Di Angelo Maria Savazzi
Luigi Oliveri avrà scritto decine di volte che l’eliminazione dei controlli preventivi (magari non nella forma dei vecchi CORECO, i cui componenti erano di nomina politica e spesso costituivano dei veri e propri centri di potere), non sia stata una buona idea. Rileggo questi scritti e penso che proprio l’assenza di controlli preventivi, sulla presunzione che i dirigenti debbano assumersi le responsabilità gestionali anche in ordine alla legittimità dell’azione amministrativa, genera dei mostri giuridici e priva di tutela la comunità amministrata quando l’azione amministrativa venga esercitata al di fuori dei canoni che la stessa legge esprime e quando non vi siano interessi specifici e diretti da far valere in giudizio.
A tal proposito, vorrei provare a scrivere qualcosa sull’utilizzo della dizione “valutazione comparativa” che viene, impropriamente, considerata dalle amministrazioni pubbliche come il viatico affinché gli incarichi professionali, per i quali vengono banditi i relativi avvisi, possano essere affidati con assoluta discrezionalità se non addirittura con una scomposta e irrazionale arbitrarietà. Ciò non è comprensibile e avviene nel silenzio e con il sostegno della giurisprudenza che, immagino, abbia le mani legate e quindi si trova nella impossibilità di intervenire, anche quando, invece, ci sia un interesse da tutelare. Ma un po’ di coraggio con guasterebbe.
Alcuni esempi
Alcuni mesi fa una provincia calabrese pubblica un avviso per la nomina del nucleo di valutazione e prevede tra i requisiti l’esclusività, in conseguenza del quale non possono partecipare coloro che hanno altri incarichi, salvo che riguardino enti di piccole dimensioni e della stessa area geografica; il tutto da valutare, comunque, in relazione alla valutazione complessiva degli impegni desumibili dal curriculum. Bene, all’esito della procedura viene nominato quale componente un autorevole professionista di caratura nazionale che, tuttavia, non ha i requisiti previsti dall’avviso in quanto componente di decine di organismi su tutto il territorio nazionale, oltre ai numerosi altri impegni che non possono non desumersi dal curriculum. Probabilmente la scelta è stata operata perché si è ritenuto che al professionista non si applicasse il requisito previsto dall’avviso pubblico, anche se mi chiedo come sia possibile prevedere un requisito così stringente e interdittivo e poi non applicarlo? Ovviamente esiste anche un problema etico: se non rientro nei requisiti previsti dall’avviso evito di manifestare interesse, ma se presento ugualmente l’istanza qualcosa non quadra.
In un’analoga procedura, un’altra amministrazione effettua la valutazione comparativa, solo che al momento della nomina non ne tiene conto sull’erroneo presupposto che in caso valutazione comparativa, non essendo questa di natura concorsuale, la scelta possa ricadere su un qualsiasi candidato, anche il peggiore, confondendo valutazione comparativa con ammissibilità della domanda; l’esito non può essere contestato davanti al giudice amministrativo con il paradosso che l’esito non può essere contestato neanche davanti al giudice ordinario. Che cosa contesti davanti al giudice ordinario se l’amministrazione è libera di scegliere chi vuole e se la procedura non è di tipo concorsuale? Ed è curioso che l’amministrazione abbia anche individuato e applicato i criteri per la valutazione comparativa, attribuendo i punteggi valutativi ai candidati, e ciò avrebbe dovuto aiutare, in questo modo, il decisore nella scelta dei migliori o quantomeno nel motivare una diversa scelta.
Sull’indipendenza e autonoma degli incarichi di componente di OIV e NdV
La natura comparativa e la individuazione dei criteri cui detta valutazione deve attenersi sono finalizzati a fornire ogni elemento utile alla nomina cui la procedura è preordinata; altrimenti a cosa serve? Allora sarebbe sufficiente parlare di idoneità senza comparazione. Quando si tratta di nomine di figure che devono operare con autonomia e indipendenza, a maggior ragione la titolarità del potere di nomina non può esercitarsi con una discrezionalità assoluta. Anzi i presidi valutativi devono avere la finalità di rafforzare, anche nella fase genetica, l’autonomia e l’indipendenza dell’organismo, che vengono certamente inficiati nell’ipotesi che si ritenesse la nomina come frutto di una scelta esclusivamente fiduciaria dell’organo titolare della nomina.
