Il maxiemenamento alla legge di
conversione del d.l. 80/2021 restituisce una “decreto reclutamento” che diviene
una corposa, quanto disastrosa, riforma della PA.
Gli aspetti negativi sono molteplici. I concorsi sono ridotti sostanzialmente ad una lotteria, con una sola prova scritta che può selezionare poco e, quindi, una netta prevalenza per i titoli, in totale smentita dell’intento di valorizzare i giovani, che titoli ed esperienze possono vantarne pochi.
Gli incarichi ai professionisti?
L’emendamento ha cancellato la necessità che per poter essere inseriti nell’elenco
nazionale al quale attingere disponessero di un’iscrizione almeno quinquennale
da ordini o albi; e cancella la graduatoria e l’obbligo di seguirla per le
chiamate a selezione, con praterie aperte a scelte che di meritocratico avranno
ben poco.
V’è, poi, un ritorno al passato
sostanziale, col dilagare delle progressioni verticali, che potranno consumare
il 50% delle facoltà assunzionali.
Sulla mobilità, vi è stata una
marcia indietro parziale relativamente all’insensata soppressione del nulla
osta: viene ripristinato, ma in maniera cervellotica per gli enti locali. Ai
quali si assicura, finalmente, un turn over del 100% dei segretari comunali
(dopo che i buoi sono scappati, a causa del perduare del blocco delle
assunzioni di questa categoria ben oltre l’ammissibile), ma contestualmente si
allunga fino a 24 mesi la possibilità di farne a meno, incaricando un
funzionario al loro posto.
Il tutto, mentre ci si balocca
con indicazioni del tutto generiche, trendy e modaiole, ma vuote, come quella
che richiederà la formulazione del PIAO (piano integrato attività e organizzazione)
secondo le regole del project management, yes, very british!
E, ancora, mentre si consente il
raddoppio scellerato della dirigenza a contratto, che dovrebbe essere
riconnesso solo alle necessità dell’attuazione del Pnrr, ma, senza alcuna
modalità di controllo, apre prospettive per la iper popolazione della PA di una
dirigenza di partito.
Sintetizziamo di seguito le
principali novità
Mobilità. Torna il nulla
osta per la mobilità dei dipendenti degli enti locali di piccole dimensioni. Come
rilevato, si introduce un parziale correttivo alla soppressione del “preventivo
assenso” al trasferimento dei dipendenti da un ente all’altro, accogliendo sia
pure non completamente le richieste proprio degli enti locali.
I comuni, specie di piccole
dimensioni, sono riusciti a spiegare che la liberalizzazione della mobilità
volontaria avrebbe avuto conseguenze nefaste per la loro organizzazione.
Infatti, i piccoli comuni in particolare, avrebbero subito certamente un
deflusso continuo di dipendenti verso amministrazioni più grandi o territoriamente
più appetibili, a tutto svantaggio della possibilità di contare su una
dotazione organica stabile nel tempo.
Si inserisce, quindi, nel corpo
dell’articolo 30 del d.lgs 165/2001 un nuovo comma 01, ai sensi del quale la
soppressione del nulla osta non si applica agli enti locali fino a 100 dipendenti,
cioè la stragrande maggioranza.
L’emendamento modifica anche in
parte le condizioni al ricorrere delle quali l’assenso preventivo alla mobilità
dei dipendenti deve essere richiesto. Si chiarisce, in primo luogo, che il nulla
osta sia dovuto nel caso di posizioni “dichiarate” motivatamente infungibili
dall’amministrazione cedente. La precisazione è utile: consente di evitare di
intendere l’infungibilità come un dato oggettivo: con la modifica viene rimesso
ad una scelta discrezionale della PA, tuttavia sindacabile, perché la necessità
di motivare la dichiarazione la espone comunque a rilievi di merito. Non
convince, invece, il riferimento ad una presunta “amministrazione cedente”: a
cedere il contratto è il dipendente che chiede la mobilità, non l’amministrazione
alla quale appartiene.
Il secondo caso nel quale il nulla
osta torna in auge si verificherà “qualora la mobilità determini una carenza
di organico superiore al 20 per cento nella qualifica corrispondente a quella
del richiedente”. Dunque, il nulla osta scatta se il trasferimento del
dipendente sia causa della riduzione della dotazione organica sotto la soglia prevista.
Tale percentuale, ai sensi del nuovo
comma 01 dell’articolo 30 del d.lgs 165/2001, per gli enti locali con un numero
di dipendenti compreso tra 100 e 250, scende al 5%, mentre sarà del 10% per gli
enti locali fino a 500 dipendenti. Dunque, per gli enti locali con almeno 500
dipendenti la soppressione del nulla osta opera pienamente.
