contenuti nel d.lgs 267/2000 ad una pletora di norme, ingigantita a dismisura dai Principi Contabili, un Moloch incontrollato: centinaia di pagine, milioni di byte, migliaia di prescrizioni, disparati fondi, che rendono la gestione patrimoniale e finanziaria un “fine a se stesso”, che costituisce prima ragione dei ritardi nei pagamenti, nell’attivazione di appalti non pienamente finanziati, di problemi ed allungamenti nei tempi soprattutto nella fase gestionale, molto più delicata e lunga di quella di gara, alla quale invece si riservano sempre le maggiori attenzioni;

  2. Decidere se la contabilità deve essere parificata una volta e per sempre a quella privata. In questo secondo caso, semplificare le procedure di spesa, consentendo che l’assegnazione delle risorse avvenga mediante l’apertura di crediti per i dirigenti, anche dotandoli di carte di credito, così da estendere il ricorso a piattaforme di e-commerce, e da favorire il controllo e la rendicontazione, insiti nei rendiconti contabili del gestore della carta;

  3. Eliminazione dello split payment;

Contenzioso amministrativo

  1. Introdurre l’obbligo di porre a carico del privato ricorrente il pagamento delle spese processuali nel caso di rigetto del ricorso, allo scopo di disincentivare l’eccesso di contenzioso

Trasparenza

  1. Abolizione del d.lgs 33/2013;

  2. Introduzione di un sistema di pubblicità e trasparenza basato:

    1. Sulla possibilità di accedere integralmente alle informazioni ed ai documenti detenuti dalle amministrazioni pubbliche, da parte di qualsiasi cittadino, con particolare riferimento a università, centri di ricerca media;

    2. Eliminazione della tripartizione tra accesso generalizzato, accesso civico ed accesso documentale;

    3. Indicazione tassativa di un limitato e preciso elenco di dati personali totalmente esclusi dall’accesso o il cui grado di riservatezza non sia protetto;

    4. Indicazione tassativa di un limitato elenco di procedimenti amministrativi sottratti all’accesso totalmente o solo nelle fasi di selezione in procedure selettive (appalti o concorsi);

  3. Sostituzione dell’albo pretorio con sistemi di pubblicazione generalizzata dei documenti amministrativi, distinti per sezioni autonome (delibere, decreti, determine, ordinanze, atti di controllo su titoli impliciti formati dai cittadini);

Lavoro agile.

  1. Obbligo di organizzare tutti gli uffici addetti a procedure amministrative o che prevedano negoziazioni o funzioni di controllo su titoli autorizzativi o abilitativi formati autonomamente da privati in lavoro, con sanzioni per le amministrazioni non in grado di garantire la gestione telematizzata delle procedure (tra cui, limitazioni alla produttività, alle assunzioni e a indennità e gettoni di presenza per gli organi politici);

  2. Obbligo di piani di razionalizzazione, con dimostrazione annuale della riduzione degli oneri finanziari connessi, da stabilizzare e garantire (a pena di riduzioni ai compensi per produttività, alle assunzioni e ad indennità e gettoni di presenza per organi di governo):

    1. Della logistica: riduzione delle superfici di edifici in affitto e locazione, in funzione della minore esigenza di spazi connessa al lavoro agile;

    2. Delle spese per utenze di ogni genere, derivante dalla riduzione degli spazi;

    3. Delle spese per missioni e trasferte;

    4. Delle spese per buoni pasto;

    5. Delle spese per le pulizie dei locali;

    6. Delle pese per dotazioni d’arredo e connessa manutenzione e sostituzione;

    7. Delle spese per la tenuta di archivi cartacei


2 commenti:

  1. Caro Oliveri, che dire? Esposizione chiara, esaustiva e del tutto condivisibile. Se me lo permetterà vorrei trarne spunto per formulare una proposta complessiva da calare in apposito schema di DDL di riforma della mia amministrazione (Regione Siciliana), ovviamente citando la fonte.

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    1. Grazie della stima. Il post è pubblico, può essere liberamente utilizzato. Ovviamente, suggerirei di fare l'esatto opposto di quanto ivi suggerito...

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