lunedì 17 maggio 2021

Appalti: le procedure in deroga previste dal d.l. semplificazioni non sono obbligatorie. Lo sancisce il Tar Sicilia

Le pubbliche amministrazioni non sono obbligate ad affidare gli appalti sotto soglia con le modalità semplificate previste in deroga al codice dei contratti dal d.l. 76/2020, convertito in legge 120/2020. 

Lo chiarisce il Tar Sicilia, Palermo, Sezione III, con la sentenza 14.5.2021, n. 1536, utile per definire una volta e per sempre un aspetto applicativo che andava avanti da mesi. 

Infatti, non appena entrato in vigore il “decreto semplificazioni” con la sua estrema espansione delle possibilità dell’affidamento diretto in particolare nel sotto soglia, si è immediatamente formata una teoria dottrinale secondo la quale le pubbliche amministrazioni sarebbero state obbligate ad utilizzare gli affidamenti diretti o, comunque, a fare a meno delle procedure ordinarie, secondo i dettami del d.l. “semplificazioni”. Detta teoria si fondava sulla circostanza secondo la quale, in caso contrario, le amministrazioni avrebbero contravvenuto al fine enunciato dal decreto: “incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, nonché al fine di far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale del COVID-19". Uno scopo che non solo giustificava la deroga alle procedure disposta dal decreto “semplificazioni”, ma che avrebbe per di più imposto alle stazioni appaltanti di applicare sempre e comunque le disposizioni del decreto, in quanto queste avrebbero sospeso quelle del codice fino al termine della possibilità di agire in deroga. 

E’ sulla base di questa linea interpretativa che, nel caso esaminato dal Tar Sicilia, un operatore economico si è lagnato dello svolgimento di una gara d’appalto da parte di un comune mediante il sistema della procedura aperta. 

Nella parte motivazionale, la sentenza evidenzia che il ricorrente deduce “l’illegittimità della scelta operata dall’Amministrazione comunale di procedere con procedura aperta ex art. 60 Codice Appalti e non mediante affidamento diretto secondo la previsione normativa derogatoria, per gli appalti sotto soglia quale quello qui in esame, di cui al D.L. n. 76/2020 del 17/7/2020, convertito nella legge n. 120 del 15/9/2020, con particolare riferimento all’art. 1, comma 1, per i contratti sotto soglia. Lamenta la mancanza di una specifica motivazione sul punto”. 

Il Tar respinge questo assunto sulla base di due importanti valutazioni. La prima è di ordine pratico e riguarda specificamente l’oggetto dell’affidamento, riguardante il servizio di ripristino statale. 

Osserva il collegio giudicante che “la normativa invocata dalla parte (che poi ha materialmente partecipato alla procedura aperta indetta dal Comune) sulle deroghe previste dall’art. 1, comma 1, del D.L. n. 76/2020, non possa trovare applicazione in specie. Ed invero, la norma in questione, apertis verbis, prevede la possibilità di un affidamento diretto "al fine di incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, nonché al fine di far fronte a le ricadute negative" dell'emergenza COVID. 

Sotto tale profilo, ha buon gioco la parte resistente nel rilevare che il “servizio di ripristino stradale”, oggetto del presente contenzioso, non comporti "investimenti pubblici", tanto che la gara non prevede costi per l’Amministrazione; non afferisce al settore delle "infrastrutture e dei servizi pubblici" e non ha alcun impatto sulle ricadute delle emergenza COVID”. 

L’indicazione è molto rilevante. Stante l’enunciazione espressa del fine cui il Legislatore tende nell’articolo 1 del d.l. semplificazioni, intanto l’eventualità di utilizzare le procedure di affidamento diretto ivi disciplinate o, comunque, le procedure in deroga rispetto a quelle previste dal codice, emerge solo laddove oggetto dell’appalto possa essere un intervento dal quale discendano investimenti pubblici, in particolare per le infrastrutture, e possa avere un evidente impatto sull’emergenza economica. In caso contrario, manca la ratio stessa di agire in deroga. 

Indirettamente, quindi, il Tar Sicilia pone, per le pubbliche amministrazioni, l’obbligo di evidenziare la motivazione in base alla quale agire con le norme in deroga. Esattamente all’opposto di quanto affermato da gran parte della dottrina, quindi, il decreto semplificazioni è ben lungi dall’imporre l’applicazione delle norme in deroga sempre e comunque: esse possono essere seguite solo se risulti chiara la connessione tra l’oggetto dell’appalto ed il fine enunciato dalla norma. 

