Gli enti locali possono senza alcun problema effettuare assunzioni a tempo indeterminato (se dispongono delle capacità finanziarie) anche in esercizio provvisorio.
A distanza di un anno suscita ancora qualche imbarazzo operativo la deliberazione della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Campania, 19.3.2020, n. 82.
Con tale deliberazione la magistratura contabile ha sostenuto:
"la impossibilità di assumere spese, in costanza di esercizio provvisorio, al di là del più volte richiamato limite dei dodicesimi, con la sola eccezione dei casi, tassativi, elencati dal predetto art. 163 comma 5, tra i quali non risulta annoverabile la tipologia di spesa di cui al parere in esame, non essendo la stessa riconducibile:
alla eccezione di cui alla lettera a) del comma in esame, spese tassativamente regolate dalla legge, non trattandosi di una assunzione imposta ex lege, ma programmata dall’ente medesimo;
alla eccezione di cui alla lettera b), non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi, attesa la pacifica frazionabilità in dodicesimi delle spese di personale;
né, infine, alla eccezione di cui alla lettera c), spese a carattere continuativo necessarie per garantire il mantenimento del livello qualitativo e quantitativo dei servizi esistenti, impegnate a seguito della scadenza dei relativi contratti, riferendosi, siffatta eccezione, al caso di servizi, oggetto di contratti in scadenza, tra i quali non rileva il contratto di lavoro subordinato".
Si tratta di un parere visibilmente erroneo, che travisa funzioni e scopi della programmazione triennale dei fabbisogni e, soprattutto, il valore autorizzatorio del bilancio pluriennale. In ogni caso, è un parere ormai del tutto inadeguato alla realtà operativa, regolata dal DM 17.3.2020.
Andiamo con ordine. Che il parere non fosse propriamente centrato lo ammise, lo scorso anno, la stessa Sezione Campania, in un comunicato stampa un po' piccato, volto a precisare il contenuto della deliberazione a seguito di un commento di Vincenzo Giannotti: "In riferimento all'articolo di Vincenzo Giannotti «Assunzioni impossibili per gli enti locali in esercizio provvisorio», pubblicato sul Quotidiano degli enti locali del Sole 24 Ore del 27 marzo 2020 in cui si commenta la delibera n. 28/2020della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti, la Corte dei conti ha precisato, a rettifica di quanto scritto nel testo che: «Eventuali assunzioni di personale, in costanza di esercizio provvisorio, potranno essere sostenute solo se contenute nel limite dei dodicesimi. Al di là di tale limite possono essere sostenute le sole spese tassativamente elencate dall'art 163 co. 5, tra le quali non rientrano le spese in questione»".
La contraddizione in termini della Sezione è evidentissima. Ma, d'altra parte non si poteva pretendere che adottasse una deliberazione a smentita e correzione della precedente.
Sta di fatto che poichè il bilancio pluriennale è autorizzatorio, lo stanziamento delle risorse per le assunzioni del personale consente sicuramente l'effettuazione delle assunzioni, anche in esercizio provvisorio.
Comunque, la deliberazione 82/2020 è in evidentissimo contrasto con le previsioni dell'articolo 9, comma 1-quinquies, del d.l. 113/2016, convertito in legge 160/2016, a mente del quale "In caso di mancato rispetto dei termini previsti per l’approvazione dei bilanci di previsione, dei rendiconti e del bilancio consolidato e del termine di trenta giorni dalla loro approvazione per l’invio dei relativi dati alla banca dati delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, compresi i dati aggregati per voce del piano dei conti integrato, gli enti territoriali, ferma restando per gli enti locali che non rispettano i termini per l’approvazione dei bilanci di previsione e dei rendiconti la procedura prevista dall’articolo 141 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, non possono procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto, fino a quando non abbiano adempiuto. E’ fatto altresi’ divieto di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della disposizione del precedente periodo".
Senza alcuna possibilità di confusione, la norma non consente di assumere qualora il bilancio di previsione non sia adottato nei termini previsti. I quali termini, è bene ricordare, sono soggetti a rinvii: nel 2021, attualmente, il termine è il 31 marzo.
Ora, se non è possibile assumere qualora l'ente territoriale non adotti il bilancio entro il 31 marzo, è assolutamente chiaro che prima l'assunzione è perfettamente possibile.
