lunedì 22 febbraio 2021

Segretari comunali: l'avocazione come non può essere disciplinata dal Ccnl non può esserlo dai regolamenti. Remember "riserva di legge" ed articolo 97 della Costituzione?

Non è mai invidiabile il difficile compito di difendere l’indifendibile. Il Direttore generale dell’Aran Gianfranco Rucco, nell’articolo su NT plus del 22.2.2021 “Ai regolamenti locali i criteri sui nuovi compiti dei segretari” deve necessariamente prodursi in questa difficile impresa, per sostenere la liceità della clausola, invece nulla e deleteria, contenuta nell’articolo 101 del Ccnl 17.12.2020 e corroborata dall’altrettanto clausola nulla di cui al successivo articolo 103. 

Il pensiero che espone il Rucco è francamente sorprendente. Da un lato, afferma che l’articolo 101 è espressione della capacità “regolativa” della contrattazione nazionale collettiva, nell’alveo dell’articolo 40, comma 1, del d.lgs 165/2001, che quindi il Ccnl avrebbe perfettamente rispettato. 

Ma, subito dopo, sostiene che “il contratto collettivo può regolare gli istituti normativi ed economici del rapporto di lavoro, ma non può regolare l’organizzazione della struttura degli enti né quella delle funzioni amministrative e del loro esercizio, e anche il disposto dell’articolo 101 deve pertanto essere correttamente interpretato alla luce di questo canone ermeneutico fondamentale”. 

E no. Non ci siamo. Non è possibile affermare nello stesso ragionamento il bianco e il nero, l’alfa e l’omega. 

Non solo per questioni di coerenza che si richiede ad ogni ragionamento, ma anche e soprattutto per motivi strettamente ermeneutici. 

Il potere di “regolazione” dei contratti collettivi è ben precisato appunto dall’articolo 40, comma 1, del d.lgs 165/2001. Allora, leggiamolo: “La contrattazione collettiva disciplina il rapporto di lavoro e le relazioni sindacali e si svolge con le modalità previste dal presente decreto. Nelle materie relative alle sanzioni disciplinari, alla valutazione delle prestazioni ai fini della corresponsione del trattamento accessorio, della mobilità, la contrattazione collettiva è consentita nei limiti previsti dalle norme di legge. Sono escluse dalla contrattazione collettiva le materie attinenti all'organizzazione degli uffici, quelle oggetto di partecipazione sindacale ai sensi dell'articolo 9, quelle afferenti alle prerogative dirigenziali ai sensi degli articoli 5, comma 2, 16 e 17, la materia del conferimento e della revoca degli incarichi dirigenziali, nonché quelle di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 23 ottobre 1992, n. 421”. 

Il potere di regolazione, dunque, riguarda il rapporto di lavoro: obbligazioni reciproche delle parti. Se così è, il Ccnl non può e non deve interessarsi dell’esercizio dei poteri pubblici connessi al ruolo rivestito dal dipendente pubblico. 

Infatti, l’articolo 40, comma 1, citato esclude espressamente dalla contrattazione collettiva: 

  1. L'organizzazione degli uffici; 

  1. Le prerogative dirigenziali; 

  1. Il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali. 

Ma, non è chi non veda che: 

  1. l’articolo 101, comma 1, del Ccnl 17.12.2020, laddove attribuisca ai segretari comunali (con una forzatura appunto nulla) il potere di avocazione nei confronti dei dirigenti “inadempienti”, non disciplina il rapporto di lavoro, ma si ingerisce: 
    1. Nell'organizzazione degli uffici, pechè crea una funzione di superiorità gerarchica inesistente, che finirebbe per rendere come non definitivi i provvedimenti dei dirigenti, che invece sono ricorribili esclusivamente avanti al Tar; 
    2. Nelle prerogative dirigenziali, proprio perché introduce surrettiziamente una dipendenza gerarchica, per altro impossibile e illegittima, per plateale violazione, tra le altre moltissime norme, delle disposizioni dell’articolo 107, commi 2, 4 e 6, del d.lgs 267/2000; 
  2. l'articolo 103, comma 4, del Ccnl, nel disciplinare la revoca come conseguenza della mancata avocazione, si ingerisce nella materia della revoca degli incarichi dirigenziali, che è sottratta alla contrattazione collettiva. 

Proprio il richiamo all’articolo 40, comma 1, del d.lgs 165/2001 evidenzia la plateale nullità delle clausole contrattuali richiamate, per violazione frontale della legge. 

L’Aran e per sua voce il Rucco provano, allora, ad aggirare l’ostacolo ed affermano che, in fondo, il Ccnl null’altro avrebbe fatto, se non evidenziare in modo non tassativo specifiche modalità di esercizio della funzione di sovrintendenza, fermo restando che, poiché il Ccnl non può regolare l’organizzazione, è allora con la regolamentazione interna che tali funzioni vadano disciplinate. 

Questa osservazione è una toppa peggiore del buco. Infatti, se l’Aran è consapevole che un Ccnl non si deve interessare dell’organizzazione e delle competenze degli organi, allora perché ha accettato supinamente l’illegittima indicazione del Comitato di settore di introdurre le clausole poi sfociate negli articoli 101, comma 1, e 103, comma 4, insistendo per altro moltissimo nei confronti di organizzazioni sindacali che nel corso della trattativa hanno evidenziato a più riprese l’illiceità di tali clausole? Esse clausole, visto che secondo il Rucco non possono violare i canoni ermeneutici, cosa sono, allora? Consigli? Strumenti di esegesi? O sono state inserite un po’ per celia, un po’ per non morire (cit.)?  

Mandare la palla in tribuna ed affermare, a Ccnl firmato, che la competenza a disciplinare le funzioni del segretario, ivi comprese quelle “consigliate” dal Ccnl sono i regolamenti, da un lato è certificate non solo la nullità di tali clausole, ma, ben che vada, la loro inutilità. 

In ogni caso, anche questo tentativo di sviare il problema, non coglie nel segno. Infatti, anche ai regolamenti non è consentito modificare l’assetto delle competenze. Non lo è consentito in generale, ma ancor meno in particolare, proprio perché tra le norme citate prima del d.lgs 267/2000, due nello specifico non consentono né ai contratti, né ai regolamenti di incidere sulle competenze reciprocamente autonome di segretario e dirigenti: 

  1. Il comma 2 dell’articolo 107: “Spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell'ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale, di cui rispettivamente agli articoli 97 e 108”; 
  2. Il comma 4, sempre dell’articolo 107: “Le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del principio di cui all'articolo 1, comma 4, possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative”. 

 

Il comma 4 dell’articolo 107 citato non è stato messo lì per capriccio o per scherzo: è attuazione diretta della riserva di legge contenuta nell’articolo 97, comma 2, della Costituzione. 

Dunque, se si deve parlare, come giusto, di “criterio ermeneutico”, l’applicazione dell’ermeneutica induce necessariamente a ritenere nulle le clausole del Ccnl in argomento, come del tutto erronea l’ipotesi che esse possano essere lo spunto per una disciplina regolamentare, posto che ai regolamenti è sottratta la possibilità di modificare gli assetti delle competenze degli organi. 

Forse, una volta ammesso indirettamente che il Ccnl è erroneo, il passo successivo è ammettere definitivamente anche che le clausole in oggetto sono nulle, non possono essere applicate e chiudere la questione. Senza creare l’illegittimità al quadrato del rinvio al potere regolamentare. 

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