In secondo luogo, il Tar Sicilia, comunque, afferma che in ogni caso il decreto semplificazioni non impedisce per nulla alle pubbliche amministrazioni di utilizzare pur sempre le procedure ordinarie. 

Afferma la sentenza: “Per altro, non revocando o sospendendo la disciplina ordinaria, la norma in rilievo non ha inteso conculcare la scelta delle amministrazioni pubbliche, in questo caso il Comune di Carini, di operare mediante la disciplina ordinaria dell’evidenza pubblica con gare aperte in luogo dell’affidamento diretto”. 

Il Tar poggia questa conclusione sulle osservazioni rese dell'ANAC in sede di parere reso in commissione al Senato prima della approvazione del testo di legge ricordando che sul punto l’ANAC ha sostenuto: “sebbene l’art. 1 del d.l. non abbia fatto salva la richiamata facoltà, la perdurante applicabilità dei principi di cui al comma 1 dell’art. 30 induce a ritenere che il regime in deroga non abbia privato, pur nella situazione eccezionale creatasi a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale, le stazioni appaltanti della possibilità di ricorrere a soluzioni aperte alla più ampia concorrenza qualora appaiano le più idonee a soddisfare il proprio fabbisogno”. 

Insomma, aggiunge il Tar, “l'affidamento diretto non costituisce il modulo procedimentale sottosoglia al quale le stazioni appaltanti debbano obbligatoriamente fare ricorso”. 

Né induce a conclusioni differenti il parere del Ministero Infrastrutture e Trasporti n. 735/2020 in relazione all’obbligo da parte delle stazioni appaltanti di motivare il ricorso all’evidenza pubblica. Infatti, per un verso, evidenzia il Tar (con forte e perfetta ragione) “il predetto parere non può ritenersi vincolante nei confronti del Comune di Carini, come dedotto dalla parte resistente”; per altro verso, quel parere “si limita, in ogni caso, solamente a “suggerire” di dare un riscontro nella motivazione per la scelta della procedura di evidenza pubblica ordinaria rispetto a quella “emergenziale” in deroga dell’affidamento diretto”. 

La sentenza del Tar Sicilia è totalmente condivisibile. Ricorda un elemento che non va mai obliterato quando si tratta di applicare e coordinare le norme: quelle che dispongono deroghe alla disciplina ordinaria non abrogano quest’ultima, la quale resta quindi comunque sempre applicabile. Né l’enunciazione di un fine implica, a carico della PA, la rinuncia a moduli, in questo caso di appalto, posti a favorire concorrenza e competizione. 

Sul tema, chi scrive si era già pronunciato nel medesimo senso indicato dal Tar Sicilia: non si è trattato di preveggenza o di particolari doti di intuito, semplicemente di lettura delle norme e dei principi vigenti non condizionate da banalizzazioni. 

 

Da Italia Oggi del 16.7.2020 

 

