Molti aspetti della gestione dell’affidamento alla McKinsey della consulenza richiesta dal Mef non sono chiari e molte sono le evidenti deviazioni al rispetto delle regole sulla trasparenza.
Sul punto, appare dirimente un’osservazione: al di là della
circostanza che siano o meno vigenti obblighi espliciti di trasparenza, la
rilevanza delle decisioni sul Recovey Fund, al quale tutti gli osservatori
ricollegano il futuro dei prossimi decenti, richiede un dovere di trasparenza
oggettivo, che va anche al di là degli obblighi imposti dalle norme.
In ogni caso, la disciplina normativa sulla trasparenza, il
cosiddetto FOIA all’italiana, cioè il d.lgs 33/2013, sul punto è molto chiaro.
Infatti, l’articolo 7-bis, contiene il seguente comma 3: “Le pubbliche
amministrazioni possono disporre la pubblicazione nel proprio sito
istituzionale di dati, informazioni e documenti che non hanno l'obbligo di
pubblicare ai sensi del presente decreto o sulla base di specifica
previsione di legge o regolamento, nel rispetto dei limiti indicati
dall'articolo 5-bis, procedendo alla indicazione in forma anonima dei dati
personali eventualmente presenti”.
Tale indicazione trova conferma, poi, nella Tabella 1
allegata al d.lgs 33/2013: “L'elenco dei contenuti indicati per ogni
sotto-sezione sono da considerarsi i contenuti minimi che devono essere
presenti nella sotto-sezione stessa, ai sensi del presente decreto. In ogni
sotto-sezione possono essere comunque inseriti altri contenuti, riconducibili
all'argomento a cui si riferisce la sotto-sezione stessa, ritenuti utili per
garantire un maggior livello di trasparenza. Eventuali ulteriori contenuti da
pubblicare ai fini di trasparenza e non riconducibili a nessuna delle
sotto-sezioni indicate devono essere pubblicati nella sotto-sezione "Altri
contenuti"”.
Spesso i media rimproverano, molte volte a giusta ragione,
la PA di opacità, levando al cielo alt lai per la mancanza di accountability.
Il Mef, per altro, mediante la Ragioneria Generale dello Stato, fa parte di
quel novero di soggetti (tra cui Corte dei conti, Anac, Aran, altre Autorità
indipendenti) che “bacchettano” e sanzionano le altre PA in vario modo. C’è da
aspettarsi, quindi non una semplice facoltà, ma un dovere di ulteriore
trasparenza per tutti – tutti – gli aspetti della gestione del Recovery fund:
dalla determinazione degli obiettivi fino ai consulenti eventualmente utilizzati
per le varie azioni da compiere.
Sta di fatto, comunque, che a ben vedere la trasparenza sull’incarico
non è una gentile concessione o una scelta possibile di opportunità. E’ un
dovere.
Sgomberiamo subito il campo da un equivoco: al dovere di
trasparenza non si adempie con comunicati
stampa, per altro imprecisi.
Prima di evidenziare le diverse e più stringenti forme di
pubblicità imposte dalle norme, è bene soffermarsi sul comunicato stampa, che
non solo non è il modo di rispettare le regole sulla trasparenza, ma lascia aperti ulteriori interrogativi, risolvibili solo con la dovuta pubblicazione dei documenti (in particolare, la determinazione a contrattare, che dovrebbe spiegare i motivi della consulenza e della scelta del consulente; nonchè il contratto, col quale si riesce a capire davvero cosa si chiede al consulente)
Il comunicato informa che “Il contratto con McKinsey ha un valore
di 25mila euro +IVA ed è stato affidato ai sensi dell’art. 36, comma 2, del
Codice degli Appalti, ovvero dei cosiddetti contratti diretti “sotto soglia””.
Ma, l’articolo 36, comma 2, del codice dei contratti si ripartisce in alcune
lettere, che dettano modalità di individuazione del contraente distinte;
sarebbe stato il caso di evidenziare se – come appare – dell’articolo 36, comma
2, si sia utilizzata la lettera a), che ammette appunto affidamenti diretti,
senza gara. Inoltre, si impongono le seguenti riflessioni:
- l’affidamento diretto
senza gara, tuttavia, non esclude per nulla un confronto della concorrenza.