Questa osservazione, insieme con la consapevolezza della funzione autorizzatoria del bilancio pluriennale, è più che sufficiente a non tenere conto dell'erroneo parere della Sezione Campania.
E' bene ricordare per i comuni è possibile non impantanarsi nella passività della ricerca a qualsiasi costo del parere e non rifugiarsi in quella sorta di “ipse dixit” in cui sono stati trasformati i pareri della Corte dei conti.
I comuni hanno il potere/dovere di dipanare la propria discrezionalità gestionale anche non seguendo i pareri della magistratura contabile, quando sia possibile evidenziarne la non fondatezza. Ricordando che i pareri sono solo un “supporto” alla decisione, non la sostituiscono.
E’, allora, il caso di eliminare la radicata opinione della vincolatività dei pareri espressi dalle sezioni regionali di controllo. I pareri da queste emanati non sono vincolanti: come tali, quindi, gli enti se ne possono discostare, ovviamente argomentando molto bene le ragioni giuridiche a fondamento di una visione non conciliabile con quella espressa dal parere.
Gli enti, tuttavia, sembra abbiano un timore riverenziale invincibile di scegliere assumendosi la responsabilità della decisione di amministrazione attiva.
Ma, fanno male. Perché, appunto, i pareri delle sezioni regionali non sono vincolanti. Non lo sono sia perché la legge 131/2003 non li qualifica come tali, né potrebbe: altrimenti, la magistratura contabile di fatto sarebbe investita di un potere gestionale del quale un potere indipendente non può essere dotato.
Non lo sono, poi, soprattutto perché è la stessa giurisprudenza contabile a qualificare l’attività del controllo collaborativo come non vincolante. La sentenza della Corte dei conti, Sezioni Riunite in sede giurisdizionale, 4 maggio 2017, n. 15, occupandosi della questione sancisce: “Giova, infatti, precisare che la già richiamata sentenza n. 39/2014 della Corte Costituzionale ammette la giustiziabilità delle sole deliberazioni delle Sezioni regionali di controllo con effetti “imperativi” ed “inibitori”, escludendola, a contrario, per tutte le altre tipologie di deliberazioni di controllo, ivi compresa quelle emesse nell’ambito dell’attività consultiva ai sensi della legge n. 131 del 2003, che non hanno efficacia vincolante per l’Ente richiedente”.
Solo le pronunce, quindi, che impongano o vietino alle amministrazioni locali comportamenti ed azioni (misure correttive, per esempio, ai fini del rientro da situazioni di dissesto) possono essere oggetto di ricorso avanti alle giurisdizioni civili o amministrative e, quindi, “giustiziabili”. Non i pareri, contro i quali non è ammessa alcuna forma di tutela in giudizio, proprio perché né impongono né vietano alcunchè all’ente richiedente, come a tutti gli altri enti.
I pareri, come in maniera chiarissima espongono le Sezioni Riunite, “non hanno efficacia vincolante”.
Questa semplice e corretta osservazione dovrebbe di per sé essere sufficiente:
a ridurre l’ondata di tsunami che da anni investe le sezioni regionali di pareri sullo scibile umano: la consapevolezza della non vincolatività del parere dovrebbe indurre le amministrazioni a comprendere che la decisione finale è comunque loro responsabilità;
a non rinunciare al potere-dovere di dissentire dal parere, se ritenuto non condivisibile, ovviamente esprimendo profonde e corrette motivazioni.
Non si deve certo negare, tuttavia, che il legislatore in maniera del tutto inopportuna ha contribuito a creare attorno ai pareri delle sezioni regionali di controllo quell’aura di potere vincolante, che invece non hanno.
Sarebbe assolutamente da cancellare o rivedere profondamente l’articolo 69 del d.lgs 174/2016 (codice di giustizia contabile) il cui testo è il seguente:
“1. Quando, anche a seguito di invito a dedurre, la notizia di danno risulta infondata o non vi siano elementi sufficienti a sostenere in giudizio la contestazione di responsabilità, il pubblico ministero dispone l'archiviazione del fascicolo istruttorio.
2. Il pubblico ministero dispone altresì l'archiviazione per assenza di colpa grave quando l'azione amministrativa si è conformata al parere reso dalla Corte dei conti in via consultiva, in sede di controllo e in favore degli enti locali nel rispetto dei presupposti generali per il rilascio dei medesimi.