È, invece, curiosa l’affermazione secondo la quale l’indipendenza debba essere garantita nei confronti della struttura e non della Giunta e del suo Presidente, come affermato in talune pronunce, affermazione che non ha assolutamente alcun fondamento se solo pensiamo ai compiti di presidio del sistema valutativo o della trasparenza o della prevenzione della corruzione (rispetto alla quale l’OIV costituisce, in base all’art. 1, comma 7, secondo periodo, della legge 190/2012, il terminale delle segnalazione delle disfunzioni in tema di attuazione delle misure di prevenzione della corruzione e in materia di trasparenza). Si pensi, inoltre, al compito di validazione della Relazione sulla performance, la cui approvazione è di competenza della Giunta, il cui eventuale esito negativo avrebbe effetti dirompenti, attesa l’impossibilità di erogazione di premi e incentivi a qualsiasi titolo (artt. 3, comma 5, e 14, comma 6, del DLgs. 150/2009). Se non ci fosse indipendenza rispetto alla Giunta e rispetto al Presidente/Sindaco, l’azione svolta dall’OIV sarebbe fortemente depotenziata e risulterebbe anche lesa l’autonomia dell’organo. Questa rappresenta una delle ragioni per le quali non è consentita una revoca anticipata dell’organo o una sua decadenza nel caso di conclusione del mandato dell’organo di indirizzo politico-amministrativo prima della scadenza dell’OIV.
In tema di indipendenza va ricordato come la previsione dell’art. 14, comma 8, del DLgs. 150/2009 (“I componenti dell'Organismo indipendente di valutazione non possono essere nominati … tra soggetti che rivestano incarichi pubblici elettivi o cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali ovvero che abbiano rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni, ovvero che abbiano rivestito simili incarichi o cariche o che abbiano avuto simili rapporti nei tre anni precedenti la designazione”), è proprio finalizzata a preservare l’indipendenza e l’autonomia dei componenti dell’OIV. A tal proposito, se la nomina riguarda un nominativo che è stato candidato alle ultime elezioni che, quindi, ha collaborato con partiti politici nei tre anni precedenti la designazione, ancora una volta siamo in presenza di una scelta che chiama in causa l’assenza di controlli preventivi di legittimità, e l’assenza di una tutela specifica esercitabile da chi, magari nelle stesse condizioni, non ha manifestato interesse alla nomina.
Sulla carenza di motivazione negli atti di nomina
Spesso gli atti di nomina, conseguenti a procedure comparative, si limitano a riportare delle formulazioni generiche e sovrapponibili rispetto ad altri candidati, riportando esperienze pregresse che nell’ottica comparativa sono ritrovabili, appunto, anche in altri curricula. Manca in modo assoluto ogni valutazione comparativa finale e non vengono fornite indicazioni sulla scelta effettuata rispetto agli altri concorrenti determinando una scelta intuitu personae che, invece, è fuori dalla logica della procedura comparativa. Ancora una volta un’anomalia priva di tutela preventiva e successiva.
Sulla natura della procedura comparativa e sulla scelta della commissione di valutare le posizioni attribuendo un punteggio sinteticamente rappresentativo dell’esito della valutazione medesima
Non dovrebbero esservi dubbi sul fatto che una procedura di valutazione comparativa si connota per dover fornire elementi di valutazione in termini comparativi tra i candidati. Quando una Pubblica amministrazione bandisce una procedura ad evidenza pubblica deve fissare sia i criteri da utilizzare per la valutazione comparativa e sia le regole procedurali/istruttorie e nell’avviso, che costituisce lex specialis, devono essere convogliate sia le norme eterodirette, imposte dalla legge e dai regolamenti, che le regole applicative decise autonomamente dall’Ente. Tali decisioni, espressione di discrezionalità amministrativa, devono essere finalizzate al concreto perseguimento dell’interesse pubblico e sono sindacabili in caso di palese arbitrarietà, illogicità, irragionevolezza e irrazionalità in rapporto al fine che si intende concretamente perseguire (tra cui il buon andamento che è una finalità di rango costituzionale cui l’interpretazione delle norme e l’azione amministrativa devono essere orientate).
La valutazione comparativa non può avere altro fine che quello di effettuare paragoni valutativi per la potenziale individuazione dei "migliori". La valutazione, in tal caso, deve essere condotta su parametri razionali in funzione della finalità della procedura ed intellegibili, cioè parametri concretamente utili per lo scopo della procedura e ricostruibili in termini di iter logico, i soli profili di censura che potrebbero essere mossi, in relazione ai meccanismi selettivi, ai criteri adottati dall'amministrazione. La procedura comparativa, per sua natura, pur quando implichi esercizio di facoltà discrezionali, nella sua espressione e nella sua evoluzione, non dovrebbe avere molti spazi di manovra rispetto al suo esito; in altri termini una volta che l'applicazione valutativa, nella specie l’attività svolta dalla commissione all’uopo nominata, se prevista dall’avviso pubblico, ha fornito i suoi esiti non dovrebbe essere concesso alterarne i risultati, altrimenti la procedura sarebbe vanificata quanto a finalità e natura. Le facoltà discrezionali ad esito di una procedura valutativa di tipo comparativo in grado di sovvertire o, comunque, alterare il risultato valutativo raggiunto dovrebbero essere valutati sotto il profilo dell’adeguata motivazione e della logicità.