Lo spiega l’Anac, impietosa – giustamente – con qualsiasi PA che affidi
contratti senza alcuna spiegazione sul perché si avvalga di un contraente
invece che di un altro, nelle corpose Linee
Guida 4, alle quali è vincolato anche il Mef, e che evidenziano come l’affidamento
diretto non è frutto di un capriccio o di una scelta arbitraria, ma di
processi da monitorare e controllare; mancando, al 7.3.2021 ogni dato debitamente
pubblicato secondo le regole previste, non si può avere la minima idea
dell’eventuale rispetto delle indicazioni procedurali dell’Anac;
- l’affidamento diretto
senza gara resta comunque sempre una scelta discrezionale: le PA anche nel
sotto soglia e anche per tetti di importi inferiori ai 40.000, soglia al di sotto della quale sono consentiti gli affidamenti diretti, possono comunque avvalersi di procedure
ordinarie maggiormente concorrenziali; infatti l’articolo 36 del codice
dei contratti, al comma 2, esordisce precisando che resta sempre “salva la
possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie”;
- la circostanza che il Mef
nel comunicato richiami il più volte citato articolo 36, comma 2, del
codice dei contratti, esclude che il dicastero abbia utilizzato le
procedure più celeri e in deroga al codice dei contratti, consentite dal
d.l. 76/2020, convertito in legge 120/2020. La cosa, se confermata, appare
corretta. La deroga è, infatti, prevista al fine, enunciato dall’articolo
1 del d.l. 76/2020 di “incentivare gli investimenti pubblici nel
settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, nonché al fine di far
fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di
contenimento e dell’emergenza sanitaria globale del COVID-19”. Non si
vede come un contratto per una consulenza possa rispondere a tale fine, se
non in modo molto lato e tiratissimo;
- il comunicato stampa
evidenzia: “l’attività di supporto richiesta a McKinsey riguarda
l’elaborazione di uno studio sui piani nazionali “Next Generation” già
predisposti dagli altri paesi dell’Unione Europea e un supporto
tecnico-operativo di project-management per il monitoraggio dei diversi
filoni di lavoro per la finalizzazione del Piano”. In quanto allo
studio sui piani nazionali già predisposti, cosa certo in astratto interessante,
non si capisce che correlazione abbia con l’urgenza di procedere affermata
dal medesimo comunicato, in un passaggio precedente a quello citato. Inoltre: per studiare altri piani
occorre l’opera di un consulente? Le strutture ministeriali non sono in
grado di leggere e capire gli altri piani? Sarebbe un po’ preoccupante. In
secondo luogo, questo passaggio del comunicato cerca di delineare l’oggetto
della consulenza. E’ da sperare che il contratto specifichi tale oggetto
in modo molto più chiaro e dettagliato, sapendo che una giurisprudenza consolidatissima
della Corte dei conti considera da sempre danno erariale l’affidamento di
consulenze con oggetti indeterminati e confusi.
Il comunicato, ancora, afferma: “Le informazioni relative
al contratto saranno rese pubbliche, come avviene per tutti gli altri contratti
del genere, nel rispetto della normativa sulla trasparenza”. E qui, proprio
non ci siamo.
Da un lato, il Mef, come dire, accusa il colpo: non può che
ammettere il deficit di trasparenza evidenziato dalle notizie di stampa che
hanno dato la notizia dell’affidamento, notizia ignota al Parlamento ed alle
stesse strutture ministeriali, sempre stando alle notizie diffuse dai media. E, nell’ammettere il deficit di trasparenza,
contestualmente ammette anche che la documentazione relativa al contratto deve
essere resa pubblica: "deve", ovviamente in risposta ad obblighi normativi. Smontando, così, ogni tentativo di giustificazione basato
sulla presunta sottrazione degli affidamenti diretti, ai sensi dell’articolo
36, comma 2, lettera a), del codice dei contratti, al regime di trasparenza
imposto dalle norme.
Incorre in questo errore della presunta sottrazione chi si
impunta sulla seguente previsione della citata lettera a): “La pubblicazione
dell’avviso sui risultati della procedura di affidamento non è obbligatoria”.