Permanenza obbligatoria in
servizio. L’emendamento fornisce anche una risposta ai dubbi sulla durata
minima di permanenza dei dipendenti degli enti locali, “in caso di prima
assegnazione”, espressione da leggere, probabilmente, nel senso di “prima
assunzione”: tale obbligo di permanenza viene fissato in cinque anni.
Differimento della mobilità
per gli enti locali. Si aggiunge che in ogni caso gli enti locali potranno
differire la cessione del personale a discrezione dell’amministrazione “cedente”,
finchè questa non abbia effettivamente assunto personale a copertura dei posti
che si renderanno vacanti a seguito della mobilità; il differimento potrà anche
giungere fino ai 30 giorni successivi all’assunzione, ove ritenuto necessario
il previo svolgimento di un periodo di affiancamento.
Domande di mobilità on line. L’emendamento
estende, infine, alle procedure di mobilità volontaria le modalità di
presentazione on line della domanda di partecipazione ai concorsi, previste dal
comma 4 dell'articolo 247 del d.l. 34/2020, convertito in legge 77/2020.
Nuovi sistemi di
reclutamento. I nuovi sistemi di reclutamento con attingimento da elenchi
nazionali di professionisti ed alte specializzazioni potranno essere utilizzati
da tutte le PA, comprese quelle che non siano chiamate ad attuare il Pnrr.
Tutte le pubbliche
amministrazioni quindi potranno avvalersi degli strumenti innovativi previsti
dall’articolo 1 del d.l. 80/2021, e reclutare alte professionalità e
professionisti col sistema del cherry picking, fino al 31.12.2026.
Tuttavia, l’emendamento modifica
non di poco le modalità selettive inizialmente previste dal d.l. 80/2021.
Elenchi. In primo luogo, potranno
esservi anche più dei due elenchi per professionisti, da un lato, ed alte
specializzazioni, dall’altro.
Incarichi ai professionisti. Con
specifico riferimento ai destinatari degli incarichi di lavoro autonomo, gli
emendamenti sopprimono la previsione che essi, per iscriversi all’elenco al
quale attingere, debbano possedere almeno cinque anni di permanenza nel
relativo albo, collegio o ordine professionale comunque denominato.
Simmetricamente, si aggiunge la possibilità di iscriversi ai professionisti non
ordinistici, definiti dalla legge 4/2013, “in possesso o dell'attestato di
qualità e di qualificazione professionale dei servizi ai sensi dell'art.7 legge
14 gennaio 2013, n. 4, rilasciato da una associazione professionale inserita
nell'elenco del Ministero dello sviluppo economico, o in possesso di
certificazione secondo Norma Tecnica UNI ai sensi dell'art.9 della legge 14
gennaio 2013, n. 4”.
Per gli incarichi di lavoro autonomo,
il decreto ministeriale che definirà gli elenchi di iscrizione (da adottare non
più entro 60, ma 120 giorni dalla vigenza del d.l. 80/2021) avrà il compito di definire
gli ulteriori i requisiti, le modalità e i termini per la presentazione delle
domande di iscrizione all'elenco dei professionisti.
Cambiano anche le modalità
selettive. L’elenco dei professionisti non sarà più una graduatoria: l’iscrizione
non presupporrà, come inizialmente previsto, l'attribuzione di uno specifico
punteggio agli iscritti. Né le amministrazioni, per selezionare gli iscritti,
dovranno rispettare l’ordine della graduatore: potranno chiamarne almeno quattro
a loro discrezione, e tra questi scegliere poi l’affidatario.
L’affievolimento dell’elemento
meritocratico, in favore di una scelta praticamente intuitu personae, appare
evidente. Appare davvero una contraddizione in termini presentare la
possibilità di avvalersi di professionisti “esperti”, ma eliminare un requisito
non solo formale, cioè la permanenza dell’iscrizione all’albo, che tale
esperienza attesti.
L’impressione che la riforma
intenda consentire agli ordini professionali di “alleggerirsi”, visto che
alcune migliaia di iscritti potranno svolgere attività in monocommittenza con
la PA, diminuendo le tensioni del mercato è molto forte. Per altro verso, le
norme sul reclutamento nei tribunali, secondo le prime indicazioni della
stampa, sembrano molto appetibili per gli avvocati: molti si dicono intenzionati
ad abbandonare la professione, per abbracciare la PA.