Gare, la deroga è facoltativa LUIGI OLIVERI  

Uno dei punti poco chiari del decreto legge semplificazioni atteso oggi in Gazzetta Le p.a. possono proseguire con gli affidamenti ordinari Una delle complicazioni introdotte dal decreto semplificazioni (atteso oggi in Gazzetta Ufficiale) riguarda l' eventuale obbligatorietà della deroga ai sistemi di gara degli appalti. Non risulta immediatamente chiaro, infatti, se, sia nel sotto soglia, sia nel sopra soglia, i sistemi di gara previsti (affidamenti diretti o procedure negoziate con numeri crescenti a seconda dell' importo a base di gara di operatori economici da invitare) siano da attivare obbligatoriamente o se, invece, sia ancora possibile attivare le procedure ordinariamente previste dal codice dei contratti. Il problema deriva dalla formula normativa che appare imperativa. Con riferimento agli affidamenti sotto soglia, l' articolo 1 del decreto enuncia il fine (incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell' emergenza sanitaria globale del Covid-19) e prevede che «in deroga» agli articoli 36, comma 2, e 157, comma 2, del d.lgs 50/2016, «si applicano» le procedure di affidamento semplificate, se la determina a contrarre o altro atto di avvio del procedimento equivalente sia adottato entro il 31 luglio 2021. Il verbo applicare coniugato all' indicativo presente («si applicano»), nel lessico giuridico ha valore imperativo: la norma dovrebbe essere intesa nel senso che debbono applicarsi le modalità di affidamento semplificate, che appunto derogano alle previsioni degli articoli 36, comma 2, e 157, comma 2, del codice dei contratti. In quanto agli appalti sopra soglia, l' articolo 2 del decreto ripete i fini generali, non parla nemmeno della deroga e dispone direttamente che «si applicano le procedure di affidamento e la disciplina dell' esecuzione del contratto di cui al presente articolo qualora la determina a contrarre o altro atto di avvio del procedimento equivalente sia adottato entro il 31 luglio 2021». Non sembra, tuttavia, di poter affermare che il decreto semplificazioni imponga di effettuare le gare nelle modalità indicate negli articoli 1 e 2. Infatti, per un verso occorre rilevare che la deroga è una regola speciale, diversa da quella fissata da una regola generale o enunciata da un principio. La deroga non ha mai l' effetto di abrogare la regola derogata, altrimenti sarebbe appunto un' abrogazione e non una deroga. Pertanto, la deroga convive con la regola derogata, aggiungendosi ad essa, senza cancellarla. Il che lascia necessariamente propendere per la tesi secondo la quale le amministrazioni non sono obbligate ad applicare le regole disposte dal decreto in deroga ai sistemi di gara. Tale conclusione appare avvalorata dall' articolo 8, comma 1, ultimo periodo, lettera c), del decreto semplificazioni, ove si stabilisce che in ogni caso, per le procedure disciplinate dal codice dei contratti e avviate a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto semplificazioni, fino al 31 luglio 2021 «in relazione alle procedure ordinarie, si applicano le riduzioni dei termini procedimentali per ragioni di urgenza di cui agli articoli 60, comma 3, 61, comma 6, 62 comma 5, 74, commi 2 e 3, del decreto legislativo n. 50 del 2016. Nella motivazione del provvedimento che dispone la riduzione dei termini non è necessario dar conto delle ragioni di urgenza, che si considerano comunque sussistenti». Tale previsione, quindi, da una parte ammette che siano ancora adottate le procedure «ordinarie», cioè quelle disciplinate dal codice e non derogate dalle regole di semplificazione; dall' altro, però, introduce per le procedure ordinarie una sorta di corsia preferenziale: infatti, consente di applicare sempre e comunque, con una motivazione automaticamente discendente dalla norma, le riduzioni dei termini dei procedimenti, dovute alla situazione di emergenza, fissata ex lege. Poiché, dunque, restano margini alle pubbliche amministrazioni per valutare discrezionalmente se applicare i sistemi di affidamento in deroga, oppure quelli ordinari con termini ridotti, è opportuno che nei provvedimenti che avviano le gare si dia conto del perché della scelta di adottare l' una o l' altra alternativa. Ai fini di tale valutazione, è da ricordare che il decreto semplificazioni non deroga alle previsioni dell' articolo 30, comma 1, del codice, ai sensi del quale le procedure di gara, sia sotto che sopra soglia, debbono rispettare i principi di economicità, efficacia, tempestività, correttezza, libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità e pubblicità. Principi che costituiscono da sempre un problema per affidamenti diretti di carattere «fiduciario», privi di qualsiasi confronto concorrenziale, anche solo basato su una consultazione di due o più listini. 

 

Da blogliveri del 29.10.2020: 

 

Appalti: la deroga alle procedure codicistiche non può essere obbligatoria 

 Le argomentazioni esposte da Roberto Mangani nell’articolo pubblicato su NT plus del 29.10.2020 Dl Semplificazioni, deroghe obbligatorie per accelerare le gare in merito ai temi se le deroghe siano obbligatorie, se sia la determinazione a contrattare il dies a quo per i termini di conclusione e sulla durata temporale delle deroghe sono ampie ed approfondite.  

Tuttavia, quelle concernenti la questione della “obbligatorietà” delle deroghe non sono convincenti, anche perché affette da un evidente vizio di sistematicità della lettura.  

Un primo elemento non persuade, laddove l’Autore conferma, come inevitabile, che la deroga non abroga la norma derogata, ma ne “sospende” l’efficacia per la durata di validità della deroga.  

Questo effetto è impossibile. E lo è proprio perché la norma che deroga non abroga quella derogata. La quale, quindi, resta vigente ed efficace. Per privare di efficacia una norma, non si può che abrogarla. L’articolo 15, comma 1, delle preleggi è chiarissimo: “Le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l'intera materia già regolata dalla legge anteriore”.  

La norma derogante ha l’effetto di ridurre il campo di applicazione della norma derogata, non di sospenderne l’efficacia.  