Si tratta di una previsione che non obbliga (ma, ovviamente, nemmeno vieta) le
amministrazioni appaltanti di pubblicare un preciso documento: l’avviso sui
risultati della procedura. Ma, si tratta di un adempimento strettamente
attinente alla procedura: negli affidamenti diretti, insomma, non è richiesto
chiudere l’iter con questo avviso, invece obbligatorio in tutti gli altri casi.
La possibilità di non pubblicare l’avviso sui risultati
della procedura non esenta, tuttavia, dagli obblighi di pubblicità disposti per
qualsiasi procedura di gara. Tali obblighi sono previsti a cascata dalle
seguenti norme:
- l’articolo 29 del codice
dei contratti: “Tutti gli atti delle amministrazioni
aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori relativi alla
programmazione di lavori, opere, servizi e forniture, nonché alle
procedure per l'affidamento di appalti pubblici di servizi, forniture,
lavori e opere, di concorsi pubblici di progettazione, di concorsi di idee
e di concessioni, compresi quelli tra enti nell'ambito del settore
pubblico di cui all'articolo 5, alla composizione della commissione
giudicatrice e ai curricula dei suoi componenti, ove non considerati
riservati ai sensi dell'articolo 53 ovvero secretati ai sensi
dell'articolo 162, devono essere pubblicati e aggiornati sul profilo
del committente, nella sezione “Amministrazione trasparente” con l'applicazione
delle disposizioni di cui al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33”;
- l’articolo 37, comma 1,
lettera b) del d.lgs 33/2013: “Fermo restando quanto previsto
dall'articolo 9-bis e fermi restando gli obblighi di pubblicità legale, le
pubbliche amministrazioni e le stazioni appaltanti pubblicano: […] b)
gli atti e le informazioni oggetto di pubblicazione ai sensi del decreto
legislativo 18 aprile 2016, n. 50 [che è il codice dei contratti, nda]”;
- l’articolo 1, comma 32,
della legge 190/2012: “le stazioni appaltanti sono in ogni caso tenute
a pubblicare nei propri siti web istituzionali: la struttura proponente;
l’oggetto del bando; l’elenco degli operatori invitati a presentare
offerte; l’aggiudicatario; l’importo di aggiudicazione; i tempi di
completamento dell’opera, servizio o fornitura; l’importo delle somme
liquidate”.
Quando effettuare queste pubblicazioni? Non certamente
quando lo ritenga più opportuno l’amministrazione appaltante, come sembrerebbe
emergere dal comunicato stampa del Mef.
L’articolo 8 del d.lgs 33/2013 sul punto è molto preciso: “I
documenti contenenti atti oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della
normativa vigente sono pubblicati tempestivamente sul sito istituzionale
dell'amministrazione”.
Sembra del tutto chiaro che i provvedimenti relativi all’affidamento non siano stati per nulla pubblicati “tempestivamente”. E’ vero che questa espressione non indica un lasso di tempo specifico, ma considerare come tempestiva una pubblicazione, come quella preannunciata dal comunicato stampa, successiva alla circostanza che dell’affidamento se ne sono accorti i media sulla base di fonti anonime interne al Mef, appare oggettivamente paradossale. Non pare sia da dubitare che una pubblicazione “tempestiva” sia quella effettuata immediatamente dopo l’adozione quanto meno del provvedimento di chiusura dell’iter.
E non ci si deve dimenticare di quanto prevede l’articolo 46
del decreto “trasparenza”: “L'inadempimento degli obblighi di pubblicazione
previsti dalla normativa vigente e il rifiuto, il differimento e la limitazione
dell'accesso civico, al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 5-bis,
costituiscono elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale,
eventuale causa di responsabilità per danno all'immagine dell'amministrazione e
sono comunque valutati ai fini della corresponsione della retribuzione di
risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale
dei responsabili”. L’Anac ha un repertorio sterminato di sanzioni connesse
ad inadempimenti agli obblighi di trasparenza in tutto analoghi a quelli fatti
registrare dal Mef.
E dall’elencazione delle modalità di pubblicazione fissate
dalla legge dovrebbe risultare l’evidenza che un comunicato stampa non è sede, forma
e modalità di adempiere.
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