Alte specializzazioni. Per
quanto riguarda il personale di alta specializzazione da assumere con contratto
di lavoro subordinato a tempo determinato, ai fini dell’inserimento negli elenchi
oltre al dottorato di ricerca potrà essere utile un master di secondo livello.
In alternativa, la documentata esperienza professionale qualificata e
continuativa maturata presso enti pubblici nazionali ovvero presso organismi
internazionali o dell'Unione Europea passa da due a tre anni.
Mobilità obbligatoria non
necessaria. A tutte le assunzioni regolate dall’articolo 1 del d.l. 80/2021,
come modificato dalla legge di conversione non si applicheranno gli articoli
34, comma 6, e 34-bis del d.lgs 165/2001, in tema di mobilità obbligatoria.
Dirigenti a contratto. L’emendamento
consente espressamente anche agli enti locali di raddoppiare la percentuale dei
dirigenti a contratto ai sensi dell’articolo 110 del d.lgs 267/2000: sarà,
quindi, possibile giungere ad assumere con contratti a tempo determinato la
percentuale mostruosa del 60%, a condizione che tuttavia tale raddoppio avvenga
ai fini dell’attuazione del Pnrr. Senza controlli preventivi sul punto,
tuttavia, non sarà difficile aspettarsi applicazioni distorte della previsione.
Sanatoria per i dirigenti a
contratto. A proposito dei dirigenti a contratto, gli emendamenti modificano
il comma 1-ter dell’articolo 28, del d.lgs 165/2001, così da estendere la progressione
verticale verso la qualifica dirigenziale anche ai funzionari incaricati come
dirigenti a contratto. Si prevede che una quota non superiore al 15 per cento dei
posti di qualifica dirigenziale da ricoprire è riservata al personale in
possesso dei titoli di studio previsti a legislazione vigente e che abbia
maturato almeno cinque anni di servizio nell'area o categoria apicale di cui al
periodo precedente, in servizio a tempo indeterminato, che abbia ricoperto o
ricopra l'incarico di livello dirigenziale di cui all'articolo 19, comma 6, del
d.lgs 165/2001. Si tratta, nella sostanza, di una vera e propria mini stabilizzazione
dei dirigenti a contratto, molte volte tentata, ma mai fin qui disposta.
Progressioni. Per le
progressioni orizzontali e verticali gli emendamenti alla legge di conversione
del d.l. 80/2021 prevedono un ritorno al passato quasi totale. In sostanza, la
riforma Brunetta del 2021 rinnega quasi totalmente la riforma Brunetta del
2009, facendo retrocedere le lancette dell’orologio di quasi 12 anni.
Progressioni orizzontali.
L’emendamento riscrive per l’ennesima volta il testo dell’articolo 52, comma
1-bis, del d.lgs 165/2001.
Per quanto concerne le
progressioni economiche, cioè gli aumenti stipendiali a parità di
classificazione, si stabilisce che esse avvengano “con modalità stabilite
dalla contrattazione collettiva”. Tale precisazione era assente nella stesura
del comma 1-bis citato, contenuta nel testo novellato inizialmente dal d.l.
80/2021.
Si torna, quindi, ad assegnare
ai contratti collettivi la funzione di determinare le modalità per selezionare
i dipendenti che possano ottenere gli incrementi. La norma precisa che le
progressioni comunque avverranno secondo principi di selettività, in funzione
delle capacità culturali e professionali e dell'esperienza maturata, nonchè in
funzione della qualità dell'attività svolta e dei risultati conseguiti,
attraverso l'attribuzione di fasce di merito.
Stando alle prime indicazioni
sulla contrattazione dedicate al tema delle progressioni orizzontali, e cioè,
ad esempio, l’atto di indirizzo del Comitato di settore del comparto Funzioni
Locali all’Aran, per le progressioni orizzontali di fatto la selettività
enunciata dalla legge sarà solo poco più di uno slogan: appare manifesta
l’intenzione di creare un sistema di programmazione degli aumenti stipendiali,
che nel tempo riguardi tutti, nessuno escluso.
Progressioni verticali. L’emendamento
riscrive in modo molto profondo la parte finale del comma 1-bis dell’articolo
52, del d.lgs 165/2001, con un ritorno al passato ancora più marcato.
Per le promozioni verso la categoria
o area di inquadramento superiore il d.l. 80/2021 aveva condivisibilmente
puntato sul possesso di titoli di studio ulteriori rispetto a quelli previsti
per l'accesso all'area dall'esterno. L’emendamento, tuttavia, consente di
tenere in considerazione anche il possesso di non meglio precisabili “titoli
o competenze professionali”. I titoli potrebbero essere quelli di iscrizione
ad albi o collegi; le competenze professionali, in assenza di una loro
definizione normativa, si prestano alle più disparare chiavi di lettura.
