La narrazione è che il "modello Genova" è vincente e da estendere. Pazienza se si tratta di qualcosa di totalmente unico e non ripetibile, a partire dalla circostanza che i tempi di individuazione del progettista e della stessa progettazione sono stati azzerati da una donazione.
In ogni caso, non passa giorno senza che qualcuno canti le gesta del preclaro modello. Da ultimo, NT plus dello scorso 5 marzo, che ricama un 'ode al "modello", con l'articolo "Modello Genova per il sottosoglia: per ogni gara 30 imprese invitate, la metà locali".
Già il titolo induce qualche curiosità, vista la riserva degli appalti al 50% delle imprese locali. Leggendo meglio, appare proprio che sia così: "Il meccanismo degli inviti seguirà una rotazione con l'estrazione dei nomi da «un apposito elenco telematico di nuova costituzione, sulla scia di quello già costituito tre anni fa dal Comune di Genova per l'affidamento di lavori di importo inferiore a 1 milione di euro». E infatti il comune già da tempo aveva sperimentato - con soddisfazione - lo stesso meccanismo per gli appalti più piccoli. «Con la procedura negoziata – spiega sempre Piciocchi - abbiamo già riscontrato per i lavori fino a un milione di euro procedure più snelle, efficienti e trasparenti. L'estensione della procedura ai lavori fino ai cinque milioni consentirà un'ulteriore semplificazione, abbattimento dei tempi per l'avvio dei lavori in cantieri e opere attese dalla città. Inoltre, con il criterio del 50% riservato nelle procedure negoziate alle imprese del territorio, come già previsto per gli appalti fino a un milione di euro, contiamo di dare un forte supporto alle aziende locali, che hanno subito forti contraccolpi a causa dell'emergenza Covid, e quindi all'occupazione sul territorio, nel rispetto pieno del principio di concorrenza»".
Rispetto della concorrenza? Riserva del 50% a imprese locali. Ricorda qualcosa? Non viene, per caso, a nessuno in mente la sentenza della Corte costituzionale 98/2020? Eccone lo stralcio decisivo: "La norma impugnata disciplina in generale una fase della procedura negoziata di affidamento dei lavori pubblici sotto soglia ed è dunque riconducibile all’ambito materiale delle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici, che, in quanto attinenti alla «tutela della concorrenza», sono riservate alla competenza esclusiva del legislatore statale (sentenza n. 28 del 2013).
Considerata nel suo contenuto, poi, la norma censurata prevede la possibilità di riservare un trattamento di favore per le micro, piccole e medie imprese radicate nel territorio toscano e, dunque, anche sotto questo profilo è di ostacolo alla concorrenza, in quanto, consentendo una riserva di partecipazione, altera la par condicio fra gli operatori economici interessati all’appalto.
La norma impugnata, in effetti, contrasta con entrambi i parametri interposti invocati dal ricorrente: con l’art. 30, comma 1, cod. contratti pubblici perché viola i principi di libera concorrenza e non discriminazione in esso sanciti, e con l’art. 36, comma 2, dello stesso codice perché introduce una possibile riserva di partecipazione (a favore delle micro, piccole e medie imprese locali) non consentita dalla legge statale.
Gli argomenti difensivi spesi dalla Regione non risultano idonei a mutare tali conclusioni. La resistente ha sottolineato la necessità di ricorrere al sorteggio per individuare gli operatori da invitare e ha ricordato le contestazioni a tale metodo di selezione da parte degli operatori stessi; ha invocato il «favor partecipationis per le microimprese, le piccole e le medie imprese»; ha rilevato che la riserva sarebbe «aggiuntiva rispetto alla quota minima di partecipazione prevista dall’art. 36» cod. contratti pubblici. Nessuna di queste considerazioni, tuttavia, risulta idonea a giustificare una norma che, come quella impugnata, non è diretta a favorire le micro, piccole e medie imprese tout court, quanto invece le «micro, piccole e medie imprese con sede legale e operativa nel territorio regionale», nel perseguimento di un obiettivo che altera la concorrenza in contrasto con quanto previsto dalla normativa statale in materia, come sopra illustrato.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 10, comma 4, della legge della Regione Toscana 16 aprile 2019, n. 18 (Disposizioni per la qualità del lavoro e per la valorizzazione della buona impresa negli appalti di lavori, forniture e servizi. Disposizioni organizzative in materia di procedure di affidamento di lavori Modifiche alla l.r. 38/2007).".
Si è proprio sicuri che il "modello Genova", platealmente a ricalco di una norma regionale incostituzionale, come tante altre di simile tenore prima di essa, sia da prendere a riferimento e da esaltare sui media?
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