Se c'è una persona, non di madrelingua inglese, che parla benissimo l'inglese è l'attuale Presidente del Consiglio, prof. Mario Draghi.
Non solo lo parla in maniera ottima, ma sa dosare modulazioni ed espressioni. E con sole tre parole, nel 2012, sventò conseguenze ancor più nefaste della crisi economica e finanziaria.
Il Presidente del Consiglio, quindi, sa come e quando usare la lingua di Albione, quali parole esprimere, con quale intonazione, con quali pause.
E' per questa ragione che il suo breve intermezzo, nell'ambito del discorso ai cittadini del 12 marzo scorso per spiegare le nuove chiusure dovute alla pandemia, intermezzo nel quale ha ironizzato sull'utilizzo di due parole inglesi nella stessa frase, assume un valore particolare.
Draghi è un economista, profondo conoscitore del mondo economico e bancario e della finanza. Sa perfettamente che esiste ovviamente un lessico specifico. Ma, come tutte le persone di cultura e buonsenso, sa che quando quel lessico viene esportato e caricato a forza altrove, quelle parole inglesi fuori contesto assumono carattere caricaturale e grottesco.
Purtroppo, questo è ciò che avviene ormai da anni in troppi campi della vita, in Italia, la cui lingua, pur avendo fortissime radici latine, si presta molto all'ascolto ed all'introduzione di parole di altre lingue.
E' accaduto nella notte dei tempi, quando la penisola venne invasa dai Longobardi, che hanno lasciato nel nostro lessico parole di matrice tedesca: guerra, faida, stamberga, spranga, elmo, guardia, zuffa, sguattero, balcone, panca e molte altre ancora.
Adesso sta accedendo all' "inglesese", una lingua inventata, un inglese "aziendale" che pervade il lessico: si ha l'impressione di non essere del tutto credibili ed autorevoli se non si piazza nel discorso qualche espressione "inglesese", che fa tanto ganzo e al tempo stesso bon ton.
Il Presidente del Consiglio, indirettamente e con sagace ironia, dice basta. Basta con questo modo falso e provinciale, basta col "latinorum" che spesso nasconde il vuoto.
Qui una lunga lista di parole in "inglesese" che hanno invaso ed appesantito ogni discorso, non solo economico, ma anche amministrativo: troppe leggi, troppe norme, troppe modalità operative, nello scimmiottamento di un aziendalismo che non esiste nemmeno nelle aziende, indulge nello sconsiderato utilizzo di questi termini:
- mission: ma, non si può dire competenza, scopo, missione, funzione?;
- vision: ma, non si può dire strategia, programmazione?;
- team: fa brutto dire gruppo, squadra;
- brain storming: riunione collettiva è deplorevole;
- stakeholder: parola orrenda, che si riferisce ad un sistema nel quale non si curano diritti, ma posizioni differenziate ed egoistiche di gruppi di interesse contrapposti; sarebbe il caso di abbandonarla per sempre, specie nella PA, che è al servizio di una collettività nel suo complesso;
- bottom up: dal basso verso l'alto, troppo complicato?
- top down: dall'alto verso il basso, troppo cacofonico?
- MANAGER: è forse la parola più odiosa ed abusata. Dire "dirigente", "preposto", "curatore", è degradante. Parlare di manager è molto aziendale, vedersi come manager significa auto appuntarsi al petto una mostrina da maresciallo. Sono soddisfazioni;
- management: vedi sopra;
- project manager, city manager, data manager, ogni altra espressione composta con manager: vedi sopra;
- job description: descrizione delle funzioni e competenze, no?
- buyer: provveditore o addetto agli acquisti, troppo aulico;
- soft law: parlare di "soft law" in un Paese di diritto positivo, impostato in modo antitetico alla common low anglosassone è semplicemente degradante, oltre che ridicolo; ma abbiamo avuto la capacità ed il coraggio, senza nemmeno ridere, di introdurre perfino questa espressione ed i concetti che vi si collegano;
- lock in: aggancio, legame; ma è più ganza l'espressione inglese, no?
- PERFORMANCE: segue in classifica di detestabilità per falsa espressione di competentissimo aziendalismo la parola manager;
- gold plating: superfetazione è troppo per chiunque, ci rendiamo conto;
- default; fallimento, da un lato, base di partenza dall'altro, sono troppo italiani;
- policy: politica, strategia, intento, programma? No: policy;
- policy making: vedi sopra;
- governance: organizzazione, apparato di vertice, paiono provinciali;
- board: consiglio, collegio, assemblea? Burocratico, ovvove;
- switch off: chiusura è troppo chiuso;
- click day: a parte che è un'espressione che porta sfortuna, dire giorno dedicato alla connessione è eccessivamente dantesco;
- once only; una volta sola, troppo desolata;
- recruiting: reclutamento? Troppo militaresco;
- placement: assunzioni, politica assunzionale troppo da funzionario;
- mentoring-tutoring: formatore, insegnante, troppo scolastico;
- empowement: aggiornamento, potenziamento, innalzamento delle competenze, rafforzamento, troppo da palestra;
- smart working: lavoro intelligente, troppo intelligente;
- startup: nuova impresa, troppo intraprendente;
- chairman: presidente, troppo presidenziale;
- data breach: perdita dei dati, troppo perdente;
- badge: tesserino, troppo abbonamento autobus;
- agreement: accordo, troppo contrattuale;
- benefit: vantaggio, compenso in natura, troppo naturale,
- bonus: sostegno, sussidio, troppo Sussidistan;
- briefing: riunione di vertice, riunione operativa, troppo operativo;
- call, call conference: chiamata, telefonata, video conferenza, troppo "il telefono salva la vita";
- full time; tempo pieno, troppo pieno;
- meeting: incontro, riunione, troppo Natale con i tuoi;
- outsourcing: esternalizzazione, troppo esterno;
- safety: sicurezza, troppo sicuro;
- task: compito, troppo scolastico;
- item: argomento, troppo "nomi, cose, animali, città";
- memo: appunto, pro memoria, troppo memorabile;
- report: relazione, rapporto, troppo poliziesco;
- slide: immagine scorrevole, troppo scivoloso;
- timeline: sequenza temporale, cronoprogramma, orario, troppo ferrotranviere;
- milestone: pietra miliare, termine, troppo autostradale;
- target; obiettivo, troppo Guglielmo Tell;
- outcomes: risultati, esiti, troppo produttivo;
- input: insieme di dati, lavorazioni, materie prime, troppo fordiano;
- output: vedi outcomes;
- budget: bilancio, stanziamento, insieme di risorse, troppo ragioneristico
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