Ed è esattamente quel che accade col decreto semplificazioni. Riscontrato che una procedura ordinaria o una procedura definita dall’articolo 36, comma 2, del d.lgs 50/2016 non è adeguata al fine enunciato dal d.l. 76/2020, convertito in legge 120/2020, cioè “incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, nonchè al fine di far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell'emergenza sanitaria globale del COVID-19", la norma in deroga permette di utilizzare le procedure da essa previste, al posto di quelle disciplinate dal codice dei contratti. Gli operatori sono autorizzati dalla norma ad agire in deroga, ma non hanno alcun obbligo.  

Le procedure disciplinate dal codice dei contratti, sia sotto soglia, sia sopra soglia, restano efficaci e vigenti e perfettamente utilizzabili, laddove si dimostri che non impediscano il conseguimento dell’obiettivo posto dal decreto “semplificazioni”.  

L’argomentazione più forte proposta dall’Autore sta nell’evidenziare che la deroga all’articolo 36, comma 2, del d.lgs 50/2016 coinvolge la previsione in esso contenuta che fa salva la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie: poiché questa salvezza nella norma in deroga non c’è, allora da qui si dovrebbe desumere l’obbligatorietà della deroga.  

Come visto prima, però, poiché la norma in deroga non abroga quella derogata, la previsione dell’articolo 36, comma 2, del codice resta perfettamente vigente ed operante.  

In ogni caso, non viene derogato l’articolo 36, comma 1, del codice, ai sensi del quale “L'affidamento e l'esecuzione di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all'articolo 35 avvengono nel rispetto dei principi di cui agli articoli 30, comma 1...”. Quei principi, coerenti con la Costituzione e le Direttive Ue, rendono sempre e comunque perfettamente applicabili tutte le procedure che favoriscono la concorrenza e ci mancherebbe altro.  

In quanto alla determinazione a contrattare, si concorda in pieno con quanto afferma il Mangani: essa non ha mai avuto e continua a non avere alcuna funzione di attivazione delle procedure, come specifica in maniera chiarissima l’articolo 32, comma 2, del d.lgs 50/2016.  

La procedura di gara si attiva con il bando o l’avviso o la lettera di invito, se si parte senza avvisi pubblici. Il computo dei termini non può che partire dalla materiale conoscibilità della selezione e dell’esplicitazione al mercato dell’invito a offrire.  

In quanto agli affidamenti diretti, il Mangani sostiene che non parrebbe porsi un problema di avvio della procedura, poiché tale modalità “si concretizza infatti nel conferimento di un incarico, che non è preceduto da alcuna attività procedimentale, per cui anche la fissazione di un termine di ultimazione appare in realtà priva di significato concreto”.  

Tale visione è, però, smentita dalle Linee Guida n. 4 e dalla logica procedurale. Il conferimento dell’incarico non può che essere a valle di un’istruttoria che comunque non può mancare, finalizzata a spiegare il perché ci si affida a quel particolare operatore economico: istruttoria che può consistere nell’esame di listini pubblici, nell’utilizzo di precedenti affidamenti di altre PA aventi medesimo oggetto o nell’esame di preventivi. In questo caso, allora, il termine di 2 mesi per l’affidamento diretto non può che decorrere dall’avvio - da formalizzare – dell'istruttoria. Altrimenti, non si capirebbe nemmeno perché si parla di un termine di 2 mesi.  

Infine, sicuramente il regime temporale di applicazione della deroga si computa in relazione alla data di adozione della determinazione a contrattare. Quindi, laddove un ente adotti detta determinazione entro il 31.12.2021, potrà continuare a gestire l’appalto con la normativa in deroga, se ritiene di applicarla.  

Il Mangani sostiene che sia inapplicabile la previsione normativa che si riferisce, oltre che alla determinazione a contrattare, all’altro atto ad essa equivalente.  

Nella realtà, atti equivalenti sono adottati, talvolta sul piano meramente nominale, talaltra su quello funzionale  

E’ atto equivalente alla determinazione a contrattare, ad esempio, la determinazione “semplificata” che consente di impegnare la spesa ed affidare contestualmente. Si tratta di un obbrobrio giuridico, in contrasto clamoroso con i principi di contabilità pubblica, che impongono all’ente di compulsare i privati, ai fini della costituzione di obbligazioni giuridiche, solo se dispongano preventivamente delle risorse spendibili in bilancio. Tuttavia, il legislatore ha ammesso questa follia giuscontabile e molti enti, sciaguratamente, se ne avvalgono (il che per altro conferma che la determinazione a contrattare, che in questo caso chiude il procedimento, non può esserne l’avvio). 

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