Uno tra gli elementi del casus belli che ha imprigionato l'Italia per oltre 2 mesi, in una crisi con pochissimo senso, era la forte critica sulla struttura che il precedente premier aveva immaginato per la gestione delle risorse del Next Generation UE.
S'era detto che non andava bene reperire al di fuori della compagine governativa tecnici esterni, creando una struttura parallela a quella ministeriale.
Bene. Però, all'indomani della formazione della lista dei Ministri, tutti i media osservano, unanimemente, che la gestione della Next Generatione Ue è nelle mani di un gruppo ristretto di diretta fiducia del nuovo presidente del Consiglio:
1. Mario Draghi, Presidente, tecnico, esterno al Parlamento;
2. Daniele Franco: Ministro dell'economia, tecnico, esterno al Parlamento;
3. Enrico Giovannini, Ministro dei Trasporti e Infrastrutture, tecnico, esterno al Parlamento;
4. Vittorio Colao, Ministro all'Innovazione tecnologica, tecnico, esterno al Parlamento;
5. Roberto Cingolani, Ministro della Transizione ecologica, tecnico, esterno al Parlamento.
Un vertice tecnico-politico di 5 persone, invece delle 6 previste dall'iniziale disegno di Conte.
Le differenze? Manca il "comitato" a tre (Presidente del consiglio, Ministro dello Sviluppo economico e Ministro dell'Economia) immaginato dal precedente Governo. Formalmente, inoltre, mancano i "6 manager".
Ma, chi abbia voglia di guardare le cose con disincanto, si accorge immediatamente che la sostanza è identica.
Draghi ha di fatto nominato quasi esattamente la medesima struttura di tecnici (la sola eccezione è Giorgetti, Ministro dello Sviluppo economico, sesto del gruppo ristretto, ma con connotazioni politiche e non tecniche), solo che l'ha "rivestita" di incarichi ministeriali.
Draghi, contrariamente a Conte, ha quindi attribuito ai "manager" (se stesso e gli altri) un ruolo politico, piazzandoli al vertice dei dicasteri, così da rifuggire dall'accusa della creazione di una "struttura parallela"; nè, Draghi, a differenza di Conte, ha fin qui parlato dell'incarico di 300, o 90, "esperti" dei quali i "manager" si debbano avvalere per la gestione dei fondi europei.
Probabilmente, Draghi non formalizzerà mai, a parole, la creazione della struttura parallela, che tanto fece discutere nei mesi scorsi.
Tuttavia, la legge consente ad ogni nuovo Governo di modificare praticamente senza limiti, in omaggio allo spoil system, i vertici dirigenziali delle strutture ministeriali.
E' assai facile immaginare che il reclutamento di figure "tecniche" esterne si moltiplicherà nei prossimi giorni, proprio e soprattutto nei ministeri citati prima.
Formalmente, sarà pur sempre evitata la creazione di una struttura manifestamente "altra" da quella ministeriale, perchè gli esterni saranno inseriti nei gangli delle dotazioni organiche.
Di fatto, si assisterà molto verosimilmente alla realizzazione esattamente del progetto di Conte, abilmente, però, travestito. Con nomi che piacciono di più rispetto a quelli pensati dall'ex premier e, soprattutto, senza l'ex premier.
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