3. Il decreto di archiviazione, debitamente motivato, è sottoposto al visto del procuratore regionale.
4. Il decreto di archiviazione, vistato dal procuratore regionale, è comunicato al destinatario dell'invito a dedurre.
5. Qualora il procuratore regionale non condivida le motivazioni dell'archiviazione, formula per iscritto le proprie motivate osservazioni, comunicandole al pubblico ministero assegnatario del fascicolo.
6. Nel caso permanga il dissenso, il procuratore regionale avoca il fascicolo istruttorio, adottando personalmente le determinazioni inerenti l'esercizio dell'azione erariale”.
Il comma 2 della norma riportata sopra purtroppo può finire per far rientrare dalla finestra quell’assenza di efficacia vincolante ai pareri che la stessa magistratura contabile riconosce.
Questa sorta di inopportuna e difficilmente accettabile “guarentigia” sull’azione amministrativa che si appiattisca sui pareri delle sezioni regionali di controllo, può oggettivamente essere la causa che induce gli enti a chiedere continuamente pareri, alla ricerca evidente di una causa di esenzione da responsabilità erariale.
L’ordinamento giuridico non può consentirsi simili contraddizioni interne: se la funzione di controllo collaborativo è – come necessariamente deve essere – priva di efficacia vincolante, la previsione dell’articolo 69, comma 2, andrebbe del tutto cancellata. Anche perché in buona parte dei casi finisce per essere inapplicabile.
La presenza di una norma come l’articolo 69, comma 2, del d.lgs 174/2016 non fa altro se non aumentare la confusione e far assumere di fatto alla funzione consultiva un ruolo suppletivo alla gestione, la quale è portata inevitabilmente alla ricerca della copertura dell’ombrello da responsabilità, identificato nel parere della sezione regionale di controllo.
Gli effetti dell’inflazione dei pareri, delle posizioni ondivaghe delle sezioni, sono sotto gli occhi di tutti: maggiore incertezza del diritto, rinuncia all’assunzione responsabile dei pareri, supplenza della funzione consultiva rispetto a quella attiva, innesco di circoli viziosi, quale quello apertosi ora per il servizio scuolabus.
E’ da ricordare che nemmeno l’intervento della Sezione Autonomie è vincolante: la nomofilachia opera, infatti, solo tra le sezioni regionali e, per altro, non influisce minimamente sulle altre giurisdizioni.
Il recupero della responsabilità dell’amministrazione attiva e della dignità di questa è l’unica strada da seguire per evitare che l’azione si impantani in un parerificio diffuso, ammantato di quella vincolatività di cui non può e non deve disporre.
In ogni caso, il nuovo sistema di determinazione delle facoltà assunzionali, non ancora entrato a regime quando lo scorso anno la Sezione Campania si pronunciò, priva ulteriormente di attualità e fondatezza la delibera 82/2020.
Le assunzioni a tempo indeterminato, oggetto della disciplina del DM 17.3.2020, sono frutto di un complesso controllo del flusso dei dati della spesa del personale in rapporto alla media triennale delle entrate correnti rinvenuta negli ultimi tre rendiconti approvati, al netto del fondo crediti di dubbia esigibilità.
Si prevede, quindi, come la stessa giurisprudenza contabile, di applicare il principio della sostenibilità della spesa, che sostituisce quello del turn over.
Allora, quel che conta non è tanto il dato formale e contabile dei dodicesimi o non dodicesimi, bensì il controllo costante che il rapporto spesa/entrate sia al di sotto dei valori soglia. Controllo da espandere necessariamente da quello retrospettivo (i rendiconti approvati) a quello previsionale: occorre, infatti, che l'ente verifichi anche per il futuro che la spesa per assunzioni sia sostenibile. Allo scopo, quindi, non può che fare riferimento proprio agli anni successivi del triennio del bilancio pluriennale disponibile.
Ciò dimostra quanto sia asfittica la concezione meramente ragionieristica del condizionamento delle assunzioni alla disponibilità dei dodicesimi o meno. Il nuovo sistema allarga di molto le rilevazioni alla base della dimostrazione della sostenibilità della spesa, sicchè determinati formalismi debbono proprio necessariamente considerarsi non più operanti.
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