L’emendamento invita i contratti
collettivi nazionali, per l’ennesima volta, a revisionare gli ordinamenti
professionali, fissando tabelle di corrispondenza tra vecchi e nuovi
inquadramenti, con esclusione dell’eventuale nuova area di alta
specializzazione, tenendo conto, di requisiti di esperienza e professionalità
maturate ed effettivamente utilizzate dall'amministrazione di appartenenza per
almeno cinque anni.
Questi requisiti di esperienza e
professionalità evidenziati dai Ccnl potranno consentire inquadramenti nelle nuove
aree o categorie “anche in deroga al possesso del titolo di studio richiesto
per l'accesso all'area dall'esterno”: un sistema per assicurare una progressione
di carriera “di fatto”, per chi rivesta funzioni di rilievo senza aver mai
posseduto il titolo di accesso dall’esterno.
Progressioni verticali:
consumano facoltà assunzionali. L’emendamento ha il pregio di chiarire che
le progressioni verticali sono consentite “nei limiti delle risorse destinate
ad assunzioni di personale a tempo indeterminato disponibili a legislazione
vigente”, confermando quindi che esse consumano le risorse assunzionali.
Enti locali e particolari
disposizioni. L’emendamento alla legge di conversione del decreto
reclutamento dedicano particolari attenzioni agli enti locali.
Al di là dell’esclusione in
particolare dei piccoli comuni dalla liberalizzazione della mobilità, gli
interventi specifici sono molteplici.
Selezioni Uniche. Si
consente agli enti locali di organizzare e gestire in forma aggregata, anche in
assenza di un fabbisogno di personale, selezioni uniche per la formazione di
elenchi di idonei all'assunzione nei moli dell'amministrazione, sia a tempo indeterminato
sia a tempo determinato, per vari profili professionali e categorie compresa la
dirigenza.
In sostanza, si tratta della
possibilità di istituire “centrali uniche concorsuali”, per la condivisione
della graduatoria, sulla base di appositi accordi.
Gli enti facenti parte degli
accordi attingeranno agli elenchi degli idonei così da coprire le posizioni
programmate nei rispettivi piani dei fabbisogni di personale, laddove non
dispongano di proprie graduatorie in corso di validità. Gli idonei saranno chiamati
previo interpello tra i soggetti inseriti negli elenchi. Se a rispondere all’interpello
saranno più interessati, l'ente valuterà le candidature utilizzando le
procedure selettive semplificate previste dall’articolo 10 del d.l. 44/2021.
Gli elenchi di idonei sono soggetti
ad aggiornamento continuo, almeno una volta all'anno, al fine di mettere a
disposizione degli enti aderenti un numero adeguato di candidati per l'assunzione
in servizio. I soggetti selezionati restano iscritti negli elenchi degli idonei
sino alla data della loro assunzione a tempo indeterminato o e comunque per un
massimo di tre anni.
La novella consente agli enti di
gestire gli elenchi anche avvalendosi di società esterne specializzate nel
reclutamento e nella selezione del personale.
Gli elenchi potranno essere
utilizzati anche per coprire velocemente posti vacanti a seguito di processi di
mobilità. Sempre allo scopo di sopperire alle vacanze determinate da mobilità
in uscita, gli enti potranno anche attingere a graduatorie altrui senza il preventivo
accordo. Nel caso debbano effettuare assunzioni con contratti a tempo
determinato, potranno anche derogare ai limiti imposti dall’articolo 9, comma
28, del d.l. 78/2010.
Progressioni verticali: Negli
enti locali saranno ammesse progressioni fra le aree e anche fra qualifiche
diverse: una riqualificazione totale e completa del personale.
Vincoli alle assunzioni.
Gli enti chiamati ad attuare il Pnrr potranno effettuare le assunzioni ad esso
connesse anche laddove non abbiano approvato nei termini il bilancio di
previsione o adempiuto agli altri adempimenti di cui all'articolo 9, comma
1-quinquies, del dlol 113/2016. Lo stesso varrà per l'esercizio delle funzioni
di protezione civile, di polizia locale, di istruzione pubblica, inclusi i servizi
e del settore sociale nel rispetto dei limiti di spesa previsti dalla normativa
vigente in materia.
PIAO: Gli enti locali con
meno di 15.000 abitanti controlleranno l'attuazione del Piano Integrato Attività
e Organizzazione e le performance organizzative anche attraverso un ufficio
associato, tra quelli esistenti in ambito provinciale e metropolitano, secondo
le indicazioni delle Assemblee dei Sindaci e delle Conferenze metropolitane.