La comparazione deve prevedere un giudizio/votazione ordinato per ciascun candidato, tale da offrire al decisore finale ogni elemento utile: e quando la scelta utilizza il giudizio/votazione non è necessaria una motivazione ulteriore, in quanto essa risiede nel giudizio/punteggio a cui consegue la nomina; invece, una nomina che si discosti dal punteggio non può considerarsi legittima in una comparazione, in assenza di un adeguato apparato motivazionale. Anche quando l’amministrazione intende avere una rosa di nomi tra cui scegliere, l’individuazione dei componenti all’interno della rosa in difformità dei punteggi, conseguenti alla valutazione effettuata in sede istruttoria, deve essere motivata adeguatamente.
L’amministrazione deve effettuare la valutazione dei curricula applicando i criteri previsti dall’avviso pubblico e la commissione può dettagliare gli elementi di valutazione, nel rigoroso rispetto della previsione dell’avviso pubblico, definendo i punteggi ai fini dell’espressione di un giudizio valutativo sintetico per ciascuno dei sub criteri. Il fatto che l’avviso preveda che la commissione, all’esito della valutazione, trasmetta un elenco di candidati idonei, non esime la stessa a trasmettere anche l’esito della valutazione comparativa e non può esaurirsi con la mera idoneità, che metterebbe tutti sullo stesso piano, riducendosi ad una mera ammissibilità delle domande che, evidentemente, contrasterebbe con la natura valutativa della comparazione.
Insomma, l’esito non può essere un mero elenco di idonei, bensì un elenco di idonei con la relativa valutazione in modo da porre in condizione il titolare del potere di nomina di avere contezza delle posizioni dei diversi aspiranti e motivando la scelta adeguatamente, rispetto ai criteri previsti dall’avviso pubblico.
Anche quando l’individuazione di un nome avviene all’interno di una rosa, se si è nell’ambito di una procedura comparativa, la nomina di un candidato con un punteggio minore deve essere motivata in modo adeguato. In presenza di una valutazione comparativa è sempre necessario esplicitare le ragioni per cui la scelta cade su un candidato anziché su un altro e non basta un generico supporto motivazionale della scelta fatta.
Sulla fiduciarietà della nomina e il ruolo della Giurisprudenza
Anche qualora si ritenesse la nomina di natura fiduciaria va ricordato che sia la giurisprudenza contabile che quella amministrativa hanno sempre sostenuto che anche nelle nomine fiduciarie debbono comunque essere rispettati i principi generali dell’azione amministrativa in materia di imparzialità, trasparenza e adeguata motivazione al fine di rendere possibile, in sede di contenzioso, la valutazione della scelta fiduciaria effettuata. In altri termini pur quando sussista una ampia discrezionalità nella scelta dei componenti di un organismo, tale scelta non può essere libera e/o arbitraria, ma dovrà essere pur sempre adeguatamente motivata, specie quando la procedura preveda una valutazione comparativa.
Peccato che nella pratica operativa siamo di fronte ad un corto circuito; la giurisprudenza, che sarebbe l’unica àncora per la corretta declinazione dei parametri costituzionali del buon andamento e dell’imparzialità che dovrebbe accompagnare le procedure comparative, spesso, anche se non sempre, si dichiara incompetente e lo fa sostenendo che l’amministrazione pur qualificando una procedura di tipo comparativo può sempre riservarsi di nominare chi vuole, anche quando la nomina è relativa a organi in cui indipendenza e autonomia sono espressioni che ne dovrebbero connotare inesorabilmente il relativo operato. Ma così facendo ammette che neanche il giudice ordinario potrà far nulla, atteso che non potrà certo interferire con la scelta dell’amministrazione.
Pietro Calamandrei nel bellissimo volume “Elogio dei giudici scritto da un avvocato” scrisse: “Al giudice occorre più coraggio ad essere giusto apparendo ingiusto, che ad essere ingiusto apparendo giusto”. Ecco, la giurisprudenza amministrativa avrebbe bisogno sul tema di maggiore coraggio.
Rimane solo di parafrasare Julia Roberts che nel film “Il rapporto Pelican”, nel ruolo di una studentessa di Legge, al professore che le chiede perché la Corte suprema non abbia deciso una certa questione secondo la sua opinione, risponde “forse perché la Corte ha sbagliato”.
Ma perchè non abrogano la Costituzione direttamente, fanno prima!!! Con la PA, in particolare con i Comuni e le Province (ancora non siè capito se esistono ancora) fanno da sempre "carne di porco" cioè riforme su riforme e le cose vanno sempre peggio!!!
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