Segretari comunali. La
possibilità di coprire provvisoriamente le sedi vacanti di segreteria con
funzionari, prevista dall’articolo 16-ter, comma 9, del d.l. 162/2019,
convertito in legge 8/2020 viene prolungata aventiquattro mesi.
Contestualmente, al fine di
sopperire con urgenza all'attuale carenza di segretari comunali iscritti
all'Albo, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione del decreto reclutamento, le assunzioni di segretari comunali e
provinciali sono autorizzate, con le modalità di cui all'articolo 66, comma 10,
del d.l. 112/2008, convertito in legge 133/2008, a copertura del 100% del turn
over. Si mette, finalmente, un freno alla costante e fin qui inarrestabile
riduzione del numero dei segretari comunali in servizio.
Stabilizzazioni. La legge
di conversione proroga per l’ennesima volta i termini entro i quali le
amministrazioni potranno stabilizzare il personale “precario”, ai sensi dell’articolo
20 della “riforma Madia”, il d.lgs 75/2017.
Le PA avranno, quindi, tempo
fino al 31.12.2022 il personale assunto a tempo determinato, o con altre forme
flessibili (tranne la somministrazione) e che abbia maturato alla medesima data
del 31.12.20220 almeno tre anni anche non continuativi di lavoro negli ultimi 8
anni, presso la medesima amministrazione che stabilizza.
E’ opportuno ricordare che per i
dipendenti assunti con contratto a tempo determinato la stabilizzazione avviene
mediante concorsi interamente riservati. Per i dipendenti assunti con altre
forme flessibili, mediante concorsi pubblici con riserva dei posti non superiore
al 50%.
Mobilità e concorsi. Si prorogano
le scadenze previste dall’articolo 3, comma 8, della legge 56/2019, ai sensi
del quale, allo scopo di ridurre i tempi di accesso al pubblico impiego, le
procedure di reclutamento tramite concorso si possono effettuare anche senza
farle precedere dalle procedure di mobilità volontaria. Tale facoltà era stata
concessa per il triennio 2019-2021. La legge di conversione la proroga fino al
31.12.2024.
Resta da capire perché in questi
casi il Legislatore non stabilisca direttamente di abolire una norma, quella
della mobilità come presupposto dei concorsi, il cui unico effetto è stato
sempre e solo ritardare le procedure di assunzione.
Pianificazione.
Molteplici anche le modifiche all’articolo 6 del d.l., che disciplina il Piano
integrato di attività e organizzazione (PIAO), che sostituisce moltissimi altri
piani.
Il termine per la sua adozione,
inizialmente previsto entro il 31 dicembre, slitta al 31 gennaio di ogni anno.
I termini entro i quali un
decreto del Ministero della Funzione Pubblica individua ed abroga gli
adempimenti relativi ai piani assorbiti dal nuovo piano passano da 60 a 120 giorni
decorrenti dall’entrata in vigore del d.l. 80/2021, cioè entro l’8 ottobre. I
n assenza di questo provvedimento,
tuttavia, sarà difficile elaborare il nuovo piano e la scadenza di ottobre
appare troppo ravvicinata. Anche perché le modalità di formulazione del Piano
vengono modificate. In primo luogo, la legge, con un’interferenza incoerente
con la competenza esclusiva dei contratti collettivi a regolare le relazioni
sindacali, pretende che si assicuri, sul piano, “adeguata informazione alle
organizzazioni sindacali”.
Il Piano, comunque, dovrà assicurare
“il necessario collegamento della performance individuale ai risultati della
performance organizzativa”. Il che rende la data del 31 gennaio
problematica per gli enti locali, visto che l’ordinamento locale ricollega la
performance organizzativa al Piano Esecutivo di Gestione ed ai particolari suoi
tempi di adozione, 20 giorni dopo l’adozione del bilancio di previsione. Il che
rende la data del 31 gennaio praticamente impossibile da rispettare.
La parte del Piano dedicata al
personale, e in particolare al lavoro agile e alla formazione si dovrà adeguare
a processi di pianificazione secondo non meglio definite e comprensibili “logiche
del project management”: un bell’assist a società di consulenza o “esperti”,
che saranno chiamati per rivestire di aziendalese una programmazione che
resterà egualmente, per molti versi, meramente burocratica.
La parte concernente trasparenza
e lotta alla corruzione dovrà disciplinare la programmazione “secondo quanto
previsto dalla normativa vigente in materia, e in conformità agli indirizzi adottati
da ANAC con il Piano nazionale anticorruzione”.
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